Psychotic [h.s.] (Italian tra...

By TheCousinsGang

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"L'amavo non per il suo modo di ballare con i miei angeli, ma per come il suono del suo nome poteva mettere a... More

Psychotic (Italian translation)
SONG - LIST
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Epilogo
Ringraziamenti
AVVISO
THE COUSINS' GANG POV

Capitolo 35

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By TheCousinsGang

"Sono pronta per parlare."

Ci scambiammo degli sguardi; sguardi dubbiosi, ma leggermente emozionati. Harry era divertito, riuscii a capirlo dal lieve rialzo delle sue labbra carnose.

"Di lui," continuò Jane quando nessuno di noi due rispose.

"Di chi?" Chiese Harry. Gli occhi grandi e pallidi di Jane si spostarono sul suo volto. Non importava quanto duramente ci provassi, Harry riceveva molte più risposte dalle persone, senza neanche provarci davvero. Aveva una qualità intrigante, e non sembrava fossi l'unica a sottostare al suo incantesimo.

"Di quello. . .di quello che sa il mio nome." La sua piccola voce si affievolì un po', ma Harry le fece cenno di continuare. E così fece.

"Indossa una di quelle uniformi," disse, indicando una guardia poggiata contro una parete. "Lui è uno di loro. O forse sono tutti loro."

"Cosa vuoi dire?" Chiese Harry a bassa voce.

"A volte ha i capelli e occhi scuri. Ma non sempre. A volte i suoi occhi sono azzurri, e i suoi capelli sono più bianchi."

Rimasi perplessa, cercando di analizzare le sue folli parole per trovarvi un senso. Ma Harry non era confuso, e se lo era, non lo mostrava.

"Come fa a sapere il tuo nome, Jane?" Domandò.

La ragazza turbata guardò in basso sul suo grembo per non guardarci negli occhi mentre sussurrava. Parlò così silenziosamente che a malapena riuscii a sentire la sua vocina. "A volte viene nella mia cella."

Gli occhi di Harry si spostarono su di me per un istante, i nostri sguardi erano diventati preoccupati ed ansiosi. Jane continuò.

"Quando i suoi occhi sono azzurri, mi tocca. Aspetta fino a quando non c'è nessuno in giro, e blocca la porta. Io mi spavento. Gli dico sempre che ho paura e che non voglio che lui lo faccia ma non mi ascolta. Quando i suoi occhi sono castani è più cattivo, e sono io a dover toccare lui. Quando dico di no mi minaccia. Quando i suoi occhi sono castani è il peggiore. Ma entrambe le volte sa il mio nome, lui dice sempre il mio nome. Lo dice per provare a calmarmi come faceva mio padre. Ma non funziona."

"Porca puttana," mormorò Harry.

E dopo capii: stava parlando di due uomini diversi. Lei era un prigioniera senza speranza e confusa, c'erano due guardie che abusavano di lei. Una schiava sessuale per due disgustosi dipendenti. Si approfittavano di lei, facendo a turno. Jane era davvero molto carina, soprattutto se paragonata alle altre donne di questo istituto. Ed era estremamente vulnerabile; un bersaglio perfetto.

"Quanto spesso succede tutto questo?" Domandai. Questa volta, mi guardò negli occhi mentre rispondeva.

"Ogni due giorni. A volte anche solo una volta a settimana. Ma viene sempre, e dice sempre il mio nome."

Harry sospirò e fece scorrere una mano tra i suoi folti capelli. "Sai chi è? È uno di loro?" Indicò i margini della mensa; sapevo che Harry sospettasse di James.

"Non indicare!" Disse Jane. "Saprà che stiamo parlando di lui se lo indichi." E dopo, più a bassa voce, aggiunse. "Ma non lo vedo." James era proprio davanti a lei e la sua espressione non cambiò quando lo vide. Quindi forse non era James, forse non era l'unica guardia ripugnante in questo posto.

Harry guardò dritto negli occhi di Jane, e lei balbettò leggermente. "Puoi farmi un favore, Jane? Se lo vedi o scopri il suo nome, vieni da me a dirlo, okay?"

Si guardò intorno, come se stesse decidendo se fidarsi o meno di noi. "Mi ha detto di non dirlo."

"Beh, ci hai già detto tutto il resto. Un nome o un viso in più non farà la differenza, giusto?" Dissi. Meditò le mie parole e poi annuì.

"Okay."

La ragione per cui avevamo deciso di parlare con Jane era perché pensavamo che avesse potuto essere un' alleata. Una distrazione, una copertura se avessimo avuto bisogno di lei durante la nostra fuga. Ma Jane aveva appena acquistato molta più importanza. Apparentemente, se stava dicendo la verità, c'erano persino altri mostruosi eventi che stavano avvenendo qui. Quante guardie lo facevano? E a quante ragazze? Quante donne inermi e indifese erano soggette a violazione da parte degli impiegati? Ero sul punto di chiedere a Jane se lei lo sapesse, ma Harry parlò prima che io ne avessi la possibilità.

"Perché ce l'hai detto ora?" Chiese. "Come mai non ce ne hai parlato prima?"

A questa particolare domanda, Jane sembrò avere la risposta. Fu una risposta instantanea, come se fosse preparata a rispondere. "Perché la cosa peggiore che possano farmi è toccarmi ancora. O toccarmi o uccidermi. . .ed io non ho più paura di morire."

E con questo, io ed Harry rimanemmo in silenzio. Cioè, cosa dovevamo dirle? O meglio ancora, cosa dovevamo fare riguardo la sua storia spaventosa? Non riuscii ad elaborare una risposta a nessuna di queste domande, così invece, guardai Harry. Ma anche lui doveva ancora dare una risposta. Sembrava un po' in difficoltà, mentre ricercava nella sua tasca il suo immancabile pacco di sigarette, cacciandone fuori una. Lo fissai mentre l'accendeva in quel suo modo affascinante. E ancora più affascinante, era quando la metteva tra le sue labbra dischiuse e quando poi lasciava che il fumo uscisse dalla sua bocca mentre espirava. Dopo tutto questo tempo, non ci avevo ancora fatto l'abitudine.

Scossi la testa, rimproverandomi per essermi fatta distrarre da Harry in un momento come questo. Ora stavamo parlando di Jane, la quale, per mia sorpresa, si era trasformata in una donna molto più complessa di quanto avessi immaginato. Era silenziosa, sì, ma questo non voleva dire che non avesse una storia da raccontare. Aveva una ragione per essere qui e una ragione per volersene andare. Inizialmente, avevo pensato che fosse stata ammessa per la sua instabilità, o perché il suo cervello non funzionasse abbastanza bene. Ma forse, non era stata una mancanza, o meglio, un'assenza di intelligenza ad averla resa pazza.

"Vado a prendere del cibo," disse Harry per rompere il silenzio, lasciandomi sola con Jane. Solitamente, mi sarebbe andata bene la cosa, ma non sembrava che io le piacessi così tanto. O almeno, non quanto le piacesse Harry.

"Mi piace il tuo amico," parlò, come per dimostrare il mio punto. Il sussurro della sua voce delicata non sembrava affievolirsi mai. "Lui è. . .è diverso."

"Già," concordai con un sorriso.

"All'inizio pensavo fosse come te. Non pensavo fosse davvero pazzo. Forse solo un pochino, ma non come tutti noi."

Annuii alla sua affermazione. Sembrava che quasi tutti ormai avessero preso nota del fatto che io ed Harry non fossimo come gli altri, inclusa Jane.

O almeno, così pensavo: ma lei non aveva ancora finito.

"Ma ora lo capisco. È così pazzo che è riuscito a convincere tutti noi. È quel tipo di pazzo intelligente, è tipo una bomba. Completamente calmo e tranquillo, e poi un giorno. . .boom."

Stava parlando velocemente, quasi freneticamente. "No," la corressi educatamente. "Non è affatto così, lui--" ma prima che potessi finire, Jane mise le sue mani sulle orecchie ed iniziò a scuotere velocemente la testa. Il suo viso era ricoperto da angoscia, come se non riuscisse a fermare i rumori presenti nella sua mente. E questa fu la fine della conversazione.

Mentre lei stava seduta con le mani sulle orecchie, io rimasi in silenzio, i miei occhi andarono disperatamente alla ricerca di Harry. Si trovava di spalle, continuando a riempire i vassoi con qualcosa di ripugnate e appiccicoso che c'era sul menu di oggi. Se solo si fosse dato una mossa. Ero brava a ricucire le ferite dei pazienti e a medicarli. Ma non ero un tipo da consulti e consigli.

I miei occhi ritornarono sul tavolo e sobbalzai leggermente quando qualcuno, che non era Harry, scivolò nella sedia accanto a Jane. Era la donna che avevo notato qualche giorno fa. La nuova ragazza, quella che sembrava molto più normale rispetto agli altri.

Era carina, con i suoi capelli ed occhi castani. Non bella, ma carina. "Ciao," disse seccamente. La sua voce era più pesante di quanto mi stessi aspettando. Non era un tono mascolino, ma uno esigente che richiedeva autorità.

"Ciao," parlai, il mio tono era debole paragonato al suo. "Chi sei?"

"Sono Mikayla. E tu?"

"Rose," dissi. "Cosa st--"

"Chi è questa?" La voce di Harry mi interruppe. Rimase fermo dietro di me per un momento ed io alzai lo sguardo. Stava fissando intenzionalmente la strana donna.

"Il suo nome è Mikayla," risposi per lei mentre Harry si sedeva accanto a me. Posò sul tavolo il vassoio che stava mantenendo in mano, ed iniziammo a mangiare il cibo schifoso. Fui costretta a mandarlo giù, e anche se l'acqua aveva quel gusto gommoso, la sorseggiai. L'ultima cosa di cui avevo bisogno era svenire di nuovo.

"Cosa stai facendo qui?" Chiese Harry, andando dritto al punto.

"La stessa cosa che fa lei," Mikayla rispose, facendo cenno a Jane. Aveva ancora le sue mani sulle orecchie, ma erano più poggiate sulla sua testa e sembrava molto più rilassata ora. "Voglio solo parlare," disse, ma c'era qualcosa di strano nel suo tono, qualcosa che lasciava intendere diversamente.

Harry annuì lentamente, decidendo ancora cosa farne di questa donna che era appena comparsa fuori dal nulla. Non mi guardò ma poggiò la sua mano sul mio ginocchio da sotto il tavolo. "Di cosa?" Incalzò.

"Di qualsiasi cosa, sul serio. Voi due siete le uniche persone qui che sembrano essere in grado di sostenere una conversazione civile. Inoltre, voi sembrate. . .almeno un po' normali. E sicuramente conoscete questo posto meglio di me."

Decisi di lasciare anche questa conversazione ad Harry. Era molto più bravo di me nel parlare con gli sconosciuti. "Quindi vuoi davvero solo parlare? Vuoi solo qualche amico con cui chiacchierare?" Chiese con un tono ironico come se non si fidasse di lei.

Lei annuì. Ma era intelligente. Lo si poteva capire dalla confidenza nella sua voce e dalla scintilla nei suoi occhi. Voleva qualcosa. Ma se avesse voluto solo conoscerci, non avrei comunque protestato. Probabilmente aveva solo bisogno di noi come delle guide per aiutarla ad adattarsi all'ambiente crudele del Wickendale, per aiutarla a comprendere come funzionasse questo luogo. E magari avrebbe anche potuto aiutarci a fuggire.

"Allora, chi gestisce il posto?" Domandò. "Chi è il direttore?"

"La Signora Hellman," dissi. L'espressione di Mikayla chiedeva un'ulteriore spiegazione. "Lei è l'unica a comandare qui, e si assicurerà di fartelo capire bene."

Jane non parlava da un po', ma i suoi occhi erano partecipi alla conversazione. Non parlava, ma ascoltava.

"Okay. . .e le guardie che tipi sono?" Incalzò Mikayla.

"Sono dei cazzoni," disse Harry un po' duramente. Alla base del suo tono era evidente l'odio, e il tremolio negli occhi di Mikayla mostrò che lei lo avesse percepito.

"Già, ho capito. La mia 'piccola babysitter' mi ha già trascinata in giro un paio di volte. Sono meschini, ma non troppo esigenti. Dopo tutti i film che ho visto, non sembrano poi così tanto prepotenti come avevo pensato."

"Questo è il ruolo della Signora Hellman," chiarì Harry, "essere prepotente. Assume persone del genere per un'unica ragione. Vuole delle guardie che mettano i piedi in testa ai pazienti ma non a le. Loro sanno che a lei non farebbe piacere se loro iniziassero a dare ordini ai pazienti; può farlo solo lei."

"Questa Signora Hellman sembra proprio una stronza."

"Non puoi immaginare," sospirai.

"E cosa è successo a quella guardia laggiù?"

James. Entrambi sapevamo che lei stesse parlando di James, senza neanche guardare. Aveva ancora un collare ed una fasciatura bianca sul suo naso. Uno dei suoi occhi era ancora gonfio, ma la macchia violacea era sparita. Ma guardandolo un po' più da vicino, notai qualcosa di strano sul suo viso. Non ero sicura di cosa si trattasse, ma il suo viso era strano. Come se si fosse rotto diverse ossa. La sua mascella, forse.

Nessuno di noi rispose subito. Harry non era pronto a raccontare tutta la storia e sicuramente non neanche io lo ero. La paura che avevo provato mentre Harry aveva picchiato con cattiveria James, era un ricordo che preferivo dimenticare.

"Non ne sono sicuro," rispose Harry. Ma parlò lentamente, come se stesse tralasciando qualcosa. E di nuovo, Mikayla se ne accorse.

"Uh," disse lei. "Non vi credo. Voi due sapete qualcosa."

Guardai Harry e lui alzò le spalle, ma nessuno dei due rispose.

"Oh dai, non fa niente. Tanto lo scoprirò comunque."

"Okay, d'accordo. È stato lui," dissi, indicando Harry.

"Wow. Sei stato tu?" Domandò. Harry annuì, la sua espressione indifferente. Mikayla ci guardò con confusione e concentrazione, come se stesse rivalutando le sue precedenti impressioni su di noi. Ci stava squadrando, ma questa volta con meno rispetto. "Chi cavolo siete voi due?"

"Sono Harry e Rose," disse Jane, ritenendo fosse la volta giusta per unirsi alla conversazione. "Conosco i loro nomi. E anche loro conoscono il mio. Sono simpatici."

Entrambe le nostre espressioni divennero leggermente divertite per il contributo infantile di Jane. "Bene," disse Mikayla.

Jane annuì esageratamente per mostrare il suo consenso. Anche se era più grande di me, la sua vocina e i suoi biondi capelli selvaggi la facevano sembrare quasi più giovane e graziosa. Mi domandai cosa avesse mai potuto fare questa ragazza per essersi procurata un posto al Wickendale.

"Penso che mi sederò qui da ora in poi, se per voi non è un problema," disse Mikayla. "Voi due sembrate davvero informati su questo posto, più di me. E non ce la faccio più a star seduta da sola all'angolino."

Non sembrava decisamente che ce lo stesse chiedendo, ma che ci stesse solamente informando della sua decisione. E così, un altro pezzetto di privacy tra me ed Harry ci venne rubato. I baci, le chiacchierate e le risate tra me ed Harry sarebbero diventate rare a causa della nostra nuova compagnia. Ma cosa dovevamo fare, cacciarla a calci in culo e non lasciarla sedere con noi come i bulli del liceo? Inoltre, avevamo bisogno di tutti gli 'amici' possibili se volevamo fuggire. Sarebbe stato stupido non lasciarla parlare con noi. Ma rimasi lo stesso un po' delusa.

E l'unica cosa che riuscì a distrarmi dalla delusione fu il sussulto scioccato di Jane. "È lui!" Sussurrò duramente.

Mikayla non sapeva a chi fosse diretta la sua frase, ma io ed Harry lo sapevamo fin troppo bene. Stava parlando dell'uomo che andava disonorevolmente nella sua cella ogni settimana, come ci aveva detto prima. Entrambe le nostre teste si girarono nel punto in cui era fermo il suo sguardo preoccupato, scoprendo la guardia della quale ci aveva parlato. Era proprio davanti al nostro campo visivo, in piedi vicino all'angolo della stanza, mentre si guardava intorno come il resto della sicurezza del Wickendale. Ma c'era qualcosa di troppo familiare in quest'uomo, qualcosa che mi fece rabbrividire.

Non era una guardia qualsiasi, ma era quella che mi portava nella mia cella ogni giorno.

La mia guardia.

Tutti rimasero in silenzio per un bel po'. Mikayla era confusa, Jane era spaventata, ed io ero sommersa da un'enorme preoccupazione e timore. Fu Harry a rompere il silenzio.

"Cazzo, mi stai prendendo per il culo?"

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