Hotel Alboraya - Piccola stor...

Oleh Lice_and_catz

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Alma ha 26 anni, una misera borsa di studio per un dottorato massacrante e tendenze fortemente depressive. La... Lebih Banyak

Hotel Alboraya - cos'è?
I
II
III
IV
VI
VII
VIII
IX
X
XI
XII
XIII
XIV
XV
XVI
XVII
XVIII
XIX
XX
XXI
Epilogo
Piccolo ringraziamento per piccola storia

V

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Oleh Lice_and_catz

Il bus arrivò con cinque minuti di ritardo, ma Alma non se ne rese conto. Salì a bordo, pagò il biglietto della corsa singola e si sedette.

Fuori dal finestrino, la Valencia notturna. Inchiostro punteggiato di luci, il cielo sembrava solo un mero riflesso di quelle mille stelle che erano i lampioni, le insegne illuminate, i fari delle auto.

Alma aveva sempre amato quel panorama. Era qualcosa che, scioccamente, considerava solo suo. Era la Valencia degli insonni, dei tormentati, dei ribelli. Erano quasi le due, eppure la città viveva ancora, anche se con meno energia, con più dolcezza.

Quella vista le stringeva il cuore. C'era qualcosa di morbido, di caro. Era una carezza ricevuta in modo distratto, un sorriso per una sciocchezza. Era la Valencia che l'aveva convinta ad abbandonare casa e a prometterle un nuovo mondo, da cui la depressione sarebbe stata esclusa.

Era un bel modo per andarsene. Se lo disse quasi sorridendo, così frastornata e confusa dal dolore della mancanza di riposo. La sua preziosa bolla di atarassia, dove non provava nulla, e soprattutto non c'era sofferenza.

Era un bel modo per dire addio a quel mondo che tanto le aveva fatto male. C'erano vincitori e vinti, si nasceva così. Per i vincitori è facile, l'unico inconveniente è scannarsi con gli altri. Per i vinti, c'erano solo due opzioni: vivere nel dolore, nell'ombra, nella mediocrità... o farla finita.

A chi sarebbe mancata? A sua madre, che non sentiva da anni? Ad Ana, che aveva tolto la spina alla loro amicizia come se fosse stata un malato terminale? A Tiago, che non aveva fatto altro che dirle quanto fosse stupida, brutta e immeritevole del suo amore?

A Flores e Santiago, che avevano deciso fin troppo velocemente da che parte stare? A Teresa, che la considerava una fallita e si pentiva ogni giorno di averla scelta come dottoranda?

Alma provò un enorme sollievo dinnanzi all'idea che presto tutto sarebbe finito. Sentì anche una certa soddisfazione, un sottile piacere al pensiero che l'avrebbero trovata cadavere in mezzo ai Giardini del Turia, con una pozza di sangue dietro la testa e il collo rotto. Avrebbe fatto venire qualche senso di colpa? Avrebbe rovinato la giornata a qualcuno?

Sarebbe stato bello.

Allungò il collo e notò che il bus era entrato nella lunga Avinguda che portava al ponte di Aragona. Era il suo ponte preferito, con i suoi grandi lampioni dalla luce calda e quel sapore parigino.

Sì, l'avrebbe fatto lì. Sarebbe scesa alla prossima fermata e l'avrebbe fatto.

"Io ci penserei attentamente prima di esserne così convinta".

Alma voltò la testa di scatto, il cuore improvvisamente in gola. Una persona si era seduta al suo fianco, senza che lei se ne accorgesse. Non si ricordava se il bus avesse effettuato una fermata, ma eccolo lì. Era un uomo di quarantacinque anni, alto e magro, viso dai tratti troppo duri, i capelli ancora neri con qualche filo d'argento e una barba più grigia che scura. Indossava un pile grigio scuro, appariva parecchio trasandato e non aveva per niente un aspetto amichevole.

Alma stava per suicidarsi, sì, ma non per questo si ritrovò ad avere meno paura di lui.

"Cosa?" balbettò, con la sua solita voce da gattino impaurito.

"Ho detto" ripeté l'uomo, questa volta più lentamente: "Io non sarei così convinto di quello che stai pensando".

"Non... non so di cosa stia parlando, io..."

"Lo so fin troppo bene, Alma" la zittì lui. "Altrimenti non sarei qui".

Alma rimase in un silenzio attonito, mentre il bus passava sopra il ponte di Aragona. Avrebbe dovuto chiamare la fermata, ma era paralizzata dalla paura. Si chiese se fosse il caso di gridare o di chiamare l'autista, in cerca di aiuto.

Assurdo, no? Voleva finire con la propria vita, eppure provava paura. Che incoerente la vita.

"Chi è lei?" domandò, in un sussurro spaesato.

L'uomo al suo fianco parve rasserenarsi. Smise di sembrare così torvo e si raddrizzò contro lo schienale del bus. Ora non incombeva più su di lei.

"Puoi chiamarmi come vuoi. Suppongo che Él andrà bene".

"E perché crede di sapere cosa ho in mente?"

"Sono la tua Coscienza, bambina".

Alma lo fissò in silenzio, senza sbattere le ciglia. L'uomo ricambiò lo sguardo, si corrucciò e prima che lei avesse lo spirito di muoversi, allungò una mano e gliela posò sulla guancia destra.

"Guarda come ti ha ridotto quel porco" disse, sfiorando con il pollice la pesante occhiaia violaceo sotto l'occhio.

Alma si sarebbe spostata, rifiutando immediatamente quel contatto, ma dopo un secondo si rese conto che era stranamente piacevole. Si arrese contro quella mano.

"Non ci sto capendo niente" mormorò, "Cosa vuol dire che lei è la mia coscienza?"

"Non mi dare del lei, ti pare il caso? Ci conosciamo fin troppo bene per tutta questa formalità".

"Rispondimi, per favore".

"Te l'ho già detto: sono la tua Coscienza. Anzi, con più precisione: la tua Cattiva Coscienza".

"Cattiva Coscienza? Ma..."

"Hai bisogno di aiuto" la interruppe Él. "Nessuno te l'avrebbe dato. Tu ti saresti tolta la vita e io sarei morto con te. Lo capisci, sì? Io non voglio morire. E tu nemmeno".

Alma si limitò a fissarlo. Tuttavia, la mano sul suo volto era piacevole. Vi posò sul dorso il palmo della propria, stringendosela contro. Da quanto qualcuno non le dava un pochino d'affetto?

"La mia Cattiva Coscienza" ripeté, quasi incantata. "Ma una Cattiva Coscienza non dovrebbe portarmi a farmi del male?"

"Che assurdità" si scaldò l'uomo, quasi staccando la mano dal suo viso. "Sei matta? A che pro?".

"E allora perché Cattiva?"

Alma improvvisamente provò il desiderio di ridere. Era un discorso filosofico quello? Stava parlando con un uomo sconosciuto sul bus e questi le stava dicendo che proveniva dai meandri della sua mente. E lei ci stava credendo!

"Lunga storia. Al momento non ci interessa. Quello che mi interessa è vederti scendere da questo bus senza più il pensiero di gettarti da un ponte".

"Non mi rimane altro" ammise tranquillamente Alma. "Se torno a casa, non potrò dormire. Non dormo da quasi due giorni. Morirò, in un caso o nell'altro".

"No. Da ora che ci sono io, non più".

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