Capitolo 13

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Lo lasciai cadere sul tavolo come se scottasse, avevo anche ridimensionato la mia reazione in verità, il primo istinto era stato quello scagliarlo contro la vetrata. Guardai l'apparecchio infernale indecisa sul da farsi, si fermò ed io rilasciai l'aria che stavo trattenendo. Cosa voleva? Perché ora? Era passato tanto tempo e ora che stavo provando a ripartire compariva dal nulla come un fantasma. Guardai fuori in cerca di un'illuminazione divina e vidi Liam che parlava al cellulare, come attirato dal mio sguardo si voltò dalla mia parte e allacciò i suoi occhi ai miei, ma io li abbassai subito, sentendomi quasi ... colpevole, ma per cosa? Non ero stata io a fare la telefonata, forse mi sentivo colpevole di non riuscire a provare con lui tutto lo scombussolamento che mi aveva causato il nome sul display.

Il telefono vibrò nuovamente, mossa da un moto di rabbia per non essere riuscita a dimenticarlo risposi.

<<Cosa vuoi?>> dissi con tono forse più alto e rabbioso di quello che avrei voluto, ma andava bene lo stesso, di certo era quello che si meritava.

<<Perché non rispondi al dannatissimo telefono Abigail?>> la sua voce era fuoco e ghiaccio allo stesso tempo, forte come la ricordavo.

Cacciai fuori l'aria dai polmoni in un sospiro, sentirlo nuovamente era come ricevere un potentissimo quanto inaspettato pugno allo stomaco, lui era questo, emozioni estreme, sia nel bene che nel male, Tom era stato proprio questo gioia e dolore, tutto e niente.

Non si disturbò a rispondere alla mia domanda, ovviamente, era solo interessato a quello che voleva lui.

Mi venne in mente tutto il dolore che avevo provato dopo il suo allontanamento, il poco tempo che avevamo condiviso mi aveva segnato nel profondo, lui aveva stravolto il mio modo di pensare e mi aveva dimostrato che fino a quel momento l'amore, io non lo avevo mai conosciuto, ma soprattutto mi venne in mente tutto il dolore che avevo dovuto affrontare completamente da sola e così trovai la forza per reagire anche se dentro di me era scoppiato il caos non appena avevo letto il suo nome.

<<Tu domandi a me perché non rispondo? Hai davvero questo grande coraggio? Dopo le centinaia di telefonate che ti ho fatto, senza mai ricevere risposta o un messaggio di scuse, o un semplice, "come stai Abbie, sei viva?" Mi sarebbe bastato solo sapere che non ero sola, che non mi avevi abbandonata, come invece hai fatto.>> gli scagliai addosso la mia rabbia e il mio risentimento, sapevo che non mi avrebbe fatto sentire meglio ma non riuscii a trattenermi, avevo sperato così tanto nel suo ritorno che quando realizzai che non sarebbe accaduto la delusione fu cento volte superiore.

<<È stato per il tuo bene.>> continuava a ripeterlo, anche la sua gemella lo aveva detto ma io ancora non ne capivo il motivo, ma a quel punto non ne avevo più bisogno.

<<Tu non hai idea di cosa sia il mio bene, ma adesso sto bene, quindi rimani nel tuo angolo di mondo lontano da me, continua a pensare al mio bene perché ora ho bisogno che tu sparisca nuovamente, credo che per te non sarà un problema, sei un maestro nell'arte del dileguarsi. Non chiamare più, la tua presenza ormai non è richiesta.>> avevo sbagliato a pensare che togliermi qualche sassolino dalla scarpa non mi avrebbe fatto sentire meglio, avrei voluto sfogarmi completamente dire tutto quello che sentivo scoppiarmi dentro.

Alla mia affermazione seguii un momento di silenzio, pensai che avesse riattaccato e stavo per farlo anch'io con una piccola fiammella di delusione, i miei sentimenti in questo momento erano in contrasto tra di loro: rabbia, dolore, e quel sentimento innominabile che avrei voluto strappare dal mio petto si fondevano tra loro confondendomi le idee.

<<Sai fare male Abs, tanto male.>> disse infine, la sua voce si era abbassata, aveva perso un po' della sua sicurezza e mi sentii leggermente in colpa. Cavolo! Lui era ancora dentro al mio maledetto cuore, era come un'erbaccia che aveva fatto radici e io non riuscivo a estirparla.

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