Epilogo

1.2K 74 10
                                    

Lexie poteva definirsi una persona pigra o, come preferiva dire lei, mentalmente stanca. Tutte le sue azioni erano ristrette al minimo indispensabile, per poter avere più tempo da dedicare ad altro. Questo si ripercuoteva principalmente nelle questioni, a suo dire, più superflue della vita, come il vestiario. Non amava particolarmente comprare abiti che le avrebbero dato delle opzioni confusionarie durante la giornata. Stampe e colori sgargianti erano vietati nel suo armadio, che invece era abitato da capi da toni molto scuri, soprattutto neri.

Suzie, che invece teneva molto a vestirsi in maniera ricercata, aveva tentato in tutti i modi di farla desistere dal comprare l'ennesimo vestito nero, ma non c'era stato nulla da fare. Per carità, era davvero un bel vestito. Dal taglio semplice, con le maniche lunghe, ma una scollatura importante ed una gonna leggermente svolazzante. Ma quel modello, insisteva Suzie, c'era anche di un bel verde smeraldo che avrebbe risaltato i colori dell'amica.

Ma nulla da fare, Lexie fu categorica e quindi, per il giorno più importante della sua vita, non avrebbe tradito il suo stile.

«Anche la toga sarà nera, perché ti preoccupi del vestito?» chiese a Suzie.

«Proprio perché la toga è nera che avresti potuto prendere un altro colore»

Battibeccarono giocosamente per tutto il pomeriggio, per distrarsi dall'ansia della proclamazione, che sarebbe avvenuta qualche settimana più avanti.

Erano passati sei mesi dal suo rapimento, il piede era guarito perfettamente, anche grazie alla fisioterapia che le avevano consigliato di fare in ospedale. Le cicatrici, invece, avevano deciso di non lasciare così presto il suo corpo, rendendole la convivenza con quest'ultimo più complicata del solito. Non era mai stata una persona fissata con la forma fisica; era generalmente magra, anche se spesso le davano fastidio le sue gambe un po' troppo gonfie rispetto al suo fisico e quella pancetta che, si rendeva conto poco dopo, era perfettamente normale avere un po' più gonfia rispetto alla pancia piatta che troppo spesso veniva spacciata per la normalità dalle multinazionali, in grado di accrescere stereotipi e complessi fisici nella mente delle donne per indurle ad acquistare i loro prodotti e le loro creme anticellulite, come se ne valesse della loro vita.

Queste cose Lexie le sapeva bene, ma da quando la sua pelle era stata deturpata dall'ennesimo uomo convinto di potere fare qualunque cosa sul corpo di una donna, non riusciva più così facilmente a guardarsi allo specchio.

Da futura terapeuta sapeva benissimo che l'esposizione graduale a ciò che ti crea disagio diminuisce col tempo l'ansia che quel disagio consegue. Quindi ogni giorno, almeno una volta, si posizionava davanti allo specchio e si guardava. A volte per pochi secondi, altre per minuti, e piano piano sperava di riuscire a vedersi per com'era prima, senza guardare più a cosa le avevano fatto.

Era andata anche in terapia, ci andava ancora, a dire il vero, ma di meno rispetto agli inizi. Era risultata positiva alla terapia che la sua psicologa aveva deciso di utilizzare con lei, voleva partecipare con tutta se stessa al superamento del suo trauma. Gli studi universitari l'avevano agevolata, lo sapevano sia lei che la sua terapeuta, come il fatto di non essere stata troppo tempo in balia di quel mostro, a differenza delle ragazze prima di lei. Quando seppe cosa era successo loro, non riuscì a chiudere occhio per settimane. A causa dell'orrore che aveva passato lei in prima persona, si rese conto che riusciva perfettamente ad immaginarsi cosa avessero passato quelle giovani donne prima di essere strappate alla loro vita.

Per i primi quattro mesi, andò in terapia due volte alla settimana, solo nell'ultimo periodo avevano concordato lei e la psicologa per vedersi solo due volte al mese.

Cercava in tutti i modi di farcela, di riuscire ad avere indietro la sua vita, ma per tutto l'impegno che poteva metterci, i momenti bui arrivano e a volte faceva bene goderseli. Sfuggire al dolore, a volte, è peggio di viverlo. Usciva di meno rispetto a prima, preferiva stare in casa con il suo gatto Tommy, che gli riempiva le giornate, e molto spesso si lasciava andare ad un pianto disperato e liberatorio. Vedeva molto di meno anche la signora Whittemore, la sua vicina di casa, avevano ancora un bel rapporto, ma ormai Lexie non era più quella di un tempo e certe volte la solitudine era la sua compagna più cara.

Qualcun altro l'aveva aiutata in quel periodo così cupo e incasinato. Spencer Reid aveva capito da tempo che la ragazza aveva bisogno dei suoi spazi e che quando non aveva voglia di uscire non bisognava forzarla, incrementando un senso di colpa nella mente incasinata di Lexie. Era lei a cercare lui quando se la sentiva, ed accadeva più spesso di quanto pensasse lei stessa.

Quando lui non era via per lavoro, passavano pomeriggi interi a leggere nel salotto di lei e a parlare di qualsiasi cosa passasse loro per la mente. Adesso Spencer non portava più i capelli lunghi, lasciando posto ad un taglio corto con una frangetta a coprirgli la fronte e Lexie pensava che il ragazzo fosse ancora più carino conciato in quel modo. Poi, circa due mesi prima, Lexie prese coraggio e lasciò un bacio sulle labbra carnose dall'uomo.

Da quel momento, di baci ne erano seguiti molti. E così anche tanti momenti pieni di serenità, che per Lexie erano come boccate di aria fresca, che però si accompagnavano al terrore che prima o poi quella serenità se ne sarebbe andata.

Ma non accadde.

La proclamazione andò bene, senza brutte figure, e lei e Suzie festeggiarono insieme quel traguardo tanto agognato.

Il Magician decise di ospitare la loro festa di laurea, per sdebitarsi in modo simbolico con la ragazza, e il bar si riempì dei loro amici e colleghi.

Matt e Joe prepararono gli strumenti sul palco per fare una sorpresa alle ragazze.

«Ta Tan!» dissero all'unisono appena videro le due festeggiate.

«Ebbene, dottoresse, oggi si balla» disse Joe.

Lui e Matt iniziarono a suonare un motivo rock per le ragazze molto familiare e le due li raggiunsero sul palco.

Spencer e i suoi colleghi, che erano stati invitati alla festa, arrivarono in quel momento. In realtà lui era stato anche alla proclamazione dove aveva sorbito un interrogatorio piuttosto approfondito dai genitori della sua ragazza. Era poi tornato indietro a prendere alcuni dei suoi amici.

«This is a black, black ski mask song
So put all of your anger on
In the truly gruesome do we trust
I will always land on you like a sucker punch*» vide la mora cantare sul palco e non poté trattenere un sorriso. Era da troppo tempo che Lexie non si esibiva più e adesso sembrava di nuovo quella ragazza di sei mesi prima.

Cominciò a ballare per i tavoli del locale, facendo svolazzare leggermente la gonna del suo vestito e lui si ritrovò catapultato con la mente alla sera del loro incontro.

Si ritrovarono abbracciati nel letto della ragazza diverse ore dopo.

La stanchezza per la giornata appena trascorsa si faceva sentire, ma i due volevano godersi ancora qualche minuto in compagnia l'uno dall'altra.

«Sai, qualche giorno fa ho ricevuto una notizia fantastica» disse la mora «Hai presente il tirocinio post lauream che devo fare, no?» il ragazzo annuì, assonnato.

«Beh, ho fatto domanda all'FBI e l'altro giorno sono uscite le graduatorie» un sorriso fece capolino sulla faccia del giovane.

«Ti hanno presa?»

«Non è una questione di essere presi, è più per chi comincia prima. La lista d'attesa era lunghissima, ma col mio voto di laurea sono riuscita ad essere tra i primi» Spencer le regalò un bacio a stampo, contento per la notizia.

«E quindi, dove sarai?»

«Affiancherò il team di psicologi che lavora lì. Ci pensi? Un anno intero all'FBI» nonostante la stanchezza Lexie non riusciva a nascondere l'emozione per quella notizia, e lo stesso fu per Spencer.

Anni dopo si sarebbero ritrovati a litigare per gli orari assurdi di lui, per Tommy che aveva rovinato il parquet della loro nuova casa e per il problema di Lexie di non riuscire a trovare un appartamento dove sistemare il suo studio da terapeuta, una volta uscita dalla scuola di psicoterapia. Ma si sarebbero trovati anche ad essere i padrini del figlio di Derek, a riverniciare di blu la cameretta di casa loro e a gioire dei primi successi lavorativi di Lexie.

Ma per quello ancora c'era tempo. In quel momento erano solo loro due. Insieme.

«Buonanotte, dottoressa» disse il ragazzo stringendola ancora più a sé.

«Ricordami di andare a comprare lo sticker per la macchina, domani».








*La canzone è Novocaine dei Fall out boy

Magician/Criminal MindsWhere stories live. Discover now