Capitolo 39

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Questo era il Wickendale, un istituto mentale per i pazzi criminali. E pazza era esattamente la parola giusta per descrivere questa donna. Questa ragazza spaventata e stravolta era semplicemente pazza. Non sapeva cosa fosse giusto e cosa fosse sbagliato. Era confusa. La sua divisa e il suo posto qui erano una prova concreta che lei fosse inaffidabile. Era difficile credere a qualsiasi parola sfuggita dalle sue labbra; si era sicuramente inventata tutto.

Ma allora perché, quando puntò quel dito ossuto, sentii qualcosa sprofondare nel fondo del mio stomaco? Perché il mio petto si alzò e si abbassò con dei respiri instabili e perché il mio cuore batté un po' più forte?

Conoscevo e amavo Harry. Mi fidavo di lui. E volevo ritenere le parole della ragazza una bugia. Volevo soltanto annuire ed andare via. Non volevo crederle, ma una specie di curiosità si insinuò dentro di me e mi impedì di farlo.

"Cosa ha fatto?" Chiesi. Il mio tono di voce era basso, per non farci sentire.

I capelli neri della donna cadevano untuosi intorno al suo viso in delle ciocche aggrovigliate mentre scuoteva la testa. "Una cosa orribile. Non dovrei dirlo, ma sta' lontana da lui."

"Non gli starò lontana, a meno che tu non me lo dica," non avrei accettato quella sua risposta, e non me ne sarei andata. Ero così stanca di venire esclusa da tutti i segreti nascosti nelle pareti del Wickendale.

Fece un respiro tremante e vidi il blu intenso mescolarsi nei suoi occhi. Le sue labbra si schiusero come se fosse sul punto di parlare e il mio cuore iniziò a martellare per la verità, che stava per essere divulgata. Ma i suoi pensieri e le sue parole si arrestarono, e l'unico movimento visibile fu quello che avvenne nei suoi occhi. Si spalancarono per la paura, per qualcosa che si trovava oltre la mia spalla sinistra. Seguii il suo sguardo e sobbalzai, il corpo di Harry era proprio dietro di me. E la donna scappò via.

Guardai il volto di Harry con un cuore pulsante, che martellava selvaggiamente contro il mio petto, insieme alla mia precedente paura. Ma il secondo prima che la paziente scappasse via, notai qualcosa. Lui la stava guardando. I suoi occhi erano sul suo viso, non riuscii ad osservarli bene, ma c'era qualcosa in essi; un avvertimento. Una specie di minaccia. Come se solo con i suoi occhi le stesse dicendo di indietreggiare, e in quella frazione di secondo lui fu il vecchio Harry. Fu la maschera che indossava quando io ero ancora un'infermiera e lui solo un semplice paziente, tanti mesi fa in quella mensa. Fu il criminale minaccioso di reati mostruosi, il ragazzo che aveva fatto strisciare la sua mano sulla mia coscia da sotto il tavolo. E così come ero spaventata di lui allora, lo ero anche adesso, a causa di quell'infinità racchiusa nei suoi occhi, in quella piccola frazione di secondo.

Ma i suoi occhi divennero di nuovo luminosi, soffermandosi sul mio viso. Ritornò alla normalità in un flash. "Hey," salutò. "Chi era quella?" Ed ecco che ci fu di nuovo qualcosa di strano nel suo tono. Quasi non esisteva, ma ormai lo conoscevo abbastanza bene da notare tutto. Era un po' nervoso, anche se stava cercava di nasconderlo.

"Perché non me lo dici tu?" Dissi. Non volevo che la mia voce fosse così tagliente e ostile.

"Cosa vuoi dire?" Chiese, leggermente sorpreso ma non così sorpreso come avrebbe dovuto essere.

"Aveva paura di te. Tanta paura."

Fece spallucce. "Pensa che abbia spellato tre donne, ovvio che ha paura."

"Non si tratta di quello," dissi, scuotendo la testa. "Sembrava essere spaventata per qualcosa che hai fatto quando sei stato qui per la prima volta. Quando eri un ragazzino."

Nei suoi occhi balenò una lieve preoccupazione, ma evaporò velocemente. "Non so a cosa si possa riferire. Voglio dire, non fui di certo un bambino d'oro, ma non diedi nessuna ragione per aver paura di me."

Psychotic [h.s.] (Italian translation) *EDITING*Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora