. 2 . La verità

Începe de la început
                                    

La donna fissò Eìos, qualche istante, fredda come la galaverna, e così fece pure l'altra, che le sedeva accanto, e che sembrò trasalire dinnanzi agli occhi induriti e distanti dell'uomo, finché un tonfo sordo sul tappeto di seta, che ricopriva il pavimento, catturò l'attenzione di tutti i presenti.

Nubia era riversa al suolo, gli occhi serrati, la bocca leggermente schiusa ed un pallore innaturale diffuso sul volto.

Miran le si precipitò accanto, sollevandole il capo molle, mentre l'altra donna, la madre di lei, visibilmente spaventata, si stringeva le mani al petto, invocando tutti gli angeli del cielo.

Eìos abbozzò un sorriso divertito e, rivolgendo gli occhi soddisfatti ad Ariela, la guardò sicuro, come l'imputato che dimostra l'infondatezza dell'accusa che grava sul suo capo.

La giovane rimase immobile, incatenata agli occhi di lui, stravolta e spaurita, mentre gli altri si affrettavano a portare la sorella nelle sue stanze.

Solo la madre di Miran rimase un altro istante a fissare la figura di Eìos, che rimaneva fermo, le braccia incrociate sul petto, il portamento fiero ed arrogante ed il sorriso divertito. Per un minuto lungo un'eternità, ella sprofondò nel ricordo sopito di un altro uomo con gli stessi occhi prepotenti, il medesimo sorriso tagliente, la stessa sfacciata consapevolezza di sé: il suo sposo.

Lasciò la stanza senza un accento, seguendo il codazzo dei parenti e della cameriera che si affrettava a raggiungerli, agitando i sali.

Appena furono soli, Ariela tagliò il silenzio, che aveva legato i loro occhi fino a quel momento, e lo aggredì con tutta la sua piccola forza disperata.

- Avete ottenuto ciò che vi eravate prefissato ... andate via, ve ne prego! - lo supplicò in un richiesta accorata, le mani giunte al petto, quasi fosse una preghiera.

- Quello che volevo, dite? - chiese, ironico.

- Avete portato scompiglio in questa dimora ... - spiegò.

Eìos scosse il capo, con un sorriso dissacrante, sciolse le braccia che gli coprivano il petto e si avvicinò a lei.

- Dunque, mi credete ora? - le domandò sorridendo, soddisfatto.

- Non ho detto questo! Siete un folle e ciò è sufficiente per temere che la vostra presenza in questa casa possa portare solo dolore. -

- Ho appena iniziato ... - minacciò.

- E' il danaro, forse, che vi anima con tale viltà? - insinuò, facendosi forte di un coraggio che non possedeva.

- Il danaro? - finse di riflettere, quasi fosse un invito così allettante da indurlo a cedere.

Lo aborriva, invece, detestava l'influenza malefica che esso esercitava sulla maggior parte degli uomini: li rendeva aridi ed egoisti; prevaricatori e superficiali, lupi famelici in mezzo ai lupi. Disprezzava coloro che ne facevano un'arma; che compravano e vendevano la propria anima e quella degli altri, come spezie pregiate al mercato.

Ariela, di contro, era di un mondo in cui il denaro era il letto placido su cui la casta giaceva; il potere che permetteva ad essa di vivere, incurante, sulle miserie altrui. Non si stupì, Eìos, di quel tentativo di barattare il proprio silenzio con ciò che, per quelli come lei, valeva più delle anime.

Eppure, ella lo aveva fatto con tale candore disperato, come se ingenuamente, davvero lo credesse l'unico strumento, che Eìos ne fu intenerito, un vecchio davanti all'ingenuità di una bambina.

- Se è questo ciò cui agognate ... io ... io potrei offrirvi una somma cospicua ... - sussurrò, la voce decisa tra le labbra tremanti.

Eìos sorrise, scuotendo il capo in un diniego: - E credete che il vostro danaro potrebbe soddisfare la mia sete? Siete una bambina ingenua ... - la schernì.

In nome del sangue, in nome dell'amoreUnde poveștirile trăiesc. Descoperă acum