Probabilmente, se non avesse avuto quel sorrisetto beffardo e lo sguardo saccente sempre piantati in volto, Newt lo avrebbe trovato anche interessante. Ma, per lui, era impossibile concepire anche solo la sua presenza, dopo quel comportamento.

«Come mai hai richiesto un appuntamento in anticipo? Dovevamo vederci tra una settimana» disse poi Newt, guardandolo negli occhi, mentre lui si sistemava la camicia che si era un po' stropicciata.

«Volevo vedere come procede, ti avevo detto che avrei voluto il pieno controllo» rispose Thomas, sorridendogli poco dopo, alzando maggiormente un angolo della bocca.

«Giusto, il pieno controllo. Comunque ecco il progetto fino ad ora, va ultimato ma non manca molto, solo qualche dettaglio» disse Newt, cercando di respirare. Fece per girare il computer, ma subito dopo vide Thomas alzarsi e mettersi vicino a lui, dietro la scrivania, con una mano su quest'ultima e l'altra sullo schienale della sedia di Newt, che si ritrovò senza parole. Fissò il petto di Thomas, che gli era stato messo a pochi centimetri dal volto, e poi alzò lo sguardo, ritrovandosi a leggeri e minuscoli millimetri dal suo volto. In esso lesse malizia, insolenza e l'intento di provocarlo, perciò respirò a fondo, ricordando le parole che Minho gli aveva detto, e tornò a guardare lo schermo del computer, con il volto caldo di rabbia.

«Posso vedere io?» Chiese Thomas, prendendo il mouse tra le mani, facendo scontrare le loro dita. A quel contatto si girò verso Newt sorridendogli, per poi iniziare a scorrere le varie pagine del progetto, rimanendo in silenzio per qualche secondo. Newt, desiderava che se ne andasse, che gli lasciasse il proprio spazio vitale e che la smettesse di guardarlo in quel modo. Cosa voleva? Ci stava provando o voleva solo infastidirlo? Non sarebbe riuscito a fare nessuna delle due cose, in ogni caso.

«Non mi piace. Ricomincia da capo» disse Thomas, con in volto uno sguardo saccente e sprezzante, sputando sulle ore di lavoro che Newt aveva passato su quel progetto.

«Scusami?» Chiese, alzando le sopracciglia scioccato dalla sua incredibile arroganza e dal suo poco rispetto.

«Non mi piace, devi rifarlo, cosa non è chiaro?» Replicò Thomas, mentre tornava a sedersi al suo posto, incrociando le gambe.

«Posso sapere precisamente cosa non ti piace?» Disse Newt, ispirando ed espirando per qualche secondo. Cercò di trovare in sé l'autocontrollo per non perdere la pazienza. Si ripeteva le parole di Minho nella mente, come un mantra.

«Non mi piace, troppo semplice. Vorrei più nero, in contrasto con i colori più chiari. Vorrei più decorazioni particolari, e i mobili devono essere meno ingombranti nella stanza. La sala d'attesa la voglio più decorata, con qualche quadro particolare magari. Le sedie dove devono aspettare i clienti devono essere comode, e le voglio chiare non nere. Credo che tu debba proprio rifarlo» disse Thomas, alzando lo sguardo e puntandolo dritto negli occhi di Newt, notando solo in quel momento, quanto il suo volto si fosse incupito. Vederlo arrabbiato lo rendeva ancora più stimolato a stuzzicarlo, a infastidirlo.

«Se solo tu avessi-» sbottò, bloccandosi subito quando vide il volto di Thomas soddisfatto della reazione che aveva avuto.

«Perfetto, ci vediamo tra dieci giorni con il nuovo progetto» disse Newt, distogliendo lo sguardo dal suo, chiudendo le schede e la propria agenda, facendogli capire che il loro incontro era terminato. Necessitava di fumare, per dimenticare il sorrisetto che aveva stampato sul volto da quando lo aveva conosciuto, e che lo faceva impazzire dalla rabbia e dal fastidio.

«Ti sei già stufato di me Newt?» Disse Thomas, alzandosi e facendo nuovamente il giro della scrivania, sedendosi su di essa, a qualche centimetro dal computer che il biondo teneva davanti a se, ancora acceso. Si fermò a guardarlo sospirare profondamente. Aveva le labbra serrate e la mandibola di pietra mostrava la sua forma in modo eccessivamente evidente. Vide il suo petto alzarsi e abbassarsi lentamente e la tensione tra di loro diventare, secondo dopo secondo, palpabile.

«Credo che tu debba andare» disse Newt, alzandosi e superando il ragazzo vicino a lui di qualche centimetro in altezza. Vide Thomas guardarlo negli occhi, alzando un angolo della bocca, per poi spostare lo sguardo sul resto del corpo, squadrandolo dalla testa ai piedi. Rimase a guardarlo in silenzio, mostrando un'espressione di gradimento. Newt, in un primo momento, fu colto da una folata d'imbarazzo, come se quello sguardo sul proprio corpo non gli dispiacesse, anzi lo apprezzasse. Le guance si colorarono di un rosso chiaro in modo irregolare, mostrando delle leggere chiazze di colore sparse per il volto. La camicia iniziò a farsi stretta, e il caldo nella stanza si fece sempre più presente, nonostante fuori ci fosse il freddo più forte da quando era iniziato l'inverno.

Poi, Thomas, fece un sorrisetto avendo capito quanto quello sguardo avesse generato una vera e propria reazione su di lui, e Newt percepì quella risata come di scherno, come se per lui fosse una sfida con se stesso; perciò, tornò serio, si schiarì la voce per tornare alla realtà, e riprese il suo discorso.

«Ti ripeto che sarebbe meglio per te andare, tra dieci giorni avrai il nuovo progetto» disse, camminando verso la porta e aprendola leggermente, invitandolo a uscire.

Thomas scese dalla scrivania facendo un leggero saltello. Prese poi la propria giacca, infilandola tenendo sempre lo sguardo fisso sul corpo di Newt, che nel frattempo aveva ricominciato a sospirare pesantemente. Dopo essersi sistemato, si diresse a passi lenti verso la porta, fermandosi davanti a Newt, distante da lui di pochi centimetri.

«Non mi vuoi qui?» Chiese Thomas, con voce bassa e roca, fissando il suo sguardo dritto sui suoi occhi, notando solo in quel momento quanto fossero belli. Di un colore che gli ricordava l'autunno, la cioccolata calda e le foglie cadute. Gli ricordava il caffè, la cannella e l'odore di legno appena tagliato. Gli ricordava il bosco, fitto e scuro, di un mistero impenetrabile. Il suo cuore iniziò a battere fortissimo, mentre Newt esaminava il suo viso, senza proferire parola.

«No, devo lavorare. Ci vediamo tra una settimana» disse Newt, aprendogli definitivamente la porta, aspettando che uscisse.

Thomas gli fece l'occhiolino, per poi superare la soglia diretto alla reception, dalla quale prese un bigliettino da visita per poi salutare Lucas, dirigendosi all'uscita.

Newt si richiuse la porta alle spalle, incredulo della situazione appena successa. Necessitava di una sana dose di nicotina per riprendersi.

Quando fece qualche passo verso la scrivania, pronto per prendere il pacchetto di sigarette, ricevette un messaggio. Prese il telefono e aprì la foto, che mostrava Caleb con in mano un foglio, con su scritto 9 in rosso; sul volto aveva un sorriso enorme e gli occhi stretti in una fessura. Guardò meglio e capì che quello era stata il suo primo compito di matematica, e aveva preso un 9. In un secondo tutto ciò che era successo qualche secondo prima scomparve, la necessità di rilassarsi svanì, e rimase solo la lacrima che gli scese dalla commozione. Come poteva pensare ad altro quando, nella sua vita, aveva Caleb?




Spazio autrice:

Ciao! Come state? Spero tutto bene. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e che la storia tra questi due vi stia piacendo. Cosa ne pensate di Thomas? E della reazione di Newt? Cosa ne pensate del piccolo Caleb? Fatemi sapere. Grazie mille veramente. Vi mando un bacio, alla prossima.

Letizia <3

Lightning || Newtmas AUWhere stories live. Discover now