C'erano giornate così di plastica che a volte Harry si domandava se avesse senso viverle. Se avesse potuto fare un buco nel calendario ed eliminarle, in quel momento l'avrebbe fatto volentieri. Sapeva che prima o poi quelle notti di silenzi sarebbero state crepate da bisbigli senza senso e cigolare acuti, mascherati da colpi di tosse. Se inizialmente aveva desiderato che il momento arrivasse, perché del silenzio e dell'attesa non ne poteva più, in quel frangente stava rimpiangendo la sua sfacciataggine. Si girava e rigirava nel letto, senza trovare pace, aggrovigliandosi nelle coperte, nel suo corpo, in mezzo a quei desideri senza logica, segnati dall'usura del tempo e dal senso di irrealizzabilità che li imbottigliava come scarafaggi. Voleva alzarsi, liberarsi dell'impiccio delle lenzuola, andare fuori dal cottage e buttarsi nell'acqua gelida della piscina, come aveva fatto quella mattina. Ma allo stesso tempo, voleva restare, sentire, soffrire.
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