Capitolo III

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Erano le prime luci dell'alba di un sabato mattina quando il telefono di Spencer iniziò a squillare insistentemente facendo vibrare il comodino sopra cui era poggiato. La sera prima era crollato per la stanchezza appena entrato in casa e non si aspettava di certo di essere svegliato in un modo così brusco.

«Pronto?» disse strofinandosi gli occhi, non ancora in grado di mettere a fuoco nulla attorno a lui.

«Spence, abbiamo un caso» la dolce voce di JJ lo risveglio da quel torpore. Non era la prima volta che venivano derubati dal loro weekend.

I criminali non vanno mai in vacanza, pensò.

Quando arrivò in ufficio i suoi colleghi erano già tutti in sala riunioni. Appena lo vide, Derek gli dedicò un sorriso sornione facendogli intendere che dopo avrebbero parlato della conoscenza che aveva fatto il giovane dottore la sera prima.

«Qualcuno non ha dormito molto stanotte» cantilenò come assaggio di quello che lo aspettava subito dopo la riunione.
Reid decise di non farci caso, godendosi quei pochi minuti che lo separavano dall'imbarazzo di dover parlare della sua vita privata con i suoi colleghi.
Garcia accese lo schermo dietro di lei, mostrando le foto di cinque donne molto simili tra di loro.

«Jessica Marin, Sandra Davis, Tara Montgomery, Jessie Stewart e Laura Carlisle, tutte tra i 18 e i 25 anni, sono state ritrovate morte a distanza di due settimane l'una dall'altra» sciorinò quelle informazioni mentre i suoi colleghi profiler sfogliavano i fascicoli con le immagini dei corpi deturpati di quelle giovani donne, che lei aveva volutamente omesso dalla presentazione per non doverle guardare ulteriormente.

«Segni di tortura su tutto il corpo» constatò JJ.
«È un sadico» le diede manforte Emily Prentiss.
«Sì, forse, ma guardate come sono stati ritrovati i corpi. Sembra stiano dormendo» disse Reid.
«Quindi è un sadico, ma prova del rimorso. Sembra un comportamento anomalo» continuò Hotch.
«Forse sono dei surrogati, sostitute di una figura femminile che odia, ma rispetta al tempo stesso» ipotizzò Morgan.

«È possibile. Guardatele, sono tutte donne giovani, bianche, capelli castani, ondulati, occhi scuri.» a quella descrizione Spencer non poté non pensare alla serata passata in compagnia di quella ragazza. Si chiese se Lexie lo avrebbe mai chiamato, se quello fosse stato solo un incontro da relegare negli antri più remoti della sua memoria o se quell'idillio potesse andare avanti ancora un po'.

«Cinque donne in tre mesi, perché non ci hanno chiamato prima?» chiese il più anziano del team, David Rossi.
«Avevano una pista, ma non ha portato a nulla. In più ieri notte sembra essere scomparsa un'altra ragazza.» Garcia cambiò la slide e Spencer strabuzzò gli occhi, così come i componenti del team che erano con lui la sera prima.
«Alexandra Adams, 21 anni, la vicina di casa ne ha denunciato la scomparsa dopo aver trovato la porta di casa della ragazza aperta e molta confusione all'interno dell'appartamento.» Penelope abbassò gli occhi, incapace di guardare lo sgomento sulla faccia del suo giovane collega.

«Potrebbe essere stato un allontanamento volontario?» chiese Hotch, più per prassi che per altro. Nessuno scapperebbe dal proprio appartamento di sua spontanea volontà.

«La polizia ha trovato segni di lotta e in camera da letto c'erano delle macchie di sangue» deglutì sonoramente, nell'intento di ricacciare indietro le lacrime che le salivano agli occhi ogni volta che illustrava un nuovo caso. Quella volta un po' di più.

Spencer non riuscì più a stare seduto su quella sedia. Era abituato a vedere di peggio, ma vedere la foto di una persona che, seppur per poco, aveva condiviso un po' del suo tempo con te è del tutto diverso. Quando conosci le sue aspirazioni, il suono della sua voce, non puoi non prenderla sul personale. Soprattutto sapendo cosa avevano subito le donne prima di lei.
Si ricordò di una notifica ricevuta la sera prima, che però aveva visto solo quella mattina e a cui non aveva dato peso, troppo assonnato per concentrarsi a dovere.
Il numero era sconosciuto, ma non esitò neanche per un secondo a portarsi l'apparecchio all'orecchio, ghiacciando sul posto poco dopo.

Corse trafelato nella sala riunioni dove i suoi colleghi si stavano dividendo i posti dove andare e chi interrogare per la scomparsa di Lexie.

«Garcia, mi serve che mi recuperi un messaggio dalla segreteria» disse mangiandosi le parole. L'esperta informatica non ci mise molto a fare quello che gli aveva chiesto il giovane genio, facendo sentire a tutti quello che diceva il messaggio.

«Ciao, Spencer, scusa il disturbo. Sono Lexie. Ascolta, so che sembra strano e da mitomane, ma ho trovato la porta di casa mia aperta e il gatto-» un urlo straziante bloccò la voce della ragazza seguita da dei rumori che facevano pensare ad una lotta feroce «Smettila! Smettila, smettila, smettila» la voce disperata di Lexie rimbombo tra le mura della stanza. Un tonfo sordo chiuse il messaggio.

I suoi colleghi non riuscivano a proferire nessuna parola, troppo intenti a cercare di non guardare il loro amico. Spencer non era da meno. Non riusciva a smettere di pensare che quello, per quanto ne sapevano, era l'ultimo momento di vita della ragazza.

Aaron Hotchner spezzò quel silenzio assordante «Morgan, Reid nel luogo del ritrovamento, Prentiss dal medico legale, David e JJ nell'appartamento dell'ultima vittima, io andrò in centrale a vedere cosa hanno scoperto in questi tre mesi»

Il gruppo si disperse in fretta, ma nella mente di Reid rimbombava il modo in cui Hotch aveva chiamato Lexie.

L'ultima vittima.

Magician/Criminal MindsWhere stories live. Discover now