Alla fine di quel pasto abominevole, raggiunti che furono dei livelli di sazietà e ubriachezza soddisfacenti, avevamo deciso di sfidarci a Mortal Kombat. Così, alle undici di sera, ervamo seduti davanti alla Play Station; Alex all'angolo destro del divano con in mano il taccuino per il punteggio e Dennis rannicchiato all'angolo sinistro, sopra un cuscino. Io invece me ne stavo in mezzo a loro due, seduta per terra a gambe incrociate, sul tappeto cinese.

Alex, come al solito, era in testa con Kenshi. Il Caino, invece, era al secondo posto con Scorpion mentre io, con Sub-Zero, stavo al terzo. Insomma, ero ultima; e stavo anche perdendo in modo clamoroso. In quel momento, era in corso il duello tra me e Dennis. Dovevo ridurre Scorpion in polvere, o non avrei più rimontato la classifica.

- Alex, una cosa, - sentii alla mia sinistra, nel bel mezzo del match.

- Dimmi, - rispose Alex.

- Cosa pensi di fare, ora che non sei più agli arresti domiciliari?

- Uhm. Che intendi?

- Intendo con i tuoi genitori. Avranno cambiato idea su di te, immagino.

Alex ci rifletté per un po'. - Sì, in effetti è così.

- Forse si sentono in colpa. Magari vogliono che tu torni a casa da loro.

Una pausa. - Non lo so. Presumo di sì.

- Quindi? Pensi di tornarci? - Dennis parlava in maniera robotica, impegnato com'era a martoriare i tasti del joystick e a fissare lo schermo. La barra della vita di Sub-Zero continuava a ridursi nonostante la mia strategia di combattimento infallibile.

- Stavo cercando di rimandare la questione, a dire il vero, - rispose Alex. - Ma sì, immagino sia ciò che si aspettano da me.

- Loro sono la tua famiglia, in fin dei conti.

- Sì, questo è indubitabile.

- D'altro canto, ti hanno creduto solo quando la verità è diventata evidente, - il tono di Dennis ancora del tutto privo di inflessione.

- Lo so. Infatti è per questo che preferivo non pensarci. Non sono del tutto a mio agio all'idea di riallacciare i rapporti così in fretta, dopo tutto quello che è successo. Però hai ragione, - gli disse, - dovrei tornare a casa mia.

- No, io non ho detto che dovresti. - Dennis sembrava piccato, a quel punto. - Ti ho solo chiesto cosa pensi di fare.

- Però, in effetti, non sarebbe giusto che io rimanessi qui.

- In che senso? - Dennis era confuso.

- Be', sono stato qui per un sacco di tempo. Non voglio esserti ancora di peso, - spiegò Alex incerto.

- Ma io non ho detto che mi saresti di peso.

- D'accordo, ma sarebbe più che comprensibile se lo pensassi.

- Io non ho detto niente, - insistette secco Dennis.

- Perché, scusa? Non preferiresti startene per conto tuo?

- No. Sì. Cioè, mi è indifferente.

- Indifferente, - ripeté Alex.

- Sì sì, indifferente, - confermò Dennis.

- Che palle, Dennis, - sbottai io, dal tappeto. Misi in pausa la partita e mi voltai verso Alex. - Alex, Dennis vorrebbe dirti che gli piace vivere con te, che sta bene con te e che non vuole che tu te ne vada. Ah, e che ti vuole tanto bene.

Subito dopo una voce cavernosa proruppe dal retro del televisore: "Fa-ta-li-ty!". Tutti ci voltammo verso lo schermo: Dennis aveva riavviato il duello e mi aveva sferrato il colpo finale.

RecursionWhere stories live. Discover now