Abitudine

787 68 40
                                    

Ormai era abitudine. 

Mi ero abituato a non svegliarmi con lui accanto.

Mi ero abituato a dormire accanto a Diego. 

Mi ero abituato a vederlo con lei: quando si abbracciavano, quando ridevano, quando si baciavano. Fondamentalmente non faceva male, ma il suo “etero con una svista” non mi era mai sembrato così vero, così reale. 

Mi ero anche abituato al fatto che non riuscissi a trovarmi qualcuno che non fosse uomo. Avevo parlato con un’amica di Martina, per un po’, infondo avevo sempre pensato che la sessualità fosse fluida, mutevole. All’inizio andava bene, ma come  amici. Non riuscivo a vedermi con qualcuno accanto che non fosse uomo. 

In realtà, che non fosse Tancredi, ma non aveva un particolare valore al momento. 

D: “Le, tesoro, oggi mi accompagni a Milano?”

L: “Sì, ho bisogno di uscire da questa casa”

D: “Shopping?”

L: “Assolutamente, non ho più niente, tutta roba vista e stra vista”

D: “Guido io che non voglio morire contro un muro per causa tua”

L: “Va bene, va bene. Mi cambio, dico agli altri che andiamo e ci becchiamo giù”

Che a lui non fregasse un cazzo di andare a Milano per negozi lo sapevo, come sapevo che volesse solo portarmi fuori da lì, parlarmi e smetterla di farmi chiudere nel mio muro di finta comprensione di quella situazione. 

Infilai dei jeans a caso, una maglietta nera a caso. Se una volta ci tenevo ad apparire bello, ormai non mi fregava più, avevo perso il senso di quel dover apparire e basta. Era come se quella persona, di quel passato, non mi appartenesse più. 

Passai nelle stanze di ognuno dicendo che io e Diego stavamo andando e che non sapevamo quando saremmo tornati.

Prima di guardare quella  di Tancredi e Martina presi un profondo respiro. 

Tok Tok.

Mi aprì lui, aveva i pantaloni della tuta addosso, una maglia stropicciata e delle labbra troppo rosse. 

Un bel respiro.

L: “Volevo solo dirvi che io e Die stiamo andando, non so a che ora torniamo quindi non preoccupatevi. Nel caso aveste bisogno di qualcosa basta che mi mandiate un messaggino”

Regalai un sorriso a lui e alla ragazza che, era spuntata dietro di lui, mentre stavo parlando.

P: “Grazie Lele, sei sempre troppo carino. Fate i bravi!”

L: “Voi due dovete fare i bravi, io più che squattrinarmi non posso fare”

Ridacchiai e loro con me, ma potevo sentire gli occhi quasi pieni di pietà di Martina. Tancredi non stava dicendo nulla, ma era abitudine. 

L: “Allora a dopo splendori”

Feci un ultimo sorriso, per poi girarmi e fare per allontanarmi da quella fottuta stanza e dal peso che avevo sul cuore. 

Ero ridicolo cazzo, ridicolo. 

T: “Stai attento e non tornare troppo tardi, per favore”

A quella frase inaspettata mi girai, ma ormai era già sparito dietro alla porta, senza darmi possibilità di rispondere.

Quando salii in macchina ero ancora scosso, ma Diego non disse nulla. 

La giornata era andata alla grande. Avevamo fatto giri su giri, avevo svaligiato tre quarti dei negozi e, per quel tempo, non mi era mancato nulla: ero felice. 

Futuro per i Tankele//Part ThreeWhere stories live. Discover now