Mangiai quel toast con avocado e pomodoro come se non avessi visto mangiare da giorni; tutta colpa di quella lunghissima e noiosa leziona storia.

Potevo sentire ancora nella mia mente: "Il nome Storia deriva dal Latino antico 'Historia', che significa Ricerca..."
«Ho appena finito!»
Fortunatamente, la mia visione del docente di storia che spiegava fiero e vittorioso e gesticolando verso di noi: "Tutto ebbe inizio" fu interrotta da Yoora, che poggiò il vassoio sul tavolino e che per poco non fece cadere tutta quella brodaglia.

«Ti ho cercata, ma non ti ho trovata» dissi poggiando il toast sul mio vassoio, «anzi, pensavo fossi in biblioteca» conclusi, mentre portavo alle labbra la cannuccia bevendo un succo di frutta.
«No, il professore di astrofisica ci ha trattenuti.»
Potei capire dal tono con il quale stava parlando che era stata una giornata pesante, così, stranamente in silenzio, iniziò a mangiare il suo pasto.

«Quindi tra poco vai in biblioteca?» mi chiese dopo svariati minuti mentre tirava su uno spaghetto.
«Sì, devo lasciare il libro che ho preso in prestito la scorsa settimana e prendere uno nuovo di storia.»
Alla parola 'storia' alzai gli occhi al cielo quasi sdegnata; avrei potuto stare lì ore intere a deplorare come fanno i bambini quando piagnucolano per l'ultimo modello uscito in commercio, ma che i genitori non gli comprano.

Esattamente quella sono io.

«Se ti va, potremmo studiare insieme» disse Yoora continuando a magiare i suoi venerati spaghetti di soia.
«Mi farebbe piacere» esordii addentando l'ultimo boccone del mio toast.
Giunte in biblioteca, posai le mie cose sulla sedia.
«Io vado.»
Sventolai il libro di filosofia; mi incamminai verso la 'reception', consegnai il libro ed iniziai la mia ricerca verso il famigerato libro di storia.

Non ebbi molto successo come con quello di filosofia, perché mi caricai un malloppo di li- bri tra le mani cercando di capire quale fosse quello giusto.
«Tra poco non ti si vede nemmeno la testa» enfatizzò Yoora, mentre mi aiutava alleggerendo il mio carico.
«Forse ho esagerato» dissi mentre poggiavo i libri nel mio banchetto.
«Forse?» puntualizzò sgranando gli occhi.
Ridetti divertita osservando la sua faccia e lei finì con il ridere insieme a me.

Cara Ivy, piuttosto che pensare a ridere chiediti se riuscirai a portarti tutti questi libri...

Alzai lo sguardo verso il cielo, non appena sollevai il capo una goccia mi cadde bagnandomi il viso; sapevo che quella giornata non poteva concludersi in un altro modo se non così.
Non appena iniziò a piovere a dirotto, corsi a ripararmi sotto una piccola grondaia.

Amareggiata vidi i miei vestiti zuppi, spostai il giubbotto notando i libri malmessi.
«Maledizione!»
Sbattei un piede per la disperazione ma l'unica cosa che ottenni è che si inzuppò ancora di più nella pozzanghera. La pioggia cadeva fitta e veloce ed io ero lì con in mano dei libri zuppi come lo erano, del resto, i miei vestiti; aspettai lì sotto la grondaia per un'infinità di tempo.

Dopo che la pioggia iniziò a diminuire, con i libri saldi sotto il cappotto, iniziai ad incamminarmi verso casa; mi fermai lì di
fronte aspettando che il semaforo diventasse verde per poter attraversare.

Appena poggiai il piede giù dal marciapiede una Jeep nera mi bloccò il passaggio.
«Diamine, fammi passare!» urlai verso la Jeep.
Con la pioggia che mi batteva addosso, vidi il finestrino abbassarsi e incrociai il suo sguardo.
«Salta su» disse.
«Tranquillo, stavo facendo una passeggiata» dissi mentre la pioggia continuava a bagnarmi.

Cara Ivy, una passeggiata? Sotto la pioggia una passeggiata? Dopo questa, io passo e chiudo.

«Per salire vuoi un invito?»
Si allungò per poi aprirmi la portiera.

Quando salii in macchina la prima cosa che fece fu accendere i riscaldamenti, ma il mio sguardo era fisso sulle sue mani.

Avrei potuto giurare che nei miei ricordi, sbiaditi come lo erano le scritte delle copertine dei miei libri, io ricordavo quelle mani... quel preciso istante in cui lui mi aveva passato quel tovagliolo.

«Allora?» tuonò la sua voce che richiamò la mia attenzione.
«Sì, scusa, cosa?» balbettai e nel frattempo spostai i capelli bagnati dal viso.

Mi girai e lo guardai dritto negli occhi; quegli occhi di un nero profondo che mi scrutavano, ma distolsi subito lo sguardo dai suoi occhi neri a mandorla e lo riportai sui miei libri.

«Dove abiti?»
Con la coda dell'occhio notai le mani ben salde sul volante, che evidenziavano le sue nocche ferite.
«Abito nei pressi di Hongdae.»
Mi sforzai di pronunciarlo nel miglior modo possibile, ma potei vedere un ghigno divertito sul suo volto.

Mise la freccia e sotto la pioggia battente fece inversione di marcia.

Black SwanWhere stories live. Discover now