LOS ANGELES

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Louis fece una smorfia, lamentandosi brevemente mentre si rigirava sul sedile cercando una posizione che fosse anche lontanamente comoda.
Gli facevano male le gambe, non si sentiva più il sedere e quei posti per quanto imbottiti e larghi non stavano per nulla conciliando il suo sonno. O semplicemente non riusciva a dormire per i mille pensieri che gli frullavano in testa procurandogli un'emicrania coi fiocchi.
Era tanto che non viaggiava, e soprattutto che non facevano traversate così lunghe. Probabilmente l'ultima volta era stato proprio il suo ritorno da Los Angels insieme ad Harry, quando erano entrambi incazzati e non si rivolgevano parola dalla sera prima del decollo.
Quella volta Louis aveva seriamente perso il controllo, lo riconosceva, ma non poteva fare altrimenti quando si parlava del riccio.

"Vieni qui." Gli aveva detto, come ogni volta, con lo stesso tono autoritario.
Quella volta non c'era andato.
"Vieni qui, abbracciami." Era un lamento, una preghiera, l'ultima possibilità di Louis.
E lui non c'era andato.

Erano precisamente undici ore e dieci minuti che se ne stava su quel fottuto aereo, gli altri due russavano ad intermittenza, ma lui non era mai riuscito a chiudere occhio.
Mancavano quindici minuti all'atterraggio e non vedeva l'ora di scendere per prendere una boccata d'aria.
Si mosse di nuovo, ormai convinto del fatto che il suo bellissimo culo fosse diventato una sottiletta. Liam accanto a lui sbuffò nel sonno, tirandosi leggermente su ed aprendo con non poca difficoltà un'occhio e fulminandolo.
"Ma la smetti di muoverti?" Quasi ringhiò, stropicciandosi le palpebre con la mano per riuscire a mettere a fuoco il volto dell'amico.

Louis storse il naso scocciato "È colpa tua se sono agitato, sta zitto e torna a dormire." Brontolò incrociando le braccia al petto e puntando lo sguardo fuori dal finestrino.
"Colpa mia?" Chiese stupito, ora completamente sveglio e attento. Si tirò leggermente su sul sedile stiracchiando le braccia sopra la testa e lasciandosi andare a un lungo sbadiglio.
"Mi hai trascinato tu qua sopra, io non lo avrei mai fatto."
Liam sorrise, stando attento a non muoversi più del dovuto per non svegliare Niall, che mugugnò qualcosa di incomprensibile al suo fianco, spalancando la bocca e russando sommessamente. Gli avrebbe fatto una foto fossero stati in una situazione diversa.

"È per questo che l'ho fatto io, tu non avresti mai avuto il coraggio di farlo." Riprese, voltando il capo in direzione del suo migliore amico, con un mezzo sorriso. Era sicuro lo avrebbe ringraziato una volta ritornati a casa da Los Angeles. Ammesso che Louis sarebbe veramente tornato a Londra.
"È una stronzata. -Sbottò il castano, non ascoltando minimamente ciò che gli stava dicendo.- Mi sono rotto di inseguire una persona che non è più mia da ormai parecchio tempo."
"Quanto sei testarlo Louis, veramente. Oppure sei soltanto stupido, ancora non sono riuscito a capirlo." Sbottò roteando gli occhi e afferrando la bottiglietta d'acqua.

"Tu non capisci che ad andare lì farò soltanto peggio. Lui non mi vuole! -La sua voce si alzò e gli tremò pericolosamente.- Mi stai costringendo a commettere un altro errore." Concluse in un sussurro, cercando di ingoiare il groppo che si sentiva a metà gola.
Voleva solo che tutto quello finisse, che quel male atroce smettesse, voleva solo tornare a stare bene, a sorridere perché voleva, non perché doveva.
"Non puoi sapere se veramente non ti vuole, se non glielo chiedi." Ribatté prontamente il più piccolo, guardandolo con quei due occhi da cerbiatto che erano sempre riusciti a convincerlo di tutto.
Louis appoggiò la testa sul seggiolino, mentre l'hostess annunciava di allacciarsi le cinture, che l'aereo avrebbe iniziato a breve la procedura di atterraggio.
"Spero davvero che tu abbia ragione Liam." Mormorò stanco.

Stanco per il sonno, per i pensieri che avevano affollato la sua testa per tutto il viaggio, stanco di non riuscire più a provare niente che non fosse dolore.
Quel pranzo passato insieme ad Harry era stato un toccasana per il suo umore, anche se poi lo aveva di nuovo portato a sprofondare sempre più in basso.
Aveva provato qualcosa, qualcosa diverso dal solito dolore acuto all'altezza del petto. Ci si era aggrappato con tutte le forze ancora come se fosse la sua ancora di salvezza ed in quel momento stava di nuovo rischiando di affogare senza il suo appiglio.
Harry lo era sempre stata, la sua ancora, quella persona che lo manteneva fermo e stabile emotivamente.

Sweet creature, kill my mind || Larry Onde histórias criam vida. Descubra agora