III.

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Narcissa si mise seduta sulla vecchia poltrona di vimini con la sua solita eleganza, stringendo tra le mani una tazza di tè bollente, stretta nel suo corpetto preferito e in un abito di velluto verde tremendamente simile a mille altri.

Guardando il parco della Malfoy Manor, i pavoni, le statue, le siepi tenute con precisione, cercò di convincersi, come ogni anno, che quello fosse un giorno come un altro, e che, esattamente come ogni altro giorno trascorso in quella casa dalla dipartita di suo marito, le sarebbe scivolato dalle mani senza lasciare il segno.

Ogni anno, la ricorrenza del compleanno di sua sorella Andromeda le lasciava un retrogusto amaro tra i pensieri.
Andromeda era la sorella di mezzo, e questo voleva dire tutto e niente. I loro genitori, Druella e Cygnus Black, avevano dato a tutte e tre la stessa rigida educazione, gli stessi valori, le stesse dosi di cibo, ma le tre sorelle non potevano che essere più diverse, e questo si era notato sin da subito.
Narcissa si lasciò accarezzare i capelli dal vento.
Bella era sempre stata decisamente sopra le righe, e Andromeda ne aveva notevolmente sofferto. Era un peccato riuscire a dare questa lettura così lucida solo dopo una vita intera e con ogni possibilità di risolvere gettata al vento per puro orgoglio.
Andromeda non abbracciava le idee dei suoi genitori, mentre Bellatrix ne aveva fatto degli ideali da seguire e per cui battersi.
Narcissa, la più piccola, in qualche modo ammirava la tenacia di Bella in questo, ma non poteva fare a meno di percepire il dolore di Meda e la sua lontananza, sempre maggiore, da ogni cosa che riguardasse la loro casa e la loro famiglia.

Meda aveva appena compiuto diciassette anni quando, un lunedì sera di inizio estate, aveva colto una banale provocazione di loro padre, già anziano e stanco, ma sempre testardo e caparbio: o con noi, o contro di noi.

Narcissa sorseggiò un po' del suo tè.
Meda aveva passato la notte a piangere, e Cissy, appena quindicenne, era rimasta accanto a lei in silenzio a sentire le sue più che valide ragioni: in quella casa si sentiva in trappola, tutti non facevano che darle contro, ed esattamente come loro cugino Sirius, non credeva che la discendenza di sangue contasse sul valore o sulla bravura di un mago o una strega. E poi, c'era quel Ted che le ronzava sempre attorno a scuola: Meda non glielo aveva mai detto, ma Cissy aveva capito che tra di loro ci fosse qualcosa.

La mattina dopo all'alba, aveva chiuso diciassette anni di vita dentro una valigia. Mentre stava lasciando una lettera sul comodino di Cissy, lei aprì gli occhi spaventata. «Ti rivedrò?» le aveva chiesto con un filo di voce.

Meda le aveva sorriso. «Prima o poi»

Con estremo garbo, si era chinata per darle un bacio sulla fronte. Poi si era alzata, e prima di chiudere la porta della stanza dietro di sé, aveva regalato alla sorellina un ultimo sguardo colmo di lacrime.

Cissy da quel momento in poi avrebbe sentito solo cattiverie su Meda, e non avrebbe mai trovato il coraggio di alzare la testa ed opporsi. Avrebbe conservato per tutta la vita, però, quella lettera e il ricordo di quel bacio in fronte, quello sguardo d'addio, e quella promessa mai mantenuta.

E poi, avrebbe passato il giorno del compleanno della sorella a guardare il cielo, il parco, i pavoni, la siepe, e chiedersi come fosse stata la sua vita da quella mattina in poi.

«No, no, io lo metterei qui»

«Un po' più a destra»

«Oh, zitto Harry: i Portieri non sono il tuo forte»

«Neanche i Battitori, se è per questo»

Lyall scoppiò a ridere e lanciò a Harry un'amichevole pacca sulla spalla, rischiando di far cadere la Burrobirra ancora stracolma davanti a Draco, che sogghignava compiaciuto per la sua battuta involontaria, mentre non staccava lo sguardo dall'ennesimo schema di Lyall per la prossima partita.

cascasse il mondo impara a volareWhere stories live. Discover now