Il risveglio delle Streghe

_Fedra_ द्वारा

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Cosa succederebbe se i fratelli Pevensie arrivassero a Hogwarts? Quale ruolo avrebbero nella battaglia contro... अधिक

Presentazione
Personaggi - Susan Pevensie
Personaggi - Jane Potter
La nuova scuola
"Una mente brillante fu tosto la cosa più importante"
Senza perdono
Fuoco e ghiaccio
Di nuovo prescelto
"Aiutami!"
Un suggerimento inaspettato
La prova più difficile
Il sotterraneo
La fin troppo preziosa dispensa di Piton
Questioni di famiglia
La donna con i guanti bianchi
L'incubo si ripete
Missione di salvataggio
Faccia a faccia
Il prigioniero
La nuova vita di Edmund Pevensie
[Il sequel è online!]
The Diary of Jane
~ La Sentinella ~

Solo una parola

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_Fedra_ द्वारा

Il calice tremò nel momento in cui venne sollevato in aria, increspando appena il liquido trasparente che lo riempiva fin quasi all'orlo. Alhena Black fissò il suo riflesso deformato dalla superficie di cristallo, poi, dopo aver tratto un profondo sospiro, bevve la pozione fino all'ultima goccia.

Lo studio semicircolare era buio e silenzioso. I rami del parco di Villa Black si allungavano verso le finestre come artigli ricurvi pronti a ghermirla e trascinarla nell'oscurità. Nulla era cambiato in quella stanza durante i quattordici lunghi anni di assenza. La scrivania era ancora addossata al muro carico di scaffali e trofei di caccia. Alhena non aveva osato spostare alcun oggetto dalla sua precipitosa fuga verso l'ignoto. Persino il libro che Tom stava leggendo poco prima della notte più lunga della sua vita era ancora lì, aperto sullo scrittoio, le parole ormai illeggibili per via dello spesso strato di polvere che le ricopriva. La strega non poté non rabbrividire ripensando allo stregone chino nella sua lettura, i riccioli di un nero lucente che rilucevano al lume delle candele accese tutte attorno a lui. Si ricordava benissimo del momento in cui, improvvisamente, egli aveva levato lo sguardo dal libro per posarlo su di lei. Non avrebbe mai dimenticato il modo in cui l'aveva guardata, né la sfumatura rossastra che aveva pervaso i suoi magnetici occhi scuri.

I ricordi svanirono all'istante in un mare di nebbia. I suoi muscoli si rilassarono e il suo intero corpo fu pervaso da un improvviso senso di calma. Alhena soffocò a malapena un gemito. La pozione aveva iniziato il suo effetto. Si appoggiò alla scrivania, massaggiandosi le tempie con le dita inguantate. Non c'era traccia di Tom, del suono vellutato della sua voce e del suo profumo misterioso e inebriante. La strega era completamente sola, in una villa enorme piena di polvere e ragnatele. Nessuno sapeva della sua esistenza e nessuno avrebbe mai dovuto saperlo.

Quanti sacrifici ho dovuto sopportare per te, pensò avvicinandosi a una delle tre finestre che davano sul parco. Il cielo era del colore del sangue e il sole era da poco scomparso dietro le colline, lasciandosi alle spalle le prime ombre che si allungavano sempre di più verso la villa. Quattordici anni. Quattordici anni di solitudine assoluta, di sofferenza e, soprattutto, di paura. Alhena fece scorrere un dito sulla superficie fredda della finestra. Erano lontani i giorni di gloria, quando era stata davvero la strega più temuta di tutti i tempi, attorniata da una cerchia di devote sanguinarie, sempre pronte a obbedire ai suoi ordini. Solo uno riusciva a tenerle testa, se non a superarla, il mago e l'uomo che era stato la sua rovina. Una rovina che lei aveva scelto di sua spontanea volontà. Di lei non restava che poco più di un fantasma, un morto fra i morti. Perché, dal momento in cui aveva fatto la sua scelta, Alhena sapeva fin troppo bene quale destino l'attendeva da un momento all'altro. Un momento che ora era più vicino che mai.

Dove siete finite, maledette?, pensò ricordando una a una le sue perdute compagne e devote. Vi siete forse dimenticate di quando bastava udire il mio nome per tremare di paura?

Il solo pensiero la riempì di un'oscura eccitazione. Assaporò di nuovo ogni delitto che aveva compiuto in nome della purezza del sangue e della stirpe magica quando Voldemort era ancora al potere. Sparizioni. Torture. Omicidi. Tutto per suo ordine, per servire il suo signore. Nessuno si era mai spinto così oltre come lei. Nessuno aveva mai osato sfidare in quel modo forze che non conosceva.

Il flusso vermiglio dei pensieri di Alhena si bloccò all'istante. Forse era solo nella sua testa, ma le era parso di udire distintamente l'unico rumore al mondo in grado di farle accapponare la pelle dall'orrore: il pianto di un bambino.

Allora ricordò, con rabbia, di non essere sola nella villa. I suoi sotterranei non erano mai stati così pieni negli ultimi quattordici anni. Doveva agire e alla svelta. Non aveva poi così tanto tempo a disposizione.

–Ho disturbato qualcosa? – chiese improvvisamente una voce femminile alle sue spalle.

Alhena si voltò di scatto, desiderando con tutto il cuore che la donna bionda vestita di bianco che aveva appena varcato la soglia del suo studio sparisse in una nube di fumo. Ma quella si limitò a sogghignare, avvicinandosi ancora di più a lei. La differenza di altezza tra le due era disarmante. La strega bianca torreggiava sull'altra di almeno una trentina di centimetri.

–Pensavo che ti avessero insegnato a bussare – disse Alhena asciutta.

–Cosa c'è, siamo di cattivo umore stasera?

–Stai attenta, Jadis. Questa è pur sempre casa mia.

–Vedo, vedo – lo sguardo della strega bianca vagò sui ripiani impolverati. – Ma bando alle ciance. Sono qui solo di passaggio e non ho tempo da perdere. Ho notato che hai degli ospiti in più.

A quelle parole, gli occhi di Alhena sembrarono diventare ancora più grandi per la rabbia. – Quei prigionieri non ti riguardano, Jadis – sibilò in tono minaccioso. – Hai avuto quello che volevi. Hai preso il sangue che ti serviva, agendo sotto mio nome. Ma ora basta. Torna dal tuo padrone.

Le labbra di Jadis si stirarono in uno strano sorriso. – Padrone, eh? La tua visione limitata del mondo non ti permette di vedere altro che questo in colui che avresti dovuto servire al posto mio?

–Non ti permettere! – la mano destra di Alhena schizzò prontamente sotto le vesti, stringendo l'impugnatura della bacchetta.

–Per anni ha aspettato invano il tuo arrivo nelle foreste dell'Albania, nella speranza che lo trovassi e ti prendessi cura di lui. Mentre tu ti divertivi a uccidere i figli dei Babbani nella speranza di riconquistare un minimo della dignità infangata della famiglia Black, lui se ne stava solo e all'oscuro, condividendo la sua misera vita con le creature più nefande. Ci è voluta una strega del nord, ovvero me, che fosse disposta a vincere tutto l'orrore e il ribrezzo per accudirlo e curarlo, preparando una pozione che gli consentisse di tornare una volta per tutte. Oh, sapessi quante volte mi ha fatto il tuo nome, mentre lo nutrivo, guardandolo diventare di giorno in giorno sempre più forte! Alhena Black, la serva traditrice. Ma non importa. Ora lui ha me.

–Mi stai dando della codarda? – gridò Alhena estraendo la bacchetta.

Con la massima calma, Jadis levò la sua lunga verga d'argento, puntandola contro il petto dell'altra. – Avresti avuto tutte le possibilità per trovarti al mio posto, stanotte – continuò implacabile. – Eppure non l'hai fatto. Hai sacrificato tutto per...

–Silenzio!

–E per cosa, poi? Come sei sciocca, Alhena...

–Cosa vuoi dire con questo, Jadis? Ricordati la tua promessa!

–Promessa? – la strega bianca scoppiò a ridere. – Di nuovo quell'errore fatale, Alhena?

Il volto dell'altra era diventato improvvisamente pallido come un cadavere. – Non oserai... hai fatto il Voto Infrangibile, cagna!

–Di non rivelare al mio signore che cosa nascondi giù in cantina? – Jadis scoppiò in una risata fredda, senza gioia. – In effetti, non gli ho detto nulla a riguardo. Ma gli ho comunque suggerito dove avrebbe potuto trovarti. Sai, in questi giorni ha espressamente desiderato di rivederti...

Alhena aveva preso a sudare freddo. – Non gli avrai detto che mi trovo qui, non è vero? – il suo tono di voce sembrava il guaito di una bestia ferita.

–Lui stanotte verrà – tagliò corto Jadis, torreggiando trionfante su di lei. Ormai l'aveva in pugno. – Appena avrà concluso la questione in sospeso con Harry Potter. Voi siete i prossimi.

–Maledetta puttana! Avevi promesso! – gridò Alhena levando la bacchetta.

Un fiotto di energia invisibile schizzò fuori dalla punta, scagliandosi contro il petto di Jadis. La sua lunghissima bacchetta simile a una lancia schizzò in avanti, dissolvendo la maledizione con un crepitio di elettricità; poi, con un movimento repentino, la strega bianca rispose all'attacco. Alhena venne gettata a terra da una tremenda esplosione. Il suo corpo esile ricadde oltre i resti della scrivania distrutta, trattenendo invano tra le dita i resti del libro che svanivano tra tante piccole fiammelle. L'ultima traccia della presenza di Tom Riddle a Villa Black era svanita per sempre, così come la sua vita: bruciata, fino all'ultimo frammento.

Con un urlo selvaggio, Alhena scattò in piedi, allargando le braccia. Il suo corpo prese a restringersi, le nere vesti vennero ricoperte da un soffice strato di piume del colore della pece. Un attimo dopo, un gigantesco corvo si levò in volo nella stanza, tracciando ampi cerchi sul soffitto. Ma Jadis non era stata a guardare. In quel momento, al suo posto c'era un enorme serpente arrotolato sul pavimento, pronto ad attaccare. Alhena continuava a planare vicino al delicato lampadario di cristallo, il grosso becco che luccicava nella semioscurità, cercando di individuare un punto debole nel corpo del serpente, la cui brutta testa triangolare dondolava a destra e a sinistra; poi, a sorpresa, si lanciò in picchiata. Jadis spalancò le fauci con un sibilo assordante, gettandosi in avanti. Il becco e gli artigli di Alhena le ferirono il collo screziato, ma non furono altrettanto rapidi nello schivare le sue zanne velenose.

Un attimo dopo, il suo corpo di donna giaceva ansimante sul pavimento, reggendosi l'avambraccio ricoperto di sangue.

–Non è mio compito ucciderti – disse Jadis, di nuovo tornata donna, guarendole la ferita con un solo colpo di bacchetta. – Per tua fortuna, non riesco a portare con me tutti quei prigionieri. Ma non importa. Al Signore Oscuro farà piacere scoprire che sei riuscita a catturare la sorella gemella di Harry Potter, alla fine. Forse ti ricompenserà con una morte meno dolorosa – si accucciò accanto a lei, mettendole una mano sulla spalla esile. – Sai, alle volte mi chiedo che cosa ti abbia spinta a compiere una tale follia. Avevi tutto il mondo ai tuoi piedi e un potere che schiere intere di maghi e streghe non osavano neppure immaginare. Eppure hai buttato via tutto questo in un attimo, come se non te ne importasse più nulla. Perché?

Alhena respirava a fatica, ancora intorpidita dagli effetti del veleno. Con uno sforzo sovrumano, riuscì a sollevare a stento la testa per fissare negli occhi la sua rivale. – Tu conosci il potere, – sussurrò allo stremo delle forze – ma non saprai mai che cos'è...l'amore.

–Amore? – Jadis scoppiò nell'ennesima risata fredda. – Così è questa la tua risposta? Dopo tutti questi anni al servizio del Signore Oscuro? Deve esserti davvero andato di volta il cervello! Spero che sia davvero così, è meglio per te. Nessuno avrebbe mai compiuto una tale follia per una ragione così stupida.

–Tu non sei come me! – ringhiò l'altra.

–Appunto per questo lui, alla fine, ha scelto proprio me – sussurrò Jadis, vicinissima al volto di lei, facendo in modo che ogni sillaba avesse l'impatto di una lama conficcata nella carne. – Amore è solo una parola. Continua pure a trastullarti con i tuoi prigionieri, mentre sarò via. Gilabrik si assicurerà che tu non faccia scherzi.

Detto questo, la strega bianca si levò in piedi e, con estrema lentezza, uscì dalla stanza.

Alhena rimase distesa sul pavimento, il piccolo corpo abbandonato e immobile, il silenzio rotto solo dal suo respiro irregolare. Quella notte Lord Voldemort sarebbe tornato. Ma lei, al contrario di quanto aveva sempre desiderato nella sua vita, non sarebbe stata al suo fianco ad aspettarlo.

***

Jane si svegliò di soprassalto, scossa dai brividi. Si sentiva tutte le ossa doloranti e aveva gli occhi cisposi per non essersi cambiata le lenti a contatto. Senza contare che, dopo due giorni di prigionia, l'odore che aleggiava nella piccola cella in cui erano stati ammassati tutti quanti non era proprio dei migliori.

In ogni caso, poteva andare molto peggio: perlomeno non li avevano divisi dopo la cattura. Anzi, c'era di buono che Lucy era ancora viva. In quel momento dormiva profondamente, la piccola testa fulva appoggiata al grembo di Susan, la cui spalla era abbandonata su quella di Peter. La cosa peggiore, però, era che Jane non sarebbe mai potuta tornare in tempo per la terza prova. E Harry, sicuramente in pericolo quanto loro, non avrebbe potuto contare sul suo appoggio.

Al solo pensiero, Jane lottò con tutte le sue forze per non scoppiare a piangere. Sentiva la disperazione diventare sempre più insopportabile di minuto in minuto. Ma non poteva crollare, non quando era il punto di riferimento di tutti i suoi compagni, che ora dormivano ammassati come tanti sacchi vuoti attorno a lei. Prima ancora che se ne rendesse conto, il suo volto da folletto fu presto bagnato dalle lacrime che avevano preso a scorrerle senza controllo sulle guance. Era finita. Non sapeva come fare per riportarli tutti a casa sani e salvi, questa volta. Alla fine, la Strega Suprema aveva avuto la sua vendetta.

Improvvisamente, un rumore di passi attirò la sua attenzione. Li avrebbe riconosciuti fra migliaia e migliaia, anche se aveva avuto la sfortuna di udirli solo poche volte. Distingueva nettamente il modo in cui i tacchi dei suoi stivali picchiettavano sulla nuda pietra. Avvertì i capelli incresparsi per l'elettricità che aveva preso a scorrere nelle sue vene, pronta a darle l'energia sufficiente per affrontare qualsiasi prova l'avrebbe attesa di lì a pochi secondi. Udì distintamente una pesante porta di ferro che veniva spalancata e poi richiusa alle spalle con un fragore assordante. Poi iniziarono le urla.

Un fragore di mobili rovesciati esplose nel silenzio assoluto del sotterraneo. La Strega Suprema urlava, urlava a pieni polmoni parole di rabbia che Jane non riuscì a decifrare. Terrorizzata, la ragazza si rannicchiò ancora di più sul suo pagliericcio.

Poi, improvvisamente, un grido disperato squarciò l'oscurità. Ma non era più la voce di Alhena a urlare. Era molto simile, appena più bassa e leggermente roca. E non esprimeva affatto rabbia. Era dolore, un dolore disperato, incontenibile, inimmaginabile, che non accennava a cessare, diventando sempre più straziante.

In un attimo, tutti furono svegli. Nel buio, Lucy prese a piangere, stringendosi ai fratelli.

–Stanno torturando qualcuno! – esclamò Neville inorridendo.

Jane si raggomitolò al suo fianco, pietrificata dall'orrore. Non riusciva a muovere un muscolo. Era già stato raccapricciante veder scagliare la Maledizione Cruciatus su un ragno, ma percepirne ora gli effetti su un essere umano era quanto di più atroce avesse osato solo lontanamente immaginare. Voleva che quell'incubo finisse, che le urla cessassero e che lei si risvegliasse nel suo letto, al sicuro a Hogwarts. Ma nulla di tutto questo accadde. Erano sempre lì, imprigionati in quella umida cella sotterranea senza alcuna via di scampo.

Poi, improvvisamente, le urla cessarono. Il silenzio tornò a stendersi come un sudario nelle segrete. Si udì un lento cigolio di cardini, seguito immediatamente dopo dal rumore di una porta che si chiudeva. La Strega Suprema comparve nell'oscurità, le spalle appoggiate al muro, i lunghi capelli neri che le scendevano sulla testa abbandonata sul petto. Non sembrava esserci più traccia della strega sanguinaria che tutti conoscevano. L'Alhena Black che in quel momento si mostrava ai suoi stessi prigionieri attraverso le sbarre della loro cella era una donna fragile e sfinita, esile come un fuscello che si sarebbe spezzato al primo soffio di vento. Stringeva ancora la bacchetta nella destra abbandonata lungo il fianco, gli occhi arrossati e semichiusi. Il suo respiro era un anelito debole e irregolare. E fu allora che Jane la vide. Appena percettibile alla debole luce delle torce, una piccola lacrima scese lentamente lungo lo zigomo della Strega Suprema, percorrendole l'ovale perfetto del viso e sparendo nell'oscurità.

Il suo pianto invisibile durò un solo attimo, poi i suoi occhi neri si posarono su quelli verdi di Jane. E ritrovarono tutta la loro ferocia di sempre, ardenti come braci.

–Tu! – gridò Alhena scagliandosi contro la cella. La porta si aprì di scatto con un solo colpo di bacchetta – Vieni con me!

La ragazza si rannicchiò d'istinto sul pagliericcio, ma le dita della donna furono più rapide, afferrandola per i capelli e costringendola a levarsi in piedi con un doloroso strattone.

–Lasciala stare! – gridarono gli altri all'unisono, facendo per proteggerla, ma la Strega Suprema aveva già trascinato la loro amica oltre la soglia, chiudendo la porta con un tonfo.

–Avanti, cammina! – ordinò puntandole la bacchetta tra le scapole.

Jane si irrigidì per il terrore, prendendo a camminare con passi rapidi e veloci. Avvertiva il male esplodere ovunque attorno a lei, intorpidendola e facendole salire una nausea insopportabile. La fronte fu presto increspata di goccioline di sudore freddo.

–Togliti di mezzo, tu, o ti spedirò a fare compagnia agli elfi domestici di mia madre! – esclamò seccamente Alhena.

A meno di un metro da loro, un nano vestito di rosso con una grossa ascia in mano si andò a rannicchiare nell'oscurità del sotterraneo come uno scarafaggio spaventato.

–Non sa chi sono io – continuava a borbottare la strega mentre spingeva Jane su per gli scalini sconnessi che portavano di sopra. – Non sa di che cosa sono capace.

Attraversarono i corridoi bui e polverosi, i loro passi risuonavano ovattati sui tappeti verde smeraldo che coprivano i pavimenti di marmo. Improvvisamente, Alhena spalancò una porta di legno chiaro, spingendovi Jane all'interno.

Era uno studio semicircolare, al cui centro campeggiavano i resti di una scrivania rovesciata. Parecchie bruciature avevano aperto degli squarci sul ricco tappeto persiano, i cui ricami color verde e argento ricordavano le squame di un serpente.

    Jane deglutì. Quello era lo studio personale di Alhena Black. L'antro della strega.



**** Angolo Autrice ****

Ma come ho potuto abbandonarvi in un momento così cruciale della storia??? Okay, sono pessima! In mia discolpa, questo giro, posso dire di non aver avuto neanche un momento libero la scorsa settimana, e di conseguenza editare è diventata un'impresa.

In ogni caso, eccoci qua, alle battute finali della storia: è arrivato il momento di scoprire chi o che cosa si nasconde nei sotterranei di Villa Black, e anche la verità sulla Strega Suprema. Vi aspettavate che dietro gli omicidi si nascondesse in realtà Jadis? E che Alhena, in realtà, vi fosse coinvolta solo in maniera marginale? 

Sappiate che la capacità di Jadis di trasformarsi in serpente era stata buttata giù nel 2013, mooolto tempo prima che uscisse "Animali Fantastici", quindi vi lascio immaginare il triplo salto sulla sedia quando ho visto - SPOILERONE - che Nagini in realtà era un Animagus!!!! Okay, ora sapete anche chi è Nagini in questa fic - dovevo accennarvelo prima o poi - E diciamo che avverto un certo compiacimento nell'aver intuito anche se lontanamente i piani di zia Row, per quanto discutibili da parte di molti.

Non so ancora come ringraziare tutti voi che state sostenendo questa piccola, grande storia: il vostro sostegno è per me preziosissimo <3 Grazie ancora a chi mi lascerà una piccola stellina o un commento a fine capitolo, a chi ha aggiunto la storia agli elenchi di lettura e chi mi sostiene anche solo con una sporadica visita di tanto in tanto: anche se non vi vedo, sento comunque il vostro sostegno!

Se avete voglia di fare due chiacchiere, mi trovate in ogni caso su Facebook sulla mia storia pagina Le storie di _Fedra_ 

Un abbraccione <3


F.

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