«Questa è la mia stanza, cara.» disse dando maggior significato all'aggettivo possessivo. Aveva dei jeans neri e stretti, una camicia con dei disegni strani e una specie di stivaletti ai piedi.

«Sei gay?» pensai ad alta voce. Cosa che mi succedeva spesso. Alzai gli occhi nei suoi e lui alzò le sopracciglia, sorridendo compiaciuto. Delle fossette spuntarono ai lati della bocca. «Ho pensato ad alta voce, scusa.» mi ripresi subito, cercando di non sembrare più strana di quanto già fossi.

«Hai sbagliato camera.» affermò, sicuro di se. Il sorriso era scomparso. Afferrai il mazzo di chiavi che era sul comodino, mostrandogliele.

«Vedi queste? Se la stanza non fosse stata mia non avrei potuto aprire.» spiegai, come si spiega ai bambini piccoli. A quanto pareva era più stupido di quanto pensassi.

«Cambia letto.» mi impose, sedendosi su quello dove poco prima ero sdraiata io. Lo guardai stupita, alzando le sopracciglia e storcendo la bocca, infastidita.

«Perché dovrei cambiare letto?» gli chiesi. «C'è per caso scritto il tuo nome?» continuai. Non mi poteva trattare così, avevo pur sempre una dignità.

«Fai troppe domande.» rispose. «E' così e basta.» aggiunse. Capivo che magari era entrato prima lui in quella stanza e che quindi il primo che arriva si prende il letto che preferisce, ma se me l'avesse detto con gentilezza gliel'avrei anche lasciato. Era un vero maleducato.

Portai lo sguardo alla sveglia sul comodino. Le 4.09 di mattina. Era rientrato a quell'ora? Non erano affari miei, volevo solo dormire. Lasciai perdere il ragazzo strano e salii al letto di sopra, coprendomi fino al collo. A Brighton faceva caldo in quel periodo, ma ero fin troppo nuda per stare in camera con un ragazzo. No, non ero di certo una santa, ma provavo fastidio comunque. Chiusi gli occhi e mi addormentai poco dopo.

Sentivo la voce di mia madre lontana, fin troppo. La dovevo raggiungere, ma non ci riuscivo. Urlavo il suo nome, disperatamente, ma stava semplicemente sorridendo. Era un sorriso malinconico, come quand'era su quel letto d'ospedale. Piangevo, ed improvvisamente ero di nuovo in quella stanza troppo bianca, quasi mi accecava. Le sue parole continuavano a ripetersi nella mia mente.

«Ti prego, amore, prenditi cura di te stessa quando non ci sarò più.»

Spalancai gli occhi di scatto, mettendomi a sedere sul letto. Accanto a me c'era un ragazzo, dagli occhi azzurri. Lo fissai, aggrottando le sopracciglia e chiedendomi cosa volesse.

«Harry mi ha detto di svegliarti, stavi parlando nel sonno.» parlò. Aveva un accento diverso da quello inglese. «Stai bene?» mi chiese poco dopo. Annuii velocemente.

«Chi sei tu? E chi è Harry?» gli chiesi, alzandomi e guardandomi attorno. C'eravamo solo noi due nella stanza.

«Sono Niall, piacere.» sorrise, porgendomi la mano. Gliela strinsi, confusa. «Harry è il ragazzo riccio, un po' imbronciato, che sembra Brontolo.» spiegò dopo.

Sorrisi alle parole che usò, e capii che il mio compagno di stanza aveva anche un nome oltre che un brutto carattere. Annuii nuovamente, scendendo le scalette del letto a castello e scegliendo dei vestiti da mettere.

«Sei nuova, vero?» mi chiese e annuii. «Bene, allora dovresti sapere che la colazione finisce tra circa dieci minuti e le lezioni iniziano subito dopo.»

Appena pronunciò quelle parole spalancai gli occhi, cominciando ad imprecare e corsi in bagno, per rendermi un minimo decente. Dopo essermi vestita e lavata a tempo di record uscii, notando che quel Nail era ancora lì. Che voleva ancora? Lo guardai con una faccia confusa.

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