CAPITOLO#4

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Non so seguire i cliché

Compro i vestiti al Gran Balôn

E ascolto tutto il giorno i classici del Jazz

(The Sweet Life Society)

Ho un debole per le chincaglierie che affollano le bancarelle del Gran Balôn, il famoso mercato dell'usato che si tiene ogni seconda domenica del mese, ed è l'espansione del Balôn settimanale del sabato. Comincia nei meandri della zona presidiata dal mercato di Porta Palazzo, si sviluppa per le vie di Borgo Dora, fino a giungere sulle sponde del fiume Dora Riparia. 

Si può trovare di tutto tra una bancarella e l'altra, dove nostalgici, curiosi, appassionati del vintage e collezionisti d'ogni genere possono sbizzarrirsi tra merletti e spilloni della nonna, mobili tarlati e biciclette rotte, giradischi che gracchiano, portasigarette ammaccati, bocchini morsicchiati in bachelite e pennini con la punta biforcuta. Per non parlare delle serie di quadri e stampe d'antan in pacchiane cornici dorate.

Una volta ci ho trascinato il mio amico Simone e lui ha trovato un completo elegante da uomo a quattro euro. No, non è un errore di battitura. L'ha pagato sul serio solo quattro euro. Certo, anche secondo noi era roba rubata. Ma il completo gli stava a pennello e lui era stato invitato ad un matrimonio quell'anno. Pazzesco, lo so. Ma così va il Balôn. Ti conviene andarci tutte le volte che puoi.

Perciò stamattina ho preso il tram numero 3 alle prime luci, mentre la città insonnolita stava stiracchiandosi nella bruma. Sono scesa al Rondò della Forca, dove un tempo la gente si radunava per assistere alle impiccagioni dei condannati, sentendomi un po' oppressa dal luogo che un tempo era un teatro dell'orrore.

In mezzo alle bancarelle, però, il calore umano della folla ha stemperato sia il freddo autunnale del mattino sia quello provocato dal ricordo delle esecuzioni pubbliche. La giornata è piena di sole e promette di scaldarsi, e poi tutti questi gingilli mi riempiono gli occhi e mi fanno dimenticare ogni disagio. Quando incappo in una bancarella di libri usati lunga almeno dieci metri mi sembra di sognare.

I libri sono suddivisi per autore, in ordine alfabetico. Quando arrivo alla lettera R, mi sento toccare su una spalla. Mi volto per riflesso automatico, ma in realtà sto ancora leggendo la quarta di copertina di questo saggio di Ricœur.

Poi alzo gli occhi.

Davanti mi trovo la faccia spigolosa di Joe Mineo.

«Pensi di comprarlo quello?» mi domanda con un sorrisetto scanzonato.

Lo guardo per un po', pensosa.

«Non saprei, perché... ecco...» gli indico una pila di libri che ho appoggiato vicino alla cassa.

Il libraio mi conosce bene e fa la somma man mano che aggiungo un volume alla pila.

«Ogni volta che vengo qui faccio sanguinare il mio portafoglio... Aspetta, sai che ti dico? Non importa, lo metto giù. In fondo è famoso abbastanza perché io possa trovare questo saggio anche in una comune libreria, più avanti... magari il mese prossimo... o la settimana prossima...» metto giù il libro.

Joe non dice niente ma sogghigna e si gratta l'incavo tra l'occhio e il naso.

«Però in effetti Ricœur è talmente famoso che sarebbe un vero peccato non avere questo saggio nella mia libreria...» 

Riprendo il libro in mano. 

«Metti che un giorno mi servisse citare un concetto proprio da La traduzione fra etica ed ermeneutica e io non ce l'avessi. Dovrei andare in biblioteca e controllare prima su internet che ce l'abbiano. E se ce l'hanno dovrei sperare che sia realmente tra gli scaffali e che qualche studente non lo abbia preso nel frattempo per consultarlo. A quel punto dovrei girare tra tutti i tavoli a chiedere e disturberei. Io stessa mi odierei se dovessi ridurmi a fare una cosa simile e...»

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