Trentatré.

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«Io non capisco... davvero non capisco... cosa ho sbagliato? Le ho sempre dato tutto, ho cercato sempre di accontentarla in ogni cosa, e non è stato sufficiente... non capisco» continuava a ripetere mia madre, non trovando altre parole da esprimere.

Non ce la facevo a vederla così. Anzi, non ce la facevo ad assistere in generale a quella scena pietosa.

Benedetta non si meritava tutte quelle attenzioni, né tutte quelle persone tristi per la sua partenza.

In fondo per lei eravamo "niente".

Sbuffai sonoramente per far notare il mio fastidio e la mia insofferenza a tutti i presenti, dopodiché ritornai in camera mia per prepararmi.

Sentii in lontananza mia madre chiedermi se volessi leggere anch'io la lettera, ma la ignorai ed evitai di proposito di rispondere. Tuttavia, dopo qualche secondo, sentii ugualmente la presenza di qualcuno all'uscio della porta. «No, mamma, non la voglio leggere quella stupida lettera! Non me ne frega niente!» esclamai, prima di voltarmi verso la porta e vedere Vittorio al posto di mia madre.

Non appena si accorse che indosso avevo solo un reggiseno e i pantaloni del pigiama, si voltò imbarazzato dall'altra parte e si scusò.

«Sei sicura?» chiese, continuando a darmi le spalle.

«Sicurissima. Basta chiederlo, fammi questo piacere» risposi acida.

Vittorio rimase un attimo in silenzio. Nel momento in cui stavo per chiedergli di levarsi dai piedi e lasciarmi sola, poi, parlò di nuovo: «Come stai?»

«Che domanda del cazzo è?» sbraitai, sentendomi in colpa subito dopo per aver usato quel tono con lui, che si stava solo preoccupando per me e non stava facendo niente di male, a parte invadere i miei spazi come suo solito. «Sto bene. In fondo me lo immaginavo. Tanto si sa, Benedetta non sa comportarsi come se fosse una persona sola e autonoma, funziona solo in base a Maurizio, come fossero una cosa sola. È una persona insulsa e patetica» dissi poi.

Vittorio si girò di nuovo verso di me, probabilmente perché non si sentiva a suo agio a parlarmi senza guardarmi in faccia. Al contrario a me andava benissimo continuare in quel modo ed evitare il suo sguardo, così rimasi com'ero e non provai minimamente a coprirmi, nella speranza che il suo imbarazzo lo portasse a voltarsi di nuovo.

Purtroppo così non fu, e si sforzò il più possibile di tenere lo sguardo fisso sui miei occhi. «Dai, Nina, non dire così. È normale che voglia stare con la persona che ama, e...»

«Be', speravo che non fosse Maurizio l'unica persona che ama nella sua cazzo di vita! È una stronza e basta, diciamo le cose come stanno» montai su tutte le furie. Dopodiché mi accorsi di aver esagerato ancora e di aver mostrato di darci troppa importanza, così mi ricomposi e moderai i toni. «Ma comunque va bene così, almeno adesso ho finalmente una camera tutta per me come ho sempre sognato, quindi siamo tutte e due felici e contente!» esclamai con un finto sorriso, prima di scansarlo e uscire dalla stanza per dirigermi in bagno.

*

A scuola fu difficile nascondere cosa ci fosse a non andare in me. Ero brava a farlo e a indossare una maschera se volevo, dato che l'avevo fatto per tutta la vita, ma una parte di me non era sicuro di volerlo fare. Avrei voluto sfogarmi con le mie amiche, se non altro con Irene, ma sentivo anche che non fosse il momento adatto.

Erano tutte prese da varie faccende, fra cui l'imminente interrogazione di storia, perciò ritenni che appesantirle con i miei problemi in quel momento non avrebbe aiutato granché. E poi cosa avrebbero potuto dirmi? Niente mi avrebbe fatta sentire meglio, tanto valeva tacere e ingoiare il rospo.

Solo se balli con meWhere stories live. Discover now