Se solo tu mi amassi || Ereri...

vivodinagato tarafından

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[IN REVISIONE dal primo capitolo in poi]. Eren Jaeger è uno studente della scuola Shiganshina, nella città di... Daha Fazla

Prologo
Capitolo I - Haiku e musica
Capitolo II - Levi... sei innamorato?
Capitolo III - Tempo
Capitolo IV - Neve
Capitolo V - La persona sbagliata
Capitolo VII - Te lo prometto
Capitolo VIII - A volte, va bene piangere
Capitolo IX - Il festival scolastico
Capitolo X - Eroe
Capitolo XI - Rimpianto o rimorso?
Capitolo XII - Ti amo
Capitolo XIII - Vivi
Capitolo XIV - Orgoglio
Capitolo XV - Fiorire
Capitolo XVI - Violino e pianoforte
Capitolo XVII - Lacrime di ghiaccio
Capitolo XVIII - Futuro
Capitolo XIX - Addio, arrivederci
Capitolo XX - Lettere di un Concerto
Capitolo XXI - Punizione
Capitolo XXII - Figlio
Epilogo

Capitolo VI - Senza di te

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vivodinagato tarafından

«"Non t'amo come se fossi rosa di sale", di Pablo Neruda:
Non t'amo come se fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t'amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, tra l'ombra e l'anima.
T'amo come la pianta che non fiorisce e reca
dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori;
grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
il concentrato aroma che ascese dalla terra.
T'amo senza sapere come, né quando, né da dove,
t'amo direttamente senza problemi né orgoglio:
così ti amo perché non so amare altrimenti
che così, in questo modo in cui non sono e non sei,
così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.»

«Che razza di sdolcinato», sentenziò Eren, una volta che Armin ebbe finito di leggere l'ennesima lettera da parte del "suo" sconosciuto. Che ossimoro: gli era davvero concesso di parlare in questi termini di un estraneo?
Eppure, nei suoi confronti, il biondo provava una perturbante sensazione, detta in psicanalisi unheimlich: qualcosa a noi sconosciuto, ignoto, ma - al tempo stesso - vicino e familiare.
«È meraviglioso, Eren», commentò il biondo, conservando la lettera nel suo zaino insieme a tutte le altre ricevute in quei giorni, «però io amo già qualcun altro...per cui devo fare in modo di farglielo sapere, cosicché possa dimenticarmi».
Eren inserì il tabacco nella cartina, intento a preparare una sigaretta; era intenzionato a risparmiare il più possibile, con un unico scopo. Ma mentre rifletteva su questo, dalla distrazione, si lasciò sfuggire un pensiero ad alta voce.
«Sarebbe bello se lo sconosciuto fosse Jean».
Queste poche parole bastarono per far arrossire violentemente il suo migliore amico, che intanto ne negava la possibilità: purtroppo entrambi non vedevano Jean come un tipo da poesie e, per di più, non eccelleva in letteratura, per cui non potevano nemmeno supporre che avesse una "passione segreta" o simili.
I due sospirarono quasi contemporaneamente, mentre la classe si riempiva nuovamente al suono della campanella.
Il professor Ackerman arrivò puntuale e palesemente di pessimo umore: tutto nella norma, insomma. Kenzo, invece, si era presentato nella sua classe ogni giorno da quando si erano rivisti, augurandogli di passare una buona giornata e chiedendogli di pranzare insieme. Lo chiamava "'Ren senpai", e la cosa non solo lo imbarazzava, ma faceva anche morire dal ridere Armin, che non perdeva occasione di analizzare le reazioni di Levi.
«Jaeger, se non posi immediatamente quella sigaretta e non togli quello schifo dal tuo banco, te lo faccio ripulire con la lingua».
E mentre Eren si affrettava a posare filtrini, cartine e tabacco, ripulendo velocemente il tavolinetto dai residui, il biondo accanto a lui non smetteva di rimuginare su una consapevolezza. Ma era il caso di condividerla con Eren, sapendo che - probabilmente - l'avrebbe ferito?
«Però sai, Eren...ora capisco come si sente il professore», si decise finalmente Armin, sussurrando all'improvviso durante la lezione, «è frustrante ricevere messaggi e - nel mio caso - poesie da un anonimo. A volte la cosa mi fa stare davvero male...insomma, non è un'esperienza emozionante come ci si aspetterebbe».

Lo Jaeger pensò molto alle parole dell'amico; non smise di pensarci nemmeno durante il corso pomeridiano con Erwin e Kenzo. In realtà si era chiesto fin dall'inizio se fosse giusto farlo, e non solo scrivergli con un numero sconosciuto: la cosa che più lo turbava era l'essere entrato prepotentemente nella sua vita. Come se qualcuno entrasse in casa tua senza nemmeno avvisare prima o, perlomeno, bussare, come farebbe un ladro. Magari Levi nemmeno voleva, e mai avrebbe voluto.
E molto probabilmente Eren ne sarebbe uscito più ferito dell'Ackerman da quella situazione, ma la cosa non sembrava importargli: era il genere di persona che, finché non si buttava a capofitto in una sua decisione - giusta o sbagliata che fosse -, non si tirava mai indietro.
- Quando ti sentirò suonare di nuovo, Levi? -, scrisse velocemente al professore, tornando ad esercitarsi. Kenzo era bravissimo, e gli studi fatti in quegli anni all'estero avevano dato i loro frutti. Eppure, nonostante tutto, Erwin non aveva occhi - ed orecchie - che per Eren.
Lo Jaeger aveva ascoltato Levi suonare il pianoforte una sola volta, eppure sentiva di averlo capito, almeno un po'. In fondo si somigliavano parecchio: nessuno dei due suonava perché aspirava ad un futuro nella campo della musica; suonavano solo perché volevano arrivare al punto di non poter più essere dimenticati. Volevano raggiungere il cuore delle persone, e viverne all'interno per sempre.
Era forse quella la ragione per cui Eren era nato? Per frammentare la sua anima e condividerla con coloro che avrebbero prestato attenzione alla sua musica, con sincerità e commozione?
Eren, nonostante per qualche anno avesse smesso di suonare, in realtà sapeva bene di non poter dimenticare. Infatti non c'era mai riuscito: aveva accuratamente riposto il violino nella sua custodia, per poi abbandonarlo in un angolo della casa a prender polvere. Ma nonostante questo, quelle sensazioni, gli applausi, quella stanchezza quasi soddisfacente, le lacrime del musicista mescolate a quelle degli spettatori...non facevano altro che tormentarlo, scavando dentro il suo petto, nei suoi ricordi e nel silenzio di casa sua.
- Non appena si libera l'aula di musica penso che andrò a dare "un'occhiata". -, rispose Levi, stranamente tranquillo. Dov'era finito tutto il nervosismo, la rabbia di quei giorni e di quella mattina? Con l'anonimo riusciva forse ad aprirsi un po', dimenticando la sua tristezza, o era semplicemente un trucco, un'imboscata?
Probabilmente Armin gli avrebbe detto di stargli alla larga; ma Eren in quel momento si sentiva fuori di sé: non gli importava della sincerità del professore, né se in realtà gli stesse tendendo una trappola, e nemmeno di essere scoperto. Arrivato in cortile, dalla parte della finestra che portava direttamente all'aula del professor Erwin, si sedette per terra con le spalle poggiate al muro. Sapeva che se Levi si fosse sporto per aprire la finestra lo avrebbe sicuramente visto, ma ignorò la preoccupazione pur di stargli il più vicino possibile. Sentiva un bisogno disperato di lui, della sua voce, delle loro mani intrecciate, soprattutto con tutti i pensieri che gli affollavano la mente in quei giorni.

Yiruma - River Flows In You

Levi stava suonando. Di nuovo, e questa volta per Eren. O meglio, per l'anonimo.
Probabilmente anche il professore sperava che lo sconosciuto fosse lì da qualche parte, che la sua melodia potesse raggiungerlo. Il castano estrasse l'accendino dalla tasca dei jeans, accendendo la sigaretta che teneva tra le labbra tremanti, detestando la differenza di qualità tra le sigarette fatte a mano e quelle comprate. Doveva risparmiare più denaro possibile, per evitare che la sua vita venisse nuovamente rovinata.
Mensilmente, da quando suo padre se n'era andato, trovava nella buca delle lettere una busta priva di francobollo, mittente, destinatario, o qualsiasi altro tipo di messaggio scritto. Al suo interno c'erano solo i soldi necessari alla sopravvivenza: cibo, pulizia personale e della casa, libri e tasse scolastiche. Viveva una vita modesta, per cui aveva spesso cercato impiego come cameriere, maestro di musica e quant'altro, ma era sempre stato rifiutato data la sua età. Troppo giovane per servire ai tavoli, per insegnare a suonare e anche per essere amato da Levi. La sua unica fonte di guadagno sarebbe stato il tornare a competere nei concorsi musicali, ma sapeva che non avrebbe mai sopportato di tornare sul "palco" solo per soldi. Si convinse sempre di più che quella, alla fine, si era rivelata la sua maledizione.
"Torna quando avrai diciott'anni", gli rispondevano tutti. Che diavolo aveva fatto nelle sue vite precedenti per meritare quella punizione?
Ma entro pochi mesi, tutto sarebbe cambiato. O almeno, così sperava Eren, con tutte le sue forze. Sapeva bene che, fino a quel momento, era andato avanti sopravvivendo, come un parassita, grazie all'uomo che più odiava al mondo. Eppure si era accorto, in quei mesi, che i contenuti delle buste si erano notevolmente ridotti: era impossibile che Grisha lo volesse lasciar morire di fame, per cui l'unica spiegazione plausibile era che anche lui fosse in difficoltà a gestire tutte le spese, decidendo di risparmiare sul mantenimento di suo figlio.
Ed Eren stava mettendo da parte il denaro, saltando anche parecchi pasti, attento a non spendere la cifra utile a cambiare le serrature di ogni porta e cancello presente a casa sua.
La melodia suonata da Levi era meravigliosa, ma cozzava con l'odio e lo sconforto provati in quel momento da Eren. I suoi occhi smeraldini divennero acquerello, intinti d'una macchia scura color inchiostro, come una piuma in un calamaio.
Stava nuovamente piangendo. I singhiozzi lo scuotevano, ma dalle sue labbra non proveniva alcun suono.

Beethoven - Moonlight Sonata, Piano Sonata No. 14 in C# minor

Levi aveva cambiato brano, passando ad uno dei più rinomati di Beethoven. Ogni nota sembrava sfiorargli l'anima, ed Eren avrebbe fatto di tutto per guardarlo mentre suonava. Ma non poteva rischiare di essere scoperto, nonostante - in quel momento - si sentisse come se tutto, compresa la sua vita, fosse superfluo ed insignificante.
Se mai Grisha avesse perso il lavoro, probabilmente non avrebbe più potuto mantenere la casa in cui - Eren supponeva - abitava in quel momento. E se fosse tornato da lui, dopo otto anni? In fondo, per legge, quella era anche casa sua. Ma di certo non avrebbe potuto costringerlo ad aprirgli la porta, dato che Eren custodiva dentro di sé fin troppi segreti su di lui, che probabilmente gli avrebbero rovinato la vita.
E piuttosto di farsi distruggere da un moccioso, probabilmente avrebbe preferito vivere per strada ad elemosinare la pietà altrui.
Sperava di non rivederlo mai più, di arrivare alla maggior età e di andare via, cambiar vita. Mentre invece, in quel momento, la paura lo stava avvolgendolo con la sua infima morsa, più stretta che mai. Aveva sempre dovuto cavarsela da solo, tanto che alla fine si era ritrovato a rifiutare chiunque cercasse di interessarsi e preoccuparsi per lui. Ma era stanco, esausto da quella corsa infinita. Quando avrebbe trovato un po' di pace, la sua oasi nell'arido deserto?
Addormentarsi in un letto troppo vuoto per una persona sola, crogiolandosi nel poco calore emanato da un corpo ormai privo di vita. Cercava solo delle braccia, le sue braccia, in cui abbandonarsi e lasciarsi cullare senza aver paura di essere pugnalato dritto nel petto. Pensando a queste parole, Eren ricordava gli abbracci di Carla e il bacio sulla fronte che era solita dargli prima di andare a dormire, nella semioscurità della sua stanza, quando i mostri che temeva si nascondevano sotto il letto e non dentro le persone.
Lacrime, che piovevano come acido dritto sul suo cuore. Si era ripromesso di non piangere più per un uomo che era suo padre, ma che mai sarebbe stato suo papà.
Lo Jaeger si asciugò il viso con la manica della giacca quando il brano giunse al termine, allontanandosi velocemente dal suo "nascondiglio"; non poteva trattenersi oltre, dato che - finalmente - si sentiva pronto per rivolgersi alla ferramenta della sua città, WallMaria. Quel bastardo non avrebbe più messo piede in casa sua.
- Levi, grazie. -

«Buona giornata 'Ren senpai! Ci vediamo dopo!», disse Kenzo affacciandosi dalla porta dell'aula, ancora aperta, sventolando una mano in sua direzione. Il moro era sempre sorridente, anche la mattina presto, il completo opposto di Levi, insomma.
Anche se, dovette ammettere Eren, che non era affatto un tipo mattiniero ma - piuttosto - una creatura della notte, nemmeno lui era molto diverso dal professore: era di malumore, assonnato, odiava i rumori forti, il disordine...almeno fino alle dieci del mattino. Da quel momento in poi, invece, tornava sé stesso: sorridente, solare, spiritoso. Caratteristiche di lui che tutti apprezzavano, ma che non facevano che riempire Armin di dubbi: come faceva il suo migliore amico a sembrare tanto felice?
«Jaeger, di' al tuo amico che la prossima volta che entra nell'aula durante le mie ore lo faccio espellere. Anzi, prima lo faccio sospendere, e il giorno dopo il suo rientro lo butto fuori».
Tutti trattennero a stento le risate: era evidente che a Levi non piacessero a fatto gli ospiti e le visite inattese e, soprattutto, non gradite.
«Perché non glielo dice lei stesso? Almeno lui viene qui ogni mattina di buon umore», gli rispose acidamente Eren, senza un motivo apparente. O forse in realtà un motivo c'era: il professore rispondeva sempre meno ai messaggi dell'anonimo, facendo imbestialire lo Jaeger, che praticamente viveva per lui.
Aveva aspettato anni per fare la sua mossa, e nulla stava andando per il verso giusto, né con Levi, né con la sua vita. Se solo ci fosse riuscito, di certo l'avrebbe odiato.
«Oh, ti sei arrabbiato perché ho minacciato la tua fidanzatina?».
Nonostante tutto, lo amava da impazzire. Il suo cuore batteva pericolosamente, e quella sorta di tachicardia lo innervosì maggiormente. Levi si stava lentamente avvicinando al limite, oltre il quale Eren conservava tutto il veleno che tratteneva dentro di sé. Nessuno aveva mai sfiorato a tal punto i suoi nervi, forse perché di nessuno gli importava così tanto. Sperava solo di non esplodere, stanco ormai di fingere.
«Effettivamente sarebbe un ottimo fidanzato. Oh, ma se vuole conosco qualcuno che può fare al caso suo, se vuole glielo presento, magari facciamo anche un'uscita di coppia», rispose Eren con tutto il sarcasmo che aveva in corpo, consapevole di essere ormai arrivato ad un punto di non ritorno.
«Jaeger, ti conviene tacere se non vuoi essere sbattuto fuori. E non dall'aula».
Armin strinse forte la presa attorno alla coscia di Eren, pregandolo con lo sguardo di arrendersi. Eren respirò profondamente, cercando di riprendere il controllo, rispondendo al professore con un semplice monosillabo: «sì».
«"Sì, signore"», lo corresse Levi.
Tutta la rabbia che Eren aveva cercato di trattenere, esplose nuovamente in lui, bruciandogli lo stomaco. Un incendio al quale nemmeno il più ignifugo dei materiali avrebbe potuto resistere.
«Non c'è bisogno di chiamarmi "signore", professore!», ribatté Eren mentre tutti, in classe, cercavano di trattenere l'epicità da cui erano appena stati colpiti.
Levi rimase interdetto per un attimo: per quanto avesse apprezzato il riferimento alla saga di Harry Potter, di certo non poteva lasciar passare inosservato il suo comportamento.
"Razza di moccioso", pensò, mentre spediva il castano fuori dall'aula e scriveva sul registro l'ennesima nota disciplinare.

A fine giornata, dopo aver più subito che assistito ad altre cinque ore di lezione, Eren uscì in cortile per incamminarsi verso casa. Non aveva voglia di incontrare Kenzo al corso, così come chiunque altro. Era esausto, per cui sarebbe tornato direttamente a casa.
Il castano, però, non si aspettava di certo di incontrare Levi per strada, che camminava dandogli le spalle nella sua stessa direzione.
«Professore», disse in segno di saluto, superandolo velocemente. Perché era lì, così distante dalla scuola? Aveva forse parcheggiato più lontano del solito, o magari doveva vedersi con qualcuno?
Il pensiero lo fece raggelare sul posto, costringendolo a fermarsi. Si voltò, bloccando il passaggio a Levi, puntando lo sguardo sulle sue scarpe.
«Perché si comporta così? Mi odia forse?», disse quasi urlando, incapace di regolare il volume della sua voce, «beh, io non la odio affatto. Per questo motivo non capisco perché lei faccia il bastardo, per di più solo con me! Lei, professore, attraverso i miei temi scritti, è forse una delle persone che mi conosce di più. So che sembra poco, ma non è così, perché in realtà nessuno mi conosce davvero, se non Armin.
E sull'unica figura su cui penso di poter contare, che c'è sempre quando ne ho bisogno - basti pensare a quello che è successo con Erwin -, lei ci sputa sopra e la distrugge così? Io non lo accetto! Non potrei mai, perché io la a-», Eren fece cadere la frase, bloccandosi in tempo per non completare quella che sembrava la fine di una dichiarazione d'amore. C'era mancato davvero poco; le emozioni stavano prendendo il sopravvento, per cui Eren sapeva che quello era il momento di andare via, tornare a casa e combattere da solo contro i suoi demoni.
«Lasci perdere, tanto non capirebbe. Me ne vado», disse infine il più giovane, facendo finta di nulla. Levi non aveva reagito, era rimasto immobile ad osservarlo, a patto che lo stesse ascoltando davvero.
«Che pezzo di merda», borbottò Eren mentre andava via, abbastanza forte da essere arrivato alle orecchie del professore. Se solo fosse andato al corso di musica con Kenzo...
E con le lacrime agli occhi dal nervosismo, si pentì di ogni cosa: avergli scritto quei messaggi, aver litigato con lui, avergli quasi confessato i suoi sentimenti. Ma non riuscì a pentirsi di amarlo.
Magari, però, era giunto il momento di iniziare a vivere, anche se ciò significava farlo senza Levi. Avvertì la stessa sensazione di qualche anno prima, in quella discoteca: voleva mettersi di nuovo in gioco.

Levi continuava a fissare il foglio davanti a lui, leggendolo e rileggendolo senza però capirne il contenuto. Dopo un'ora di tentativi, finalmente abbandonò l'idea di correggere i compiti della 5ª B.
Non riusciva a smettere di pensare ad Eren: infatti nel momento in cui aveva ammesso a sé stesso di provare dei sentimenti per il ragazzo, la sua gelosia era notevolmente aumentata e, per ironia della sorte, era comparso quel ragazzo. Annessi a lui, naturalmente, tutti i pettegolezzi che giravano nella classe, secondo i quali i due avevano avuto una relazione anni prima.
«La mia solita fortuna», pensò ad alta voce, ancora incredulo per ciò che era accaduto.
Eren aveva avuto il coraggio di fermarlo, urlargli contro, chiamarlo 'bastardo' e 'pezzo di merda', per poi cosa? Lasciarlo con una miriade di dubbi, che non facevano altro che confonderlo e torturarlo maggiormente.
"Non potrei mai, perché io la a-".
La adoro? Apprezzo, ammiro, accetto, approvo, aiuto, ascolto, acclamo? La amo?
Levi non riusciva a darsi una risposta, ma sapeva che se solo fosse stato più aperto nei suoi confronti, anche se di poco, magari lo Jaeger avrebbe completato la frase. E se fosse stata una confessione, come in realtà Levi sperava che fosse, l'avrebbe affrontata di petto, avvicinando a sé il castano e baciandolo appassionatamente. Invece era rimasto immobile, senza proferir parola, combattendo con l'istinto di bloccare Eren al muro e di farlo suo.
Immaginava spesso le loro lingue incontrarsi desiderose, trasformando un casto bacio in uno pieno di desiderio, disperazione e attese fin troppo prolungate. Eren era molto più alto di lui, ma la cosa non l'avrebbe disturbato dal prenderlo tra le braccia e sbatterlo su una qualsiasi superficie disponibile, spogliandolo dai suoi vestiti e liberando il suo membro, perfettamente eretto, ormai troppo ingrossato da essere contenuto nei pantaloni.
«O magari ce l'ha minuscolo, chi lo sa», si disse Levi, divertito dalla sua stessa battuta, per poi tornare serio subito dopo. Aveva sprecato la sua occasione e, consapevole del fatto che probabilmente non si sarebbe più presentata, Levi si decise a ignorare quella sensazione, tornando a correggere i temi dei suoi ragazzi.
Eppure, non riusciva a smettere di pensare al viso di Eren in quel momento.

La settimana dopo, la situazione era cambiata drasticamente: Eren e Levi si erano visibilmente allontanati, tanto che anche i suoi compagni di classe si erano accorti del fatto che non litigavano più e che il professore non aveva nemmeno provato ad interrogare lo Jaeger. Ogni volta che incrociavano lo sguardo, o si incontravano in corridoio, Levi perdeva la testa, incapace di compiere qualsiasi azione di senso compiuto. Eren, invece, gli rivolgeva solo qualche sguardo indifferente, convinto di voler voltare pagina e dimenticare definitivamente il professore. Da anonimo aveva continuato a scrivergli, ma unicamente per non destare sospetti.
Sembrava quasi che i ruoli e le personalità si fossero invertiti; Eren sapeva che il suo comportamento era dovuto alla forte delusione, ma era anche consapevole che - in realtà - non sarebbe mai riuscito a dimenticare Levi. Voleva vederlo infastidito, arrabbiato, voleva farsi odiare. Voleva che il sorriso sul suo viso gridasse al mondo "sono felice anche senza di te". Così si lasciò andare, deciso a godersi ogni momento.

«Eren, mi aiuti a portare questi libri?», chiese Mikasa, con una pila di libri tra le braccia.
Eren ne prese la maggior parte, beandosi del contatto tra la sua mano e quella della corvina. Era morbida e delicata, nonostante i duri allenamenti militari a cui si sottoponeva. Si chiese se provasse ancora qualcosa per lui, nascondendo il rossore del suo viso nella pila di libri che trasportava, camminando fianco a fianco con l'Ackerman.
Quel cognome.

«Eren, domani sera c'è una festa a casa di Berthold, ti va di venire?», gli chiese Reiner, poggiandogli una mano sulla spalla, facendolo arrossire per il contatto improvviso e inaspettato.
«Io non posso Bert, domani devo studiare come un pazzo per l'interrogazione con il prof. Ackerman», rispose Connie, sbuffando sonoramente.
Era ovunque.

Dopo aver raccontato l'accaduto ad Armin, ed avergli implorato di non parlare più di Levi, i due avevano ripreso a passeggiare per la scuola, chiacchierando animosamente.
«Ho pensato che, dato che le poesie compaiono solo in determinati momenti, l'anonimo dev'essere molto vicino a noi. Se non nella stessa classe, perlomeno in una vicina...per cui vorrei partire indagando sulla nostra, confrontando la scrittura dei biglietti con quella dei ragazzi della classe».
«Armin, sei un genio! Ma come farai a vedere quella di tutti? Se ti metterai a chiedere appunti o quaderni a tutti sembrerai sospetto, dato che non l'hai mai fatto», chiese
Eren, sorpreso ancora una volta dall'intelligenza di Armin.
«Beh, sai...a breve il professor Ackerman porterà i temi corretti, quindi...»
Ancora lui. Non riusciva a liberarsene.

«Sasha, ieri ho provato questa nuova ricetta con le patate, così ho pensato di portartene una porzione!», disse Eren imbarazzato, porgendole un contenitore di plastica. Non cucinava spesso, ma da quando aveva cambiato tutte le chiavi di casa sua si sentiva più al sicuro, per cui il suo umore era nettamente migliorato.
«Eren, sei il migliore! Ti amo!», urlò la ragazza, saltandogli addosso per abbracciarlo animosamente. Il ragazzo arrossì vistosamente non solo per il gesto e per quel 'ti amo', ma anche per il seno della Blouse completamente appoggiato al suo petto. Ma si rese conto che, oltre al forte imbarazzo, non provava nulla.
Perché lui era già innamorato, e non riusciva a dimenticarlo.

Quel giorno, data la forte pioggia, nessuno poté uscire in cortile per l'intervallo, per cui alcuni alunni rimasero in classe, mentre gli altri vagavano senza meta per i corridoi della scuola.
«Posso unirmi a te?», chiese sorridendo Kenzo, occupando momentaneamente il posto di Armin, che stava parlando con il professor Ackerman, vicino alla cattedra, riguardo all'argomento della sua tesina per l'esame di maturità.
I due, intanto, mangiavano in silenzio ed Eren, che fu il primo a terminare, poggiò la testa sul banco, seriamente intenzionato a dormire. Pochi minuti dopo, però, prima che Eren potesse davvero addormentarsi, sentì una mano poggiarsi fra i suoi capelli, accarezzandoli. Quando il castano si voltò verso Kenzo, quest'ultimo arrossì, senza però ritrarre la mano; decise invece di scompigliargli i capelli, costringendo Eren a sollevare nuovamente la testa dal banco per sistemarli.
Il moro rise fragorosamente ed Eren, a pochi centimetri dal suo viso, sentì il suo caldo respiro addosso. Sapeva bene che Kenzo non aveva fatto altro che flirtare con lui da quando si erano rincontrati, ma senza successo. Era forse arrivato il momento di dargli una chance, di iniziare a vivere dopo aver vissuto per anni un amore immutevole e fedele per Levi?
Lo sguardo di Kenzo si fece languido, pieno di lussuria e desiderio; si avvicinò pericolosamente al suo viso, arrivando quasi a sfiorargli il naso col suo, ignorando la presenza di tutti gli altri in nell'aula.
Eren rimase immobile, pronto a sentire - dopo tanti anni - le labbra di quel ragazzo sulle sue, consapevole del fatto che Levi poteva vederli. Kenzo continuava ad avvicinarsi e, nel momento in cui le sue labbra sfiorarono appena quelle dello Jaeger, vennero bruscamente interrotti da qualcosa.
"Un...un libro?", pensò Eren, alzando lo sguardo e incontrando quello di Levi, indecifrabile. Il professore aveva lasciato Armin alla cattedra, avvicinandosi a grandi falcate verso il suo banco per dividere il loro bacio con un tomo di letteratura.
«Non.nella.mia.classe.», sibilò a denti stretti, cacciando Kenzo dall'aula, vedendolo per la prima volta in piedi vicino a lui. Levi fu sorpreso di scoprirsi più alto del moro e, con in viso un'espressione di disgusto profondo, tornò alla cattedra per terminare il discorso con Armin.
Levi non poteva più aspettare il compleanno o, addirittura, il diploma del ragazzo; doveva fare qualcosa, o il suo corpo non avrebbe retto tutto quello stress.

"Eren, mai con uno più basso di me. Quello significa toccare il fondo."


🌸Angolo S e r e n a🌸

Finalmente un po' d'azione, cazo!
C'è anche una mini scena hot, eheh, e non vedo l'ora di scriverne una per intero ;3

Comuuunque, spero che il capitolo vi piaccia, e scusate se sto ritardando un po' con gli aggiornamenti, l'università mi sta prosciugando le energie 😭

Grazie per tutto il supporto!💕

Okumaya devam et

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