Dopo il potenziamento, ancora un po dolorante, si trascinò in camera sua. Quella volta non vi era nessuno ad assisterla: ne Alexei, che solitamente non si perdeva mai l'occasione di poter vedere la ragazza, forse a causa del troppo lavoro; ne Yelena, che a volte le andava a fare visita, forse ancora intenta a sbollire la rabbia. Si stese sul letto senza avere la minima idea di che ore potessero essere. Aveva sonno, ma prima di chiudere gli occhi e aspettare il soldato decise di aprire la porta. Non avrebbe saputo dire perché, ma sicuramente, se avesse voluto entrare, sicuramente non avrebbe usato la porta d'ingresso.
Venne svegliata cinque, o dieci (chi poteva dirlo se nella stanza non vi erano orologi?), minuti dopo dal frusciare delle tende. Era un ottima spia, anche il minimo rumore era bastato per metterla all'erta. Si girò nel letto come se il rumore l’avesse infastidita ed infilò la mano sotto al cuscino dove aveva nascosto un coltello rubato dalla mensa. Sentì dei passi estremamente leggeri avvicinarsi e quando percepì l’ombra piegata su di lei si tirò su di scatto puntando il coltello sul collo dello sconosciuto.
"Non credo che faresti molto con quel coltello, taglia a mala pena il cibo." Disse una voce profonda. Natasha mise a fuoco il profilo del Soldato D'inverno e notò che aveva stampato sul viso un ghigno di scherno, lei mise subito giù il coltello arrossendo nel buio della stanza. Accese una piccola lampada accanto al letto e vide che indossava la stessa uniforme di sempre ma nei suoi occhi la cattiveria era diminuita rendendoli meno freddi Si rese conto di essere rimasta a fissarlo e quando distolse lo sguardo lo senti ridere leggermente ma lei cercò di non farci caso.
"C-cosa ci fai qui?” Chiese lei.
"Non ricordi? Mi hai chiesto tu di incontrarci." Lei si diede della stupida mentalmente.
"Oh si ma certo." Prese il fascicolo da uno scompartimento segreto sotto il cassetto del minuscolo comodino, James nel mentre si sedette sul letto accanto a lei come se nulla fosse.
"Cosa vuoi sapere?" Chiese lei.
"Il mio nome." Rispose lui secco.
"James Buchanan Barnes, forse è meglio se lo leggi tu stesso." E gli passò il fascicolo. Lui lo prese con una strana luce negli occhi, quasi con timore, forse non era pronto per sapere chi era davvero e chi era stato. Il tempo passò rapido e quando ebbe finito di leggere le restituì il fascicolo. Quando Natasha lo guardò di nuovo negli occhi notò che erano tornati freddi e distaccati. Lui si alzò di scatto dal letto e lei ne sentì terribilmente la mancanza, lo avrebbe voluto di nuovo vicino. Fece per andare via, ma la ragazzo lo fermò.
"Aspetta ho anche delle altre foto che non hai visto e…"
"Non posso rimanere. Devo andare." Disse freddamente lui.
"Oh ma certo” Disse lei abbassando lo sguardo. Sentì dei passi e poi due dita sotto al mento che le fecero alzare il viso.
"Ma se credi siano importanti posso tornare domani." Natasha rispose freddamente.
"Devi decidere tu se sono importanti oppure no non io." James sorrise come divertito dalla sua risposta.
"Allora ci vediamo domani." Detto questo la lasciò da sola nella sua stanza con ancora l’impressione delle sue dita sotto il mento. Quando cercò di dormire non poté fare ameno di pensare a quel ragazzo nel 1943. Bucky, come era soprannominato, era allegro, solare e gli occhi spensierati; James invece era pieno di dolore e rabbia e, nonostante fosse ancora giovane, il volto era segnato come quello di un uomo vissuto, segnato dalla morte.
 
La sera seguente Natasha si fece trovare già sveglia da James, che appena messo piede nella stanza disse.
"Cosa dovevi farmi vedere?" La Vedova Nera si alzò dal letto e si abbassò sul pavimento vicino alla finestra. Alzò una delle assi che componevano il parquet e ne tirò fuori alcune foto e gliele passò. Lui si andò a sedere e lei, senza dire nulla, si accomodò accanto a lui
"Non so a quanto tempo fa risalgono, non c’è data." Lui annuì e per qualche minuto osservò le foto facendo attenzione a non rovinarle. Si soffermò sull’ultima che rappresentava un Bucky giovane e sorridente, ci passò le dita sopra come se potesse aiutarlo a ricordare.
"Ero io?"
"Credo di si era insieme alle altre. Penso fosse nel periodo della guerra. Ricordi niente?"
Lui scosse la testa senza staccare gli occhi dalla foto del se del passato, poi prese quella in cui era legato.
"È colpa loro e di questa macchina infernale se non ricordo nulla. Dopo ogni missione mi portano in questa stanza e mi resettano, mi fanno il lavaggio del cervello facendomi dimenticare chi, cosa, dove e perché." Si alzo nervoso e si passo una mano nei capelli castani. Il vago sentore di paura che Natasha aveva provato era completamente sparito quando si era resa conto che fosso solo un uomo. Si alzò dal letto e si avvicinò a lui, spinta da un moto di coraggio improvviso gli circondò la vita con le braccia, abbracciandolo da dietro. In un primo momento lui si irrigidì e la ragazza, pensando di aver sbagliato, si tirò indietro. Ma poi lui si girò e la tirò a se mettendole le mani alla base della schiena mentre lei affondava il viso nell’incavo del suo collo cercando di non pensare ai brividi lungo la schiena e provando a nascondere il rossore sulle sue guance. Fu un abbraccio impacciato perché nessuno dei due ricordava come si facesse, ma furono felici di sperimentarlo insieme. Ancora stretti l'uno all'altra Natasha disse.
"Nemmeno io ricordo molto di chi ero prima, ma voglio scoprirlo. L'unica cosa di cui sono certa è di non voler diventare un’assassina specializzata." Lo sentì ridere leggermente, si allontanarono quel tanto che bastava per guardarsi negli occhi perché nessuno dei due era ancora pronto ad abbandonare l'altro.
"A proposito, come va il braccio?" chiese lei notando solo in quel momento la fasciatura che riportò a galla il ricordo di quella missione e la sensazione dei suoi occhi sul suo corpo. Cercò di scacciare quel pensiero poco casto che stava facendo salire la temperatura del suo corpo. Lui si staccò definitivamente da quell’abbraccio e tirò su il braccio facendo quello che sembrò un minuscolo sorriso.
"Bene, quasi completamente guarito, ed è merito tuo, credo di doverti ringraziare, perciò ehm...grazie." Lei sorrise.
"Di nulla."

Black WidowWhere stories live. Discover now