II

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Il giorno dopo mi alzo sentendomi decisamente meglio, nonostante i leggeri dolori alla schiena e alla spalla continuino a ricordarmi della notte precedente. Spengo la sveglia che continua a far risuonare The Great Gig In The Sky dei Pink Floyd tra le pareti della mia camera e, sbadigliando, mi dirigo a passo lento verso il bagno. Dopo aver fatto una calda doccia rilassante, avvolgo un telo bianco intorno alla vita e, asciugandomi i capelli gocciolanti con un altro panno, ritorno nella mia stanza. Prendo un maglione lilla, dei jeans scuri e le mie inseparabili Converse bianche e mi vesto rapidamente, stranamente impaziente di andare a scuola per rivedere i miei amici. Incastrando una bandana tra i miei riccioli ribelli, afferro lo zaino e inizio a scendere le poche scale che portano al piano inferiore, quando dei suoni provenienti dalla camera di mia madre arrestano la mia avanzata. All'istante, mi precipito davanti alla sua porta e vi appoggio l'orecchio per capire cosa stia succedendo, pietrificandomi sul posto. Singhiozzi. Mia madre sta piangendo. Non l'ho più vista farlo dalla morte di papà, probabilmente non voleva mostrarsi fragile davanti gli occhi dei suoi figli. Senza sprecare altro tempo, mi immergo nel buio pesto della stanza e mi sdraio accanto alla sua figura, portando la sua testa sul mio petto. Inizio a far passare le mie lunghe dita affusolate tra i suoi lunghi capelli neri e di tanto in tanto le lascio qualche soffice bacio sul capo, cercando in qualche modo di tranquillizzarla. <<Ehi, mamma, così mi fai spaventare. Perché stai piangendo?>>, le chiedo, asciugando con i pollici le lacrime che continuano a scendere imperterrite dai suoi occhi chiari e arrossati. <<Oh, Harry, sono così tanto preoccupata per Gemma! Da quando se n'è andato Des, tu e tua sorella siete le uniche cose belle che ho in questo mondo; ma adesso mia figlia è scomparsa ed io continuo a sentirmi persa ed inutile da quando non si hanno più sue tracce. Non posso permettermi di perdere anche lei, impazzirei del tutto e non posso permettermelo!>>, dice strascicando le parole a causa della voce rotta dai continui singhiozzi. A vederla per la prima volta dopo anni in questo pessimo stato, i miei occhi si velano di lacrime, iniziando a bruciare leggermente. Maledizione! Se solo mi fossi comportato più da fratello e avessi dato più importanza allo strano comportamento di Gemma, avrei sicuramente evitato altri dolori e dispiaceri a mia madre. Come sempre, è tutta colpa mia. Cercando delle parole adatte a consolare sia me che lei, le sussurro dolcemente: <<vedrai che la troveremo. Lo sai che io e Gems amiamo più di noi stessi cacciarci nei guai. Ti ricordi di quando eravamo andati a trovare lo zio e non eravamo tornati a casa perché avevamo perso il treno? Avevamo deciso trascorrere la notte nel parco vicino la stazione senza avvisarti e, quando siamo ritornati, ci hai sgridati per bene e messo in punizione per una settimana, nonostante sapessi che avremmo continuato ad uscire dal mio balcone>>. Dopo aver riportato a galla quel ricordo, un candido sorriso spunta tra le sue labbra e, alla sua vista, un peso si leva dal mio cuore. Leggermente rassicurato, mi alzo e apro le tende, permettendo così alla lieve luce solare di filtrare attraverso le vetrate. Dopo aver accarezzato con delicatezza il viso lievemente pallido di mia madre, mi dirigo ad ampie falcate verso l'uscio della camera e le lancio un'ultima rapida occhiata. <<Stai tranquilla perché la troverò, fosse l'ultima cosa che faccio>>, mormoro a voce bassa, chiudendomi successivamente la porta alle spalle. Ecco come una giornata che sembrava iniziata bene riesce ad evolversi nel peggiore dei modi.




Arrivo a scuola quasi mezz'ora in ritardo e, quindi, per mia sfortuna, mi tocca aspettare l'ora successiva per poter seguire le lezioni. Al suono della campana mi alzo di scatto dalla sedia su cui sono stato seduto un'infinità di tempo e, salutando distrattamente la segretaria con un gesto della mano, inizio a correre lungo il corridoio ancora poco affollato. Arrivo alla classe di storia con un leggero fiatone e, dopo aver scrutato attentamente l'aula in cerca dei miei amici, mi dirigo verso loro. Mi siedo comodamente accanto a Niall e saluto allegramente sia lui che Zayn, che si trova nel banco davanti al nostro. <<Ehi, Harry, come mai hai saltato la prima ora? Per caso è successo qualcosa di grave?>>, chiede preoccupato il mio amico irlandese. <<Lunga storia, ho avuto un imprevisto prima di uscire di casa. Nulla di importante, state tranquilli>>. Do una pacca al mio compagno di banco, rivolgendogli subito dopo un sorriso contornato dalle fossette che tanto adora. <<Comunque, ho davvero bisogno di parlarvi di una questione urgente. Ci vediamo alla pausa pranzo al solito posto?>>, dico speranzoso. <<Non c'era nemmeno bisogno di chiedere, passiamo tutte le pause pranzo insieme da quando abbiamo iniziato il college>>, risponde Zayn ruotando gli occhi al cielo. Non ho il tempo di rispondergli con una battuta delle mie ché la professoressa entra quasi marciando in aula, intimando il silenzio a tutti. Il lieve brusio di sottofondo tace all'istante per lasciare spazio soltanto alla sua voce. Mentre inizia a spiegare la lezione del giorno, mi perdo tra i miei pensieri, non prestando più ascolto all'insegnante. Chissà come reagiranno i ragazzi a quello che gli racconterò. Mi crederanno oppure diranno soltanto che sono pazzo? Spero proprio la prima opzione.


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