«Bene, andiamo» disse al vampiro prima di incamminarsi verso il vicolo principale.

La pioggia era delicata ma gelida: pungeva come potevano fare solo tanti piccoli aghi.

Se qualcuno lo avesse visto adesso, avrebbe sicuramente constatato che Dupre non era un bello spettacolo. Certo, non che abitualmente lo fosse.

Aveva dovuto arrangiare il medicamento al viso, non senza una sofferenza disumana che per poco non l'aveva fatto svenire.

Appena uscito dal Ratto, infatti, il dolore al naso lo aveva messo in condizioni di dare priorità alla propria stessa salute: si era diretto verso un rifugio di Tril – un'abitazione malmessa e abbandonata che, aveva deciso, sarebbe stata casa sua fino a prima della partenza – e lo occupò senza troppe cortesie.

Fortunatamente, fra il pochissimo arredo rimasto – una sedia scassata e un mobile a cui mancavano un cassetto e un piede –, Dupre trovò anche i frammenti di uno specchio.

Non si preoccupò, quel giorno, del fatto che Erre potesse avere problemi alla vista di tutto quel sangue: lo obbligò poco carinamente a trattenere la scheggia di vetro mentre lui, nel frattempo, masticava un amarissimo miscuglio di erbe – che di solito andava bollito in acqua calda ma... "Dèi! Chi aveva tutto quel tempo e tutta quella voglia di fare la buona massaia vicino al fuoco quando aveva il naso fottutamente a pezzi?"

Avrebbe dovuto dargli un po' di sollievo dal dolore ma... "Col cazzo!", dovette ricorrere al buon vecchio rum prima di essere abbastanza stordito da trovare il coraggio sufficiente per drizzarsi il naso con un sonoro "crunk".

Poco prima se l'era tastato per cercare di capire come fosse messo e la cosa gli aveva fatto schifo, oltre che male: era la prima volta che se lo rompeva e poteva sentirne la parte anteriore completamente mobile rispetto al resto.

Dopo quell'indubbio atto di eroismo, il sangue riprese a sgorgare in maniera impressionante e, guardandosi allo specchio a fatica, si fasciò viso e nuca per tenere fermo quella specie di moncherino sorretto dalla sua pelle. Un cerusico, alla vista di quella medicazione sommaria, avrebbe rabbrividito.

Dupre si costrinse a mangiare il pane e il formaggio che aveva con sé, poi rimase per un giorno intero a dormire nel lerciume della casa sotto lo sguardo vigile di Erre – che, ben inteso, non si interessò minimamente del grumoso liquido organico sparso sul pavimento.

Adesso, seppur fosse trascorso qualche giorno, il naso di Dupre era migliorato. Ai lati della fasciatura, intorno agli occhi, si potevano scorgere dei tratti nero-violacei insani che non solo gli sottolineavano le già persistenti occhiaie – adesso terribilmente scure –, ma che conferivano alla cicatrice che aveva in viso un evidente contorno rosso-porpora. Rimuovendo la fasciatura per darle una pulita, poi, aveva notato che il naso stava guarendo irrimediabilmente storto.

Sebbene Dupre avesse sempre portato con notevole fierezza le sue "ferite di guerra", quella gli stava bruciando molto più di altre – e non perché fosse dolorosa. Il pensiero del chi e dei perché erano i reali motivi che gli facevano infiammare lo stomaco in una primissima idea di vendetta: sarebbe arrivata, quella vendetta. Eccome se sarebbe arrivata.

Questo pensiero aveva finito per farglielo esplodere nelle viscere il cumulo di taglie che aveva intercettato nella bacheca la sera in cui se ne era andato: le aveva lette la notte successiva nonostante fosse preda di un lancinante mal di testa – colpa del rum, colpa del naso, colpa di Pitia... – e vi trovò robe semplicissime come...

Màrian Haire (5a strada di Tril, n. 11, unica donna nella casa - anziana, capelli grigi occhi forse chiari) - (Compenso non trattabile) da Ägid, nipote, maschio, biondo, trent'anni circa, che abita nella casa a fianco. Dettagli: Ronald.

250 m.o.

o come...

Theodegar (o Theo) Urs (Gothar centrale, 2a via dopo la piazza principale, direzione mercato, dopo bottega tessuti a destra, terzo ingresso - vive solo, uomo sulla quarantina occhi scuri, pelato) - (Compenso trattabile) da Règis (mandante reale sconosciuto) cugino falegname Selman. Dettagli: Seraph, Pitia.

1500 m.o.

Quella che aveva colpito il suo interesse, però, era la pergamena che era stata appoggiata fra le altre in maniera precaria e che Dupre aveva arraffato nella penombra dello sgabuzzino. La scrittura era neutra – stilata con tale e precisa dovizia, come nei libri, da non potergli dare chissà quale indizio su chi l'avesse scritta –, ma ovviamente, dati gli sviluppi di quella faccenda, non aveva così tanti dubbi sullo stretto manipolo di persone che avrebbe potuto mettersi così d'impegno per realizzare una stronzata simile – "e poi, cazzoni... che banalità".

DUPRE È MORTO

Dupre fuori dal clan!

Non c'è ricompensa, solo giustizia per Pitia!

Ormai mancava davvero poco alla partenza e, una volta finita questa storia, Dupre avrebbe avuto abbastanza denaro per fare la vita che sapeva di meritare. Ma l'avrebbe fatta pagare a tutti. A Dom, a Greta a Ronald...

Anzi, avrebbe fatto di meglio: si sarebbe ripreso il Ratto, ne avrebbe fatto la sua dimora, avrebbe dettato le sue leggi e preso nuovamente Tril fra le sue mani.

Poteva già intravedere Bertrun sentirsi schiacciato dal potere che un domani lui stesso avrebbe esercitato nella sua fucina, ma...

Tempo al tempo.

Dupre sapeva di dover rimanere con i piedi per terra: ormai era tutto pronto e un solo passo falso – ne aveva compiuti troppi – avrebbe mandato tutto a puttane.

Il giorno dopo aver recuperato i soldi dal vicolo, di buon mattino Dupre si coprì alla bell'e meglio e sgattaiolò fuori dal quartiere di Tril cercando di attirare meno attenzione possibile. Certo, non era semplice a causa della fasciatura in faccia, i capelli scarmigliati, l'andatura nervosa e la stazza imponente, ma... tant'è. Ci provò, almeno.

Sarebbe dovuto andare andare al mercato a raccattare cibo sufficiente per le ultime notti a Gothar, ma poi pensò bene di spendere qualche moneta anche per qualche vestito pulito e per far sistemare il suo dannato coltello che aveva deciso di tradirlo per così poco.

Al ritorno, i suoi occhi intercettarono quel ridicolo confetto della figlia di Bertrun alle prese con una bancarella di stronzate colorate, ma passò abbastanza distante da non essere notato né da lei né da quella puttanella che si portava dietro.

Finì ogni commissione che era già tramonto e, tornando al rifugio, strappò una prostituta che scopava con un uomo grasso e sudato in una strada buia e puzzolente – dovette dargli un pugno e per poco quel porco non finì per rifilargli, in risposta, un ceffone sul naso ferito. Dupre era deciso a farsela senza troppe cortesie a ridosso dello stesso muro che l'aveva vista col grassone, poi la vista del seme di qualcun altro che le scivolava lungo le gambe e la schifosa orrenda sporcizia – non volle sapere cosa fosse – che le pendeva dai peli del pube gli fecero venire un conato di vomito, facendoglielo diventare moscio in un lampo.

Poi se ne fregò. Chiuse gli occhi, la obbligò in ginocchio: pensò così alla sua Dorothy di miele.

Ah, quanto gli mancava il suo Ratto.

Atalaxia - Le origini del maleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora