27. FAMIGLIA VALENTE

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JUNIOR

Eravamo finalmente a casa dei miei. Lungo il tragitto non potei fare a meno di pensare all'incontro con trenino Tom di poco prima. Cosa intendeva dire con quelle parole? Dovevo assolutamente indagare e testa riccia mi avrebbe detto tutto. Non che mi interessasse personalmente, ma sapere di più non avrebbe guastato. Ma ora dovevamo concentrarci sulla parte più urgente, ossia l'informare mio padre.

Scendemmo dalla moto e ci avviammo alla porta d'ingresso. Bussai il campanello e dei passi veloci, che riconobbi subito, si avvicinarono alla porta che si aprì rivelando la mamma con un'espressione sorpresa sul volto.

'Junior!!!' Esclamò strafelice lanciandosi su di me e stringendomi fino a strozzarmi. Ma quando le avevo dato il permesso di salutarmi in quel modo?! 'Quanto mi sei mancato! La casa non è più la stessa senza il tuo musone lungo e le litigate con tuo padre! Non sto mangiando abbastanza pop-corn per colpa tua, capisci?!'

'Mamma! È abbastanza per ora!' La richiamai e lei si allontanò soddisfatta. Poi si accorse di una certa persona al mio fianco e, se il viso le si era illuminato in mia presenza attimi prima, ora le era letteralmente esploso di gioia.

'Aminaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!' E si catapultò su testa riccia strozzando anche lei tra le sue braccia. 'Non sai che bello che è vederti!!! Ma io ti avevo adottato tempo fa, com'è che non vivi da noi?!' Adottato?! Ma che cav-

'Doveva ancora convincersi il tuo Valente, Chloe. Sai, la mia magnificenza era troppo per lui e non mi ha mai dato la sua benedizione... peccato. Comunque è bello vedere anche te!' Esclamò l'altra abbracciandola di nuovo. E meno male che il figlio ero io. Pff...

'Non pensare a Marco! Tu puoi venire qui e addirittura viverci quando vorrai! Venite dentro voi due che oggi vengono pure le gemelle a pranzo e voi resterete con noi!' Disse la mamma prendendo testa riccia con una mano e trasportandola dentro. Avevo un po' di pietà per lei. La mamma poteva essere molto intensa a volte, ma testa riccia non era da meno.

In realtà pensare a ciò che c'era stato quella mattina mi turbava leggermente, ma in positivo. Vedere lei così vulnerabile mi aveva svegliato qualcosa dentro, qualcosa che mi spingeva a fare qualcosa per alleviare il suo stato di sofferenza. Non era mai successo in vita mia di dire parole di conforto ad una ragazza, o addirittura abbracciarla di mia spontanea volontà. Mai. Ma lei... lei era un libro tutto nuovo, diverso, avventuroso, interessante, unico. Lei era come una di quelle storie infinite di cui andava la pena leggere fino alla fine, senza perdere alcun dettaglio, pagina, parola o virgola. Milioni e milioni di pagine, ma ognuna di esse intrigante e misteriosa. E chi ero io a voler chiudere quel libro senza leggerlo? Chi ero io a voltare pagina quando quella pagina era meno interessante dell'altra? Avevo iniziato a leggere di Amina e avrei continuato fino alla fine, ormai ci ero dentro. Ci ero dentro e, per quanto sapevo avrebbe cambiato la mia percezione che avevo della vita e delle donne, non importava. Avevo sentito il bisogno di stringerla a me, di affondare la mia testa tra i suoi capelli morbidi, folti e profumati, ed era stato bello. Era stato speciale. Perfino le sue guance e il suo naso erano speciali. Lei mi dava allegria, mi trasmetteva solarità nel mio mondo che credevo essere cupo e solitario. E per quanto fosse stato difficile per me comportarmi come un normale ragazzo, sapevo che lei non avrebbe mai preteso un mio cambiamento.

'Ugh, Junior non mi era mancato per niente...' E dal nulla venne fuori mia sorella Marzia antipatica come al solito.

'Grazie del benvenuto, sorellina. Non mi eri mancata neanche tu.' Le risposi.

'Finalmente hai portato con te la sfortunata che ha avuto la sfortuna di conoscerti?' Chiese quando vide testa riccia trascinata da mia madre nei meandri della cucina.

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