Capitolo 3

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Chiedo umilmente perdono per le due settimane di attesa, ma ce l'abbiamo fatta: ecco un altro capitolo! Fatemi sapere, se volete, cosa ne pensate della storia finora nei commenti! Un abbraccio,

L.D.

*

L'edificio rosa chiaro con l'insegna "Garland Bakery" distava circa cinque minuti a piedi dalla nuova casa di Jackson. Il ragazzo vi arrivò davanti e notò che diversi tavolini erano posti all'esterno, alcuni di essi occupati da coppie di persone intente a consumare la prima colazione. L'edificio sembrava vecchio ma, come altri che aveva avuto modo di vedere nei due giorni precedenti, non era fatiscente. Si fece largo tra i tavolini e aprì la porta a vetri, osservando l'interno della struttura. Vi erano due banconi: il primo posto sulla destra e il secondo esattamente davanti a lui. Alla sua sinistra, invece, era presente un frigorifero a vetrina con tre tipi di torte differenti: una Saint Honoré, una che sembrava essere pere e cioccolato e una crostata alla frutta. Il bancone alla sua destra sembrava adibito alla vendita dei pasticcini: vi erano bignè, cannoncini, babà, chantilly, tartellette alla frutta e diplomatici, mentre dietro al vetro dell'altro bancone erano presenti crostate da colazione, brioches e pasticceria secca, come baci di dama, biscotti alla nutella e altro. A completare l'interno erano presenti due tavolini, mentre sulle pareti vi erano diverse fotografie e articoli di giornale che ritraevano un uomo con alcune celebrità e delle torte grandi ed estremamente belle. Un anziano signore sbucò dalla tendina che conduceva al laboratorio, alle spalle del bancone centrale. Sorrise al nuovo arrivato, indicandogli il negozio.
«Benvenuto nel mio regno. Tu devi essere Jackson, non è vero?» si informò. Jackson notò che era l'uomo delle foto, anche se in quelle era molto più giovane. Però i tratti del volto erano uguali: aveva un viso morbido e gentile, con due piccoli occhi scuri e i capelli grigi segnati dall'età. Dimostrava una settantina d'anni, ma era impossibile stimare più precisamente l'anzianità dell'uomo.
«Sì, signore, Jackson Hunt, piacere di conoscerla» rispose poi, avanzando e tendendogli la mano. Questi la strinse con vigore, poi fece un cenno con la testa verso il laboratorio e vi entrò. Jackson lo seguì, rimanendo sbalordito da quanto fosse ben attrezzato: vi erano due tavoli di lavoro e diversi armadi sparsi ovunque, tutto in acciaio. Notò diverse attrezzature su uno dei tavoli sulla destra, assieme al lavandino, un forno a due bocche e la cella frigorifera, mentre sulla sinistra erano presenti i fornelli e il resto dell'attrezzatura evidentemente presa da uno degli armadi lì vicino.
«Qui puoi trovare le planetarie, le impastatrici, la sfogliatrice e l'abbattitore, mentre in quell'armadio infondo ci sono le bocchette della sac à poche, le formine, gli stampi e le teglie. Nella cella ci sono tutte le cose fresche, crema, panna, e via dicendo. È molto semplice ma ben fornito. Tu avevi ottime referenze, ho chiamato il tuo capo di Dighton e mi ha detto che sei molto attento e professionale, e che hai una grande passione per questo mondo. Confermi?» spiegò brevemente l'uomo, porgendogli infine un grembiule bianco col logo della pasticceria: un rombo con all'interno le lettere G e B in corsivo maiuscolo.
«Sì, signore. Sono appassionato di questo mondo. Ho frequentato un corso, ho fatto uno stage e poi ho lavorato a Dighton come già sa. Mi piacerebbe molto imparare da lei» confermò, afferrando il grembiule. Lui gli sorrise e gli tese la mano. Jackson la strinse, rispondendo al sorriso.
«Piacere, ragazzo, sono Harry Garland, ma puoi chiamarmi semplicemente Harry» si presentò infine.
«Grazie, Harry. So che sono appena arrivato e non vorrei risultarle inopportuno, ma avrei una richiesta da farle. Io ho un figlio, o meglio, sono il tutore di un ragazzo di sedici anni. Sarebbe possibile avere degli orari di lavoro che mi permettano di non abbandonarlo a sé stesso?» tentò Jackson. Il signor Garland lo squadrò per un momento, poi annuì.
«Certo. In realtà è perfetto: l'uscita da scuola è alle quattro e mezzo del pomeriggio, quindi se vieni qui dal lunedì al sabato dalle otto alle quattro, siamo a cavallo. Ho un'altra dipendente, la conoscerai, si chiama Stephanie. Si occupa di coprire i turni del pomeriggio fino alla sera, mentre io sono presente la mattina. Il fine settimana lavora uno stagista, un ragazzo della scuola che ha bisogno di racimolare qualcosina» acconsentì. I due uscirono sul piano vendita e il signor Garland spiegò a Jackson le ultime cose: come funzionava la cassa, quali prodotti avevano e quando sarebbe servito prepararli. Avrebbe dovuto aiutare in laboratorio il pomeriggio, interscambiandosi con Stephanie. A quel punto, iniziò veramente a lavorare, servendo i clienti che entravano nel negozio e seguendo sempre Harry in ogni cosa che faceva, per imparare il più possibile da lui. Qualche ora dopo, una donna bionda sulla trentina entrò in pasticceria, depositando la giacca sull'appendiabiti e salutando con un bacio sulla guancia il proprietario. Tese la mano a Jackson, presentandosi.
«Io sono Stephanie, tu devi essere il famoso Jackson. Non vedevamo l'ora di averti qui» disse, sorridendogli. Era davvero bella: i suoi capelli biondi mettevano in risalto gli occhi verdi e le fossette che aveva sulle guance.
«Sì, sono il famoso Jackson» confermò l'altro.
«Grazie a Dio ora ci sarai tu ad aiutarci. Non riesco a fare capire a questo vecchio testardo che non ha più l'età per fare tutto lui» commentò. Il signor Garland sbuffò e si rifugiò in laboratorio, probabilmente a prendere le sue cose per andare a casa.
«Da quanto lavori qui?» domandò, incuriosito da quella donna.
«Da cinque anni. Ma non ci sarò ancora per molto. Aiuto Harry come posso, ma tra qualche mese dovrò partire. Mio marito ha ottenuto un lavoro a New York. Lui è un medico, e non potevamo certo rifiutare quel posto» raccontò, indossando il proprio grembiule e posizionandosi accanto a Jackson dietro al bancone.
«Caspita, complimenti! E lì che farai?» chiese. Lei indicò la pancia e sorrise.
«Farò la mamma. Ancora non si vede, ma il Signore mi ha donato questa gioia. Erano anni che ci provavamo» confessò. Jackson spalancò gli occhi.
«Oddio, ma è bellissimo. Congratulazioni!» si complimentò, quando entrò un cliente chiedendo dei pasticcini per una piccola festa. Stephanie lo servì, chiedendogli come andasse con i figli e trattandolo come fosse a casa. Era davvero brava con i clienti, ci sapeva fare. Quando egli fu uscito, lei gli spiegò che ben presto avrebbe conosciuto tutti. La Garland Bakery era il punto di riferimento per la colazione di chi andava al lavoro e prendeva una brioche da asporto, e di chi aveva qualche minuto di tempo per sedersi fuori e godersi un po' si aria fresca. Inoltre, gli spiegò che ogni giorno preparavano le torte e le brioche anche per il Purple Bar, che era l'altro posto che offriva la colazione a Myrtle Point. Rimase ad ascoltare volentieri le sue indicazioni e i suoi consigli durante tutto il pomeriggio, cercando di apprendere anche da lei il più possibile. Dopo quella prima giornata, però, già poteva essere più che soddisfatto: la pasticceria era bellissima e quel lavoro sembrava perfetto per lui. Forse, uno spiraglio per ripartire e iniziare da capo c'era veramente.

Un Nuovo InizioWhere stories live. Discover now