Capitolo 14

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La prima cosa che Jackson pensò fu che Dylan aveva delle guance morbidissime. Le aveva afferrate con entrambe le mani, le toccava dolcemente e sentiva quanto fossero soffici al tatto. La seconda cosa che notò fu la freschezza delle sue labbra. Erano piacevolmente fredde al contatto con quelle più calde del moro. La terza e ultima cosa fu la sensazione che gli esplose nel petto non appena lo ebbe baciato: fuochi d'artificio. Sentì il suo cuore alleggerirsi, le sue gambe formicolare, le sue mani tremare. Si sentiva al sicuro, completo. Si staccò per un momento e lo guardò negli occhi. Lui sbatté le palpebre, probabilmente per cercare di comprendere ciò che era appena successo.
«Cosa...» tentò di dire, ma Jackson gli posò un dito sulle labbra e sorrise.
«Non parlare» sussurrò, avvicinandosi di nuovo a lui. I loro nasi si toccarono per un secondo, mentre entrambi sentivano i rispettivi respiri sul volto. Jackson aveva gli occhi chiusi, ma la sua mente ricostruiva la scena continuamente, mostrandogli il volto del biondo, le sue labbra carnose, le sue guance morbide, le sue bellissime pupille azzurre. Fu Dylan a baciarlo la seconda volta, stringendolo a se con un braccio. E, anche al secondo tentativo, le sensazioni rimasero le stesse per Jackson, confermandogli che non aveva immaginato di provare qualcosa per il coach nei giorni precedenti, ma era tutto vero e tangibile.
«È stato...» disse Dylan, staccandosi dalle sue labbra ma continuando a circondare la sua schiena con un braccio.
«Travolgente» concluse Jackson, riaprendo gli occhi e osservandolo attentamente. Sembrava in estasi: le sue pupille azzurre erano talmente luminose da fare a gara con la luna per chi splendeva di più in quella notte.
«Stavo per dire inaspettato, ma anche travolgente rende l'idea» ribatté il coach. Il moro deglutì, guardandosi attorno.
«Ci avrà visto qualcuno?» domandò, preoccupato. Dylan sospirò, inclinando il capo.
«Se anche fosse, non mi importa. Io... Cristo, non avevo mai provato delle sensazioni del genere con un semplice bacio» confessò.
«Forse è stato affrettato. Ho agito d'impulso. Ma cazzo, quando ho visto quel ragazzino, ho capito che stavo sbagliando tutto» spiegò, divincolandosi dalla sua stretta. Dylan annuì.
«E ora?» chiese.
«Non lo so» ammise Jackson, guardando la villa per un momento.
«Vuoi venire da me?» propose timidamente il biondo. L'altro spalancò gli occhi e lo guardò sconvolto. Gli stava proponendo di passare la notte insieme?
«Io... c'è Thomas, e non vorrei correre troppo» rispose, maledicendosi mentalmente per non avere avuto il coraggio di accettare. Perché cazzo, lo voleva, lo voleva eccome.
«Hai ragione, era una proposta avventata la mia» confermò Dylan. Jackson deglutì.
«Però io... sappi che vorrei. Lo vorrei tanto» chiarì quindi. Il biondo sorrise.
«Perché sono un figo?» domandò. L'altro alzò gli occhi al cielo e scosse il capo.
«Un umilissimo bel ragazzo» lo canzonò, facendogli ampliare il sorriso disegnato sul volto.
«Beh, se stanotte vorrai raggiungermi, io vivo al dodici di Lincoln Street» lo informò poi Dylan, guardandosi infine attorno. Non sembrava che nessuno li avesse visti, e quello era positivo, altrimenti il giorno successivo tutti avrebbero parlato di quella storia.
«Ti chiedo di farmi un piccolo favore» fece poi Jackson. Il biondo annuì.
«Tutto quello che volete, mio signore» lo prese in giro. L'altro scosse ancora il capo.
«Mi farebbe molto comodo se potessi chiamare Thomas e dirgli che è ora di andare. Prima era appiccicato alla figlia della proprietaria di quel bar, e non vorrei essere lo pseudo genitore petulante» chiese.
«Assolutamente sì, mi piace essere il rompicoglioni» confermò il coach, allontanandosi di qualche passo per poi voltarsi e dirigersi verso la casa. Jackson lo fissò qualche secondo e pensò immediatamente a Sam. Si sentiva diverso, però, rispetto alle altre volte. Non avvertiva un vuoto allo stomaco, e non immaginava che Sam potesse essere geloso del bacio con Dylan. Pensò che, se fosse stato vivo, l'avrebbe anche spronato lui stesso a farlo. Se il coach avesse significato qualcosa per lui, l'avrebbe sicuramente invitato a fare tutto il possibile per catturare quelle emozioni. Si vive una volta sola, Jacky, ricordalo sempre. E ciò che i costrutti sociali vogliono che siamo non è ciò che realmente vogliamo essere. Quindi, se ti innamori di qualcuno, se qualcuno ti fa provare qualcosa che io non riesco a suscitarti, allora corri, vai e prenditi tutto ciò che ti dà, basta che poi ritorni qui, da me, e parliamo. Se smettiamo di parlare, è finita, vorrà dire che non avremo nulla da dirci e che non staremo più condividendo qualcosa di unico, gli spiegò una volta. Non aveva mai capito appieno il significato delle sue frasi sino a quel momento. Lui amava Sam, e quello non sarebbe mai cambiato. Ma Dylan gli suscitava qualcosa di diverso, gli faceva provare delle sensazioni delle quali si era dimenticato e l'aveva colpito. Era lì che quelle parole acquisivano senso: lui poteva amare Sam e provare qualcosa per Dylan senza essere un traditore o rendere il marito geloso. E anche se Sam non c'era più, avrebbe sempre avuto uno spazio nel suo cuore e chiunque fosse arrivato dopo avrebbe potuto solamente condividerlo. Riemerse dai suoi pensieri non appena scorse Thomas dirigersi verso di lui con un'espressione più che soddisfatta.
«Dylan?» gli domandò il più grande, non vedendo il coach nei paraggi.
«È rimasto dentro a parlare con alcuni ragazzi, ma sta per andare a casa. Mi ha detto di ricordarti che devi prendere una cosa a casa sua» rispose il giovane. Jackson sorrise, scuotendo il capo. La frase di Dylan era sottile, ma aveva inteso perfettamente il suo senso.
«Ho visto che ti stavi... divertendo» commentò quindi il più grande, mentre i due si dirigevano all'auto.
«Io... lei è bellissima» confessò, arrossendo. Jackson si morse l'interno di una guancia per reprimere l'istinto di abbracciarlo da quanto era carino. Gli ricordava lui alle superiori, tante idealizzazioni, tanti sentimenti spesi a destra e sinistra, tante aspettative dalla vita.
«Invitala a cena» propose poi, salendo in auto.
«Non pensi sia un po' avventato?» chiese il più giovane. Jackson ci ragionò su un momento, poi pensò alle parole di Sam.
«Sì, lo è. Però se lei ti suscita qualcosa, devi cogliere l'attimo e afferrare quel sentimento. Altrimenti, lo sai, la vita può toglierti tutto in un secondo» spiegò.
«Hai ragione. E questo vale anche per te e il coach» ribatté infine Thomas. Jackson spalancò gli occhi e si voltò un momento per guardarlo.
«Tu cosa... cosa pensi di sapere di me e Dylan?» cercò di capire. Il più giovane scoppiò a ridere.
«Non so nulla, tranne che ti piace, è evidente. Capisco il lutto, ma bisogna andare avanti. Non perdere questa occasione» chiarì Thomas.
«Mi ha invitato a stare da lui, dopo» confessò con un filo di voce il più grande.
«Vai! Devi per forza» lo spronò l'altro. Jackson scosse il capo.
«Non sono convinto. Non vorrei affrettare tutto quando non sono pronto. E nemmeno lui lo è, è evidente. Ne abbiamo anche parlato, lui era d'accordo. Ho fatto una cazzata a baciarlo» ragionò ad alta voce. Thomas spalancò gli occhi e si voltò di scatto.
«Cosa? Tu l'hai baciato? Cazzo, allora per forza devi andare da lui. Ah, ecco cosa devi prendere...» commentò, arrossendo evidentemente. Jackson sorrise.
«Non avrebbe mai dovuto dirti quella frase» affermò. L'altro gli diede una pacca su una spalla, mentre il più grande parcheggiava sotto casa loro.
«Ascoltami. Tu mi hai detto che la vita toglie tutto in un secondo, ed è vero. Sam vorrebbe che tu andassi lì, ne sono certo. Vai, sono sicuro che se non sarai pronto lui non ti forzerà a fare nulla, ma non puoi saperlo se rimani qui con me. Sei venuto a Myrtle Point per ricominciare, e quale modo migliore di farlo che con il coach? Cioè, lo dico anche io che sono convintamente eterosessuale che lui è un figo pazzesco. Tira fuori le palle, e vai da lui» ordinò. Jackson annuì, sospirando rumorosamente. Thomas aveva ragione e l'aveva convinto. Carpe Diem...
«Va bene. Sopravvivrai una notte?» si informò. L'altro sorrise, aprendo la portiera e scendendo in strada.
«Certo che lo farò. Ah, per sicurezza, mi raccomando: usalo» rispose, estraendo il portafogli e afferrando qualcosa al suo interno, per poi gettarlo sul sedile del passeggero. Jackson arrossì violentemente, raccogliendo il preservativo dalla stoffa.
«Io... cosa...» biascicò, facendo scoppiare a ridere il più giovane, che lo salutò con un cenno della mano.
«Buonanotte, Jackson» si congedò.
«Buonanotte, Thomas» riuscì a dire il più grande, mentre l'altro chiuse la portiera e lo lasciò solo con i suoi pensieri. Decise che si sarebbe sbrigato, prima di cambiare idea. Mise nuovamente in moto e partì velocemente, diretto alla poco lontana casa del coach. Durante il viaggio, non fece altro che pensare e ripensare a cosa sarebbe potuto accadere, alle sensazioni contrastanti che provava a riguardo. Non poteva notare di essere eccitato e pieno d'adrenalina al pensiero di passare una notte con lui, ma al contempo era imbarazzato e timoroso. Non dormiva con un uomo da mesi, e farlo con Sam era diverso: si conoscevano da anni, erano sposati, sapevano tutto l'uno dell'altro. Come sarebbe stato fare sesso con Dylan? Piacevole? Doloroso? Delicato? Voleva scoprirlo, ma aveva anche paura di farlo. Arrivò poco dopo all'abitazione del biondo e si fermò dinnanzi ad essa. Scese dal veicolo e suonò il campanello, ma nessuno rispose. Chiuse gli occhi, appoggiandosi con la schiena alla porta e lasciandosi cadere a terra. Si mise entrambe le mani sul volto e rimase immobile per qualche minuto, finché dei passi non attirarono la sua attenzione. Separò pollice e indice e sbirciò fuori, notando la figura di Dylan accovacciarglisi di fronte.
«Cosa stiamo facendo?» domandò il biondo. Jackson abbassò le mani e sorrise.
«Ti aspettavo» rispose semplicemente, schizzando in piedi e stiracchiandosi. «Non mi fai entrare?»
«Dove è finito il Jackson responsabile e poco convinto di venire qui?» cercò di capire Dylan.
«Per una volta, voglio vivere questa cosa come viene, essere me stesso e agire d'impulso» chiarì. Il biondo annuì, inserendo la chiave nella toppa.
«Quindi, sei sicuro di volerlo fare? Intendo, diventare un cattivo ragazzo ed entrare in casa. Non siamo obbligati a fare altro una volta dentro» specificò. Jackson serrò la mandibola e lo guardò da testa a piedi. Indossava una giacca di pelle attillata e un paio di jeans neri che risaltavano ogni suo muscolo. Ai piedi aveva un paio di Vans scure che gli stavano benissimo. Alzò lo sguardo sui suoi occhi, sorprendendosi per l'ennesima volta nel notarne la tonalità d'azzurro e la luminescenza: erano semplicemente brillanti, splendenti, profondi quanto l'oceano e limpidi quanto un cielo in piena estate. Illuminavano il suo volto dalla carnagione chiara e facevano venire voglia di immergervisi dentro e non uscirne mai più. E cosa dire dei suoi bellissimi capelli biondi, che ricadevano perfettamente sul viso, coronando la visione celestiale che aveva davanti.
«Cristo, dovrei essere io a obbligarti a fare qualcosa. Cioè, ti sei visto allo specchio? E poi, hai guardato me? Sono io quello che ci guadagna qui» disse. Dylan scosse il capo, alzando un braccio e avvicinandolo al volto dell'altro. Gli accarezzò la guancia, incastonando i suoi occhi nelle pupille di Jackson.
«Non dire cazzate. Sei bellissimo, Jackson. Non ti vedi con gli occhi giusti, probabilmente. E i tuoi occhi... dannazione, sono unici. Mai visto tanta espressività in un azzurro così trasparente. A volte mi chiedo se sono io a immaginare il colore delle tue pupille e che in realtà semplicemente non c'è, sono camaleontiche e mutano a seconda di chi guarda» ribatté dolcemente Dylan. Jackson sentì un'ennesima barriera protettiva sciogliersi, liberando il suo cuore e rendendolo, ancora una volta, più leggero.
«Cosa vorrai fare, una volta entrati in casa?» chiese. Il biondo sorrise.
«Vuoi la versione fine o quella sincera?» si assicurò. Jackson deglutì, sentendo le preoccupazioni di prima sopraggiungere nuovamente.
«Una via di mezzo?» propose. Il coach annuì, abbassando lo sguardo per qualche secondo, salvo poi tornare a fissarlo.
«Vorrei baciarti e stringerti a me, vorrei capire se queste cose che provo sono vere, sono reali, o sono solo nella mia testa. Vorrei portarti a letto e fare qualcosa. Chiamalo come vuoi: sesso, amore, scopata. Questo dipende da che punto di vista lo guardi, ma per me è fare l'amore. E poi, vorrei addormentarmi con te, sentendomi realmente parte di qualcosa di magico» confessò. Jackson scosse il capo, poi lo spintonò leggermente ruotò le chiavi nella serratura, aprendo così la porta.
«Cazzo, sbrigati» lo invitò poi. Il biondo lo superò ed entrò, mentre l'altro si voltò per un momento e sospirò. Il Jackson insicuro, timoroso e riflessivo sarebbe rimasto lì fuori. Entrando, decise che non avrebbe posto limiti a ciò che sarebbe accaduto. Lo voleva, voleva stare con Dylan, voleva fare tutto quello che gli aveva detto poco prima il biondo. E voleva godersi ogni secondo di quella notte. Così sorrise, varcando quell'immaginaria soglia e lasciando fuori tutte le emozioni negative. Era pronto e, per la prima vera volta dalla morte di Sam, era tornato sé stesso. E quella notte sarebbe stata memorabile.

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