Capitolo 17: Amy

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Ho scelto un pantalone nero di un vecchio tailleur e una maglia monospalla dorata con una manica larga e svolazzante. Con la piastra ho allisciato i capelli e ho allungato l'occhio con una leggera linea di matita nera.

Quando finalmente esco dal bagno Neil è nel corridoio al cellulare. Alza gli occhi e sbatte ripetutamente le ciglia scioccato. "Ci hai messo trent'anni, ma credo che ne sia valsa la pena" un piccolo sorriso distende le sue labbra.

"Hai uno strano modo di fare i complimenti, Neil" vado a recuperare le scarpe. "che dici tacchi o ciabatte?" dico alzandole un paio in ogni mano

"Beh, già che ci sei tacchi"

"Ok" lascio cadere pesantemente le ciabatte sul pavimento e le infilo.

L'espressione sulla faccia di Neil dice palesemente 'allora cosa cazzo me l'hai chiesto a fare?' e la cosa mi diverte da pazzi.

Il campanello suona e mi incammino sciabattando rumorosamente verso la porta, gettando un'occhiata a Neil che scuote la testa sconsolato.

"Ciao ragazzi!" saluto Ryan, Devon e Trent che si stanno già liberando dei loro giubbini per lanciarli prontamente sul divano. Che dire? Oramai è anche casa loro.

"James?" chiede Neil. Mi chiedo se e quando riuscirò mai ad accorgermi del suo avvicinarsi furtivo alle mie spalle per farmi sobbalzare dallo spavento.

"Amy siediti" dice Devon più serio di quanto lo abbia mai visto. Di solito questo imperativo si da quando il medico comunica un lutto, quindi inizio a preoccuparmi e a sentire il sangue che gela e smette di scorrere.

"Cosa è successo?"

"Beh... non so come dirvelo..." alterna lo sguardo tra me e Neil che mi ha raggiunto al mio fianco.

"Parla, cazzo" dico con tono di voce più alto del solito e Devon sembra più convinto a porre fine a questa sofferenza.

"Siamo andati a chiamarlo poco fa e dalla camera venivano dei... gemiti"

"Ed anche molto forti direi" interviene Ryan guadagnandosi una mia occhiata inceneritrice.

"Brie è ancora a Cuba, vero?" chiede Devon.

"Che merda umana!" sussurro prima di abbandonare la testa tra le mani. Il mio pensiero va già alle parole che dovrò usare per dire alla mia migliore amica che il ragazzo che tanto diceva di amarla le ha messo le corna in sua assenza. Povera Brie, ora che tutto andava così bene finalmente. "Lui qui non entra" dico alzandomi e battendo la mano sul tavolo per rafforzare il concetto.

Bel modo di chiudere un anno, cazzo! Come faccio a respirare e lasciar andare tutto per ricominciare quando tra qualche giorno dovrò parlare a Brie di questa cosa?

La serata è rovinata.

Dopo aver provato a mettere qualcosa nel mio stomaco chiuso dal nervoso, chiedo a Ryan una sigaretta. Indosso il primo giubbino che trovo sul divano ed esco fuori al balcone seguita a ruota da Ryan.

"Principessa, sicura che ti faccia bene?" abbassa i suoi occhi grigi su di me con apprensione, ma mi porge lo stesso il pacchetto. Ne sfilo una e mi piego verso le sue mani per raggiungere l'accendino. Inspiro.

"E a te?" caccio uno sbuffo denso a sinistra della sua spalla e sale in alto disperdendosi. Vorrei anch'io essere leggera come fumo.

"Vedrai che si sistemerà tutto" dice rivolgendosi a Brianna e James. Pensavo mi avrebbe fatto compagnia fumando anche lui, invece mi circonda con un braccio per accarezzarmi una spalla con fare incoraggiante e rientra al caldo. 

Mi concentro nel vedere come i miei tiri inceneriscano la carta della sigaretta, consumandola. Quando eravamo alle superiori io e Brie avevamo condiviso la nostra prima sigaretta e avevamo riso mezz'ora per le sue uscite filosofiche ad ogni tiro che faceva. "Siamo tutti sigarette" aveva detto "La vita ci consuma rendendoci cenere e polvere" oppure "Quando finiamo tutti ci gettano via" Erano massime così nichiliste e tristi che in quel momento avevamo riso a crepapelle, ma anni dopo avevo trovato tanta di quella verità in quelle cinque sei parole affilate che mi ero stupita fossero uscite dalla sua bocca prima del tempo. 

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