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Mi sveglio con il suono incessante del cellulare. Allungo in braccio verso il comodino in cerca di quel aggeggio infernale.
Quando finalmente lo trovo, rispondo senza neanche vedere chi è.
"Pronto?"
Susseguono dei secondi interminabili di silenzio.
"Emma, sono tua nonna Diana."
Sbarro immediatamente gli occhi.
Cosa? Mia nonna?
Non la sento e non ci parlo da quando mio padre è morto. È la madre di mio padre e non capisco perché mi stia chiamando proprio ora. Non ha mai voluto sentirmi, mi ha sempre accusata della morte di mio padre ed ora riappare così, dopo due anni.
"C-ciao." Balbetto.
"Buon compleanno." Afferma.
"G-grazie." Rispondo con voce tremolante.
"So che ti sembrerà strano che ti chiami ora, dopo così tanto tempo, ma quando ho ricevuto quei documenti non volevo crederci. Solo ora ho capito quanto mi fossi sbagliata a dare la colpa della morte di mio figlio a te e tua madre."
La interrompo. "Quali documenti?" Chiedi confusa.
"Oh, quelli che mi hai mandato qualche mese fa, insieme ad una lettera nella quale mi spiegavi tutto ciò che era realmente accaduto." Soffia sulla cornetta del telefono. "Mi dispiace non averti creduto, davvero. Vorrei il tuo perdono, Emma. Per questo sto venendo lì." Conclude.
Io non ho spedito nessun documento e nessuna lettera a mia nonna, forse è stata mia madre. Deve assolutamente chiederglielo.
"Stai venendo qui?" Chiedo con sorpresa.
"Sì, voglio recuperare il tempo perso e voglio rimediare al mio sbaglio imperdonabile."
"Oh, capisco." Rispondo confusa.
"Ci vediamo tra qualche ora, avverti anche tua madre." Conclude prima di agganciare la chiamata.
Sono ancora sconvolta, perciò corro al piano di sotto come una pazza e raggiungo mia madre, che si trova sicuramente in cucina.
"Mamma!" Grido.
Si volta spaventata. "Emma, che succede?" Chiede.
"Nonna Diana sta venendo qui!" Sbraito.
"Come sta venendo qui?" Grida anche lei.
Le racconto della telefonata, dei documenti e della lettera che ha ricevuto mia nonna, che ovviamente non ho inviato io.
"L'hai inviata tu?" Chiedo infine.
"Cosa? No!" Risponde sicura.
"Allora chi è sta-" mi blocco subito. "Samuel!" Concludo.
"Pensi sia stato lui?" Chiede mia madre con gli occhi sbarrati.
"Sono sicura sia stato lui!" Passo una mano fra i capelli, frustata. "E l'ha fatto mesi fa. Senza dirmi nulla."
"Parlarci, tesoro." Afferma
"Lo farò!" Faccio una pausa. "Samuel doveva dirmelo. Gli avevo detto che non volevo avere nulla a che fare con i miei parenti, che non volevo più soffrire. Ha fatto tutto alle mie spalle, poteva non andare così bene." Sussuro.
"Hai ragione, poteva andare davvero male. Non avrebbe dovuto farlo." Risponde mia madre.
Dopo le sue parole corro in camera mia, indosso i primi vestiti che trovo e con ampie falcate raggiungo casa di Samuel.
Suono il campanello e attendo che mi apra.
Dopo qualche secondo, la chioma riccia di Samuel fa capolino dalla porta.
Non gli do neanche il tempo di dire una sola parola. "Mi ha chiamato mia nonna Diana."
"Oh, che bello, Em!" Esclama. "Che ti ha detto?" Chiede poi.
"Non far finta di non saperlo, Samuel!" Alzo la voce nel pronunciare questa frase. Sono furiosa.
"Cosa dovrei sapere Emma?" Finge di non sapere nulla.
"Beh, allora lo dirò e basta." Passo una mano fra i capelli. "Hai mandato una lettera e dei documenti a mia nonna, a mio nome?"
Ha gli occhi sbarrati e la bocca semiaperta e già questo mi fa capire che lui c'entra.
"Non mentirmi Samuel."
Passa una mano fra i capelli, frustato.
"Ok, sono stato io a mandarli." Ammette.
"Perché? Ti avevo detto di non farlo! Non erano cose che dovevi risolvere tu." Sbraito contro di lui.
"L'ho fatto per te, Em. Per aiutarti!" Grida anche lui.
"No, non l'hai fatto per me. Non dovevi farlo, non dovevi immischiarti in cose che non ti riguardano!" Gli urlo contro tutto, mentre le lacrime rigano le mie guance.
Mi sento tradita, mi ha mentito. Ha fatto tutto dietro le mie spalle, una cosa così grande. Più grande di me, più grande di lui. Non doveva farlo.
"Poteva finire male, Samuel! Potevo soffrirne parecchio e poteva soffrirne anche mia madre. Lo sai cosa abbiamo passato, lo sai." Ho la voce rotta, mentre pronuncio queste ultime parole.
"Fammi spiegare, ti prego." Sussurra, avvicinandosi a me. Le lacrime rigano anche le sue guance, e mi dispiace vederlo soffrire, ma mi ha mentito. Non posso accettarlo.
"Non voglio ascoltarti." Dico, mentre mi allontano da lui di qualche passo. "Hai già fatto abbastanza."
Con questa parole che fluttuano nell'aria, mi allontano da lì. Da lui.

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