24. Sfili per me?

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Capitolo 24: "Sfili per me?"

Erano passate già un paio di settimane.
La mia carriera come giornalista sportiva procedeva bene.
Feci le prime esperienze con Greta.
Mi spiegò come comportarmi al meglio, le giuste domande da rivolgere agli sportivi, insomma, tutto ciò che c'era da sapere su quel nuovo campo.

Imparai tante cose in poco tempo.

In sua compagnia mi trovai benissimo, come previsto, insieme avevamo fatto grandi cose.

Le prime interviste che feci andarono al meglio, ero felicissima di questo.

Venni sommersa da qualsiasi tipo di novità ed emozione, ma al tempo stesso, oltre a sentirmi stremata per il lavoro, mi sentii di nuovo gratificata, come all'inizio. Era in assoluto quella piacevole sensazione che mi era mancata più di tutte.

Nel corso del tempo, mentre ancora ero una giornalista di cronaca, dimenticai la gioia e la passione che mi spinsero ad intraprendere quella strada. Pensai dunque che fosse quello il problema. 

Ma un paio di giorni prima feci la mia prima esperienza a bordo campo, le emozioni che mi attraversarono furono inspiegabili. Ritrovai così la passione per il mio lavoro.
Seguire una partita di qualsiasi sport si tratti, è completamente diverso dal bordo campo. Le emozioni a crudo degli atleti, l'adrenalina che si propaga per tutto il corpo. È tutta un'altra storia.

Così dopo aver ottenuto qualche intervista nel minuti successivi di una partita di pallavolo, mi sentii il cuore colmo di contentezza.
Era quella la mia strada!

Mi sentii gratificata. Pensai che era quello di cui avevo bisogno. Un piccolo cambiamento per non abbattermi.

La mia famiglia mi sostenne in tutto, il che mi rese ancora più ridicola, per aver anche solo pensato che sarei stata sola in quella nuova esperienza.

Mi voltai alla mia sinistra e incrociai lo sguardo rilassato di Federico.
Il suo respiro regolare e calmo, mi trasmise serenità.
Era già da un po' che separarci non ci riuscì.
Ci capitò spesso, in quel periodo, di dormire insieme.
Ma quella mattina fu diversa, perché per fortuna non avevamo il lavoro. Ciò voleva dire solo una cosa, avrei potuto stare al fianco ancora per un po'.
Per cui al posto di svegliarlo, come quasi ogni mattina, mi accoccolai di più a lui e richiusi gli occhi.

L'aria rigida di Dicembre, rese la camera molto fredda, per questo motivo, stare stretta tra le sue braccia, mi fece trovare quel caldo accogliente che tanto bramavo.

Sarei rimasta volentieri tra le sue braccia per sempre. Perché non importava dove fossimo, ci bastava stare insieme per sentirci a casa.

***

Quando più tardi mi svegliai, Federico non era al mio fianco.
Allungare il braccio per poter toccare il suo corpo, mi portò solo a scoprire il vuoto che aveva lasciato nelle lenzuola bianche.
Mi tirai su, mettendomi a sedere e mi guardai intorno.

La sua camera era così dannatamente in ordine, in tutta la mia vita, la mia camera non era mai stata così perfetta.

Sbadigliai.
Stavo quasi per scendere dal letto, quando la porta si aprì.

«Ehy, dove credi di andare?» la voce dolce di Federico mi piombò addosso come un missile.

Reggeva un vassoio con sopra la colazione e indossava solo un paio di pantaloni.

Gli sorrisi.

«A cosa devo tutta questa bontà?» chiesi, rimettendomi a letto.
«A nulla in particolare, voglio solo viziare un po' la mia fidanzata» e pronunciò quell'ultima parola così chiaramente che mi sentii travolgere.
Perché poi? Ero davvero la sua fidanzata, non avrebbe dovuto farmi quell'effetto, ma il fatto che non lo diceva quasi mai, rese quel momento così romantico.

L'intervista || Federico Chiesa Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora