2.

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Uccido Danny con lo sguardo almeno cento volte prima di abbassare la maglia e accucciarmi davanti all'ammasso bianco e marrone. Appallottolo l'abito e chiedo a Spilungone di darmi un sacco nero per la spazzatura, quando l'ottengo ci infilo dentro – con grande fatica – il mio ex vestito e sorrido sollevata.
«Bene.» porto una mano sul fianco non martoriato. «Direi che è ora di andare.» guardo i due ragazzi.
«Ma come, ci lasci così presto?» Spilungone finge di imbronciarsi.
«Se potessi rimanere qui per i prossimi sei mese sarebbe fantastico ma purtroppo ho una famiglia con cui i fare i conti e una migliore amica a cui chiedere asilo. Sono un po' impegnata.»
«E con quello che hai intenzione di farci?» domanda Danny.
Rivolgo l'attenzione a lui. «Lo butto nei cassonetti qui fuori. Peccato per i diecimila dollari, avrei saputo come impiegarli.»
«Diecimi... diecimila dollari?!» strilla Spilungone.
In effetti, sarebbe cortese chiedergli come si chiama ma non ne ho voglia. Il mio soprannome è più originale.
«Sei ricca, Harper?» chiede il tatuatore.
«Io no.» rispondo.
«Diecimila dollari.» biascica ancora il moro.
«D'accordo, adesso vado. Grazie ancora per l'aiuto.» con un saluto generale mi affretto a zampettare fuori dal negozio senza guardarmi indietro. Lancio uno sguardo alla bici abbandonata vicino al muro, a pochi passi di distanza dai cassonetti e sospiro.
A quanto pare non camminerò sotto il sole cocente, piuttosto pedalerò.
Getto l'abito dentro uno dei cassonetti e afferro il manubrio della bici. Con un sospiro mi rimetto in strada e comincio a pedalare per le strade trafficate di Boston.
Quando raggiungo il palazzo di Delia scendo dalla bici e mi guardo intorno. Per mia fortuna individuo una vecchia catena arrugginita e ci lego la ruota della bicicletta, poi entro nel negozietto di souvenir dietro di me e chiedo se posso avere un foglio e una penna. Il cassiere mi sorride e mi cede il necessario. Scrivo un biglietto e ci aggiungo il nome della via in cui ho trovato la bici, poi esco dal negozio e poggio il foglietto all'interno del cestello.

Mi dispiace, Harper, ma hai un nome davvero tremendo.

Ti sei meritata questo furto.

Adesso, però, non ho più bisogno della tua bici.

Grazie, 

V.

Mi avvicino al portone e suono due volte il terzo campanello, poi rimango in attesa. Spero solo sia in casa. Sorrido soddisfatta quando un lieve click mi indica che il portone è stato appena aperto. Percorro le scale tenendo i bordi dei pantaloncini larghi, arrivata al terzo piano – a corto di fiato – poggio le mani sulle ginocchia e sollevo il capo. Sulla soglia di casa, con un occhio pieno di mascara e l'altro no, con una maglietta sopra quello che dovrebbe essere un abito da cerimonia, la mia migliore amica mi guarda incazzata.
«Ho impiegato due ore per fare questa acconciatura del cavolo e tu cosa fai? Scappi!»
«Tanto l'hai fatta di merda. Ti ho risparmiato un'umiliazione pubblica.»
«Beh, grazie tante.» sbuffa una risata sarcastica e si fa da parte per farmi passare.
«Allora? Racconta tutto! Sono incazzata perché mi hai fatto perdere tempo ma fremo dalla voglia di sapere come mai sei rinsavita tutto d'un colpo!» Delia si disfa della maglietta e poi, senza troppe cerimonie, si sfila il vestito aderente e si rimette la maglia rimanendo scoperta dalla vita in giù.
«Ho solo pensato che quel corsetto era davvero troppo stretto.» enfatizzo prima di cominciare la vera spiegazione. La mia migliore amica mi guarda divertita per tutto il tempo, annuendo solennemente alle mie urla.
«E poi mi ha fatto questo!» esclamo sollevando i bordi della maglia larga. «A proposito, ho bisogno che mi presti dei vestiti. Saranno anche larghi, ma di certo non come questi.» faccio un cenno alla mia mise.
«Avrei pagato oro per esserci» si lagna «vieni, recuperiamo qualcosa dal mio armadio.» mi guida dentro la sua camera. «Sai che anche Trevor è un tatuatore?»
«Ah, sì, lo avevo scordato. Non ho idea del perché visto che parli solo di lui.» alzo gli occhi al cielo fingendomi infastidita.
«Piantala, stronza.» mi spintona scherzosamente.
Io e Delia non potremmo essere più diverse sotto il punto di vista fisico. Io sono bassa, minuta, con le tette piccole e i capelli lunghi. Delia, invece, è alta, dai tratti spigolosi, un bel seno e i capelli corti. Il mio opposto, insomma. Per fortuna, compensiamo caratterialmente. Siamo entrambe un po'... fuori dagli schemi. Con lei sono libera di essere me stessa, di fare e dire quello che voglio senza la paura di dovermi trattenere. Ci conosciamo dalle medie e da allora i miei genitori non hanno fatto altro che disprezzarla e allontanarla. Beh, in realtà solo mia madre considerando che mio padre era raro trovarlo in casa il pomeriggio. Dal mio canto, ho sempre assecondato tutti i loro capricci per evitare discussioni e litigi lunghi settimane ma non ho mai e poi mai permesso loro di mettere il becco sulla nostra amicizia. Delia è l'unica a conoscere ogni sfumatura di me e mi va bene così. Senza di lei sarei sicuramente persa.
«Quindi, non dovevate vedervi stasera?» domando mentre mi disfo dei pantaloncini corti e faccio attenzione a non sfiorare il fianco.
«Stasera avrei dovuto essere in una sala piena di idioti altolocati che hanno champagne nelle vene e mi sarei dovuta accapigliare con qualcuno per il bouquet.» mi ricorda.
«Giusto.» ridacchio. «Beh, a proposito di dove stare... ho bisogno di stare qui per un paio di giorni. Ti va bene?»
La mora solleva un sopracciglio e incrocia le braccia al petto. «Perché me lo stai chiedendo?» sbuffo e alzo gli occhi al cielo ancora una volta prima di annodare la maglia di Danny sotto al seno. Mi piace, penso che la terrò.
«Perché è casa tua e adesso stai con qualcuno. Non voglio starti tra i piedi.»
«Trevor non dormirà mai qui. Almeno per i prossimi sei mesi. Lo sai come la penso.»
«Mmh, sì. Era comunque giusto chiedere.»
«Quando hai intenzione di parlare con i tuoi? Merda, Patrick sarà furioso.» ride.
«Mia madre si sarà probabilmente strappata i capelli di testa, il tutto mentre distrugge i timpani di papà.» rido distendendomi sul morbido materasso. «Penso che andrò domani mattina. Recupero un paio di cose, tra cui il cellulare e il borsellino e poi vedrò di andare da Ceci per informarla che sarò a lavoro lunedì.»
«Piangerà di gioia.» la mora si stende al mio fianco.
«Eccome.» sospiro piano.
«Quali sono i piani per stasera?» domanda.
«Ho i piedi in fiamme e nessun capo decente, in più non uscirò mai più con le ballerine quindi direi che ce ne restiamo a casa e ci sfondiamo di cibo spazzatura. Sono stufa di mangiare ramoscelli di lattuga e carotine.»
«Immagino già un doppio cheeseburger con bacon e patatine.» mugola di piacere.
«Oh, sì.» mormoro. «Domani sera però usciamo. Mi presenti questo Trevor.» volto il capo a destra.
«Chi è Trevor?» apre gli occhi.
«Il tuo ragazzo.» rido portando una mano sul ventre.
«Giusto. Sono ferma al mega panino.»
«Lo so, tesoro, lo so.» 

𝐇𝐀𝐑𝐏𝐄𝐑 [𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐕𝐨𝐥.𝟏]Where stories live. Discover now