𝐏𝐑𝐎𝐋𝐎𝐆𝐎

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Ci guardammo in faccia

un po' troppo a lungo

per essere "solo amici"


2021: l'era digitale è entrata furiosa nelle nostre vite all'incirca vent'anni fa. Manca poco affinché le macchine volino e i robot ci servano ai tavoli. Eppure, per qualche assurdo scherzo del destino, la mia famiglia è come se si trovasse ancora nel Settecento. Andiamo, adesso non ci si sposa quasi più! Le coppie convivono, fanno figli prima della santa unione e la chiesa la conoscono per modo di dire.
Per i Fitzgerald non è affatto così, non esiste niente del genere.
La domenica è sacra: prima a messa e poi a pranzo tutti insieme. I figli solo dopo il matrimonio e la donna rigorosamente vergine. Per non parlare della convivenza.
Cos'è, un nuovo gioco da tavolo?
Questa parola, a casa Fitzgerald, non la si conosce affatto.
È stata bandita.
Espulsa.
Esiliata.
Immagino sia proprio per la loro stretta veduta e la loro non evoluzione che mi ritrovo a soffocare dentro un vaporoso abito bianco che non mi permette di respirare.
E che mi sto per accasare per volere dei miei genitori.
In una splendida giornata di sole a Boston, Vivienne Fitzgerald sta per essere data in sposa a Patrick Denver, proprietario della famosa catena d'alberghi Crystal da ormai dieci lunghi anni.
Non è magnifico?
Io amo i miei genitori. Per quanto superficiali e antichi, voglio loro davvero molto bene ed è proprio per questo che ho acconsentito a questa follia del matrimonio combinato nove mesi fa, ma adesso? Non ho la minima intenzione di portare avanti questa sceneggiata, di sposare un uomo che non amo e di rimanere nel diciottesimo secolo insieme a loro. Ci siamo evoluti da allora e accidenti, non sono né una verginella né una mogliettina trofeo da sfoggiare in giro.
Oh, e per nessuna ragione al mondo ho intenzione di sposare un tizio che si chiama Patrick.
Non lo conosco nemmeno. Ci siamo visti un paio di volte durante i pranzi di famiglia e alla festa di fidanzamento che i suoi genitori hanno voluto dare qualche settimana fa quindi, in sostanza, l'uomo con cui dovrei passare il resto della mia vita e che dovrebbe essere il padre dei miei figli, è un perfetto sconosciuto di trent'anni, credo. Non sono nemmeno certa della sua età.
Con un sospiro guardo le donne che riempiono la stanza da stamattina uscire in fila indiana. Mia madre mi sorride raggiante e dopo avermi mandato un bacio volante si chiude la porta alle spalle.
Bene.
È adesso o mai più, Vivi.
Non avendo vestiti appresso, afferro l'orlo dell'ingombrante abito e mi dirigo alla finestra. Lancio uno sguardo alle ballerine che intravedo in mezzo al tulle e annuisco sollevata.
Fotografi e giornalisti saranno sicuramente davanti all'entrata principale del palazzo.
Già, palazzo.
Per evitare di inciampare e causare danni al vestito hanno tutti concordato per una stanza al piano terra. Beh, potrei aver suggerito io stessa l'idea in maniera velata cadendo e inciampando un paio di volte sulle scale davanti a loro ma sono solo minuscoli dettagli. Quello che importa al momento è che ho ottenuto ciò che desideravo: la stanza con la finestra sul retro, la più lontana dall'entrata principale.
Apro la finestra con uno scatto e rimango immobile, in attesa di qualsiasi tipo di rumore proveniente da fuori la porta. Niente. Rilascio un respiro e con scarsa agilità porto una gamba fuori, segue anche l'altra. Con un piccolo saltello tocco la libertà, l'assaporo. Certo, la libertà puzza di pipì di gatto e rosmarino ma è comunque un passo avanti. In fretta corro lontana dalla stanza, giro sulla sinistra e mi appoggio al muro di mattoni. Alcuni mi osservano perplessi, altri mi ignorano. Seguo l'esempio proprio di quest'ultimi e riprendo la mia corsa. Ormai si saranno accorti che non sono ancora uscita quindi ho poco tempo prima che mi trovino. Guardandomi intorno individuo una bicicletta, è un po' piccola ma io sono minuta quindi andrà più che bene. L'afferro e fingendo di non sentire i mormorii della gente comincio a pedalare, il tutto cercando di non far incastrare l'abito tra le ruote. È il giorno migliore e peggiore della mia vita. Pedalo sempre più in fretta, svolto per un paio di vicoli guardandomi dietro ogni cinque minuti. Proprio per questo, quando torno con lo sguardo davanti a me, mi ritrovo a lanciare un urlo mentre freno di botto.
Oh, cacchio. Oh, cacchio! Ho quasi investito un uomo!
Scendo immediatamente dalla bici e porto una mano al petto sentendo il cuore battere a mille. Il tizio, invece, non fa una piega.
Io sto dando di matto pensando di averlo quasi investito e lui se ne sta fermo lì a fissarmi, una sigaretta in mano e un'espressione scocciata.
«Harper è un nome terribile.» butta fuori il fumo dopo qualche minuto di silenzio passato a fissare.
«Eh?» lo guardo confusa, il cuore ancora in gola.
«Sul cestello.» specifica accennando col mento all'oggetto in questione.
Seguo il suo sguardo e inorridisco.
Fiori e stelline incorniciano sei semplici lettere.
Oddio.
Ho rubato una bici ad una ragazzina.
Con un nome terribile, tra l'altro.
«Cielo, no. Non mi chiamo Harper. È orrendo.»
«Mia madre si chiama Harper.» assottiglia gli occhi blu cielo.
Io li sgrano.
Merda.
«Beh, sono certa che lei sia una tipa a posto.» guardo indietro. «Adesso posso entrare?»
«Dipende. Hai intenzione di farti un tatuaggio?»
«Sì.» rispondo piccata.
Devo entrare, non posso rischiare oltre.
«E con quali soldi?» mi schernisce.
«Questi qui.» frugo dentro la scollatura del mio costosissimo vestito, tranquilla, quasi come se non ci fosse un completo sconosciuto davanti a me ad osservare ogni mia singola mossa. Dopo qualche secondo, tiro fuori un paio di banconote e gliele sbatto sul petto.
«Mi farò andare bene qualunque cosa. Ora...» mollo la bici in un angolo «entro.» detto ciò, afferro l'orlo di questo stupido vestito e lo supero prima che sia troppo tardi.
«Va bene, Harper, vediamo cosa possiamo fare con... trentacinque dollari.»
Indignata dal suo tono divertito mi volto di scatto facendo arrestare i suoi passi.
«Io mi chiamo Vivienne!» 

𝐂 𝐀 𝐒 𝐓

𝐘𝐀𝐄𝐋 𝐒𝐇𝐄𝐋𝐁𝐈𝐀

𝐀𝐒

𝐕𝐈𝐕𝐈𝐄𝐍𝐍𝐄 𝐅𝐈𝐓𝐙𝐆𝐄𝐑𝐀𝐋𝐃

𝐀𝐋𝐄𝐒𝐒𝐀𝐍𝐃𝐑𝐎 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐈𝐒𝐎𝐋𝐀

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𝐀𝐋𝐄𝐒𝐒𝐀𝐍𝐃𝐑𝐎 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐈𝐒𝐎𝐋𝐀

𝐀𝐒

𝐃𝐀𝐍𝐍𝐘 𝐁𝐑𝐀𝐃𝐒𝐇𝐀𝐖

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𝐊𝐀𝐈𝐀 𝐆𝐄𝐑𝐁𝐄𝐑

𝐀𝐒

𝐃𝐄𝐋𝐈𝐀 𝐇𝐄𝐀𝐑𝐓

𝐂𝐇𝐈𝐂𝐎 𝐋𝐀𝐂𝐇𝐎𝐖𝐒𝐊𝐈

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𝐂𝐇𝐈𝐂𝐎 𝐋𝐀𝐂𝐇𝐎𝐖𝐒𝐊𝐈

𝐀𝐒

𝐓𝐑𝐄𝐕𝐎𝐑 𝐒𝐔𝐋𝐋𝐈𝐕𝐀𝐍

𝐓𝐑𝐄𝐕𝐎𝐑 𝐒𝐔𝐋𝐋𝐈𝐕𝐀𝐍

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𝐇𝐀𝐑𝐏𝐄𝐑 [𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐕𝐨𝐥.𝟏]Where stories live. Discover now