Rebirth

By GiuliaBenedetti9

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Giulia ha atteso il giorno della fatidica scelta per tutta la vita in pratica, la sua unica via di fuga da un... More

Capitolo 1. La scelta
Capitolo 3. Addestramento
Capitolo 4.Vortici emotivi
Capitolo 5. Finti campi di pace

Capitolo 2. Intrepidi

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By GiuliaBenedetti9

‹Segui i miei movimenti.› mi istruisce Erik una volta arrivati alla base del gigantesco pilone che stiamo per scalare, senza dire una parola mi limito ad annuire.
Osservo con molta attenzione il mio istruttore che si arrampica agilmente su per la struttura di ferro, e dopo aver preso un bel respiro lo imito al meglio delle mie possibilità.
Seppur con goffaggine riesco ad arrampicarmi, sfrutto gli appigli che lo stesso Erik ha usato prima di me e sorprendentemente acquisto un buon ritmo.
Sono quasi arrivata in cima e una sorta di potente euforia mi invade corpo e anima, rischio di perdere la presa una sola volta ma comunque riesco ad arrivare a destinazione in quelli che sembrano essere stati pochi secondi.
Afferro la mano che mi sta porgendo Erik e dopo un secondo mi ritrovo in piedi sulle rotaie della ferrovia che collega tutte le fazioni.

‹Quando inizierò a correre seguimi senza esitazioni.› mi dice Erik preparandosi a correre, lo vedo dalla sua postura tesa, è come una tigre in procinto di scattare in avanti.
Così lo imito subito per poi rimanere in attesa del suo segnale, intanto sento chiaramente il rumore del treno che si sta avvicinando alle nostre spalle.

Sto per saltare su un treno in corsa...

Penso elettrizzata all'idea di ciò che sto per fare, dovrei essere spaventata o almeno preoccupata, invece tutto quello che sento è impazienza ed euforia probabilmente dovute alla scarica di adrenalina non lo so.
Quando Erik inizia a correre lo seguo immediatamente concentrata al massimo, non voglio deludere le sue aspettative nonostante non sia ancora iniziato l'addestramento vorrei riuscire a partire subito con il piede giusto, a compiacerlo insomma.
Non so per quanto continuiamo a correre, potrebbero essere pochi secondi come ore intere, fatto sta che a un certo punto il treno ci sfreccia accanto ed Erik mi affianca subito.

‹Guarda me e dopo salta.› mi dice aspettando la conferma da parte mia che arriva subito.
Di nuovo si sposta davanti a me e dopo neanche un minuto spicca un salto degno del felino più agile per poi aggrapparsi alla maniglia del portellone del treno che subito dopo apre, con agilità estrema salta dentro al vagone per poi girarsi a guardarmi, a giudicare dalla sua espressione è pronto ad afferrarmi se dovessi mancare la presa e già questo mi infonde coraggio a volontà.

Forza ce la posso fare... Sono un intrepida dannazione!

Mi sprono mentalmente mentre mi preparo a saltare con l'intenzione di farcela da sola.
Dopo un bel respiro salto verso la maniglia che afferro meglio che posso e mi isso su rimanendo aggrappata con entrambe le mani, il sorriso euforico che ho mi muore sulle labbra quando qualcuno mi spintona violentemente per entrare nel vagone.
Un moto di panico mi serra le viscere quando perdo la presa sulla maniglia, chiunque sia il bastardo che mi ha investito spero che qualcuno gliela faccia pagare.
Tento in tutti i modi di trovare un appiglio qualsiasi ma niente, sto già scivolando indietro e purtroppo sotto di me c'è solo il vuoto.
Inizio ad inveire contro al destino quando un braccio forte e muscoloso mi afferra per la vita per poi attirarmi ad un petto marmoreo.
Erik mi ha afferrata proprio giusto in tempo e adesso mi ha portata in salvo sul vagone come aveva promesso del resto, un senso di disagio mi investe come una valanga volevo farcela con le mie forze e invece se non fosse stato per Erik a quest'ora sarei una frittata informe.

‹Mi dispiace.› gli sussurro distogliendo lo sguardo mentre mi lascia andare contro alla parete del vagone.

‹‹Ce l'avresti fatta se non fosse stato per quello stronzo.› mi sussurra di rimando lanciando uno sguardo di fuoco ad un intrepido dai capelli corti e scuri, mi sembra vagamente familiare.

‹Guarda guarda, Erik che aiuta una trasfazione!› esclama questo ragazzo, vorrei tirargli un pugno solo per questo!

‹Dato che hai tentato di sabotarla non mi hai lasciato molta scelta, Quattro.
E lei non è una trasfazione, è la mia.› gli risponde Erik con puro disgusto nella voce, tra quei due non deve scorrere buon sangue.

‹Ti deve essere sfuggito un piccolo particolare, i trasfazione sono compito mio.› gli risponde Quattro con un ghigno malefico.

‹Lei no, va' pure a piangere da Max è lui che l'ha affidata a me.› gli risponde l'altro soddisfatto di vedere il ghigno dell'altro trasformarsi in una smorfia di rabbia e incredulità.

‹Non ti è mai importato niente degli iniziati, come mai tanto interesse tutto insieme?› gli chiede trattenendo a stento la rabbia, ma che problemi ha questo stronzo?

‹Questo non ti riguarda, Quattro.
Ah, un ultima cosa... Azzardati a rifare una cosa del genere alla mia iniziata e sarò ben felice di ricordarti quale è il tuo posto.› gli dice Erik spostandosi davanti a me per fronteggiarlo meglio.
Con soddisfazione estrema mia e di Erik, vediamo Quattro voltarsi di scatto per allontanarsi di gran lena da noi.

‹Che problemi ha?› chiedo ad Erik infuriata, ho metabolizzato solo adesso che quel tizio ha voluto palesemente spintonarmi per sabotare il mio inizio, probabilmente per sabotare Erik.

‹Troppi.› sospira infastidito - tanto per usare un eufemismo - ed esasperato allo stesso tempo mentre si appoggia con disinvoltura alla parete, proprio al mio fianco tanto che le nostre braccia si sfiorano ad ogni minimo spostamento del vagone.

‹Quindi sarei dovuta essere addestrata da lui?› chiedo rendendomi conto solo ora delle occhiate sconvolte e forse ammirate dei ragazzi attorno a noi, a quanto pare non riescono a toglierci gli occhi di dosso.

<Già, sarebbe stato un vero spreco affidarti ad un simile idiota.
Comunque sia, non preoccuparti per lui non è così idiota da sfidare Max.› mi dice come se niente fosse, a giudicare dalla sua espressione tranquilla non crede che Quattro mi darà del filo da torcere, e io non posso fare altro che fidarmi di lui, perché non dovrei dopo tutto?

‹Ancora non riesco a capire come mai mi hai scelta tra tanti.› gli dico decidendo di essere onesta al cento per cento.

‹Tu hai una cosa che in pochi hanno, anzi che quasi nessuno possiede.
Il coraggio certo è una delle tue qualità, ma quello che mi ha spinto a scegliere proprio te è stata la voglia di riscatto.
Vuoi la tua rivincita sulla vita, e diamine se ti aiuterò ad ottenerla.› mi dice cogliendomi di sorpresa, tanto per usare un eufemismo, rimango totalmente spiazzata dalle sue parole.

‹Nessuno prima d'ora era mai riuscito a decifrarmi così a fondo, e in così poco tempo per giunta.- rifletto ad alta voce rendendomene conto solo quando ormai il danno è stato fatto, lui si limita ad annuire comprensivo come se riuscisse veramente a comprendere le mie parole se non la mia intera anima.

-Preparati a saltare.- mi sussurra minuti dopo, dobbiamo essere molto vicini alla residenza degli intrepidi, alla mia nuova residenza.
Per tutta risposta annuisco e mi avvicino al portello che lui apre velocemente, l'aria mi sferza i capelli e la faccia.
Stiamo sfrecciando dannatamente veloce, ma non sarà certo questo a fermarmi non ora che sono così vicina ad iniziare a vivere veramente.
Sporgendomi di poco dal portellone ormai spalancato, vedo avvicinarsi il tetto di un edificio in cemento, presumibilmente la nostra meta.

-Prendi una bella rincorsa e poi salta.- mi suggerisce sotto voce lui preparandosi a saltare, ma questa volta voglio riuscire a renderlo fiero della sua scelta.
Ed è proprio per questo motivo che quando al tetto mancano solo pochissimi metri prendo una bella rincorsa, un respiro profondo per infondermi coraggio e poi corro come una furia verso il vuoto in cui salto con tutte le mie forze.
Non so bene come, ma quando atterro sul cemento faccio una capriola - abbastanza goffa - per attutire il colpo e poi mi rimetto in piedi più esterrefatta ed entusiasta di quanto avrei potuto sperare.
Ho un ginocchio sbucciato ma non mi interessa minimamente, non quando Erik atterra agilmente accanto a me con uno sguardo di approvazione e stima che mi scalda il cuore in pochissimi secondi.

-Niente male ragazza, davvero niente male, l'atterraggio è da perfezionare ma per essere la prima volta è stato un salto non da poco.- mi dice con un ghigno soddisfatto quando entrambi ci rendiamo conto che siamo stati i primi a saltare dal treno, gli altri infatti stanno saltando e con un moto di soddisfazione mi accorgo che i più rovinano a terra in modo per niente agile anzi, di fronte al loro tentativo il mio è decisamente il più riuscito.

-Molto bene, ora arriva la parte divertente.- mi sussurra Erik con un occhiolino divertito mentre salta agilmente sul cornicione del tetto che da sul vuoto apparentemente.

-Benvenuti nella residenza intrepida!- tuona lui attirando così su di sé l'attenzione di tutti quanti che lo guardano con timore reverenziale.
Quattro, senza neanche degnarci di uno sguardo, ci supera velocemente e salta nel vuoto sotto allo sguardo basito e sconvolto di tutti quanti, di tutti tranne il mio... Se ha saltato in quel modo vuol dire che sapeva di non rischiare di finire sfracellato al suolo.

-Ah dimenticavo... Per entrare nella residenza da intrepidi quali aspirate ad essere questo è l'unico modo, oppure potete sempre rimontare sul treno ed aspirare ad una vita da esclusi, a voi la scelta.- dice con indifferenza gelida sotto alle proteste di quasi tutti i presenti, ma io mi limito a rimanere in attesa anche quando Eric gela un ragazzo che si stava giusto lamentando del fatto che dovevano avvisarlo di questa pratica.

-Perchè, non avresti scelto di unirti a noi per caso?- lo gela all'istante il mio istruttore facendo ammutolire tutti i presenti.

-Bene... Il primo a saltare?- chiede poi rivolgendosi a tutti quanti, è una prova mi rendo conto quando i suoi occhi si puntano sul mio viso, quasi un tacito invito a farmi avanti.
Ed è proprio quello che faccio, lo vedo scendere dal muretto per permettere a me di salirvi, di nuovo mi scocca un occhiata di approvazione che ancora una volta mi scalda il cuore.

-Prima a saltare!- tuona rivolto al vuoto che mi attende, ed io - sorprendendo anche me stessa - mi lanciò nel vuoto senza alcuna esitazione.
L'adrenalina prende possesso del mio corpo mentre l'aria gelida mi scompiglia i capelli, mi sferza gentilmente il volto come per volermi dare il benvenuto nella residenza.
Il mio piccolo volo dura solo pochissimi secondi e poi viene arrestato da una rete elastica sulla quale rimbalzo poche volte, due mani forti mi afferranno sotto le ascelle e mi fanno scendere da essa senza la minima gentilezza: mi trovo davanti Quattro che mi scruta infastidito.

-Scegli un nome, prima a saltare, ma scegli bene dopo non potrai più cambiarlo.- mi dice gelido e quasi schifato dalla mia sola presenza, di nuovo mi ritrovo con la voglia di prenderlo a pugni ma mi limito a stringere i denti e a pensare al nome che mi porterò per tutta la vita.

-Julieth.- dico in tono deciso e sicuro di me, non distolgo lo sguardo neanche per un secondo e questo sembra infastidirlo ancora di più mentre mi scansa con una spallata.

-Prima a saltare, Julieth!- tuona rivolto a una ragazza dietro di noi che annota il mio nome in un blocco.
Dal tetto sento provenire i rimproveri di Erik di fronte alla reticenza degli altri di saltare, e di imitare il mio coraggio, e questo basta a farmi sorridere compiaciuta.
Sorriso ancora di più quando un urlo terrorizzato precede l'arrivo di un ragazzo, la sua faccia pallida mi fa temere un suo svenimento ma mi fa anche sentire orgogliosa di come ho affrontato questa prova.

-Vedremo chi riderà quando inizieremo l'addestramento.- mi sussurra con un sibilo malefico Quattro, proprio nel momento in cui Erik atterra accanto a me saltando agilmente dalla rete che cigola pigra.

-Sarà divertente vedere come sbatterà a terra i tuoi iniziati, molto divertente.- gli dice lui con un sorriso perfido che fa andare su tutte le furie Quattro a giudicare dal rossore che gli infiamma il volto.

-Tutti i trasfazione con me!- tuona Quattro dopo qualche istante, ed io guardo Eric con aria interrogativa.

-Anche lei Eric.- gli dice Quattro malevolo, al che - seppur non lo do a vedere - mi ritrovo a rabbrividire, quell'intrepido mi dà i brividi, non esito a credere che mi lascerebbe fare a pezzi da una belva senza battere ciglio, anzi sono certa che si goderebbe lo spettacolo.

-Per ora va con loro Julieth, da domani ti troveremo un altro alloggio.- mi dice lanciando uno sguardo gelido a Quattro, che si limita a sorridermi sadico e questo basta a farmi rabbrividire impercettibilmente.
Ma mi obbligo a seguire Quattro e a seguire gli altri trasfazione per i corridoi che sembrano essere scavati nella roccia, il gelo umido mi invade le membra quando passiamo accanto ad un pozzo o un torrente per quel che ne so che intorno al passaggio ha dei corrimano e reti in metallo.
Per tutto il tempo che camminiamo per i diversi passaggi, gli altri iniziati mi guardano con un misto di ammirazione e sorpresa, ma alcuni di loro con disgusto e fastidio anche se non ne comprendo il motivo.
Quattro ci conduce allo spogliatoio che precede il dormitorio, qui ci spogliamo dei nostri abiti e di tutto ciò che appartiene alla nostra vecchia fazione, ed indossiamo gli abiti da intrepidi; pantaloni neri in stile militare, anfibi del medesimo colore e una maglietta sbracciata accompagnata da un maglione anch'essi neri come la notte.
Una volta tutti vestiti con la nuova divisa entriamo nel dormitorio con Quattro che ci segue infastidito, probabilmente è l'unica espressione che riesce a fare.
Tutti si scelgono la branda, alcuni hanno già deciso di prendersi letti vicini, altri ancora sono indecisi, ma tutti quanti alla fine scelgono il loro posto.
Io sotto allo sguardo di tutti vado a prendere possesso dell'unica branda rimasta, isolata da tutte le altre a ridosso della parete accanto ai bagni comuni.
Con la coda dell'occhio vedo Quattro parlottare con alcuni ragazzi, e mi costringo ad ignorarli e guardo che qualcuno ha già lasciato un paio di pantaloni di ricambio assieme a maglie e maglioni sul mio letto, così per distrarmi le posizioni nell'ultimo ripiano del piccolo comodino posto accanto al letto.
Quando tutti siamo pronti lasciamo che Quattro ci conduca di nuovo per i corridoi per raggiungere la mensa, ormai è ora di cena e Max farà un discorso per darci il benvenuto e spiegarci i vari moduli cui saremo sottoposti.
Per tutto il tragitto cerco di ignorare le occhiate divertite e malevole dei ragazzi che prima parlottavano insieme a Quattro, non promette niente di buono ma mi rassicuro con il pensiero che nessuno oserebbe sfidare Eric dopo che ha messo in chiaro che io sono la sua iniziata.

-Jilieth , giusto?- mi chiede una ragazza bassa di statura con i capelli così chiari da sembrare bianchi, gli occhi di un celeste straordinario eppure incupiti da chissà quale ombra.

-Si, e tu?- le chiedo gentilmente, potrei avere bisogno di un alleata tutto sommato.

-Keyra, piacere di conoscerti!- mi dice con un gran sorrisone che mi fa sorridere a mia volta, e così mentre sediamo insieme ad uno dei grandi tavoli della mensa, chiacchieriamo tranquille.
La ascolto paziente raccontare a quale fazione apparteneva prima della scelta, mi racconta un po' tutto sui candidi e di quanto si è convinta che non fosse il suo posto negli anni, e anche quanto i genitori la abbiano appoggiata.
Ed io le racconto sommariamente l'esistenza nei pacifici tralasciando ovviamente molto dettagli non indispensabili, tipo i miei maltrattamenti, fino a giungere al senso di liberazione e di gioia quando finalmente ho potuto scegliere la fazione a cui sarei dovuta appartenere da sempre.
Durante la cena chiacchieriamo del più e del meno, esterna la sua sorpresa - e un po' di invidia forse - di fronte al fatto che sarò allenata da Eric, anche se afferma che lei al mio posto sarebbe quanto meno intimorita se non terrorizzata di trovarsi da sola con il giovane e gelido leader degli intrepidi.
Tra una risatina e l'altra trascorriamo il resto della cena, fino a quando Max si alza in piedi e reclama la nostra attenzione alzando il pugno chiuso.
La sala si ammutolisce mentre il nostro capo ci dà il benvenuto scatenando gli applausi generali, e poi ci spiega sommariamente come si svolgerà il nostro addestramento.
Dovremo superare due moduli, uno sul livello fisico in cui dovremo dimostrare la nostra abilità nel combattimento corpo a corpo e nell'utilizzo delle armi, l'altro modulo invece sarà concentrato su una prova mentale in cui dovremo dimostrare di essere veri intrepidi nel superare le nostre paure e quindi la prova finale.
Ad ogni modulo verranno mostrati i nostri progressi attraverso una classifica a punteggio, chi non arriverà a raggiungere il punteggio richiesto verrà eliminato dal modulo in questione, in pratica una selezione e chi non vi sarà incluso diventerà automaticamente un escluso e dovrà abbandonare immediatamente la residenza.
A quelle parole tutti ammutoliamo terrorizzati dalla possibilità di diventare esclusi, per un attimo quel terrore paralizza anche me ma poi lo sguardo sicuro con cui mi guarda Eric mi tranquillizza, sarà lui ad occuparsi del mio addestramento e non credo proprio che mi permetterà di fallire, anche a costo di allenarmi giorno e notte!

-Il primo modulo inizierà domani mattina, i trasfazione verranno allenati da Quattro, degli interni invece se ne occuperà James.- conclude indicando i due istruttori che si occuperanno di noi.
Quando Max termina, Eric precisa che Quattro si occuperà di tutti i trasfazione tranne me.
Quando termina di ufficializzare il fatto che si occuperà personalmente della mia formazione tutti mi guardano sconvolti, e Quattro si limita a sbuffare infastidito con il solito tedio negli occhi quando guarda me.

-Domani ti troveremo una sistemazione alternativa.- dice Eric poi rivolgendosi a me e con questo fa intendere che il mio allenamento sarà solamente una faccenda tra noi due.

-Il nostri dormitori sono troppo banali per la principessina?- sento chiedere a uno dei ragazzi che non ha mai smesso di guardarmi con uno strano sguardo elettrizzato, abbastanza idiota a dire il vero.

-Ti ho forse autorizzato a rivolgermi parola?- lo schernisce Eric con la solita aria gelida e indolente, al che il ragazzo si pietrifica sotto al mio sommo piacere.

-Verrà addestrata da un leader, ragazzo, e sarà lui a decidere ogni cosa.- spiega Max a beneficio di tutti, per poi alzarsi dal tavolo congedando tutti quanti.
Noi ci alziamo a nostra volta e quando vedo Eric incamminarsi verso di me mi arresto accanto al tavolo insieme a tutti gli altri che sembrano abbastanza saggi da tacere mentre il nostro leader mi raggiunge passando tra loro.

-Fatti trovare fuori dal dormitorio alle cinque in punto domattina.- mi dice una volta fermatosi a pochi centimetri di distanza.
Per tutta risposta annuisco una sola volta in maniera decisa mentre gli altri mi guardano attentamente.
Lui annuisce una sola volta prima di allontanarsi senza degnare nessuno di uno sguardo.
Keyra mi affianca immediatamente facendomi un sorriso entusiasta, ed insieme ci accordiamo agli altri ragazzi diretti tutti quanti al dormitorio.
Una volta li, raggiungo il letto e mi levo maglione e anfibi prima di buttarmi sul materasso a peso morto e crollare addormentata in pochi secondi per la stanchezza accumulata.

Alcune ore dopo nel cuore della notte

Mi sveglio di soprassalto quando delle mani rudi mi sollevano di peso dal letto, un sacco di stoffa viene calato con prepotenza sulla mia testa così da rendermi cieca.
Tra le risate maligne dei miei assalitori vengo sbattuta con violenza contro al muro, con talmente tanta forza che mi manca il respiro per qualche attimo.
Una delle loro mani luride mi stringe con forza la gola mentre mi sbatte di nuovo contro al muro, e con la forza della disperazione e con la volontà di sopravvivere ad ogni costo riesco ad assestare qualche calcio alla cieca, sento uno di loro gemere sotto al dolore provocato dal mio calcio.
Ma la tregua non dura a lungo, infatti pochi attimi dopo vengo tempestata di pugni sia allo stomaco che al volto che in pochi momenti mi fanno crollare a terra, con disperazione sempre più crescente tento in tutti i modi di togliermi il sacchetto dalla testa ma i loro calci mi fanno raggomitolare su me stessa.
La schiena e l' addome - per non parlare del viso - mi fanno così male da rendermi quasi impossibile respirare, provo a reagire ma i loro colpi sono troppo feroci e loro troppi da fronteggiare.
Quando si stancano di prendere a calci il mio corpo, due di loro mi fanno alzare tenendomi un braccio ciascuno.
Sento il sangue colare sia dal naso che dalla bocca, il respiro così veloce e spezzato che i polmoni mi bruciano come se avessi inalato le fiamme dell'inferno.
Uno di loro , che si mette di fronte a me mentre gli altri due mi tengono ferma, inizia a tempestare di pugni feroci il mio corpo e solo quando si stanca del mio stomaco inizia ad infierire anche sul mio volto.
Colpo dopo colpo cerco di allontanarlo da me il più possibile con calci disperati, ma quello neanche lì avverte concentrato come e' a massacrarmi di botte con risate cupe, accompagnate da quelle degli altri due.
Insieme al sangue le lacrime vanno a bagnare il mio volto, un simile odio speravo che fosse rimasto insieme ai pacifici e che qui almeno non avrei dovuto subire questo trattamento immotivato.
La maglietta si lacera quando mi sbattono di nuovo con violenza inaudita contro al muro su cui mi accascio senza fiato, non riesco a ribellarmi quando mi legano i polsi dietro alla schiena per poi pestarmi un altro po', solo per il puro gusto di vedermi contorcere in preda al dolore.
Dopo non so quanti calci mi ritrovo stesa per terra con la schiena poggiata sul duro pavimento, inizio a credere che finalmente si sono stancati quando due mani massicce si serrano attorno alla mia gola, la stringono così forte che non riesce ad entrare neanche un filo d'aria, ed è in questo momento che entro nel panico più totale.
Quando inizio a dibattermi come una folla chiunque sia quello che mi sta strozzando monta a cavalcioni su di me per immobilizzarmi, sento gli altri due tentare di fermarlo dicendogli che così si spingerebbe ad un punto oltre la soglia del consentito, che non ne vale la pena e altre cose del genere, ma quello continua a stringere e stringere, ed io a battermi sempre più debolmente con la mente annebbiata.
E poi di colpo sento la porta del dormitorio sbattere con forza contro al muro, come se qualcuno fosse entrato di corsa.
I miei assalitori si fermano immediatamente, probabilmente per capire chi mai abbia osato interrompere il loro divertimento, persino quello che era sopra di me adesso è in piedi, ed io tossisco come una matta alla ricerca disperata di ossigeno.
E poi li sento trattenere il respiro, chiunque sia appena entrato si avvicina come una furia a noi ma a causa del sacco non posso vedere di chi si tratta.
Dal tramestio che mi circonda capisco che qualcuno si sta azzuffando a poca distanza da me, ed io non posso fare altro che attendere che tutto finisca mentre mi abbandono sul pavimento con la schiena rivolta verso il soffitto.
Un corpo cade sopra al mio schiacciandomi e togliendomi il fiato - il poco che ero riuscita ad inalare - proprio quando lo scontro sembra terminare con i vari lamenti di almeno tre ragazzi, con tutta probabilità dei miei assalitori.
Il corpo che mi stava soffocando sparisce quando qualcuno lo fa rotolare via da me, delle mani calde e decise liberano i miei polsi dalla corda, il misterioso salvatore mi fa girare sulla schiena e mi sostiene con un braccio mentre mi libera anche del sacco umido ormai del mio sangue.
Solo dopo alcuni tentativi riesco a mettere a fuoco il suo viso: Eric mi ha salvata, e sono sue le braccia che mi sostengono, mentre annaspo alla ricerca di aria è il suo corpo che sostiene il mio.
Attorno a noi vi sono i corpi dei tre ragazzi che parlottavano con Quattro ore prime, gemono per il dolore che ha inferto loro Eric.
Incrocio il suo sguardo e la furia che vi vedo mi fa rabbrividire, non ho mai visto una simile ira gelida negli occhi di nessuno prima, neanche in quelli di mio padre.

-Portate Max qui, ora!- tuona facendomi sobbalzare, solo ora mi rendo conto che dietro di lui vi sono James e un altro intrepido che non ricordo di aver visto alla cena.
Questi ultimi escono di corsa dal dormitorio per eseguire l'ordine di Eric, che adesso sta tastando il mio corpo per cercare di capire quanti danni ho subito.

-Niente di rotto per fortuna.- mormora ancora infuriato mentre torna a stringere le mie spalle, la mia testa è posata sulla sua spalla e solo inclinando di lato la testa riesco a guardarlo negli occhi.

-Va' tutto bene adesso.- mi dice ingentilendo lo sguardo, e solo in questo momento mi rendo conto che sto tremando come una foglia a causa dello shock, le lacrime continuano a rigarmi il volto talmente dolorante che fa male anche contrarre un singolo muscolo della guancia.
La sua mano libera mi scosta delicatamente i capelli dal viso reso appiccicoso dal mio stesso sangue, e poi inizia a massaggiarmi la schiena per tranquillizzarmi.
Incapace di parlare mi limito a farmi rassicurare dalla sua mano, e non distolgo mai gli occhi dai suoi neanche quando sento entrare un Max furioso che pretende di sapere che diavolo è successo.

-Julieth, parla ragazzina.- mi dice rivolgendosi direttamente a me quando si inginocchia accanto ad Eric.

-Quei tre...non so neanche chi siano... Mi hanno tirata fuori dal letto e... Hanno iniziato a ... Pestarmi senza ragioni...mi sono difesa come ho potuto con le mani legate...- sussurro, ogni parola pronunciata è una fitta di dolore a tutta la faccia, per non parlare della gola che arde da morire.

-Una ragazza e' corsa a chiamarci giù al pozzo, sono arrivato giusto in tempo...pochi minuti più tardi e la avrebbe uccisa.- gli dice Eric stringendomi un po' di più al suo corpo, probabilmente se non fosse arrivato in quel momento mi avrebbero trovata strangolata e fredda.

-Solo loro tre?- chiede Max lanciando un occhiata furiosa ai tre ragazzi che sono sorvegliati da James e dall'altro intrepido.

-Non posso esserne certa... Non vedevo niente...- sussurro con una smorfia di dolore per il pulsare incessante della mia guancia e della mia tempia, i punti colpiti più duramente.

-Le hanno messo questo in testa.- sibila Eric indicando a Max il sacco pregno del mio sangue che ha gettato per terra quando me ne ha liberata.

-James, Scott portate quei tre vigliacchi in infermeria penserò a cosa fare di loro domani.- ordina Max agli altri due prima di riportare la sua attenzione su di me.

-Come stai, ragazza?- mi chiede ammorbidendo il tono di voce mentre inizia a scrutare il mio volto maciullato.

-Una meraviglia...- gli dico cercando di sorridere ironica, ma tutto quello che ne esce è probabilmente una smorfia di dolore.

-Si, come no.- borbotta Eric piacevolmente sorpreso dal mio spirito nonostante mi abbiano ridotta in uno stato pietoso.
Dopo di che si alza tenendomi tra le braccia senza alcuno sforzo, proprio nel momento in cui entra Quattro che si limita a ghignare divertito quando mi vede tra le braccia di Eric.

-A quanto pare ti hanno dato il benvenuto in pieno stile intrepido.- mi dice con una risata malefica che non solo fa ribollire di rabbia me ma anche Eric, mentre Max si limita a guardarlo con freddezza.

-Hai iniziato un gioco pericoloso, Quattro.- sibila Eric con un gelo simile a quello che precede la morte e l'altro ride fingendo un innocenza degna di una medaglia come miglior attore.

-Non sono stato io a pestarla Eric, non ero neanche qui.- gli dice infatti scrollando le spalle come a voler evidenziare la sua innocenza.

-Che coincidenza che stessi... Confabulando proprio con loro prima...- dico a fatica sentendo le braccia di Eric stringermi con maggiore intensità, la sua furia è più che palpabile.

-Dì alla tua iniziata di fare attenzione ad accusare qualcuno, solo perché è stata incapace di difendersi.- lo schernisce Quattro facendomi emettere una specie di ringhio carico di odio e di disprezzo.

-Non sarebbe certo la prima volta oggi che tenti di ucciderla, e non ti conviene minacciarla quando ci sono anche io.- gli sibila di rimando Eric, se non mi tenesse in braccio sono certa che sarebbe già scattato contro l'altro con il solo intento di farlo a pezzi.

-Basta così, interrogherò personalmente quei vigliacchi domani e vedremo cosa avranno da dire.
Porta via la ragazza Eric, dormirà in infermeria stanotte.- afferma Max gelando con lo sguardo Quattro che per un attimo fa trapelare la preoccupazione, cosa credeva che quei tre se la sarebbero cavata così senza chiedere niente?

-Non la lascerò da sola stanotte, per sicurezza starà da me fino a quando non le avremo trovato un alloggio.- lo corregge Eric fulminando Quattro con lo sguardo che per una volta decide di scrollare le spalle ed andarsene infastidito, probabilmente avrebbe preferito vedermi portare via in un sacco nero piuttosto che da Eric ancora viva.

-È morto.- sibila Eric rivolto a Max con un tale odio da farmi rabbrividire violentemente tra le sue braccia, al che lui deve scambiarlo per un fremito di dolore a giudicare con il velo di preoccupazione che ha negli occhi quando scruta i miei.

-Fino a quando non avremo delle prove abbiamo le mani legate e lo sai, prima o poi si tradirà e a quel punto non ti fermerò Eric hai la mia parola.
Fino ad allora non la perdere di vista, cercherò di assegnarle un appartamento vicino al tuo.- gli dice lui avviandosi assieme a noi fuori dal dormitorio sotto agli sguardi curiosi degli altri iniziati.
Keyra mi lancia uno sguardo preoccupato e triste, e capisco che è stata lei ad avvertire Eric di quello che mi stavano facendo.
Provo a sorridere grata ma di nuovo mi esce una smorfia di dolore, e poi usciamo nel corridoio scarsamente illuminato da delle lampadine che diffondono una tenue luce bianca attorno a noi.
Ad un certo punto Max si separa da noi per andare in infermeria, Eric invece continua a camminare spedito senza mostrare alcuna traccia di fatica.

-Tranquilla ti darò qualcosa per il dolore.- mi dice alla mia ennesima smorfia di dolore, il viso e l'addome mi fanno così male adesso che sembra che qualcuno mi stia martellando brutalmente.

-Sono abituata al dolore Eric, non preoccuparti.- gli dico farfugliando a causa della bocca che sento già gonfiarsi, devono avermi spaccato il labbro superiore.

-Pagheranno, Julieth, te lo assicuro.- mi dice furente come quando mi ha tolto il sacchetto, come quando ha visto lo stato in cui mi hanno ridotto quei vermi.

-Credevo che mi avrebbero uccisa.- sussurro ancora incredula di quello che e' accaduto, soprattutto non ne capisco il motivo.
Perché mai Quattro ha rischiato così tanto solo per arrecare un danno ad Eric? Arrivare a fare così tanto solo per cosa? Invidia sicuramente, ma lo rende solamente un codardo ai miei occhi, e un perfetto idiota se crede davvero che basti così poco per mettermi fuori combattimento o farmi addirittura gettare la spugna consentendo così a lui di gioire della sconfitta di Eric.

-Se quella ragazza non fosse venuta di corsa a chiamarmi, temo che ci sarebbero riusciti.- sibila infuriato quando imbocca un nuovo corridoio, è stata una vera fortuna che fosse ancora al pozzo e non nel suo alloggio.

-Ho provato a difendermi Eric, li ho colpiti con tutte le mie forze...- inizio a dire con gli occhi offuscati da lacrime di rabbia che mi rotolano sulle guance.

-Sono stati dei vigliacchi, ti hanno aggredita nel sonno Julieth e so che ti sei difesa al meglio delle tue possibilità, e considerando che non sai niente della difesa personale come avresti fatto a fronteggiare tre avversari tre volte più grossi di te?
Non rimproverarti per questo, con il mio aiuto diventerai una guerriera intrepida con i fiocchi e una cosa del genere non accadrà una seconda volta.- mi dice serio e comprendendo benissimo la mia rabbia proprio quando mi posa per terra cingendomi la vita con un braccio per poter aprire la porta del suo alloggio utilizzando un badge elettronico.
Mi aiuta gentilmente a varcare la soglia del suo alloggio privato, e mentre accende le luci mi conduce verso il divano in pelle nera come il carbone in quello che deve essere il soggiorno.
Do un occhiata attorno a me, e vedo che vi è solo l'arredamento strettamente necessario, a parte il divano nel soggiorno vi è solo una piccola libreria piena zeppa di libri, in un angolo vi e' la penisola della cucina con tanto di mensole.

-Torno subito.- mi dice dopo avermi fatto sedere sul divano per poi entrare in quello che sembrerebbe il bagno.
Quando ritorna - pochissimi minuti dopo - posa accanto a me una ciotola colma di acqua calda, delle pezze di stoffa e del disinfettante con dei vari cotoncini.

-Devo avere un aspetto orrendo.- mormoro quando lo osservo immergere una pezza nella ciotola per poi eliminare da essa l'acqua in eccesso.
Senza dire una parola si limita a stringermi il ginocchio per alcuni istanti e a regalarmi un sorriso caldo, è la prima volta che lo vedo sorridere in questo modo bellissimo e straordinario.
Dopo di che mi posa la mano libera dietro la nuca per sorreggermi la testa ed inizia a lavare via il sangue dal mio volto, movimenti decisi eppure così delicati che mi lasciano interdetta per alcuni secondi.

-Quello che mi ha quasi strozzato... Lo conosci?- gli chiedo dopo svariati minuti, il modo in cui voleva prendere la mia vita ha dell'inverosimile, anche se Quattro li avesse veramente incaricati di pestarmi questo non giustifica la sua sete di sangue.

-A quanto ne so un trasfazione proprio come gli altri, apparteneva agli abneganti... E ti ha quasi uccisa stasera.- sussurra con di nuovo quella furia gelida nello sguardo.

-Sembrava volesse prendersi la mia vita ad ogni costo... Un abnegante fuori dal comune a quanto pare.- mormoro rabbrividendo al pensiero di quanto sono andata vicina a sfiorare le gelidi mani della morte.

-Se dipendesse da me sarebbe cacciato a calci in culo dagli intrepidi seduta stante, ma potrebbe anche rivelarsi utile per incastrare Quattro... Sarà Max a decidere comunque.- mi dice facendomi lievi carezze sulla nuca mentre continua diligentemente a rimuovere il sangue dalla mia faccia, e forse sono proprio quelle carezze a riuscire a confortarmi più di quanto io stessa ritenessi possibile.

-Perchè fare una cosa del genere?- gli chiedo non riuscendo proprio a capire il motivo di così tanto odio da parte di qualcuno che neanche mi conosceva fino a pochissime ore fa.

-Quattro sfrutta ogni occasione che gli capita a tiro per minare la mia autorità, lo ha fatto per colpire me principalmente.- mi dice per poi serrare i denti per controllare la sua rabbia omicida.

-Vorrà dire che gli faremo il culo, a lui e a chi lo segue.- gli dico con una determinazione nella voce che stento a riconoscere come mia, dopo così tanti anni forse questa è la prima volta che appaio così sicura di me e determinata a raggiungere il mio scopo.

-Ci puoi giurare dolcezza.- mi dice con uno sguardo di approvazione proprio nel momento in cui getta da parte la pezza sporca del mio sangue ed inizia ad impregnare di disinfettante un cotoncino.

-Questo brucerà un po'.- mi avverte tornando a sorreggermi la nuca con una mano, e solo dopo avermi vista annuire inizia a disinfettare le varie escoriazioni sul mio volto.
Brucia come le fiamme della dannazione eterna!
Ma mi obbligo a non emettere un singolo fiato, dopo tutto non è la prima volta che vengo ridotta in uno stato del genere, dopo gli anni sotto alle "cure " di mio padre ormai sono abituata al dolore, e a sopportarlo in perfetto silenzio.
Lui si limita a guardarmi con un misto di orgoglio e di sorpresa, e come potergli dare torto? Dopo tutto ai suoi occhi io dovrei essere una trasfazione proveniente dai pacifici, probabilmente si aspettava di sentirmi quanto meno piagnucolare pateticamente, ma ho smesso di farlo molti anni fa quando il cuore mi si è indurito così tanto da poter essere scambiato per un pezzo di ghiaccio.

-Opera sua?- mi chiede quando inizia ad occuparsi della mia tempia, inizialmente non capisco a cosa si riferisce ma quando vedo dove puntano i suoi occhi capisco all'istante.
Non tento neanche di coprire il braccio segnato da molteplici cicatrici sottili che si notano fin troppo sulla pelle abbronzata, un reticolo fitto che parte internamente dal polso fino ad arrivare a poco sopra l'incavo del gomito, non che la parte esterna sia messa tanto meglio.

-Gia', un piccolo promemoria di tutte le volte in cui l'ho deluso in qualsiasi modo.- gli dico con un sorriso sarcastico, per citare mio padre sono "il suo fallimento più grande" e in un certo senso questo mi riempie di orgoglio, non voglio avere niente in comune con quella gente, il suo sangue è già una condanna che dovrò portarmi a vita.

-Che intendi?- mi chiede con la gelida furia che riaffiora nei suoi occhi, non ho dimenticato neanche per un istante il modo in cui mi ha difesa alla cerimonia, ne il modo in cui stava per spezzare il braccio a quel pezzo di merda che dovrei chiamare padre.

-Come puoi vedere tu stesso non ho né l'indole né il carattere di una pacifica, mentre gli altri obbedivano ciecamente a Johanna io riflettevo e la maggior parte delle volte dicevo la mia opinione sempre in netto contrasto con i suoi principi.
E la stessa cosa valeva in famiglia e lui , Tom, non ha mai sopportato la mia indole e ha fatto di tutto per piegarmi al suo volere ma non ha funzionato una sola volta... Queste cicatrici sono una specie di registro di ogni volta che non riuscivo a tenere sotto controllo la lingua, e anche dei suoi fallimenti con la mia educazione.
Tanto per citare Johanna e Tom, sono il loro fallimento più grande e queste non sono altro che il promemoria della mia vergogna.- gli spiego con la voce priva di ogni tipo di emozione, chissà come reagirebbe se vedesse le altre cicatrici sul mio corpo?
Probabilmente gli verrebbe voglia di andare a massacrare Tom e compagnia bella, o forse distoglierebbe lo sguardo anche se non ci credo veramente.

-Della tua vergogna?
Gli unici che dovrebbero vergognarsi sono loro non tu, per quello che mi riguarda saresti dovuta nascere qui tra gli intrepidi e prima o poi anche loro pagheranno per tutto quanto, se dipendesse da me sarei già lì a prendere a pugni chiunque, specialmente chi non ha mosso un dito per difenderti.- mi dice riprendendo a massaggiarmi la nuca senza distogliere gli occhi dal mio braccio, come immaginavo è veramente tentato di fare ciò che ha appena detto.

-Tutti in pratica allora.- gli dico con un sorriso abbastanza triste, ma so già che nei miei occhi vi è solo quel vuoto abisso che vi dimora dalla prima "punizione", e so anche che lui lo ha visto.

-Tutti sapevano e non hanno mosso un dito?- mi chiede più adirato che sconvolto, be' anche se non mi fa piacere rivivere quei ricordi è giunta l'ora di smascherare quei finti perbenisti maniaci del controllo almeno con qualcuno, e lui non so bene perché mi dà la netta impressione che non mi giudicherà ma si limiterà a comprendermi mentre mi ascolta.

-Hanno fatto finta di niente Eric, non importa quanti lividi avessi per loro erano invisibili.
Affari di famiglia come vi ha fatto notare Tom alla cerimonia... Sai ho tentato parecchie volte di fuggire, una volta sono riuscita addirittura ad avvicinarmi di pochissimi centimetri al treno ma mi acciuffavano ogni maledetta volta, la parte peggiore dopo Tom era il siero che Johanna mi iniettava, rimanevo stordita per giorni.- gli confido tutto questo senza far trasparire niente, nessun dolore, ne tristezza, solo apatia.

-Fino a quando ho smesso di provarci, quando qualche capo fazione veniva in visita mi rinchiudevano in una botola sotto le stalle imbavagliata come una criminale, almeno potevano stare tranquilli che nessuno all'infuori della fazione scoprisse cosa facevano a una ragazzina ribelle.- gli dico infine, i suoi occhi furenti si fissano nei miei, e come avevo immaginato si è limitato ad ascoltarmi e a comprendere a fondo ogni parola pronunciata, sembra quasi che abbia capito o perlomeno intuito cosa ho passato in tutti questi anni, persino come mi sono sentita.

-Quelle bestie la pagheranno Julieth, e se solo si azzarderanno a venire qui nel giorno delle visite li rispedirò personalmente nei campi a suon di calci.- mi dice con una tale enfasi furiosa che mi sorprende a dismisura.

-Non credo saranno così idioti da venire qui... E come faranno a pagarla se nessuno confermerà la mia versione?
Alla fine sono una ragazzina problematica agli occhi di tutti, e sarebbe solo la mia parola contro la loro.- gli dico iniziando a sentire il cuore un po' meno freddo, ed è solo merito della sua furia e delle sue parole.

-Nessuno può aggirare il siero della verità Julieth, e credimi queste per me sono più che sufficienti come prova...- mi dice lasciando in sospeso la frase mentre sfiora gentilmente le cicatrici con le dita, ha terminato di medicare le escoriazioni sul volto e non me ne ero neanche accorta da quanto ero presa dai suoi occhi.

-Posso davvero portarli in tribunale? E... E queste non sono niente Eric.- gli dico abbastanza sorpresa dal suo gesto, nessuno era mai stato cosi gentile con me.

-Puoi, e lo faremo se vorrai.
Mostrami il resto, voglio sapere cosa ti hanno fatto quei pezzi di merda prima di parlare con Max se hai intenzione di procedere ovviamente.- mi dice determinato a farla pagare ai miei genitori, e questo mi scioglie ulteriormente il cuore seppur facendomi rimanere incredula a guardarlo.

-Davvero mi aiuterai?- gli chiedo quando lui mi fa una nuova carezza sul braccio, come nel giorno della cerimonia milioni di brividi partono da quel contatto.

-Ti aiuterò , certo che ti aiuterò... Ma la decisione spetta a te e a nessun'altra.- mi dice serissimo e con una tale sincerità che per poco non gli getto le braccia al collo.

-È quello che sogno di fare da sempre Eric, voglio che paghino che tutti quanti la paghino... Ma Johanna? È così influente quella donna.- gli dico scuotendo la testa tristemente, è la prima emozione che faccio trasparire dopo anni e rimango sconvolta quando lui mi prende la mano nella sua per stringerla forte, un gesto che mi rassicura come neanche mille parole avrebbero potuto farlo.

-Si, è influente è vero, ma dalla tua parte avrai un leader intrepido e anche il capo fazione degli intrepidi, in più neanche il siero della verità giocherà in loro favore.
Fammi vedere Julieth, mostrami il tuo dolore se vuoi e non aver paura di toglierti la maschera per un po', io non sono come gli altri.- mi dice con un sorriso sincero e... Comprensivo, che mi spinge veramente a togliermi la maschera, gli occhi si colmano di sofferenza in pochi attimi ma anche di una gratitudine enorme.

-Aiutami a girarmi per favore.- gli dico con voce tremante, Dio... È la prima volta che decido di mostrarmi veramente a qualcuno, di mostrare a lui ciò che mi porto dentro e che non solo mi ha segnato l'anima ma anche il corpo.
Dopo avermi stretto la mano un ultima volta mi aiuta a mettermi seduta al contrario sul divano, così da esporre la mia schiena.
Dopo aver preso un respiro profondo mi tolgo la maglietta a fatica che scivola fino alle braccia che poi metto in grembo, lo sento trattenere il fiato per quelli che sembrano minuti infiniti.
E poi sorprendendomi infinitamente mi fa scivolare le dita sulla pelle della schiena, accarezza ogni cicatrice con gentilezza, come se desiderasse far sparire l'intreccio fitto di pelle cicatrizzata che ricopre quasi ogni centimetro di schiena, ma purtroppo nessuno potrà mai farlo.
Una sua mano si posa con delicatezza in mezzo alla schiena facendomi lievi carezze circolari, mentre l'altra mi stringe la spalla per donarmi conforto.

-Orripilante... Mi ha resa orripilante a vita.- sussurro con la voce sempre più rotta dal dolore che sento riemergere dal profondo della mia anima.

-No, orripilante è quello che ha fatto... Un mostro ecco cos'è quell'uomo, un mostro.- mi sussurra a sua volta continuando a carezzarmi la schiena, come mi aveva assicurato lui è davvero diverso da tutti gli altri e questo mi sconvolge e allo stesso tempo mi spinge ad aprirmi ulteriormente.

-Questo sfacelo prosegue fino alla base delle cosce... Se fossi rimasta lì credo che avrebbe proseguito la sua opera.- mormoro sentendo scendere le prime lacrime che non ho mai permesso a nessuno di vedere o percepire.

-Come... Come ha?- mi chiede lasciando la domanda in sospeso, come se non riuscisse a pronunciarla fino in fondo, un po' come se anche lui provasse una debole eco del mio dolore guardando la mia schiena.

-Ha iniziato quando ero una bambina, dapprima usava una cinghia di cuoio o una verga a seconda del suo livello di rabbia, solitamente mi legava sul letto per poter agire indisturbato ma anche il fienile andava bene.- inizio a dire in un sussurro appena udibile quando mi aiuta a rimettere la maglietta e a farmi sedere di nuovo nel modo corretto, e lui si limita a inginocchiarsi di fronte a me e a stringermi entrambe le mani in un silenzio furioso... Sta accogliendo il mio dolore e mi lascia anche il tempo per decidere se continuare o no, e solo in questo momento capisco che voglio davvero continuare.

-Poi ha scoperto che era più efficace la frusta per i cavalli, e per un po' ha usato solo quella.
Quel bastardo mi obbligava a pulire il sangue dal pavimento dopo, e se eravamo nel fienile dovevo bruciare il fieno sporco e sostituirlo con quello nuovo.- sussurro con ormai il volto rigato completamente dalle lacrime, gli occhi si perdono in un punto fisso mentre nella mente rivedo quei momenti.

-Amava il frustino certo, ma non ha mai abbandonato la vecchia abitudine di percuotermi con qualsiasi oggetto gli capitasse a tiro.
Infine negli ultimi anni ha scoperto il piacere dei coltelli, lo sentivo entusiasmarsi ad ogni rigata più o meno profonda ed io urlavo, e urlavo e urlavo ma nessuno è mai accorso.
Così alla fine, qualche anno fa, ho capito che era inutile urlare e da quel momento non ho più emesso un solo fiato.- sussurro puntando gli occhi sulle nostre mani unite, le sta stringendo così forte che gli si sbiancano le nocche di entrambe le mani.

-Tua... Sua moglie?- mi chiede facendo trasparire tutta la sua ira dal tono di voce, che mi porta a spostare lo sguardo sui suoi occhi e ciò che vi posso leggere mi sconvolge; un dolore vero, autentico che mette da parte anche la sua furia spaventosa.

-Era lì con lui, guardava la maggior parte delle volte in silenzio, altre volte lo invitava a scegliere con più attenzione dove colpire di più.
Solo una volta Johanna è venuta a controllare spinta dalle mie urla disperate, lo ha fermato solo quella volta dicendo che rischiava di esagerare... Non mi ha neanche guardata, voleva solo che Tom non rischiasse di compromettersi troppo...solo quello.- gli confido sentendo i miei singhiozzi farsi mano a mano più intensi.

-Lei ha visto e non ha fatto niente?!- esclama con quella furia che sembra aumentare ad ogni dettaglio che aggiungo.

-No.- rispondo quasi in maniera automatica, al che lo vedo digrignare con forza estrema i denti.

-Quanti anni avevi?- mi chiede dopo aver preso parecchi respiri profondi per cercare di calmarsi quel tanto da riuscire a parlare.

-Quando è iniziato ero una bambina, otto o nove anni credo.
Quando Johanna mi ha vista, forse tredici non lo so con esattezza.- sussurro ormai incapace di tenere sotto controllo il mio dolore che si manifesta in tutto il suo orrore, o singhiozzi ormai sono fuori controllo come le lacrime che continuano a rotolare veloci sul mio volto.

-Una bambina... Eri solo una bambina e nessuno ha fatto niente.- mormora allibito, sconvolto, furioso, addolorato per me.

-Ho provato a fermarlo Eric, Dio se ci ho provato...- ma non riesco a terminare a causa di quei dannati singhiozzi e lui mi sconvolge in un modo che non avrei mai pensato possibile.
Mi stringe forte tra le braccia quasi fino a farmi male, si siede accanto a me sul divano tenendomi stretta al suo petto, con una mano mi liscia i capelli e con l'altra mi accarezza dolcemente la schiena.

-Julieth, eri solo una bambina... Avrebbero dovuto fermarlo gli altri adulti non tu, cazzo eri la sua bambina!- sussurra stringendomi sempre più forte, e una volta superato il potente shock stringo a mia volta le braccia attorno alla sua vita e lo stringo forte, forse quasi quanto lui fa con me.
E continuo a piangere come non avevo mai fatto in precedenza, riverso su di lui tutto quanto il mio dolore, la mia disperazione, la solitudine, la depressione che per poco non mi ha annientata in più di un occasione, insomma tutto quanto.
E lui non smette per un solo secondo di abbracciarmi, di sussurrarmi che non è stata colpa mia, che non ho niente di sbagliato, che adesso quel mostro non potrà più toccarmi neanche con un dito e che comunque lui non lo permetterà in alcun modo.

-Sei al sicuro adesso Julieth, non permetterò che ti facciano del male, nessuno ti farà più del male fino a quando ci sarò io.- mi sussurra quando inizia a cullarmi tra le braccia come fossi una bambina.
Ed io mi lascio andare completamente, do libero sfogo alla mia emotività tenuta segregata troppo a lungo e che adesso minaccia di schiacciarmi irreparabilmente.
Ma le sue braccia mi stringono, e sono l'unica cosa che mi permette di rimanere a galla, di rimanere ancorata alla realtà e di non sprofondare nelle tenebre che avvolgono il mio cuore.

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