𝗧𝗜𝗗 - 𝕯𝖔𝖕𝖔 𝖎𝖑 𝖕𝖔𝖓𝖙𝖊

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(🔞 LETTURA SCONSIGLIATA AI MINORI DI DICIOTTO ANNI O PERSONE SENSIBILI A TEMI SESSUALI ESPLICITI 🔞)

« Una storia per quanti si sono chiesti cos'hanno fatto Tessa e Jem dopo essersi incontrati sul Blackfriars Bridge nell'epilogo de La Principessa. »

After the Bridge

Now is the time of our comfort and plenty
These are the days we've been working for
Nothing can touch us and nothing can harm us
And nothing goes wrong anymore

Venne fuori che Tessa aveva un appartamento a Londra. Era al secondo piano di una casa di città bianco pallido a Kensington, e, mentre faceva entrare entrambi – le sue mani, girando la chiave, tremavano appena leggermente –, spiegò a Jem che Magnus le aveva insegnato come possedere un'abitazione per secoli desiderando le proprietà per se stessi.
"Dopo un po' ho cominciato semplicemente a darmi dei nomi stupidi," disse, chiudendo la porta dietro di loro. "Credo di possedere questo posto con lo pseudonimo di Bedelia Codfish."
Jem rise, anche se era solo in parte concentrato sulle sue parole. Stava osservando l'appartamento – le pareti erano di colori brillanti: un soggiorno lilla, con divani bianchi sparsi qui e là, una cucina verde avocado. Quando aveva comprato l'appartamento, Tessa, si chiese, e perché? Aveva viaggiato così tanto, quindi perché crearsi una base a Londra?
La domanda gli si seccò in gola quando si voltò e realizzò che, attraverso una porta parzialmente aperta, riusciva a dare un'occhiata alle pareti blu di quella che molto probabilmente era una camera da letto.
Deglutì, la bocca improvvisamente asciutta. Il letto di Tessa. In cui lei dormiva.
Tessa lo guardò con gli occhi assottigliati. "Stai bene?"
Gli prese il polso, e Jem sentì le pulsazioni accelerare sotto il suo tocco. Finché non era diventato un Fratello Silente, era sempre stato così. Si era chiesto, durante il tempo passato a Idris, dopo che il fuoco celeste l'aveva curato, se sarebbe stato di nuovo come un tempo: se i suoi sentimenti umani sarebbero tornati. Quando era un Fratello Silente era stato in grado di toccarla e starle vicino, ma senza desiderarla come la voleva da mortale. L'amava ancora, ma era stato un amore dello spirito, non del corpo. Si era chiesto – aveva temuto, persino, che i sentimenti fisici e la risposta non sarebbero tornati così come era tornato lui. Si era detto che, se anche i Fratelli Silenti avessero ucciso la capacità dei suoi sentimenti di manifestarsi in maniera fisica, non se ne sarebbe dispiaciuto. Si era detto di aspettarselo.
Non avrebbe dovuto preoccuparsi.
Dal momento in cui l'aveva vista sul ponte, che gli si avvicinava attraverso la folla con addosso i suoi jeans moderni e una sciarpa liberty, coi capelli che le volavano dietro la schiena, aveva sentito il fiato mozzarglisi in gola.
E quando Tessa aveva tirato fuori il ciondolo di giada che le aveva dato e gliel'aveva timidamente offerto, il suo sangue aveva ruggito nelle vene come un fiume privo di ostacoli.
E quando gli aveva detto, Ti amo. Ti ho sempre amato, e sempre ti amerò, gli ci era voluta tutta la sua forza di volontà per non baciarla in quello stesso momento. Per non fare più che baciarla.
Ma se la Fratellanza gli aveva insegnato qualcosa, era il controllo. La guardò e costrinse la sua voce a restare salda. "Un po' stanco," disse. "E assetato – a volte dimentico che adesso ho bisogno di mangiare e bere."
Tessa lasciò cadere le chiavi su un piccolo tavolino di legno di palissandro e si voltò verso di lui con un sorriso. "Tè," gli disse, dirigendosi verso la cucina verde avocado. "Qui non ho molto cibo, perché di solito non resto a lungo, ma ho del tè. E dei biscotti. Va' nel salottino; arrivo subito."
Jem fu costretto a sorridere, quando Tessa concluse la frase; persino lui sapeva che nessuno diceva più "salottino". Era forse nervosa tanto quanto lui? Non poteva che sperare.

*

Tessa imprecò silenziosamente per la quarta volta, mentre si chinava per recuperare la scatola delle zollette di zucchero dal pavimento. Aveva già acceso il bollitore senza metterci l'acqua, mescolato le bustine del tè, rovesciato il latte, e ora questo. Lasciò cadere un cubetto di zuccherò in entrambe le tazzine e si disse di contare fino a tre, osservando le zollette che si dissolvevano.
Le sue mani stavano tremando, lo sapeva. Il suo cuore era accelerato. James Carstairs era nel suo appartamento. Nel suo salotto. In attesa del tè. Parte della sua mente le urlava che era solo Jem, mentre l'altra strillava con la stessa forza che quel solo Jem non lo vedeva da centotrentacinque anni.
Era rimasto Fratello Zaccaria per così tanto tempo! E, certo, nel suo cuore lui era sempre stato Jem, con la sua arguzia e immancabile gentilezza. Non aveva mai fallito nell'amare lei o Will. Ma i Fratelli Silenti – loro non sentono le cose come le persone ordinarie.
È qualcosa su cui Tessa aveva riflettuto, di quando in quando, negli anni successivi, molte decadi dopo la morte di Will. Non aveva mai desiderato nessun altro, mai nessuno che non fossero Will e Jem, ed entrambi le erano irraggiungibili, benché Jem fosse ancora vivo. Si era chiesta, a volte, cosa sarebbe successo se ai Fratelli Silenti fosse semplicemente stato vietato di sposarsi o amare; ma era più di così: Jem non poteva desiderarla. Non provava sentimenti del genere. Si era sentita come Pigmalione, a bramare il tocco di una statua di marmo. I Fratelli Silenti non provavano il desiderio fisico di toccare, non più di quanto non avessero bisogno di acqua o cibo.
Ma ora...
A volte dimentico che adesso ho bisogno di mangiare e bere.
Sollevò le tazze di tè con le mani che ancora le tremavano e si diresse in salotto. L'aveva decorato da sé nel corso degli anni, a partire dai cuscini del divano sino al lungo paravento giapponese dipinto con un disegno di papaveri e bambù. Le tende che incorniciavano la finestra in fondo alla stanza erano mezze tirate, lasciando passare quel tanto di luce sufficiente a toccare i tocchi d'oro nei capelli scuri di Jem, e a Tessa quasi caddero le tazze.
Quasi non si erano toccati, nel taxi che li aveva riportati a Queen's Gate; si erano solo tenuti saldamente per mano. Jem aveva fatto scorrere le dita sul dorso di quelle di Tessa, ripetutamente, mentre cominciava a raccontarle la storia di ciò che era successo dopo la sua ultima visita a Idris, quando la Guerra Mortale, che lei aveva combattuto, era finita. Quando Magnus le aveva indicato Jace Herondale, e lei aveva visto il ragazzo che aveva il bellissimo viso di Will e gli occhi come quelli di suo figlio.
Ma i suoi capelli erano uguali a quelli del padre, un groviglio di riccioli dorati, e, ricordando ciò che aveva saputo di Stephen Herondale, si era voltata senza parlare.
Herondale, le aveva detto qualcuno una volta. Erano tutto ciò che gli Shadowhunters avevano da offrire, tutto in una sola famiglia; sia il meglio che il male.
Sistemò le tazze sul tavolino da caffè – un vecchio baule ricoperto dai francobolli raccolti durante i suoi numerosi viaggi – con un sonoro tonfo. Jem si voltò verso di lei e Tessa vide ciò che teneva tra le mani.
Su una delle librerie c'erano esposte varie armi: cose che aveva raccolto durante i suoi viaggi. Una misericordia sottile, un kriss ricurvo, un coltello da trincea, una spada corta e decine di altri oggetti. Ma quello che Jem aveva raccolto e stava fissando era un sottile coltello d'argento con l'impugnatura scurita da molti anni di sepoltura nello sporco. Tessa non l'aveva mai pulita, perché la macchia sulla lama era il sangue di Will. Il pugnale di Jem, il sangue di Will, sepolti insieme alle radici di una quercia; una sorta di magia solidale che aveva compiuto Will quando pensava di aver perso Jem per sempre. Tessa l'aveva recuperato dopo la morte di Will e l'aveva offerto a Jem; si era rifiutato di prenderlo.
Era successo nel 1937.
"Tienilo," le disse in quel momento, la voce ruvida. "Potrebbe ancora giungere il giorno."
"È questo che mi hai detto." Tessa gli si avvicinò, le scarpe che picchiettavano contro il pavimento di legno duro. "Quando ho cercato di dartelo."
Jem deglutì, facendo scorrere le dita su e giù per la lama. "Era appena morto," le disse. Tessa non aveva bisogno di chiedergli di chi stesse parlando. C'era un unico Lui quando a parlare erano loro due. "Avevo paura. Ho visto cos'è successo agli altri Fratelli Silenti. Ho visto come si sono induriti nel corso del tempo, come hanno perso le persone che erano. Come, mentre le persone che li avevano amati e che amavano morivano, diventavano meno che umani. Temevo che avrei perso la mia abilità di provare interesse. Di sapere cosa significava questo coltello per Will, e cosa Will significava per me."
Tessa gli poggiò una mano sul braccio. "Ma non l'hai dimenticato."
"Non ho perso tutti quelli che amavo." Jem alzò lo sguardo, e Tessa vide anche nei suoi occhi dell'oro, preziosi fiocchi luminosi in mezzo al marrone. "Avevo te."
Espirò; il suo cuore batteva così forte che il petto le faceva male. Poi vide che Jem stava stringendo la lama del coltello, non solo l'elsa. Glielo tolse rapidamente di mano. "Per favore, non farlo," gli chiese. "Non posso disegnare un iratze."
"E io non ho uno stilo," le rispose Jem, guardandola sistemare il coltello sullo scaffale. "Non sono uno Shadowhunter, adesso." Si osservò le mani; c'erano delle sottili linee rosse, attraverso i suoi palmi, ma non si era tagliato la pelle.
Tessa si chinò d'impulso e gli baciò le pelle; poi chiuse le dita di Jem, le mani di lei su quelle di lui. Quando alzò lo sguardo, le pupille di Jem si erano dilatate. Poteva sentirlo respirare.
"Tessa," le disse. "Non farlo."
"Non fare cosa?" Si allontanò da lui, però, istintivamente. Forse non voleva essere toccato, anche se sul ponte non le era sembrato così...
"I Fratelli mi hanno insegnato il controllo," spiegò Jem, la voce tesa. "Ho ogni genere di controllo, che ho imparato nel corso di decenni e decenni, e li sto utilizzando tutti per non spingerti contro la libreria e baciarti finché nessuno di noi due potrà respirare."
Tessa sollevò il mento. "E che ci sarebbe di male?"
"Quando ero un Fratello Silente, non provavo ciò che sentono gli uomini normali," le disse. "Non il vento sul mio viso o il sole sulla mia pelle o il tocco della mano di un altro. Ma ora sento tutto. Sento – troppo. Il vento è come un tuono, il sole brucia, e il tuo tocco mi fa dimenticare il mio stesso nome."
Una vampa di calore si diffuse nel corpo di Tessa, un calore che partiva dal basso del suo stomaco e si spargeva in ogni parte di lei. Un genere di calore che non aveva sentito per decenni. Quasi un secolo. Le formicolava la pelle. "Al vento e al sole ti abituerai," disse. "Ma il tuo tocco fa dimenticare anche a me il mio nome, e io non ho scuse. Solo il fatto che ti amo, e l'ho sempre fatto e sempre lo farò. Non ti toccherò se non lo desideri, Jem. Ma se stiamo aspettando che l'idea di stare insieme non ci spaventi più, potremmo attendere molto a lungo."
Il respiro sfuggì a Jem in un sibilo. "Dillo di nuovo."
Perplessa, Tessa ricominciò: "Se stiamo aspettando che..."
"No," disse Jem. "La parte prima."
Tessa sollevò il viso verso di lui. "Ti amo," fece. "L'ho sempre fatto e lo farò sempre."
Non sapeva chi si fosse mosso verso chi per primo, ma Jem le afferrò la vita e la stava baciando prima che lei riuscisse a prendere un altro respiro. Questo bacio non era come quello che si erano scambiati sul ponte. Quello era stato una comunicazione silenziosa di labbra su labbra, lo scambio di una promessa e una rassicurazione. Era stato dolce e sconvolgente, come una specie di tuono gentile.
Questo era una tempesta. Jem la stava baciando, forte e con durezza, e quando Tessa gli aprì le labbra con le sue e assaggiò l'interno della sua bocca, lui ansimò e la tirò con più forza contro di sé, premendosela contro mentre esplorava le sue labbra e la lingua, carezzava, mordeva, poi baciava per lenire il dolore. In passato, quando l'aveva baciato, Jem aveva avuto il sapore dello zucchero amaro: adesso sapeva di tè e – dentifricio?
Ma perché non dentifricio. Ogni Shadowhunter centenario deve lavarsi i denti. Le scappò una risatina nervosa, e Jem si tirò indietro; aveva un'aria stordita e deliziosamente disfatta. Aveva i capelli in tutte le direzioni, visto che Tessa ci aveva fatto correre le dita.
"Per favore, non dirmi che stai ridendo perché bacio così male da essere divertente," le disse con un sorriso sbilenco. Tessa riusciva a percepire la sua seria preoccupazione. "Potrei essere un po' fuori allenamento."
"I Fratelli Silenti non baciano un sacco?" lo prese in giro lei, lisciandosi la parte anteriore del maglione.
"No, sempre che non ci fossero orge segrete a cui non sono stato invitato," rispose Jem. "Mi sono sempre preoccupato perché pensavo di non essere molto popolare."
Tessa gli strinse la mano intorno al polso. "Vieni qui," disse. "Siediti – bevi del tè. C'è qualcosa che voglio mostrarti."
Lui fece come gli aveva chiesto e si sedette sul divano di velluto, appoggiandosi contro i cuscini che Tessa aveva cucito da sé con del tessuto comprato in India e Tailandia. Non le riusciva di nascondere un sorriso – sembrava solo un po' più vecchio di quando era entrato tra i Fratelli Silenti, come un qualsiasi ragazzo in jeans e maglione, ma sedeva come avrebbe fatto un uomo dell'epoca vittoriana – con la schiena dritta, i piedi appoggiati al pavimento. Jem colse il suo sguardo e la bocca gli si sollevò al lati. "Va bene," le disse. "Che vuoi mostrarmi?"
In risposta, Tessa si avvicinò al paravento giapponese in un angolo della stanza e si mise lì dietro. "È una sorpresa."
Il suo manichino da sarta era lì, nascosto dal resto della stanza. Non poteva vedere Jem, attraverso il paravento; solo una sagoma sfocata. "Dimmelo," gli disse, togliendosi il maglione dalla testa. "Hai detto che era una storia di Lightwood e Fairchild e Morgenstern. So un po' di ciò che è accaduto – ho ricevuto i tuoi messaggi, mentre ero al Labirinto –, ma non so come la Guerra Oscura ti abbia curato." Lanciò il maglione sopra la parte superiore del paravento. "Puoi dirmelo?"
"Adesso?" le domandò Jem. Tessa sentì che aveva messo giù la tazza.
Calciò via le scarpe e si slacciò i jeans; il rumore risuonò forte nella stanza silenziosa. "Vuoi che venga fuori da questo paravento, James Carstairs?"
"Assolutamente." Aveva la voce strozzata.
"Allora comincia a parlare."

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