12. Mole Antonelliana

1.1K 70 16
                                    

Capitolo 12: "Mole Antonelliana"

Quando quella mattina entrai in ufficio, trovai tutti i miei colleghi lì ad aspettarmi.
Ricevetti un calore tale che mi si strinse il cuore dalla gioia.
Anche Antonio era lì, con il suo sorriso radioso che metteva allegria a tutti.
«Bentornata» mi sussurrò quando mi strinse in un abbraccio caloroso.
Non mi aspettavo tutto quello a dire il vero, non che i miei colleghi fossero delle brutte persone, però con la maggior parte di loro avevo parlato relativamente poco e per lo più di lavoro.
Però mi faceva piacere, sentirmi coccolata ogni tanto.

Dopo i vari saluti e i molti bentornata che mi sentii dire, fu il momento di mettermi al lavoro.
Sulla mia scrivania c'erano già un paio di articoli che andavano scritti e pubblicati e per un attimo mi sembrò di essere stata via per troppo tempo.

Ero immersa nel silenzio del mio studio a digitare freneticamente al computer, intenzionata a terminare quell'articolo al più presto.
Perché quando ti tocca scrivere un articolo di cronaca nera, che coinvolge giovanissimi è sempre un po' difficile.
Finalmente misi un punto a quella storia e fui sollevata di scoprire che almeno l'assassino di quel giovane ragazzo era stato arrestato e condannato.

Mi stropicciai un occhio e mi guardai un po' intorno, perché la stanchezza iniziava a farsi sentire. Ormai erano ore che lavoravo con lo sguardo fisso al computer.

Lasciai andare la testa indietro e la sedia scorrevole sulla quale ero seduta iniziò a girare piano. Guardai l'ora ed era quasi ora di pranzo, altri venti minuti circa e sarebbe iniziata la mia pausa pranzo.
Così decisi di iniziare a dare uno sguardo all'ultimo articolo che era in programma. Iniziai a leggere le varie indagini svolte dalla polizia e a pensare a come poter strutturare il pezzo.

Ero completamente immersa nella lettura, quando il mio telefono suonò.
Lo presi senza prestare attenzione al mittente della chiamata e risposi con un "si?" abbastanza disinteressato.

"ciao anche a te cara Chloe» la voce di Federico arrivò forte tramite il telefono.
Sgranai gli occhi, sapendo benissimo che lui non potesse vedermi.
"Ciao Fede, scusami ero impegnata a leggere un articolo" dissi ridacchiando.
"Io ho appena finito l'allenamento e sarei sotto la tua azienda, quando fai pausa pranzo?» restare senza parole era dire davvero poco, perché tutto mi sarei aspettata, tranne che lui venisse a prendermi per la pausa pranzo.
"Cinque minuti e arrivo" dissi iniziando a sistemare le mie cose.
"Ti aspetto".

Sistemai velocemente le mie cose e issai la borsa in spalla, lasciando il mio ufficio.
Probabilmente avevo un sorriso larghissimo sul volto, ed era dovuto a lui, al fatto che avesse mantenuto la promessa fatta la sera precedente.
Perché penso che non ci sia nulla di più bello di sentirsi dire "ci vediamo domani" e poi il domani arriva.
Salutai un paio di colleghi uscendo dall'azienda e declinai un paio di inviti a pranzo, perché, chiaramente, avevo altri impegni.

Tirai a me la porta di vetro all'ingresso e uscendo il strada vidi la sua inconfondibile Jeep bianca parcheggiata poco lontano da lì.
Presi un grande respiro e a passo spedito lo raggiunsi.

«Ciao» salutai sorridente.
«Ciao Chloe» ricambiò il sorriso quando salii in macchina.
Restammo qualche minuto a fissarci e a sorriderci a vicenda, come due adolescenti alle prime cotte.
«Quanto tempo hai per il pranzo?» chiese partendo.
«Tre quarti d'ora» dissi io guardando fuori.
«E conosci qualche posto qui intorno?» mi chiese ancora.
«Si, ma sarà pieno di miei colleghi che poi si creerebbero delle illusioni» dissi riflettendosi su.
«Allora ti porto io in un posto» disse concentrato, mentre guardava la strada.
Mi rilassai contro il sedile del passeggero e feci vagare lo sguardo dal paesaggio a lui. Perché era inevitabile, più provavo a non guardarlo, più l'occhio mi cadeva su di lui.
Lui sembrò non badare molto al fatto che i miei occhi fossero incollati su di lui, anzi guidava attento, finché non arrivammo a destinazione.

L'intervista || Federico Chiesa Where stories live. Discover now