31 ; caos

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POV'S CARL
«Che c'è?» chiesi «Penso che si siano rotte le acque» rimasi paralizzato.
MERDA.
Merda, merda, merda.
Panico.
«Prima di tutto ti portiamo immediatamente all'ospedale» disse Veronica prendendo le chiavi della macchina.
«Non dovevano uscire tra due settimane?» chiese Fiona «Evidentemente non vogliono aspettare» rispose Daisy nervosa.

Andammo immediatamente nella macchina di Kev.
C'era abbastanza traffico.
Daisy sudava e urlava dal dolore.
Io ero completamente sfacciato.
«Tranquilla amore stiamo andando all'ospedale» «Lo vedo Carl, lo vedo» disse incazzata.

Minuti dopo arrivammo all'ospedale.
«Ci serve un infermiera e una sedia a rotelle» urlò V.
Arrivarono delle infermiere con una sedia a rotelle, Daisy si sedette e la portarono in sala parto.
La seguimmo velocemente.
Le tolsero l'abito da sposa e l'aiutarono a metterle il camice azzurro.
Io ero accanto a lei e le stringevo la mano.
«Respira amore, respira» le dissi «Lo sto facendo Carl» le toccai la fronte ed era sudata, in stanza c'erano anche V e Kev «Chi è il padre?» chiese l'infermiera «Io» alzai la mano «Ok, tutti fuori, rimanga solo il signore» i due uscirono e diedi la mano a Daisy, «Signora spinga».
Attimi dopo si poteva intravedere la testa di un gemello, alla scena stavo quasi per svenire.
Fece tante spinte e urlò.
«È un maschietto» c'era abbastanza sangue, sentii piangere il bambino «Bravissima amore, continua, sei forte» le baciai la mano «È quello che sto facendo Carl da più di cinque minuti» «Il primo è fuori, signora deve fare un altro sforzo» il suo viso era distrutto, tutto sudato, era sfinita.
Fece altre spinte stritolando la mia povera mano e la piccola finalmente uscì, pianse e l'infermiera la prese in braccio e la asciugò da tutto il sangue.

Mezz'ora dopo erano arrivati quasi tutti gli invitati al matrimonio in ospedale.
Daisy stava allattando e per privacy rimasi, ovviamente, solo io.
Lei allattava Finn e io tenevo in braccio Grace.
«Sono bellissimi» li guardai contemporaneamente e avevo le lacrime agli occhi.
«Sei stata formidabile, mi hai fatto male alla mano ma sei stata grande» «Volevo proprio vedere se fossi stato tu al mio posto come ti saresti comportato» «Be' in effetti» ridacchiammo «Il piccolo si è addormentato» «È meglio che ti riposi anche tu amore» «Ma ci sono i nostri amici fuori che ci aspettano» la interruppi «Tu riposati, ci penso io a loro» prese il piccolo tra le braccia e uscì fuori dalla stanza.

«Come sta?» chiese sua madre «Entrate ma due alla volta per favore» come non detto entrarono tutti.
Tranne Thomas.
«Le mie congratulazioni sei diventato papà» mi diede una pacca alla spalla «Grazie» feci un sorriso falso «Non ci siamo presentati nei migliori dei modi ma sappi che io tengo molto a Daisy e le voglio bene» disse lui sedendosi sulla sedia nel corridoio, si sistemò i capelli e mi guardò «Ti ricordo che sono suo marito, fai un passo sbagliato e te la vedrai con me» lo avvertii «Tranquillo, non mi metto in mezzo a voi del South Side» sbuffai «Senti se vuoi entrare dentro per vedere i nostri figli entra, che vuoi che ti dica» gli voltati le spalle, sentii una figura dietro di me, mi prese dal braccio e mi voltò velocemente «Tu non la meriti» «Come scusa?» non capii bene le sue intenzioni «Hai capito bene, tu non la meriti. Merita una persona che la sappia amare nella maniera esatta» disse serio «Ascoltami bene caro Tommy, non voglio discutere soprattutto in ospedale quando c'è mia moglie in quella fottuta stanza. Ma sappi che l'unica persona al mondo che l'abbia amata veramente sono stato io, né sua madre, né suo padre e né nessun altro, quindi non sparare cazzate sull'amore quando non sai nulla» giusto in tempo uscì Lip dalla stanza «Fratellino c'è qualche problema?» chiese «Non c'è nessun problema, Thomas se ne stava per andare» il mio sguardo rimase fisso sul ragazzo difronte a me, lo scrutai un'ultima volta e me ne andai.

Entrai nella stanza con Lip e mi sedetti sulla sedia accanto al lettino.
«Thomas?» chiese «Aveva da fare e se n'è andato» le risposi semplicemente.
Entrò un infermiera «Perdonatemi ma l'orario delle visite è terminato, potete passare domani mattina o di pomeriggio» tutti la salutarono e rimasi solo io.
«Devo portarti qualcosa da casa?» chiesi alzandomi dalla sedia «I borsoni, uno è mio e l'altro dei piccoli» annuii, mi chinai per baciarla in bocca «Ti amo» le dissi «Ti amo anch'io» mi rispose sorridendo.
Mi sento fortunato.

We Are Chemistry ; Carl GallagherWhere stories live. Discover now