Oggi è un giorno importante per me. Forse il giorno più atteso da tutti, me compresa. Questo è il giorno della verità. Sì, perché dietro la soglia della stanza numero 4 stavolta non ci sarà ad aspettarmi un serpente o un altro animale, ma per la prima volta dopo il tentativo fallito con Katie troverò un altro essere umano come me.

E stavolta lo ucciderò.

Mi sono allenata così tanto per arrivare a questo livello di consapevolezza: lo scopo della mia vita è allenarmi per diventare una macchina imbattibile, sfruttando i poteri di cui sono stata miracolosamente dotata. Il mio scopo finale è quello di fare del male a chiunque si interponga nel mio cammino.

«Ti senti pronta?» Mi domanda Russell, mentre cammina piano al mio fianco lungo il corridoio di pietra.

«Mai stata così sicura di me.»

«Mal di testa?»

Scuoto il capo. «Nemmeno l'ombra. Sto bene. Mi sento persino energica.»

«Bene. Se non fallirai, tuo padre sarà davvero fiero di te.» Russell sorride e tira fuori dalla tasca dei pantaloni la chiave della stanza.

«Lui dov'è adesso? Non vorrà mancare proprio oggi?»

«Oh, no. Sta andando a prendere l'ospite della giornata. Sarà qui a breve», spiega con indifferenza, mentre fa scattare la chiave d'ottone nella serratura. «Intanto tu puoi sfruttare il tempo che ti rimane per trovare la giusta concentrazione. So che questi allenamenti intensivi sono estenuanti dal punto di vista mentale, ma se supererai la prova di oggi sono certo che molte cose cambieranno.»

«Non sbaglierò, Russell.» Sorrido entusiasta, per la prima volta divertita dalla sfida. «Ho aspettato così tanto questo momento. Non vorrei mai deludere mio padre, dopo tutto quello che sta facendo per me.»

Russell cela male un sorriso a dir poco stupito e tituba qualche secondo più del dovuto prima di annuire, un po' più convinto, e aprire del tutto la porta, facendomi entrare per prima nella stanza. «Sei cambiata così tanto, mocciosa. Sembri davvero un'altra persona.»

E mi ci sento anche. Sapessi quante cose dentro di me non sento più mie, Russell.

Trattengo un sospiro appena un po' più pesante e mi guardo attorno, nella stanza semi oscura che ormai ho imparato a conoscere come se fosse la mia seconda casa: non c'è niente di diverso rispetto alle volte precedenti, se non che adesso al centro della stanza è piazzata una sedia di legno con delle catene attorcigliate attorno alle gambe e ai braccioli.

Per un attimo smetto di respirare, colpita dallo shock visivo che mi provoca la sedia. Nella mente mi scorrono delle brevi e dolorose immagini di me nella stanza numero 2, bloccata su una seggiola in legno molto più imponente e stabile, con ganci freddi di ferro stretti attorno ai polsi e alle caviglie e un odore di bruciato diffuso nell'aria, proveniente da... me.

Reprimo un brivido che si porta dietro una scia di terrore e dolore e chiudo per un attimo le palpebre, saggiando la bellezza e la tranquillità del buio.

Non è di questa stanza che devo avere paura. Qui sono io la padrona della scena. Non ci finirò io seduta lì sopra, oggi, ma il nostro atteso ospite. È seduto qui che dovrò porre fine alla sua vita.

Accarezzo il bracciolo esile della sedia e respiro piano, elettrizzata in ogni singolo poro della pelle.

Poco dopo sento la porta della stanza aprirsi di nuovo. E stavolta a entrare è mio padre, accompagnato da una persona incappucciata che trasporta sotto braccio, quasi come se fosse un caro amico di famiglia. Il ragazzo – l'abbigliamento che indossa è chiaramente maschile – cammina a stenti di fronte a sé, inciampando sui propri passi come se fosse stordito da qualcosa, oltre dal sacco che ha calato sopra la testa.

Hybrid - Legami SpezzatiWhere stories live. Discover now