XVI - TRIL

9 2 0
                                    

Pioveva.

"E che culo", pensava nel frattempo Dupre.

Erre se ne stava in piedi, imbambolato alle sue spalle, in un cunicolo strettissimo: conduceva a un misero vicolo cieco dove una colonia di gatti smagriti cercava di arraffare del cibo ammuffito da un secchio divelto di liquame. E come cazzo ci fosse finito del cibo là dentro, poi, non lo sapeva nemmeno Dupre. Non che fosse ovviamente interessato ad approfondire, sia ben chiaro.

C'era da dire che era stato lui a chiedere al vampiro di coprirgli le spalle: non era la prima volta che accadeva, perché da quando avevano abbandonato il Ratto si erano dovuti... come dire? "Arrangiare e pararsi il culo a modo loro" – anche se in quel caso serviva principalmente a tenere al sicuro i suoi soldi.

Dupre – e non era una novità che accadesse – aveva scelto quella piccola e disgustosa insenatura nel cuore di Tril per nascondere i propri risparmi. In verità cambiava spesso nascondiglio – almeno due, tre volte l'anno – e si era reso conto che quella maniera era la più sicura che esistesse per conservare l'oro.

Le banche, infatti, non aspettavano altro che qualcuno glielo portasse in affido per rifilargli un pezzo di carta che a conti fatti aveva valore pari a zero, mentre le case... beh, erano fuori discussione: a Tril potevi entrare nel fabbricato di qualcuno in piena notte, scoparti qualche donna e farle credere che fosse stato il marito in preda di un eccesso di testosterone. Anche qualora non fosse stata sposata.

Divertente, sì.

Tanto valeva lasciare il denaro sottoterra – e così, in effetti, Dupre stava facendo.

Comunque, il mercenario era lì, che con sapiente minuzia faceva scorrere la punta del suo amato coltello all'interno della fessura in pietra che componeva la parete esterna di un'abitazione – o almeno di quello che ne rimaneva. Fece leva con garbo affinché questa si sollevasse, ma la premura non impedì al suo tanto – "fottuto!" –, amato coltello di smussarsi appena sulla punta.

«Gli Dèi vi dannino, bestiacce schifose!!!» E, detto fatto, in un moto di rabbia – e per mancanza di colpevoli diversi da lui stesso – lanciò l'arma direttamente nel gruppo di gatti affamati che miagolava più avanti, facendoli disperdere alla velocità della luce.

Il rintocco del metallo fu quasi impressionante.

Sembrava quasi che l'eco della sua ira si fosse sparso non in tutta Tril, bensì in tutto il cazzo di continente.

Dupre sospirò, esasperato dall'impazienza, e con le dita premute sui bordi della mattonella riuscì quantomeno a estrarla per rendere visibile l'enorme foro che custodiva.

«Erre, il coltello» disse, mentre immergeva la mano nel buco. Nemmeno il tempo di dirlo e il vampiro era già di fronte a lui, la piccola arma bianca protesa con l'impugnatura verso Dupre – e cavoli se non era stato veloce.

Dupre ormai non ne era più stupito: aveva constatato che Erre fosse in grado di muoversi così rapidamente e così silenziosamente da non lasciare nemmeno la possibilità, almeno a un umano come lui, di poter stabilire i limiti di quella particolare agilità. Valeva lo stesso per la forza: difficile rimuovere dalla mente il modo con cui aveva spezzato, al pari di un ossicino di pollo, il femore di uno di quei malcapitati al Ratto. Era un predatore; se non sapeva farci lui...

Dupre recuperò riluttante il coltello – quell'arma gli aveva fatto uno sgarro troppo enorme per essere considerata ancora sua alleata – e, con la mano ancora immersa nel suo piccolo tesoro, arraffò una consistente manciata di monete.

Le mise tutte all'interno di una sacchetta che a sua volta era contenuta dentro a un elmo di cuoio e poi allacciò il tutto al fianco. Gli ci volle ancora qualche minuto prima di richiudere il resto del malloppo nel suo piccolo e angusto rifugio.

Atalaxia - Le origini del maleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora