Worst Love [Luke Hemmings]

By _giorgias_96

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Sai? Siamo come due mari in burrasca. Ci scontriamo forzatamente come due nemici, ma ci uniamo inequivocabilm... More

ATTENZIONE ⚠
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 6
Capitolo 7
SCUSATE - SONO VIVA
Capitolo 8

Capitolo 5

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By _giorgias_96

Canzoni per il capitolo:

November blu: The Avett Brothers

Faded: Alan Walker

Cercami nel vento e nel tuo cuore. Mi vedi? Io ti vedo, ti sento e ti accolgo. Mi sciolgo e mi accorgo che è tutto parvenza di un sogno.

«Eddai, Ella, continui a rimanere l'unico mio buono uscita. Non farti pregare. Già mi sento in imbarazzo, oltre che un idiota totale.»

E aveva anche ragione. Luke continuava a rimanere in ginocchio davanti la porta aperta della mia camera, non volendo entrare.
Aveva affermato che, visto com'era finita l'ultima volta che vi aveva messo piede, non avrebbe ripetuto l'esperienza. Per non parlare del fattore madre. Per questo avrei voluto cambiare un po' l'arredamento, rendendola più mia.
«Ellaaaa», richiamò allungando l'ultima vocale del mio nome.
Roteai gli occhi lasciando cadere la matita sul libro di inglese, e gli lanciai un'occhiataccia.
«Esattamente, Luke, cosa ti serve?»
«Mi ha risposto, grazie!» esclamò a bassa voce rimettendosi in piedi. «Vorrei che tu mi accompagnassi a fare un altro piercing, per favore.»
«Perché mai dovrei venire io?» aggrottai le sopracciglia.
«Perché: prima di tutto, è stata colpa tua se è saltato il vecchio. Seconda cosa, posso uscire di casa solo con te. Terza e ultima cosa... mi farebbe piacere passare il pomeriggio insieme a te» sorrise appoggiandosi allo stipite della porta a braccia incrociate.
Arrossii e feci ricadere i capelli davanti il viso, così da schivare il suo sguardo.
Il mio cuore stava battendo impaziente, così veloce da farmi male.
Sorrisi di rimando e, portando la matita alle labbra, accettai.
«Però niente comportamenti infantili. Prova a non essere uno stronzo di dimensioni stratosferiche» lo ragguagliai. Non sarei stata capace di subire ulteriori suoi cambi d'umore dopo il bigliettino.
Era come se le sue parole continuassero a nuotare nella mia mente,continuando a galleggiare sinuosamente tra le righe consumate di quel frammento, aspettando che qualcuno ne liberasse lo struggente significato celato al suo interno.
Continuavo a conservarlo dentro il taschino della gonna, nonostante mi fossi cambiata una volta esser tornata a casa nel primo pomeriggio.
Chi avrebbe mai potuto pensare che un ragazzo come lui, potesse avere il cuore spezzato.
«Prometto solennemente che, se dovessi anche solo pensare di comportarmi come un arrogante coglione, sei libera di tirarmi un pugno. Tranne dalla vita in giù; sai com'è, a me serve tutto ciò che sta lì», sibilò allusivo, muovendo le sopracciglia simultaneamente.
Arricciai il naso disgustata, grattandone il ponte con l'indice.
«Pensavo che ti servisse la scatola cranica, invece ti accontenti di notevolmente poco» cinguettai serafica, rimanendo con gli occhi bloccati nei suoi.
Un sorriso impertinente si fece strada sulla sua faccia, prima di rispondere.

«Potrei darti una dimostrazione di quanto "notevolmente poco" non si avvicini alla descrizione da te messa in discussione. Ma sei la mia sorellastra e io ho a cuore la tua sensibilità. Ora,» si schiarì la gola seccato, «potremmo concentrarci sul nostro pomeriggio e smettere di parlare di assurdità?»
«Devo chiedere a mia madre il permesso. Non uscivo mai durante i giorni infrasettimanali, quando ero a Chicago» feci spallucce, scendendo dal letto.
Ci dirigemmo insieme verso lo studio di Nick, in cerca di entrambi, e li trovammo seduti su una poltrona intenti a parlare, ridere e scherzare.

«Oh, ma andiamo!» esclamò impacciato Luke, afferrando la mia mano e stringendola.
Agitai il braccio per allontanarmi dalla presa e - una volta esserci riuscita nonostante la riluttanza di Luke - chiesi a mia madre se avessi potuto mettere piede fuori casa. La tranquillizzai dicendole anche che non avevo nessun compito da fare, e che l'unica pagina che avessero assegnato, sarebbe stata per qualche giorno dopo, e non per l'indomani.
«Luke, fa in modo che non si perda. Ha un orientamento davvero pessimo.»
Imbarazzata gonfiai le guance e la guardai con biasimo.
«Mamma, grazie mille.»
«Tesoro, non voglio che tu ti perda per tutta Sydney. La città è grande» decretò, e poi si rivolse a Luke. «Quanto tempo starete fuori? Sarete solo voi due?»
«Mamma, dai pace alla tua mente. Stai diventando assillante.»
«Okay, ma chiama per qualsiasi cosa» cedette stanca.
Annuii, aspettando anche l'approvazione di Nick, il quale ci sorrise dopo averci scrutato minuziosamente.
«Perché non avverti pure i tuoi amici, Lucas? Magari farà bene ad Ella fare conoscenza.»
In quel momento avrei voluto si facesse gli affari propri, senza intromettersi. Ma per lui sembrava impossibile.
«Già fatto, papà. Non preoccuparti per la sua vita sociale. Ci pensa benissimo da sola», si sentì in dovere di difendermi, e qualcosa in me si ruppe. Non sapevo cosa esattamente, ma avvertito uno strano calore diramarsi dentro il petto. Nonostante l'inizio burrascoso fra noi, volevo a tutti i costi dimostrarmi amichevole con lui. Volevo fargli vedere che fossi una persona fidata, pronta nell'eventualità di un suo crollo emotivo.
Non lo conoscevo bene, ancora, ma se me ne avesse data l'occasione sarei riuscita a supportarlo anche nei suoi momenti più infelici; era evidente l'angoscia che nascondeva dietro quel sorriso impertinente. La vera domanda era se lui mi avesse permesso di rappresentare quello che aveva perso una seconda volta: una persona a cui tenesse.

Sbattei le palpebre e vidi gli occhi di tutti puntati su di me.
«Nick, mi farebbe molto piacere conoscere gli amici di Luke, ma è la mia vita e preferirei giostrarla da sola, senza che nessuno si intrometta» affermai con una punta di acidità, sperando che capisse l'antifona.
Prima di andare, Luke avvertì il padre che sarebbe andato con la sua comitiva al Luna Park, quella sera, e successivamente mi chiese di domandare anche a Sarah e vedere se le avesse fatto piacere trascorrere quella serata con noi.

Parlai con Sarah nel momento in cui il biondino mise in moto, e urlò eccitata all'idea che non riuscii a chiedere informazioni sul luogo dell'incontro.
«Sarah, per favore, respira.»
«Giuro, Ella, sono calma e rilassata, non lo senti?» urlò in preda all'euforia.
Calma e rilassata. Certo, come no.
«Mi spieghi il motivo di questo scompiglio?» le domandai stremata.
Non riuscivo più a differenziare i suoni col timpano destro e non volevo che anche quello sinistro subisse una tortura del genere. Sentirla urlare a rotazione continua mi stava procurando una emicrania.
«Tu non capisci. Passerò una serata insieme ai quattro ragazzi più carini della scuola, ma ti rendi conto?»
«In realtà, no. Non credo di afferrare la causa che ti spinge a sembrare una esaltata indomabile. Prendi un respiro dal naso e poi gettalo via dalla bocca» istruii perentoria.
«Ma come puoi pensare che sia in grado di respirare in un conflitto interiore del genere? Non so bene se tu abbia compreso con chi dovremmo uscire» mi ammonì.
Alzai gli occhi al cielo, inspirai bruscamente e lanciai una breve occhiata a Luke, impegnato sulla strada.
«Poi Calum», aggiunse con aria sognante, «mi piace da quando abbiamo iniziato le scuole superiori.»
«Fammi capire, in quattro anni non ti sei mai fatta avanti?»
Luke mi fissò confuso, e scossi il capo per fargli capire di non preoccuparsi.
«No! Ho sempre pensato che dovesse essere lui a fare il primo passo» borbottò.
«Sarah, l'emancipazione femminile è avvenuta da tempo, ormai. Siamo indipendenti, quindi stasera coinvolgilo, intrattenendolo in qualche conversazione. Non può andare poi tanto male», la rassicurai.
Riuscii a indicarle il luogo di incontro, previsto davanti il parco olimpico, e poi tornai a concentrarmi su Luke il quale aveva già accostato davanti una boutique di tatuaggi e piercing.
L'insegna era a forma ellittica, di colore rosso, sulla quale risaltavano imperiose le lettere T e D.
«Cosa dovrebbero significare? Dura tortura? Tortura e dolore? Dolorosa tortura?»
Luke rise di gusto, portando una mano sulle mie - nel frattempo tremanti in preda ad un'ansia cosmica di proporzione esagerata - e ne accarezzò le nocche col pollice.
Sussultai silenziosamente, soffermandomi a rimuginare su quel contatto.
Era così sbagliato, ma quel tipo di errore che, se visto dal nostro punto di vista, nascondeva la cosa più giusta in cui mi fossi mai scontrata.

Fu faticoso, per me, riuscire a sollevare gli occhi su di lui ignorando l'impulso di arrossire in automatico. Sapevo bene di star assumendo diverse tonalità violacee sulle gote, e per quanto stessi provando a passare del tutto inosservata, notai un angolo della sua bocca sollevato verso l'alto.
Le pupille erano dilatate nell'osservare attentamente le mie.
Non sapevo nemmeno quanto tempo fosse trascorso dal mio blaterare futili ipotesi sulle iniziali dell'insegna.
«Perché sei arrossita?» farfugliò, continuando con quella lenta pressione sulle mie nocche.
Brividi. Ecco ciò che stavo sentendo su per tutto il braccio. Brividi pungenti che solleticavano ogni fibra del mio corpo, arrivando a sfiorare ogni muscolo in tensione. Ero proprio patetica.
Vedendo il mio stato confusionale, ritirò la mano e la ripose sul volante.
Il suo sguardo saettò verso lo sfondo rosso di fronte a noi, e ne indicò le lettere con l'indice.
«La T, sta per Timothy. La D, sta per designer», illustrò.
«È un bravissimo ragazzo. Fa dei tatuaggi da sogno. Nel caso in cui tu ne desiderassi qualcuno», mi fece l'occhiolino.
«Mia madre mi inseguirebbe anche a nuoto se osassi farmi fare un tatuaggio, o peggio, sguinzaglierebbe qualcuno pur di rintracciarmi. Credimi, non voglio mettere a repentaglio la mia vita», ridacchiai.
«Tua madre programma gran parte della tua vita, da quello che ho notato.»
Annuii atterrita.
«Non lo fa con cattiveria, credimi. Vuole solo che cresca come lei immagina debba crescere una ragazza che fin da piccola ha avuto come punto di riferimento solo lei. Non voglio deluderla» scrollai il capo.
Poterlo dire ad alta voce fu una vera liberazione. Una ventata d'aria fresca, che mi permise nuovamente di respirare.
Deludere chi amassi non era mai stato nelle mie intenzioni, quindi mi ero limitata solo ed esclusivamente a eseguire ciò che lei diceva. Senza prendermi la libertà di fiatare.
«Beh, è sbagliato. Non sei tu, questa. E non lo dico come se io fossi un uomo vissuto, ma vedo come ti comporti con me quando siamo solo tu ed io, e noto come sei accondiscendente verso tutto ciò che dice lei. So che è tua madre, che le vuoi bene, ma a volte dovresti dimostrarle di esser cresciuta, e di non essere ancora quella bambina che, senza un suo consenso, non farebbe mai nulla.»

Non riuscii a rispondere, o forse non volevo e basta. Lui accettò il mio silenzio, e mi chiese di seguirlo all'interno del locale.

Timothy - o come preferiva lui, Tim - era un uomo di trentaquattro anni corpulento, affabile, e davvero burlone, oltre ad avere un pessimo gusto in fatto di abbigliamento. Indossava una camicia a fiori colorata, un paio di pantaloni lunghi fino al ginocchio color cachi, e un paio di infradito nere, senza dimenticare la coroncina floreale intorno al collo, in vero stile hawaiano.
Non appena mi vide, cominciò a elencare i possibili punti dove avrebbe trovato perfetto fare un piercing. Aveva indicato il lato sinistro del mio naso, ed era pronto con la pistola a creare qualcosa di irreparabile.
Avevo dovuto urlare più del necessario per fargli capire che non fossi io la cliente, ma che fosse Luke ad aver bisogno dei suoi preziosi servigi.
Luke, in tutto ciò, si era messo a ridere in maniera inquietante, sostenendo che fossi troppo fifona per azzardare così tanto.
Gli diedi ragione. Non avrei mai permesso che quell'affare mi si posizionasse sulla narice e la bucasse per dar spazio ad un anellino.
Il solo pensiero bastava a farmi tremare le ginocchia.

Tim si premurò a domandare il perché non vi fosse più quel suo vecchio labret adorato, e che se ne avesse voluto un altro avrebbe semplicemente potuto andare da lui, invece di attuare un piano malefico per farlo saltare.
A quella sua affermazione non potei far altro che sghignazzare.
Gli raccontammo tutta la strampalata vicenda, e mi soffermai a marcare più volte che si trattò di uno sfortunato incidente.
Tim rise, Luke imprecò ed io mi mortificai a tal punto da voler sprofondare nel terreno ed esser inghiottita completamente.
«La ragazza è un tipo tosto. Ti ha steso con una mazza da baseball.»
«Sì, beh, mi ha fatto un male assurdo. Non puoi capire», tagliò corto l'altro, sedendosi sullo sgabello girevole dietro un piccolo faretto a luce bianca.
«Sicura che non vuoi un piercing? Ti starebbe proprio bene su quel viso di porcellana», continuò a sentenziare Tim, col volto girato verso di me, ammiccando.
Roteai gli occhi e mi feci indietro per dargli lo spazio necessario per torturare il lato sinistro del labbro del malcapitato.
Non appena vidi la pistola perforargli la carne, non riuscii a reprimere un urlo agghiacciante. Nell'esatto istante in cui sentii il click serrai le palpebre e chiusi le mani a conchiglia davanti alla bocca.

L'unica e ultima cosa che vidi fu l'espressione dolorante di Lucas. Il suo volto contorto in una smorfia di totale sofferenza, ma era fin troppo orgoglioso per ammettere di aver sentito dolore.

Quando Tim disinfettò con cura i lati del punto in cui si ergeva l'anellino, assunse un'espressione compiaciuta.
«Sai, figliolo, preferisco di gran lunga la riuscita di questo. Il piercing di prima era venuto un po' storto a causa delle tue urla da femminuccia indifesa. Eri peggio di una bambina tramortita dopo aver visto il suo peluche preferito fatto a pezzi da una sega elettrica.»
A quella confessione spalancai la bocca divertita. Immagini di un Luke spaventato, con lunghi capelli biondi e una statura irrilevante, mi spinsero a ghignare in maniera beffarda. Non comprendevo quanto mi piacesse prenderlo in giro, fino a quel momento. Sembrava del tutto normale.
Certo era che a Luke non piacque proprio esser messo in luce in quella maniera, tanto che si alzò svelto dallo sgabello per poter spingere scherzosamente Tim.
«Sei un infame, Timothy. Mettermi in imbarazzo davanti una ragazza... Non posso perdonartelo, amico!»
Tim continuò a sorridere, e ricambiò la spinta affettuosa, senza farlo muovere di un millimetro. Conoscendomi, io sarei caduta decisamente a terra, con i sintomi di un livido di dimensioni galattiche a segnare la mia pelle diafana.
«Oh, Lucas... Non credevo che ammettere il tuo terrore per gli aghi potesse farle rivalutare la tua virilità», continuò a scherzare. Poi, si voltò verso di me con un ghigno sghembo ad incorniciare i lineamenti paffuti delle labbra. Gli occhi scuri brillavano maliziosi.
«Tesoro, scusa se ti son sembrato sgarbato nel mettere in dubbio la virilità del tuo ragazzo.»
Boccheggiai, e le solite parole trite e ritrite si impigliarono nella mia gola.
Volevo dirgli che Luke non fosse il mio ragazzo, che l'eventualità sarebbe stata esclusa per via di diversi fattori palesemente avversi, ma in quel momento non volevo in alcun modo sentenziare ciò che fosse ovvio.
Nemmeno Luke si intromise per correggerlo, al contrario la buttò sul ridere.
«A Ella non interessa la mia virilità. Il suo punto di vista ruota sul "notevolmente poco".»

Cominciai a sentire caldo; troppo imbarazzante era la conversazione presa, e maledii l'ilarità di Luke.
«Grazie per il tuo contributo, Tim. Quanto ti devo?»
L'uomo non rispose subito, al contrario prima ci condusse verso la porta principale.
«Non mi devi nulla. Offre la casa, per oggi. Dovevo pur sdebitarmi per l'obbrobrio di prima.»

Luke lo ringraziò con una pacca sulla spalla, e prima di congedarci definitivamente, mi richiamò.
«Se dovessi cambiare idea, ricorda di venire qui. Lo zio Tim è sempre disponibile per creare qualcosa di straordinario su quel tuo visino.»

«È un tipo davvero bizzarro», annunciai una volta aver lasciato quella zona per tornare alla sua idea di pomeriggio in compagnia della sottoscritta. Stavamo camminando per le vie del parco, uno accanto all'altra, intenti a comprare un gelato al chiosco lì vicino.
Luke aveva insistito, così - essendo lui a scarrozzarmi in macchina per le vie della città - accettai senza troppe lamentele.

«È un tipo a posto, davvero. Michael ed io andiamo a trovarlo spesso. Anzi, per esser precisi, è stato proprio Michael a farmelo conoscere. Lui ha già un tatuaggio e un piercing al sopracciglio destro. Dovevi vedere la sua faccia, quando ha deciso di farlo. Era impagabile, avresti dovuto assistere anche tu», rise al ricordo.
«Beh, sinceramente mi è bastata l'esperienza avuta con te. Voglio dire, la tua faccia sembrava sconcertata. Davvero strano, dato che non fosse la prima volta che ne facessi uno», lo stuzzicai.
Mi guardò, allarmato.
«Sì, ma spero sia anche l'ultima. A proposito, dove hai riposto la tua affidabilissima arma da distruzione di massa?»
Tenendo ancora lo sguardo sulle mie vans rosse, mi strinsi nella spalle.

«L'ho provvisoriamente riposta nell'armadio. Non avevo altro posto in cui sistemarla. E poi, Dio solo sa cosa ne faresti se dovesse erroneamente finire nelle tue mani. Sono sicura che la useresti per torturarmi nei miei momenti più vulnerabili, tipo la notte. Ho il sonno davvero pesante, nemmeno il terremoto riuscirebbe a risvegliarmi.»
Con la coda dell'occhio lo vidi annuire, pensieroso.
«Sai? Mi hai dato un ottimo input di tortura. Altro che Christian Grey. Io, al confronto, sono un professionista» buttò lì, convinto.
Lo guardai perplessa.
«Luke... Tu sai che Christian Grey non torturava esattamente le ragazze, ma gli piaceva solo giocare al dominatore? Non so che libri tu abbia letto, ma sicuramente la versione horror.»
Corrucciò la bocca, e mi fece la linguaccia.
«Ella, sei una terribile guastafeste. Ammetto di non aver mai toccato quella trilogia. Diciamo che ne ho sentito parlare blandamente per passaparola, quindi le informazioni sono state un po' distorte.»
«Beh, ciò non toglie il fatto che vorresti torturarmi per non so quale motivo. Sei così disumano» scossi il capo.
Con una velocità strabiliante afferrò la mia mano cominciando a correre verso un chioschetto, davanti il quale una caterva di ragazzi era radunata a gruppi. Pazientavano l'attesa, parlottando tra loro e scambiandosi opinioni su quale gusto scegliere tra quelli elencati.

Prendere un gelato a settembre sembrava così strano, anche perché a Chicago, già verso metà agosto, non se ne trovava più.
Mi ero lasciata abbindolare dalle sue parole, e riuscì a convincermi a prendere un gusto dal nome sconosciuto, e dal colore improponibile. Era simile al verde acido, ma sperai che il gusto ne giustificasse il prezzo esagerato per una coppetta piccola.
Nonostante fosse stato Luke ad insistere a pagare per entrambi, mi sentii ugualmente in colpa. Dieci dollari per due coppette microscopiche mi sembrava molto più che un affronto.

Ero molto restia dall'assaggiare quel tripudio di ghiaccio, colorante e zucchero, ma l'espressione rilassata del biondino, dopo averne mangiato la metà, mi convinse che in fondo non dovesse esser così pessimo come sembrava.
Con la punta del cucchiaino plastificato ne presi un po' e lo portai alle labbra, con una smorfia di pura sofferenza.
Con la punta della lingua testai il sapore e, dopo che le papille gustative apprezzarono, abbozzai un sorriso raggiante.
«Sapevo ti sarebbe piaciuto, ma non chiedermi che gusto sia, perché non l'ho mai capito» mi avvertì.
Effettivamente i gusti sembravano cambiare cucchiaiata dopo cucchiaiata, ma il sapore era dolce e frizzante, come le caramelle lunghe a strisce colorate che mia madre acquistava per farmi smettere di frignare.
Con ancora il nostro acquisto in mano, andammo a sederci su una panchina sotto un albero che pareva abbracciare quella metà del vasto parco.
Il sole stava tramontando, aveva già assunto quel pallore arancione tipico delle sette del pomeriggio estivo.
«Pensi che i nostri genitori arriveranno a sposarsi?» domandò di punto in bianco, il tono grave ridotto ad un bisbiglio indistinto.
Gustai l'ultima cucchiaiata di gelato e, dopo aver buttato la coppetta dentro il cestino dei rifiuti lì accanto, mi sistemai sulle ginocchia, dondolando appena il busto.
Tirai un sospiro, del tutto sovrappensiero. La sola idea mi terrorizzava, ma era un pensiero così distante che non volevo analizzarlo fin quando i diretti interessati non avessero reso concreta quella opzione.
«Mia madre ha cambiato, negli ultimi anni, molti uomini. Ho visto più uomini entrare e uscire dalla porta di casa mia, che mio padre. Sembra felice con Nick, e lui sembra esser felice con lei. Solo che... Okay, ti dirò la verità! Se dovessero sposarsi potrei perderti, come amico è chiaro. Sei una bella persona, Luke; un po' egocentrico e stronzo, ma pur sempre un bravissimo ragazzo, almeno da quanto mi hai dimostrato oggi.»
Lui accarezzò un lato del mio volto, e sorrise dolcemente. Poi, inaspettatamente, fece scivolare il braccio sulle mie spalle, spingendomi verso il suo petto per un abbraccio leggermente impacciato.
«Anche tu non sei male, Lilly.»
Il soprannome con cui mio padre mi chiamava. Il soprannome che ho sempre amato fin da quando ne ho memoria. In quel momento, detto da Luke, non sembrava brutto come immaginassi.
Con il naso premuto contro il suo petto massiccio, riuscii a farfugliare: «Perché mi hai chiamata così?»
Si allontanò accigliato, le guance di un rosa intenso, la linea delle labbra serrate.
«Non ne ho idea. Credevo solo che fosse il nome che più si avvicinasse al tuo. Sempre meglio di Ellen, non credi?» ammiccò, per togliersi dall'impiccio.
Solo a quel punto appresi che non sarei riuscita a non precipitare in quel baratro di sensazioni sconosciute. Speravo solo che l'atterraggio non fosse troppo doloroso per il mio cuore.
«No, Luke. È perfetto!»

***

Si erano già fatte le nove quando Sarah e tre ragazzi ci raggiunsero al parco dove avevamo appuntamento.
La mia nuova amica aveva raccolto i voluminosi capelli rosso fuoco in un'alta coda di cavallo, e aveva indossato un paio di pantaloni scuri e una maglietta verde menta.
La cosa più scioccante, però, fu vedere quel colore - di tre tonalità più scure - sui capelli di uno degli amici di Luke.
«Ella, ti presento Michael», indicò il ragazzo arcobaleno dal colore di capelli stravagante, lunghi fino al collo.
Impacciata, lo salutai velocemente con la mano, e lasciai che mi presentasse gli altri due.
Ashton aveva i capelli ricci sul biondo cenere, sorretti sulla fronte da una bandana nera. Calum, il ragazzo per cui Sarah impazziva segretamente, aveva i capelli scurissimi, quasi neri, tenuti corti. Era diverso da tutti gli altri e, prima che esordissi facendo una pessima figura chiedendogli se fosse di origini asiatiche, Luke mi spiegò che fosse neozelandese.
Un vero salvataggio in extremis.
Tutti e quattro i ragazzi, biondino compreso, erano notevolmente alti; al confronto io e Sarah sembravano pigmei sottosviluppati.

«Ella, so che sembro una ragazzina, ma ora che me lo trovo qui davanti, ho paura di parlare. Ho un filtro bocca-cervello davvero orribile», disse lei, ansiosa. Quando tutti e sei ci stavamo incamminando verso il Luna Park, Sarah mi aveva tirata indietro e mi aveva presa a braccetto, obbligandomi ad ascoltare le paranoie sul perché non potesse stare vicina a Calum. Un mucchio di stupidaggini.
«Perché non provi semplicemente a parlargli normalmente, senza aspettative? Magari potresti scoprire che in fondo anche tu piaci a lui.»
Scosse la testa, e nel farlo la sua coda ondeggiò scompigliandosi leggermente.
Allora feci una cosa che, se non si fosse risolta nella maniera sperata, mi avrebbe fatto perdere in tempo record la mia nuova amica.
L'afferrai dal braccio trascinandola con me verso Calum, intento a parlare con Luke.
«Calum, potresti tenere compagnia alla mia amica? Devo parlare con Luke, un attimo.»
Sarah aveva strabuzzato gli occhi atterrita, il viso completamente cereo. Calum, invece, aveva cominciato ad accusare i sintomi dell'imbarazzo, tanto che il suo viso era del colore dei capelli della ragazza al suo fianco.
«Uhm, sì certo. Ci penso io» balbettò incerto.

«Sei una piccola combina guai, te lo ha mai detto nessuno?» domandò Luke.
Mi strinsi nelle spalle, come se non avessi capito a cosa si stesse riferendo.
«Comunque, per quel che vale, anche a Calum piace Sarah» confessò a bassa voce.
Sorrisi trionfante, ma poi Michael mi si posizionò accanto e cominciò a bombardarmi di domande, alle quali risposi con molta riluttanza.
«Peccato scoprire che sei la sua sorellastra. Io credevo stesse insieme.»
«Spiacente di deluderti. Ora posso farti io una domanda?»
Annuì perplesso.
«Perché provi questo odio assurdo per i tuoi capelli? Cerchi di nascondere il fatto di averli brizzolati, o lo fai per il tuo ego?»
Ashton e Luke risero alla domanda e sorprendentemente lo stesso fece il diretto interessato, che giocherellò con le punte.
«Amo i miei capelli, e li tratto con cura. Poi, il mio colore naturale - un banalissimo castano chiaro - mi da noia.»
«Diventerai calvo prima dei trent'anni, se continui di questo passo», gli feci presente.
«Pazienza, allora sarà meglio sfruttare il tempo che rimane», replicò divertito.

Il Luna Park era stato allestito con grande cura nel parco in cui si erano tenute le olimpiadi nel 2000.

Coppie che ondeggiavano avanti e indietro, tenendosi teneramente per mano; ragazzini sotto gli undici anni che correvano da una parte all'altra, chiassosi, reggendo in mano le mele caramellate, o dello zucchero filato.
Sorrisi amorevolmente, ricordando quando io e mio padre andavamo insieme durante il nostro giorno speciale. Il primo sabato di ogni mese, mi passava a prendere per potarmi alle giostre, e comprava quantità abnormi di popcorn.
La voce di Ashtoni mi riportò al presente, chiedendomi se fosse tutto a posto. Asserii, comunicandogli che non avrebbe dovuto far caso a me.
«Sembravi triste, e mi son preoccupato. Ti va di provare la ruota panoramica con me?»
Stava sorridendo, le sue fossette erano adorabili, tanto che avrei voluto affondarvi le dita in mezzo.
«Okay», riuscii a rispondere in un balbettio, e con la coda dell'occhio intravidi Luke fermo davanti a noi con due mele caramellate in entrambe le mani.

Mi scusai con Ashton per andare dall'altro al fine di scoprire come mai ci stesse fissando in quella maniera criptica.
«È per me?» indicai una delle due stecche, inclinando il capo.
Lui continuò per un breve attimo a guardare l'amico, per poi tornare su di me.
«Sì, ecco» me ne porse una.
L'afferrai con gratitudine. «Grazie, Luke. Sei stato molto gentile.»

«Oh, mio Dio. Che assurda coincidenza. Anche tu qui, Lukey?»
Non potevo davvero crederci. Tra tutti i giorni, Cassidy era casualmente capitata lì, proprio quando avevo pensato che la serata stesse proseguendo tranquilla.
La mora, spingendomi di lato senza dare nell'occhio, si tuffò tra le braccia del biondino e gli stampò un sonoro bacio sulla guancia.
«Oh, ci sei anche tu», commentò disgustata, dopo quei suoi secondi di romanticismo vomitevole.
Ashton appoggiò le mani sulle mie spalle, e mi sussurrò all'orecchio di andare a fare la fila per la giostra da provare per prima.
Luke mimò «scusala» provando a respingerla senza sembrare sgarbato, ma non ci riuscì.
Anche gli altri tre ci raggiunsero, e Michael alzò lo sguardo verso il cielo scuro, scocciato.
«Cassidy, perché non te ne torni da dove sei venuta? Siamo usciti in sei, tu non eri compresa nel pacchetto. Saresti la settima, e odio i numeri dispari, quindi cortesemente vattene.»

La ragazza si sistemò i capelli allontanandoseli dal viso truccato, e si aggrappò al braccio di Luke come se fosse stata una ciambella di salvataggio e lei fosse sul punto di naufragare, galleggiando alla deriva.
«Michael, perché per una volta non provi a farti gli affari tuoi? Non credo di star importunando nessuno, vero Lukey?» sbatté le ciglia con fare civettuolo, scendendo col le dita su e giù per il braccio del mio fratellastro.
«Veramente, Cassidy, stai invadendo il mio spazio personale. Potresti allontanarti un po'?» insistette.
Le si formò un cipiglio infastidito sulla fronte, ciononostante non diede alcun segno di cedimento.
«Ti ha chiesto con molta gentilezza di allontanarti di qualche passo. Non penso che, se lo lasciassi andare, perderebbe l'aria», intervenni duramente.
Anche Sarah mi diede manforte, e disse alla cugina di tornare dalle amiche che, con lo schermo dei cellulari usati come specchietti, erano preoccupate più per il trucco fuori posto che per ciò che stesse succedendo loro attorno.

Cassidy assottigliò le palpebre, fulminandomi con quello sguardo tagliente e spregevole che riservava solo a me. Mi sentii quasi onorata di richiamare in lei quella parte primitiva da donna delle caverne.
«Perché non te ne ritorni a casa e lasci che gli adulti si divertano? Sei solo un peso questa sera! Inoltre, le bambine vanno a letto presto» bisbigliò al mio orecchio con un tono di superiorità che mi mandò in bestia, letteralmente.
Fremetti di rabbia e dissi una cosa di cui mi sarei assolutamente pentita.
Ostentati un sorrisetto freddo.
«E gli scarti umani nell'immondizia, ma nessuno ti fa pesare il fatto di essere solo spazzatura. È questo uno dei tuoi problemi. Pensi che intimidendo la gente, o offendendola gratuitamente, tu riesca a ottenere ciò che vuoi? Luke è troppo sensibile per una come te.»
Detto ciò mi voltai per prendere la mano di Sarah per incamminarci verso l'imponente struttura metallica rossa.
Mi voltai un'ultima volta, per vedere Luke venire trascinato da Cassidy verso alcune bancarelle.

Non ci pensai più per tutto il resto della serata trascorso insieme a loro. Ashton cominciava a diventare un po' logorroico, ma non mi dava poi tanto fastidio. Meglio sentirlo parlare che rimanere a pensare a quella ragazza intollerabile.
Avevo scoperto che neanche Michael impazziva per Cassidy, al contrario la trovava insopportabile e megalomane. Non riusciva a starle dietro.
Mi confessò che, in verità, nessuno dei quattro impazziva di gioia nell'avere una persona così appiccicosa nella loro vita, e pur avendogliene parlato più e più volte, lei ha sempre fatto finta di nulla.
«Un po' mi dispiace», feci spallucce. «Sarà pur una stronzetta acida e indisponente, ma in un modo contorto sembra che Luke le piaccia davvero.»
«Elluccia, quanto può sbagliarsi quella tua piccola testolina innocente?» mi rimbeccò Michael, stendendo un braccio sulle mie spalle e battendovi sopra la mano.
Ashton annuì concorde.
«Cassidy si è creata una pessima reputazione. Devi sapere che prima era totalmente presa da Calum e, dopo aver ottenuto ciò che voleva, lo ha gettato via come se fosse un giocattolo rotto. Cassidy tiene solo a sé stessa, non credo affatto che il suo cuore sarà mai in grado di amare.»
Guardai esterrefatta Calum e Sarah giocare con i fucili ad acqua, volenterosi di colpire il bersaglio al fine di vincere un peluche.
«Sarah lo sa?»
«Sì, come tutti, del resto. Ricordo che non la prese affatto bene. Non avevamo capito che a Sarah piacesse Calum, fino a quando non litigò con la cugina. Sarah e Cassidy erano molto unite, sembravano sorelle», spiegò Ashton, e Michael continuò per lui.
«Dopo la fine del primo anno non si parlarono più, e Cassidy continuò a star con lui per un paio di mesi solo per ripicca. È una persona così crudele che anche l'inferno sembra un centro spa di lusso, per una come lei», sputò disgustato.
«Non ho parole, davvero. Mi dispiace molto per entrambi, e adesso anche per Luke!»
Ashton mi prese la mano, così mi voltai verso di lui.
«Luke sa cavarsela da solo. È troppo sveglio per cedere alla pretese di quella snob smorfiosetta, non preoccuparti.»

Luke ci raggiunse qualche minuto dopo, tirando un sospiro di sollievo.
Chiese scusa a tutti noi, e mi disse di dover tornare a casa.
Abbracciai tutti quanti, rimanendo aggrappata a Sarah un po' più del necessario, per farle capire che per lei ci sarei stata. Mi dispiaceva molto per ciò che le fosse successo, ma mi costrinsi a non far trapelare la tristezza che covavo per la ragazza tradita dalla propria familiare.

***

Nick e mia madre ci avevano aspettati svegli, e quando rincasammo mi chiesero come fosse andata la prima serata a Sydney con gli "amici".
Rimanemmo a parlarne per più di una decina di minuti, ma giunte le undici e mezza, mi scusai e mi diressi nella mia camera per spogliarmi.
Luke era già salito molto prima di me, mentre mia madre e Nick andarono a letto contemporaneamente a me.
Augurai loro la buonanotte, e mi affrettai a mettere la tuta e la canotta con cui solitamente dormivo.

Sistemai la divisa sulla sedia, fin quando il bigliettino scivolò fuori dal suo nascondiglio, cadendo a terra.
Non avevo bisogno di leggere ancora ciò che vi fosse scritto sopra, ormai sapevo ogni singola parola a memoria.

In punta di piedi provai a raggiungere la parte opposta del corridoio, per arrivare alla camera di Luke, sperando che non dormisse.
Bussai tre volte prima di ricevere il suo okay, e timidamente entrai dentro richiudendo la porta con attenzione.
Lui si tirò su a sedere tra le lenzuola blu, ed esso scivolò fin sotto il suo addome, rivelando il busto asciutto e definito.
Tentai in tutti i modi di fissarmi su qualcos'altro, esattamente come quella notte, ma la mia forza di volontà - quella volta - sembrò essermi nemica.
«Come mai sei qui?» chiese con la voce roca, segno che si stesse per appisolare.
Strinsi il foglio tra le dita, provando a non strapparlo, e mi avvicinai, decisa.
Mi sedetti davanti a lui, fin quando non scivolò fuori dalle coperte per trovarmisi accanto.

Chinai il viso verso le mie mani.
«Ecco, volevo ridarti questo», glielo tesi cauta. Luke si morse l'interno della guancia, e lo afferrò.
«Grazie.»
«No, grazie a te per aver condiviso con me qualcosa di privato. Immagino quanto debba esser stato difficile per te.»
Lui mi guardò attentamente, e posò le labbra sulla mia fronte, per poi accostarvi la propria.
La punta del suo naso strofinò sulla mia.
«C'è qualcosa in te che mi lascia interdetto, quasi incantato; e una parte di me grida disperata, spingendomi a fidarmi di te.»
«Ed è così, Lucas.»
Restammo chiusi nel silenzio, fin quando non aprii bocca per smorzare la tensione.
«Andrà tutto bene. Non sarai triste per sempre. Sono molto orgogliosa di te, mettere a nudo le tue emozioni con una sincerità così disarmante, è stato molto coraggioso da parte tua. Dovresti esser orgoglioso di te stesso», insistetti.
Appoggiai una mano sulle sue, e quando provai a rialzarmi lui mi tirò indietro Caddi su di lui, e in un momento di confusione fece scontrare le nostre bocche.

Ero ebbra di sensazioni, le sue mani tra i miei capelli, le mie mani sul suo petto caldo.
Si staccò da me, scusandosi per ciò che era accaduto. Io non volevo che si scusasse per ciò che volessi anche io.
«Non farlo, Luke!»
Mi avvicinati lenta verso di lui, dandogli il tempo di fermarmi. Non lo fece.
«Solo per questa sera, non farlo. Non scusarti» lo ammonii, riportando le labbra sulle sue.
Afferrò deciso la mia vita con un braccio, e l'altra mano scese lungo il mio collo. Portai le mani ai lati del suo viso tracciandone la linea delicata degli zigomi.
Non appena terminammo l'ossigeno nei polmoni, ci staccammo malvolentieri.
«Voglio fare un gioco, e tu devi rispondere sempre di sì, okay?»
Annuii indispettita.
Avevamo ancora il fiato corto, e io anche i battiti convulsi, troppo accelerati.
«Ricorda che devi sempre rispondere sì. Mi odi?»
«Sì», mentii. Lui si avvicinò col viso.
«Devo starti lontano?»
«Sì.» Altra bugia.
Si avvicinò ancora un po', e i suoi capelli sfiorarono le mie guance, solleticandole.
«Posso abbracciarti e baciarti un'ultima volta, prima di tornare alle nostre etichette?»
Finalmente potei dire la verità, senza quella sgradevole sensazione di peccato che divorava la parte razionale di me.
«Sì.»
Mi strinse fra le sue braccia, baciandomi dolcemente, fin quando le nostre lingue non si scontrarono con impeto, intensificandone l'intensità. Un uragano di percezioni lussuriose.
L'indomani mi sarei svegliata coi sensi di colpa, ma in quell'istante volevo comportarmi egoisticamente verso i due che dormivano in fondo al corridoio; le stesse persone amate che avevano deciso già le sorti di entrambi.

----

A/N:

Premetto che ho cancellato dieci volte il capitolo, non trovandolo soddisfacente, per questo ho ritardato l'aggiornamento, quindi vi chiedo immensamente scusa per questa attesa così lunga. Spero che, vista la vicenda come si sta svolgendo, sia valsa la pena attendere un po' più del dovuto.

Spero di poter aggiornare molto presto, ma non posso promettere nulla, ho anche altro da fare. Grazie mille a tutti coloro che aggiungono questa storia ai propri elenchi di lettura.

Volevo inoltre dire che alcune ragazze mi hanno contattata privatamente dicendomi: "Se a te piace come sta venendo quella attuale, chi siamo noi (generalmente parlando) per dirti che non è giusto? Si vede che ci metti passione in cio' che scrivi, quindi continua così". Non voglio fare nomi, ma vi ringrazio immensamente. Davvero.

Un bacione. xx

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