Eleonor

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1. Eleonor.

La ragazza osservò per la prima volta quel corpicino ricoperto di sangue. Il dolore l'aveva lacerata per ore e quella fu la prima volta in quei lunghi nove mesi in cui fu grata ai superiori di averla rinchiusa in quella stanza particolare, completamente isolata da chiunque e soprattutto dai pensieri. Se il suo Anthony avesse provato il suo dolore sarebbe impazzito di paura e avrebbe compiuto una follia. Doveva proteggerlo. Immaginava come si stesse sentendo, tradito- abbandonato- ma lei non aveva scelta e sperava che se lui avesse saputo, avrebbe compreso.

Deglutì ansiosamente, osservando meglio la creatura che aveva appena messo al mondo. Lei sapeva cosa fosse un bambino, li aveva visti: di varie taglie e colori nel mondo di Anthony. Lì le cose erano migliori. Lì il suo bambino non avrebbe avuto nulla da temere, ma era inutile pensarci: non era un futuro raggiungibile, non ancora per lo meno.

Il piccolo fissò gli occhi in quelli di lei, sembrava comprendere che quello sarebbe stato il loro unico incontro; non piangeva, bensì ricambiava il suo sguardo con una calma e una concentrazione incredibili e ciò che Eleonor non poté non notare fu che gli occhi del bambino erano di quell'incredibile verde che lei aveva tanto amato in Anthony e che ora in seguito al legame erano diventati i suoi stessi occhi.

Il suo cervello iniziò a ragionare velocemente, era abituata a risolvere le situazioni, non c'era tempo per compatirsi. Lei lo avrebbe dimenticato il bambino, questo era certo, ma di sicuro avrebbe riconosciuto quegli occhi. La somiglianza con i suoi avrebbe destato in lei dei sospetti... Bene. Era qualcosa da cui iniziare, ma non bastava... Come fare? Aveva bisogno di qualcos'altro, di un altro indizio, qualcosa che le facesse capire che il bambino era importante, qualcosa da cui partire per poterlo salvare. Il suo posto sarebbe dovuto essere con il padre, non nel suo mondo, orribile e spietato dove le persone venivano plasmate come oggetti.

La porta si sarebbe aperta anche per lui al diciottesimo anno? Era probabile. Era una possibilità, la sola a cui aggrapparsi in quel momento.

La stanza si aprì e fecero il loro ingresso un superiore e un guardiano. A parlare fu il primo.

"Eleonor 220, sai che saremmo potuto intervenire e risparmiarti questa inutile sofferenza".

La ragazza lo osservò impassibile dal basso. "Le istruzioni operative che mi avete fornito per la procedura sono state perfettamente esaustive". Esisteva una procedura per qualsiasi cosa. Quello che lei aveva appena portato a compimento era definito. "Separazione biologica spontanea".  Se gli avesse concesso di occuparsene probabilmente non avrebbe avuto neanche quell'unica occasione di tenerlo tra le braccia e di architettare un piano.

Il superiore scosse la testa osservando la ragazza rannicchiata sul pavimento. Tutto quel disordine, quello sporco erano cose intollerabili per lui. "Adesso dallo al guardiano, così potrai metterti questo sgradevole incidente alle spalle".

L'odio che provò Eleonor fu profondo, viscerale. Un istinto innato la portò a stringere a sé quel bambino che avevano appena definito incidente. Ma si riprese in fretta, era il momento di essere impassibili. "Come lo chiamerete?".

Il superiore si stupì. "Perché vuoi saperlo? A breve dimenticherai tutto".

Eleonor fece spallucce, "Curiosità".

Il superiore fece una smorfia e controllò un dispositivo che estrasse dalla tasca. "Lui da adesso è Jason. Il numero progressivo verrà assegnato al termine della giornata".

Eleonor riportò con fare casuale e disinteressato lo sguardo sul bimbo che nel frattempo si era addormentato tra le sue braccia. Jason. Sorrise dentro di sé, sarebbe bastato. Ignorò l'urlo che le stava montando dentro, ignorò l'istinto che le ordinava di attaccarli e ucciderli all'istante. Ne sarebbe stata capace, sarebbe stato sin troppo semplice, ma anche del tutto inutile. Il suo compito sarebbe stato quello di tenere Anthony e il bambino al sicuro. Un giorno forse per suo figlio ci sarebbe potuta essere una vita migliore. Nessuno di quei pensieri trasparì dal suo sguardo, mentre passava con gelida impassibilità il bambino al guardiano, che uscì dalla sua camera portandosi via il suo cuore. 

Eleonor si alzò e si osservò ostentatamente: le gambe e il pavimento ancora sporchi di sangue. "Concedetemi due minuti per rendermi presentabile e poi potremo procedere".

Il superiore acconsentì e uscì dalla stanza lasciandola finalmente sola.

Eleonor fissò per un istante la parete dalla quale si erano dileguati e decise il da farsi.

Entrò nella cabina del sonno spogliandosi completamente e una volta all'interno lasciò che il vapore la pulisse e le allentasse i muscoli contratti. Non aveva altro se non il suo corpo ormai vuoto. Quindi le sarebbe dovuto bastare. Con l'unghia del mignolo scavò sulla pelle del braccio, nella parte interna. Fu difficile incidere l'intero nome del bambino e anche leggermente fastidioso. Sperò ardentemente che non lo notassero. Perché avrebbero dovuto... erano sempre così sicuri di loro. Gli sarebbe bastato toglierle il marchio che la univa a Anthony. Sentì di avere fatto il possibile. Adesso avrebbe avuto due indizi: un nome e il colore degli occhi. 

Si rivestì in fretta e quando uscì da quella stanza aveva detto addio all'Eleonor che era stata. Non sapeva cosa la attendeva, sperava che il tempo sarebbe stato suo alleato e un giorno la sua vendetta  li avrebbe raggiunti. Tutti loro. 

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