Per nessuno la vita familiare era semplice. In tutte le famiglie ci sono i drammi. C'è chi li ha più piccoli e chi più grandi, sfido chi dice il contrario.

«Non complicata quanto la mia.» Ribattei morendomi un labbro.

Non avrei dovuto dirlo, sicuramente mi avrebbe chiesto il perché.

Non ero pronta a parlarne, non l'avevo mai fatto con nessuno.

Probabilmente vide che ero a disagio e mi sorrise. Lo conoscevo da poche ore, ma ero riuscita a capire che il suo sorriso era vero e non fatto solo perché la circostanza lo richiedeva.

«Per cominciare, sono figlio unico. I miei genitori vivono a Milano e hanno una catena di negozi d'abbigliamento, a casa non ci sono mai. Per questo motivo, vivo a Napoli con i nonni paterni. Deo è il mio migliore amico, abbiamo frequentato le stesse scuole da quando avevamo sei anni.» Spiegò facendo un altro tiro dalla sigaretta per poi propagare una piccola nuvola di fumo.

Non pensavo che fosse così complicata anche la sua vita.

Alcune volte, le scelte dei genitori ricadono sui figli. Elio ed io lo sapevamo benissimo.

«Ti trovi bene a Napoli?» Chiesi per fare in modo che non mi chiedesse della mia... non saprei come definirla, era tutto tranne che famiglia. Potrei chiamarla situazione, ma non famiglia. Quel termine lo lasciavo per me, la mamma e Candelaria, noi eravamo una famiglia.

«La adoro quella città. Sono più napoletano di Amedeo, ma non lo faccio notare quanto lui. Mia mamma è milanese quindi da una parte sono più pacato.» Continuò ridendo.

Aveva davvero un bel sorriso. Ogni volta che lo faceva i suoi occhi diventavano più piccoli. Era bellissimo.

«Io non ci sono mai stata.» Rivelai un po' triste.

Aprì la bocca scioccato e poi buttò le braccia in aria.

«Allora ti prometto che quando finisce il campo estivo, sei mia ospite. I nonni saranno contenti.»

Gli feci un sorriso sincero e non riuscii ancora a credere che per quindici minuti, non mi fossi arrabbiata. Dalla mia bocca non era uscita nemmeno una brutta parola.

Rimasi ancora sul ponte della nave, assieme ad Elio. Mi raccontò vari aneddoti del campo estivo e di quello che aveva combinato la sua gang, come la chiamavano loro.

Per tutto il tempo non facevo che ridere e guardarlo raccontare tutte quelle storie, affascinata dalla sua voce. Gesticolava quando parlava e mi piaceva molto. Lui era diverso da qualsiasi ragazzo che avessi mai incontrato. Con lui mi veniva voglia di aprimi e raccontargli qualunque cosa.

Al piccolo porticciolo dell'Isola di Spargi ci venne a prendere una Jeep Wrangler di colore verde militare, guidata da un uomo che, secondo la mia attenta analisi, doveva avere circa venticinque anni. Era alto quanto Elio, indossava un costume della Sundek blu e una maglietta arancione con la scritta Camp Sardinia. Aveva dei capelli ricci biondi ed era super abbronzato.

«Massi!» Lo chiamò Olimpia mentre ci dirigevamo verso di lui con le nostre tremila valigie. Lui l'abbracciò e le fece fare una giravolta.

«Lele, Deo! Come state?» Chiese Massi a questi due, dandogli un pugno ciascuno sulla spalla. Inscenarono una piccola azzuffata e poi si ricomposero.

Mi scappò un piccolo sorriso nel vederli.

«Massi, lei è Arianna.» Annunciò Elio indicandomi.

Il ragazzo mi guardò attentamente e mi abbracciò.

Ma ce l'avevano per vizio? Erano tutti così affettuosi quasi da far schifo. Mi facevano venire l'orticaria.

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