Sopravvivere

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Buio, buio e ancora buio, tenebroso, nero, intenso, come nebbia che si faceva sempre più fitta con il passare dei secondi. Eda poteva percepirlo sulla pelle mentre veniva intrappolata nella sua morsa scura. Gli occhi facevano fatica ad abituarsi all'assenza di luce, eppure le sembrava di essere lì da ore, da un tempo interminabile. Capiva perfettamente che tutta quella oscurità non avrebbe portato a nulla di buono, ma non sapeva cosa fare, non sapeva dove fosse, mentre i minuti scorrevano. Era in preda al panico. Aveva paura, paura di quello che le sarebbe potuto accadere, paura dell'ignoto.

All'improvviso, però, qualcosa intorno cambiò. Intravide un minuscolo bagliore di luce, quasi come se qualcuno avesse acceso una piccola candela, che emanava un fievole chiarore grazie alla debole fiamma che sovrasta la cera. Sussultò alla vista di quel biancore che si faceva breccia attraverso la foschia tetra che la aveva imprigionata.

Si accorse di non essere a casa, era lontana da qualsiasi posto conosciuto, si trovava in un ristretto ma intricato bosco adiacente alla città. Non ricordava nemmeno come avesse fatto ad arrivare fin lì.

Intorno regnava solo il silenzio, una quiete spaventosa, tanto che le parve di esser caduta nell'oblio. A quel punto, il timore iniziò nuovamente a risalire i gradini dello stomaco di Eda, arrivandole fino alla trachea e lasciandole la fastidiosa sensazione di un nodo alla gola. Il suo istinto, allora, le disse di gridare.

-C'è qualcuno? - Urlò - Perché sono qui? Cosa volete farmi?-Continuò.

Nessuna risposta. Solo il nulla.

Niente di quel posto le era familiare. Era stata abbandonata di nuovo, era sola, sola anche nei sogni. Tremava e non riusciva a bloccare la paura che la rendeva vulnerabile e incapace di agire. L'inabilità di fare, di muoversi, per lei, che era sempre stata una ragazza forte, abituata a non avere bisogno degli altri, era veramente qualcosa che la infastidiva molto.

Tuttavia, purtroppo, da alcune settimane aveva l'impressione di sentirsi sul bordo di un dirupo, pronta a cadere. Da quando era successo quel fatto agghiacciante, proprio nel giorno in cui avrebbe dovuto sentirsi la persona più felice del mondo, Eda aveva smesso di respirare, di vivere, era mera sopravvivenza la sua.

Ma quel turbamento abbandonò presto il suo corpo, quando, in lontananza, udì una voce nota. Ne fu rapita all'istante. Dimenticò immediatamente tutte le paure e le inquietudini e la sensazione di essere sola scomparve in fretta. Rimase per qualche secondo immobile, chiusa in se stessa. Non poteva crederci, era...era quella voce, la sua voce! Chi poteva essere, se non lui?

Ogni sintomo di paura e panico cessò di pervaderla e sentì una nuova sensazione irrompere dentro di sé. Adrenalina.

Iniziò a correre prima con moderazione, la voce era vicina, poi sempre più velocemente, l'aveva quasi raggiunta.

Svoltò a destra, poi a sinistra e finalmente lo vide, lì, in piedi davanti a lei, intento a lanciarle quegli sguardi magici, che solo lui sapeva regalarle. Prestò attenzione a non provocare alcun rumore. Non voleva assolutamente che se ne andasse, desiderava guardarlo il più a lungo possibile. Era sempre lo stesso, non era cambiato di una virgola. Stesso portamento elegante e fiero, stessa dolcezza nell'espressione del viso, stesse mani calde e ferme. Era ancora vestito come l'ultima volta che lo aveva visto, con lo smoking del matrimonio. Come avrebbe potuto dimenticare? Come avrebbe potuto dimenticarlo? Come avrebbe potuto dimenticare la persona che aveva riparato quella parte di lei che era rotta?

Non avrebbe potuto dimenticare, mai.

Eda era talmente presa da quella scena che aveva di fronte agli occhi, che non si rese conto del fogliame che vi era poco più in là, ai piedi di una quercia, così quando lo calpestò, l'immagine davanti a lei divenne via via sempre più sfocata, ma, prima di scomparire del tutto, il ragazzo disse : -Chiudi gli occhi, riaprili, sarò qui"-

Cercami lí dove ci siamo persi - EdSer Where stories live. Discover now