Prologo

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Morire fa schifo. E per chi, come me, ci è già passato una volta, è pure peggio. Anche se sono trascorsi quasi trecento anni, il ricordo, sgradevole e fin troppo preciso, relativo a quell'evento è ancora ben impresso nella mia memoria, come una vecchia fotografia che il tempo non è riuscito a sbiadire.

Morire per salvare un'altra persona non attenua il dolore. Al contrario, ti chiedi se ne sia valsa la pena, sacrificare te stesso per qualcuno che, con ogni probabilità, continuerà a vivere la sua vita, finendo per dimenticare ogni cosa che ti riguarda, compreso il tuo nobile gesto.

Ti è piaciuto fare l'eroe? Sei un idiota, Damian.

Proteggila a costo della vita. Sono state queste le parole di Tata. Morire per eseguire un suo ordine... sapevo che sarebbe potuto accadere prima o poi e lo accetto. Per Tata, io farei qualunque cosa.

Sei come un figlio per me, Damian.

Anche l'ultimo pensiero coerente abbandona il mio cervello, ormai alla deriva. Dopo che ho permesso a Lavinia di fuggire, Kyramechi si è accanita su di me con furia cieca. Il sangue continua a fluire via dal mio corpo, dapprima un torrente, ora solo un rigagnolo, e le forze mi abbandonano alla stessa velocità.

Fino a poco fa mi faceva male dappertutto. Ora non sento più nulla, solo un fischio insistente, come quello che annuncia l'arrivo di un treno.

Ma non ci sono treni in questo fetido buco sotto terra, perciò so che si tratta di un sogno o un'allucinazione.

Non ho idea di quanto tempo è trascorso da quando il mio carnefice mi ha abbandonato qui, ad affogare nel mio stesso sangue. Potrebbe trattarsi di ore oppure giorni. Lo sguardo mi cade su quel che resta della mia gamba sinistra, maciullata dal ginocchio in giù. È più probabile che si tratti di ore. Con simili ferite e senza alcun nutrimento, non resisterò ancora a lungo.

«Sei messo male, vampiro».

Questa voce... sembra reale.

Non so come, trovo la forza di voltare il capo verso la fonte del suono.

Colgo un movimento nel buio e il mio sguardo incrocia quello di due enormi occhi gialli.

Sbatto le palpebre più volte, sorpreso e disorientato. Un grosso gatto nero a pelo lungo mi osserva con aria curiosa. Incurante del sangue che gli imbratta le zampe, si avvicina fino a saltarmi sul petto.

«Stai per morire, di nuovo. Stavolta però la tua fine sarà definitiva» dichiara, imperturbabile. Ci metto un po' a convincermi che è reale e non un parto della mia mente. Senza smettere di guardarmi, il gatto piega le zampe e si mette seduto, la coda che forma un ricciolo attorno al suo corpo. «Me lo sono sempre chiesto, sai? Come ci si sente?»

Uno schifo, vorrei rispondere, ma non ci riesco. Il felino, tuttavia, pare in grado di leggermi nella mente, perché lo sento ridacchiare.

«Beh, mi sembra ovvio. E tu... sei pronto a morire, Damian Costantin Bogdan?»

Che abbia pronunciato il mio nome - il mio vero nome - per intero mi pare impossibile, visto che, a parte Tata, tutti quelli che lo conoscevano sono morti da qualche centinaio d'anni.

Il gatto frusta l'aria con la coda e sotto il mio sguardo appannato e confuso svanisce, sostituito da un giovane uomo dai tratti affilati e le labbra atteggiate in un sorriso enigmatico. «Riformulo la domanda. Se ti fosse concessa l'opportunità di decidere del tuo destino, cosa vorresti? Vivere o morire? Scegli Damian».

Vivere o morire... se me l'avesse chiesto Tata, il giorno in cui mi ha trasformato, gli avrei risposto di preferire mille volte la morte piuttosto che continuare la mia esistenza nell'ombra, come un mostro assetato di sangue.

Il Principe delle OmbreWhere stories live. Discover now