Make it worth it (DISPONIBILE...

By baciami2015

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"Il tempo non è qualcosa di tangibile. Fra due ore, fra sette giorni o anche fra trent'anni i nostri percorsi... More

MAKE IT WORTH IT
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
!!!!IMPORTANTE !!!!
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
*CARTACEO*
Capitolo 29
Capitolo 30

31. EPILOGO

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By baciami2015

L'amore è la guida e il cammino

Paulo Coelho

●●●


Quanto ne vale la pena?

Quanto vale la pena impegnarsi in qualcosa che non ci interessa? È veramente possibile trovare la propria felicità facendo il medico o l’avvocato, ottenere tante lauree se poi ti accorgi che non è la tua strada?

Ho sempre avuto il forte dubbio su cosa avrei voluto essere una volta cresciuta per poi avere in testa solo una grandissima confusione. Avevo paura del futuro e delle sue conseguenze. Ho avuto paura di perdere tempo e di arrivare a quarant’anni senza sapere a quale posto appartenessi e quale destino mi aspettasse. I diciotto anni sono sempre il primo passo alle tante situazioni negative dell’essere adulti eppure mi sembrava di essere già in ritardo; forse perché non avevo davvero vissuto come avrei dovuto la mia adolescenza.

Ho pianto sangue e ho avuto il terrore di essere una persona in più a
tutte quante.

Non sapevo dove andare o da dove partire. Non appartenevo tenevo a nessun posto. Non sapevo esattamente se un luogo potessi chiamarlo casa perché per me era la definizione di una sola persona.

Dylan è stata la persona che ha definito quella che sono ora. Mi ha cambiato la vita in meglio e non potrei mai essergli più grata. Lui era la mia casa e avevo solo diciassette anni quando me ne sono accorta.
Ritornando a quei giorni, forse di una cosa mi pento: il fatto di non averli vissuti appieno.

Lui sì che era l’opposto di me. Aveva le idee chiare e sapeva già da dove partire. Sono sempre stata gelosa del fatto che avesse dei progetti ma allo stesso tempo lo ammiravo.
Ha fatto parte della mia adolescenza ed è stato tutto uno scherzo all’inizio.

Ricordo che ho pianto per giorni dopo che se n’è andato all’università di Cambridge. Sì, alla fine ha scelto l’Inghilterra e mi ha pregato in tutti modi di andare con lui.

Sarebbe stata la via più facile per me. Partire con lui mi avrebbe fatto iniziare una vita che non sentivo mia e, per una volta, volevo pensare a me stessa. Volevo dedicarmi del tempo per capire cosa in realtà potesse farmi felice.

Avevamo litigato per questo e se n’era andato senza salutarmi. Qualche mese dopo è tornato per un fine settimana e mi ha riferito che ha pensato molto a noi e alla nostra relazione.

Avevamo deciso di continuare a sentirci e sembrava filare tutto liscio anche se mi mancava un sacco.
Dopo quel giorno orribile non sono uscita di casa per due settimane. Mi ero ritrovata in ospedale nella stessa stanza di Ashley e non ho voluto parlare per l’intero giorno.

Non so dove sia al momento Kyle, probabilmente avrà già scontato la sua pena ma nemmeno mi interessa più saperlo.
Non pensavo fosse arrivato a tal punto da rovinare la sua stessa vita. Era diventato ossessivo ed era completamente fuori di testa.
In quanto a mio padre, l’avevano trovato mentre camminava tranquillamente per Seattle, ma due anni fa è andato in overdose. Quando me lo hanno detto, non ho provato nulla. Non riuscivo a capire perché la morte di una persona che ha fatto parte della mia vita fin dalla mia nascita non mi facesse male. Non avevo la minima idea che, oltre a ubriacarsi, si drogava anche, ma poco mi importava. Non tutti i genitori riescono ad amare i propri figli e, per crederci ho dovuto provarlo sulla mia stessa pelle.

Non so quanti sacrifici io abbia fatto ma abbastanza da dire che oggi sono me stessa; oggi sono felice e, se va male, domani è un altro giorno per ricominciare.

Los Angeles non la ricordavo così calda. Beh, molto più calda di quando ci vivevo. Non pensavo nemmeno di rimetterci più piede dopo essermi trasferita a Seattle. Ho realizzato che la città dove sono nata e cresciuta è la mia vera casa. Lì mi sono ritrovata e lì mi si è aperto un mondo pieno di opportunità. Con il tempo e con alcune persone che sono entrate nella mia vita occasionalmente mi sono resa conto che ciò che volevo fare nella vita è scrivere. Volevo vivere scrivendo e c'erano stati giorni in cui volevo arrendermi.
Ma il giorno dopo mi alzavo e mi domandavo il motivo, senza ottenere  nessuna risposta valida.
Tutto ciò che volevo io era alzarmi la mattina e dire: non vedo l’ora di andare a lavoro perché oggi sarà una bella giornata. E così è stato.

Non posso nemmeno credere al fatto che sto presentando il mio best seller in questa calda città e che davvero ci sono persone che apprezzano ciò che scrivo.

Arrivare dove sono arrivata adesso non è stata una passeggiata, ma ogni rifiuto, ogni sacrificio e ogni lacrima sono stati importanti: ne è valsa la pena.

È la prima volta che scrivo qualcosa che riguarda direttamente me. Non è esattamente la mia storia ma prende molto spunto da chi sono e quello che mi è successo.

Alla fine dei firmacopie, Mariah, la mia manager nonché amica stretta da quando sono andata al corso di scrittura creativa, viene congratulandosi.

«Ottimo lavoro, hai parlato benissimo. Erano tutti entusiasti».

Faccio spallucce. «Beh, lo spero».

«Sei stata geniale! Andrei a festeggiare questa sera con te ma prima devo darti una notizia che non ti piacerà per niente».

Faccio un respiro. Gli annunci delle brutte notizie sono quasi peggio delle notizie stesse.

«Una certa Mcray Danielle ha plagiato il tuo libro. L’ho preso non appena ho visto le varie recensioni che gli utenti segnalavano sul tuo e-book».

Fantastico. Mi mostra il libro e già la copertina ricorda quella del mio.
Lo prendo io e decido di dedicarmici per controllare se sia simile al mio oppure proprio uguale.

Arrivata in hotel, mi cambio e la prima cosa che faccio è controllare il libro. Arrivata a pagina 35 mi rendo conto che sì, questo può essere considerato plagio. Stessa trama, stesse ambientazioni, addirittura alcuni nomi e alcuni discorsi diretti sono identici.

Ho una rabbia addosso... e pensare che ero felice fino a due ore fa. Mando un messaggio a Mariah e le spiego tutto. Con la sua solita calma, mi assicura che oggi stesso cercherà di contattare qualche studio legale per risolvere il mio caso.

Non ho veramente parole.

Mi alzo per fare una doccia calda e rilassarmi e leggo qualcosa prima di addormentarmi con il libro in mano.
Il mattino seguente faccio colazione a un bar a due isolati di distanza dall’albergo. Ricevo un messaggio di Mariah e uno di Bella. Apro prima quello di Bella:

Hey, bellezza quando torni?

Da coinquiline in una stanza della comunità a coinquiline vere e proprie. Ha avuto la testardaggine di voler cambiare rotta pure lei e dire che si è trovata male è mentire. Non posso credere che si sia data a medicina, nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di scommetterci sopra e invece eccola lì, quasi dottoressa.

Mai. Adoro Los Angeles Sorrido.
Apro il messaggio di Mariah che mi manda in allegato un indirizzo.
Eccoti qui. L’unico studio legale aperto di domenica, mia cara.
Se non fosse per lei non concludei nemmeno mezza cosa. Ti adoro, le scrivo.

Finisco il mio cappuccino e mi avvio subito alla ricerca di un taxi. Affollati come sempre ma ce la faccio.

Raggiungo il posto, situato in centro città, e scendo. Sono carica stamattina e spero possano risolvere la questione al più presto.

Busso alla porta e aspetto una decina di minuti ma non arriva nessuno. Pensavo di avere un appuntamento.

Dalla frustrazione do un calcio col piede alla porta e questa viene subito aperta. 
«Stia calma», mi viene risposto con tono secco; vorrei rispondergli a tono, ma mi blocco quando vedo la sua faccia.
Mi sembra un sogno ma è tutto reale. Dylan è di fronte a me. Lo stesso faccino pulito di sempre, ma con gli occhiali, una nuoca acconciatura e un elegante completo nero.

«Non ci credo», esclama.

Scuoto la testa. «Nemmeno io».

Sento un forte impulso, quello di scappare, e da ragazzina lo avrei fatto. Una forza potente mi tiene con i piedi attaccati a terra e non posso fare a meno di guardarlo come se fosse la prima volta. Tutti i momenti e tutte le emozioni mi passano veloci davanti agli occhi e ho l’impressione che sarà difficile gestire la situazione adesso.

Mi fa spazio per entrare e così faccio. Nell'ufficio sono presenti due scrivanie, una davanti all'altra. È tutto ordinato e pulito, quasi da farci una battuta ironica sopra perché una volta non era così ordinato.

Ma questo è il punto, era. Sono passati diversi anni, sette per l’esattezza.

«Ancora non credo ai miei occhi».
Annuisco. Si toglie gli occhiali mostrandomi il blu di cui mi ero innamorata.

«Come stai?», domando.
«Bene, credo». Sorride.

Non ho mai avuto una conversazione così imbarazzante. Ci sono tante cose che vorrei dire o chiedere ma restano lì perché tante barriere sono venute a formarsi tra di noi. È quasi come conoscere una nuova persona, con la differenza che tu conosci una parte della sua vita che non sai se è morta.

«Ti prego, raccontami cosa fai, la tua vita, perché ti trovi qui».

Lui è entusiasta. Come se avesse incontrato un vecchio amico d'infanzia, ma io quel coraggio di far finta di niente non lo trovo.

Mi convinco che va tutto bene, ma tutto ciò che provo in questo momento è confusione e nostalgia.

Gli racconto in breve cosa è successo nella mia vita da quando le nostre strade si sono divise. Un riassunto privo di dettagli che racconti solo a qualcuno che hai appena conosciuto, ma lui me l'ha chiesto e io gli sto rispondendo.

«Sono contento per te. Sapevo che saresti arrivata in cima alla montagna».

Già…
Sorrido. «Tu? Sei diventato cieco col passare degli anni?», scherzo, indicando gli occhiali.

«Li metto solo per leggere. Un sacco di burocrazia scritta in caratteri corpo otto».

Ridacchio e lui fa lo stesso. Non è cambiato per niente se non per quelle poche caratteristiche che lo definiscono più maturo.
Ho davvero tanta nostalgia dei nostri tempi e di quella risata contagiosa.

«E il fato vuole che tu sia proprio nel mio studio. Cosa hai fatto stavolta?».

Apro la bocca indignata e so che voleva proprio questa reazione. Aveva il vizio di stuzzicarmi e lo ha tuttora a quanto pare.

«Una testa di cazzo mi ha copiato il libro». Racconto e qui sì che la faccenda per me si fa seria.
Sia io che lui ci dimentichiamo di chi siamo stati l’uno per l’altra e indossiamo le vesti di avvocato e cliente. È strano ma mi rendo conto anche di quanto davvero questo è quello che ha sempre voluto fare. È professionale e si vede che ha passione per il suo lavoro.

Dopo una chiacchierata in termini legali, mi assicura che, se è tutto in regola, non ci saranno problemi.

Lui mi sorride e io faccio lo stesso per un minuto in silenzio. Non imbarazzante ma voluto. È sempre quella persona di cui mi ero follemente innamorata e, anche se al momento non so cosa sento, so per certo che non smetterò di menzionarlo quando mi chiedono chi sia stata la persona più importante della mia vita.

«Toglimi una curiosità, come si chiama il tuo libro?». Torna il Dylan della mia adolescenza.

«You’re Worth it», rispondo di getto, ma proprio in quel secondo vorrei non averlo mai detto con quel tono.
Mi fissa negli occhi, pronto a dire qualcosa. Divento rossa e lui se ne accorge pure.

«Devo andare», dico alzandomi e lui fa la stessa cosa.

«Certo, per qualsiasi cosa, ti aggiorno».

Annuisco e mi accompagna alla porta. Mi giro verso di lui e mi saluta con un bacio sulla guancia.

Faccio le scale e mi sento scombussolata.

«Ally!», mi chiama.

Trattengo un respiro, girandomi.
«Sì?».

«Buona fortuna», risponde dopo un tempo che mi pare interminabile.
Annuisco. «Anche a te».

Torno in hotel con un magone allo stomaco e racconto tutto sia ad Ashley che a Bella in una telefonata a tre su Skype.

«Sì, ma noi vogliamo sapere come ti sei sentita quando lo hai visto». Si impunta Ashley.

Scuoto la testa. «Non lo so», rispondo con tutta sincerità. «Non lo so davvero».

Bella ridacchia prendendomi in giro. «Si vede anche tramite uno schermo con la connessione scadente che provi qualcosa per lui».

Alzo gli occhi al cielo. «Anche se fosse è ormai troppo tardi».

Mariah mi invia un messaggio. Entrambe discutono dei miei sentimenti ma io resto fissa su quello della mia manager.
Non mi avevi detto che conoscevi l’avvocato e nemmeno che è un figo da paura.

Ha contattato Mariah?

Sviste. Perché ti ha scritto?

Voleva sapere dove ti trovi. Gli ho dato il nome del tuo hotel.
Cosa?????

«Heilà! Che succede?», domanda Ashley.

«Devo andare». Chiudo la chiamata di Skype.

Milioni di domande mi frullano nel cervello. Per quale motivo ha voluto sapere dove mi trovassi? Inizio ad andare avanti e indietro per minuti che sembrano infiniti fino a quando non sento qualcuno bussare.

Faccio un respiro e vado ad aprire la porta. «Mi scusi, può fare più piano. Stiamo cercando di dormire». Mi chiede un signore scocciato.

Mi rendo conto che l’ansia che potesse essere lui è diventata delusione. Non voglio ammetterlo con me stessa ma ho sperato davvero che fosse lui.

«Mi scusi», dico dispiaciuta e chiudo la porta con un nodo allo stomaco.

Ho un peso enorme addosso e vorrei liberarmene. Mi sento delusa e soffocata in questa stanza.

Dopo minuti di meditazione, prendo una giacca e le chiavi della stanza per poi dirigermi fuori per prendere aria fresca.

Mi faccio accompagnare a Hollywood Sign come se fosse il mio posto di sempre. Ci sono stata una volta sola e ricordo che mi aveva portata lui quassù per farmi vedere il mondo un po’ più dall’alto.

Cosa mi aspettavo? Sono passati sette dannati anni, sono cambiate tante cose e siamo cambiati noi. Non rimpiango niente, davvero niente, ma è difficile affrontare il marchio che ci ha lasciato il tempo. E difficile non avere nostalgia e non volere in fondo che lo cose fossero state un po’ meno dolorose; un po’ meno drastiche.

«Sapevo di trovarti qui».

Mi volto, alzandomi da terra. «Che ci fai qui?».

È un sogno.

Sembra lo stesso ragazzo, adesso, con i soliti vestiti normali e il vento a scombussolargli i capelli.

«Mi sei mancata», ammette, con il fiatone di chi ha fatto una strada in salita soltanto per venire a dirtelo.

Il mio cuore batte forte da non sentire nemmeno il vento.

«So che non cambia niente e che sei arrabbiata e delusa per tutto quello che è successo».

Lo fermo subito «Non lo sono». Sorrido, avvicinandomi. «Per lo meno, non lo sono più».

Mi prendo un momento per pensare davvero a quello che sento e provo a esprimerlo a parole.

«Sai? Non potevo davvero capire perché la nostra storia non avesse funzionato nonostante ci amassimo tanto», ammetto. «Ti ho dato la colpa fin troppe volte per poi rendermi conto che avevi ragione». Continuo, cercando di non piangere. «Eravamo distanti ma non assenti l’uno dall’altra. Non so se si è tutto spento o c’è ancora una fiamma che ha bisogno di essere alimentata per tornare in vita, so solo che ad oggi tu sei la persona più importante della mia vita». Non sono mai stata così sincera.

I suoi occhi luccicano e fa un passo verso di me. «Forse maturando abbiamo fatto entrambi la scelta giusta».

«Forse», annuisco in accordo.

«Ma forse è vero anche che non c’è bisogno di pensare a cosa succederà da ora in avanti».

Il mio viso si illumina con un sorriso.
«Forse».

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