Una dimensione orribile

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Una dimensione orribile.

Mika si tolse spazientito la strana giubba che era stato costretto ad indossare e se la portò dietro la testa a mo di cuscino, sdraiandosi sul prato fiorito. Osservava pensieroso le nuvole che pigre si rincorrevano nel cielo, quando la voce della sua amica lo riscosse, facendolo voltare nella direzione dalla quale stava arrivando.

"Che caldo! Non potevi scegliere un posto meno assolato?".

Il ragazzo ghignò e schioccò le dita. Un albero crebbe alle spalle della ragazza, partendo dalle radici, continuando con il tronco e infine riempiendosi di verdi e ombrose fronde, concedendo a entrambi un po' di frescura.

La ragazza scosse la testa, sollevando gli occhi al cielo, dopodiché si sedette poggiandosi al tronco. "Mika, lo sai che non dovremmo farlo se non per necessità".

Il ragazzo rotolò su un fianco facendo nascere tra le sue dita una delicata margherita e appuntandola sui folti capelli color caramello dell'amica. "Farei questo ed altro per te, mia cara Violet; adesso puoi ammettere tranquillamente di amarmi".

Per un attimo i loro sguardi rimasero legati, e a Mika sembrò di cogliere un lieve rossore sulle sue guance, ma non fece in tempo ad analizzare lo strano cambiamento avvenuto nella ragazza, perché Violet lo anticipò con una sonora risata, togliendosi la margherita dai capelli e lanciandola nel prato. "Non ti è sufficiente l'amore che provi per te stesso?", chiese mettendosi più comoda.

Mika tornò a sdraiarsi e chiuse gli occhi. "L'amore non è mai sufficiente, ho sempre posto per nuove ammiratrici".

Violet raccolse le ginocchia al petto e distolse con una certa malinconia lo sguardo dal ragazzo. Era così pieno di sé, eppure doveva ammettere che aveva del potenziale. Era cambiato tanto negli ultimi anni, ma non aveva ancora deciso se in meglio.

Portò distrattamente lo sguardo sul paesaggio che li circondava. Mika aveva sempre adorato quel prato, ma c'era qualcosa che stonava.

"Mika! Perché quel tizio è ancora qui!".

Mika da parte sua aprì un occhio per controllare, ma ovviamente aveva capito a chi si riferiva la sua amica. Richiuse gli occhi e con un ulteriore piccolo schiocco di dita allungò di altri due metri il filo che dal suo polso arrivava alla vita dell'essere in nero, che vagava inquieto tra i fiori, calpestandoli come se gli avessero fatto un torto personale.

Mika corrugò le labbra, ma non ebbe il coraggio di riaprire gli occhi e incrociare il suo sguardo; la voce gli uscì incerta. "Non lo hanno rivoluto".

Violet guardò con apprensione la figura scura e poi di nuovo l'amico. "Tuo padre ti aveva detto che andava restituito, era la tua missione!".

Mika si tirò a sedere spazientito e puntò con fare volitivo i suoi occhi blu sullo sconosciuto. "Mi sembrava scortese ecco... ho temuto che se glielo avessi lasciato l'umano avrebbe subito delle ripercussioni, magari sarebbe stato punito".

Violet, sbuffò esasperata. "Ma così adesso sarai punito tu! Lo sai com'è tuo padre quando gli disobbedisci!".

"Ma figurati, è talmente impegnato... si è persino dimenticato attivo il dissuasore dimensionale da quando duecentoventi anni fa continuava ad arrivare gente che voleva venderci i souvenir".

Violet spalancò la bocca. "E' per questo allora che non arriva più nessuno qui da noi!".

Mika si poggiò sui gomiti. "Già. Si può essere così distratti?".

Violet ci pensò su. "Almeno potresti concedergli di scoprire il volto, magari ha qualcosa da dire...".

Mika la guardò costernato. "Stai scherzando, vero? Hai presente cos'è successo non appena è piombato nel bel mezzo delle udienze settimanali? Ha iniziato a inveire e a snocciolare nomi e numeri, blaterava di un certo Jason duecentononsocosa, ha persino distrutto il vaso preferito di mia madre, prima che mio padre lo riducesse al silenzio. Deve aver subito qualche sorta di shock".

Violet non vedeva soluzioni. "Cosa ne farai allora?".

"Non lo so", ammise candidamente. "Devo ancora capire la sua reale funzione".

Violet sospirò, chiedendosi come avrebbe compreso la sua funzione se non lo lasciava libero di esprimersi. Sapeva che quando Mika si metteva in testa qualcosa era difficile fargli cambiare idea, le cose andavano così sin da quando erano piccoli e lei era costretta a seguirlo in tutte le sue strambe avventure.

Mika la guardò e si aprì in uno di quei sorrisi che riservava solo a lei: con Violet si era sempre sentito libero di essere sé stesso e come sempre accadeva la ragazza non riuscì a non sorridergli a sua volta, nonostante fossero ormai sedici anni che la faceva impazzire.

"Raccontami, com'era quel mondo dove sei stato?".

Mika esitò. "Non saprei dire... sono finito in un posto strano, leggermente buio e umido, il tizio che era lì stava mangiando una strana sbobba da un contenitore di cartone".

"Dici che non hanno i piatti?", chiese Violet perplessa.

Mika fece spallucce. "E' probabile, aveva anche qualche difficoltà ad esprimersi. Sembrava inoltre particolarmente scoordinato nei movimenti. Deve trattarsi di un popolo poco evoluto".

Violet annuì pensierosa, il suo sguardo rivolto verso il basso.

Mika le sollevò il mento con un dito e quel gesto - compiuto così tante volte per attirare la sua attenzione - per la prima volta lo lasciò leggermente turbato, come se avesse un senso diverso. Violet sembrò avere la stessa reazione, perché si scostò appena, con una strana espressione preoccupata.

Mika si ricompose istantaneamente e un entusiasmo incontenibile si manifestò con un brillio degli occhi blu che Violet sapeva essere preludio di qualche pazzesca proposta.

"Che ne dici se ci andiamo insieme? Facciamo un'esplorazione!".

Violet non poté fare a meno di ridere dell'entusiasmo di Mika e annuire; non era mai stata capace di negargli alcunché.

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