Capitolo 16/ Mya

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Me ne devo andare da questo posto. C'è troppo silenzio, rischio di essere inghiottita dai pensieri. Inizio a correre e cerco di non pensare a niente ma gli occhi di Edie sembrano marcati a fuoco nella mia mente e ad ogni respiro che prendo mi pare di sentire una zaffata del suo profumo. Corro più velocemente per scappare da tutti questi pensieri, da tutte queste emozioni, da questo dolore che continua a ricordarmi che non la potrò mai avere. Mai.

Dopo qualche minuto vengo catapultata nuovamente in quel mare di persone da cui ero sfuggita qualche ora prima. Ormai è calata la sera e i volti delle persone sono illuminati dalla luce tremolante dei lampioni seminati lungo la via del centro città, ma questa scena non m'inquieta, anche se probabilmente dovrebbe, perchè al buio mi sento nascosta, protetta e posso lasciarmi andare almeno un po'.

Continuo a camminare per qualche minuto mentre il cielo si fa sempre più scuro e finalmente riesco a lasciare da parte Edie e godermi il chiacchiericcio delle coppiette che passeggiano spensierate e le risatine dei bambini che si divertono a far disperare le proprie madri. A qualche metro da me riesco a scorgere una bambina di circa quattro anni che cammina tenendo il braccino alzato per stringere la mano della mamma. Non sembra felice come gli altri ragazzini, anzi, pare piuttosto malinconica. Probabilmente è solo un po' stanca, ma questa scena m'induce a ripensare alla mia infanzia, più precisamente, al giorno in cui io e mia madre siamo scappate di casa.

A quel tempo avevo otto anni, era sera e faceva molto freddo, me lo ricordo bene perchè continuavo a sfregarmi le manine per cercare di sentire un po' di calore visto che il riscaldamento della casa in cui vivevamo si era rotto da più di due settimane ma mio padre non aveva avuto la minima intenzione di ripararlo. Era stato troppo ocuupato a sbronzarsi, del resto, lo era sempre. Ad un tratto l'uomo, seduto sulla poltrona di fronte al televisore, mi chiamò.

- Mya, piccolina, vieni da papà, vieni a farmi un po' di compagnia. - disse con un tono di voce gentile in netto contrasto con il suo carattere.

Lo guardai di sottecchi, indecisa sul da farsi. Non sapevo come affrontare la situazione perchè il solo pensiero di andare vicino a lui mi faceva venire la pelle d'oca, ma d'altro canto, sapevo perfettamente che se non gli avessi ubbidito sarei stata punita e quella non sarebbe stata una delle solite punizioni che si infliggono ai bambini disubbidienti, ma, com'era gà successo in passato, avrei dovuto scegliere ta l'essere privata del cibo per qualche giorno o l'essere presa a ceffoni, se mi andava bene, a cinghiate, se era di cattivo umore.

Leggendo l'indecisione sul mio dolce volto proseguì: - Dai, siediti sulle mie ginocchia, lo so che hai freddo, vieni che così ti scaldo.

Nonostante avessi colto uno strano bagliore nei suoi occhi, decisi di fare come mi aveva chiesto. Ero stanca di ricevere botte ogniqualvolta non eseguissi i suoi ordini. Così, a piccoli passi mi avvicinai alla vecchia poltrona e mi sedetti con cautela sulle sue ginocchia. Il suo odore era nauseante: puzzava d'alchool e di fumo. Per me quello era l'odore del pericolo.

- Sei proprio una brava bambina mia piccola Mya. - disse mentre mi tirava più a sè. Poi, con la sua grossa manona ruvida mi scostò una ciocca di capelli neri dal viso e iniziò ad acarezzarmi la guancia. Ero terrorizzata, sentivo che c'era qualcosa che non andava, quel tono troppo gentile, quei suoi modi troppo premurosi, non vedevo l'ora di chiudermi in camera mia.

- Dov'è la mamma?- chiesi sottovoce sperando che le mie parole non lo facessimo trasformare in un mostro per la rabbia, anche se un mostro lo era già ed io non me ne ero ancora resa conto.

- Tua madre è fuori, è andata a fare la spesa. - disse sempre mantenendo un tono di voce calmo. - Shhh!- disse portandosi l'indice della mano destra davanti alla bocca per indicarmi di stare zitta. - Ora voltati, bambolina mia, fai vedere a papà quanto sei bella. - proseguì facendomi cambiare posizione in modo tale che lo potesi vedere dritto in faccia, in modo tale che potessi vedere i suoi occhi azzurri identici ai miei. Intanto io tremavo per il freddo e per la paura, avevo gli occhi spalancati e faticavo a trattenere le lacrime.

La notte non fa più pauraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora