Psychotic [h.s.] (Italian tra...

By TheCousinsGang

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"L'amavo non per il suo modo di ballare con i miei angeli, ma per come il suono del suo nome poteva mettere a... More

Psychotic (Italian translation)
SONG - LIST
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Epilogo
Ringraziamenti
AVVISO
THE COUSINS' GANG POV

Capitolo 34

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By TheCousinsGang

Ci sono diversi tipi di paure. La maggior parte di esse sono egoiste; come l'orrore paralizzante della propria morte, la strana sensazione di restare da soli la notte. Spesso abbiamo paura del dolore inflitto dalle nostre emozioni e dal nostro corpo. A volte è impossibile non avere paura.

Ma oltre a queste paure, c'è anche la paura che si prova per gli altri. Quest'ultima si presenta quando si ama tanto una persona, così tanto che la loro paura diventa anche la nostra. Ed io sono stata inghiottita più di una volta da questo tipo di paura. Ho avuto paura per tutte le volte in cui Harry si era cacciato nei guai, cosa che succedeva molto spesso ultimamente. Il giorno in cui avevo sentito le sue grida soffocate, provenienti dalla stanza dell'elettroshock, ho sperimentato un tipo di paura che io non pensavo nemmeno esistesse.

Quindi, quando Norman fu sul punto di avvicinarsi, non tremai dalla paura, come avrei fatto in passato.

La sua uniforme era più larga rispetto a quella di un paziente normale. Indossava un sorriso disgustoso mettendo in mostra i suoi denti sporchi. Il serpente tatuato si andava semplicemente ad aggiungere ai suoi lineamenti orrendi, rendendolo l'uomo più disgustoso che io avessi mai visto.

Il mio battito cardiaco, già accelerato, aumentò quando lui si trovò a pochi metri di distanza. Okay, forse ero spaventata, ma non come avrei dovuto.

Ma avrei resistito. Non avrebbe potuto fare nulla di drastico qui, con una decina di corpi nelle vicinanze.

Norman scivolò sulla sedia accanto all mia e cercai di non vomitare sul posto. Anche se, il mio nervosismo e la puzza del suo alito non aiutavano affatto.

La sua voce era oscura. Persino più profonda di quella di Harry. "Ti ricordi di me, Rosie?"

Non riuscii a trattenete il brivido che involontariamente attraversò la mia schiena. Non c'era nessuna risposta da dare, così non dissi nulla.

"Sai, ho fatto dei sogni su di te," disse, senza perdere tempo. "Non c'è molto da fare quando sei in coma, se non sognare. E tu eri presente in tutti i miei sogni. L'unico ricordo presente ancora nella mia mente è quello in cui io ti stavo toccando, giusto per divertirci un po', ma poi il tuo fidanzatino ha rovinato tutto."

"Posa un dito su di me e lui rifarà la stessa cosa," dissi, sperando di suonare meno preoccupata di quanto lo fossi in realtà. Il discorso di Norman era strano e discontinuo. Ma sembrò aver capito la mia risposta.

E non sembrò piacergli. Forse stava ripensando a quando Harry aveva sbattuto la sua testa contro il muro, poiché iniziò a scuotere furiosamente la testa. "No, no, no, no, no." Disse a denti stretti, le sue mani si strinsero in due pugni. "Non lo farà." L'espressione che indossava sembrava arrabbiata, come se un pensiero fisso ed indesiderato stesse assillando la sua mente. E, proprio come se il fossi quel pensiero, si alzò dal suo posto in frustrazione, e sospirai sollevata. Era andata molto meglio di quanto mi stessi aspettando. Se ne andò da qualche altra parte dietro di me, portandosi via anche le mie preoccupazioni.

Ma avevo l'abitudine di pensare troppo presto. Apparentemente il suo 'era andato da qualche altra parte dietro di me', era proprio dietro di me. La sua bocca contorta fu così vicina al mio orecchio da farmi sobbalzare quando sospirò aspramente. "No. Mi assicurerò che lui non sia presente, e finirò ciò che avevo iniziato."

HARRY'S POV.

La notte era oscura. Tranquilla. Non era silenziosa, ma non c'era neanche un suono specifico e definito. Nell'assenza di luci, i miei occhi riuscivano solo a distinguere delle sagome astratte, ma anche se poco visibili, le sagome erano familiari, così non mi preoccupai. Il mio corpo era disteso in cima ad un materasso imbottito. Ero solo, ma mi sentivo confortato dalla solitudine, l'oscurità della stanza mi risucchiò in un sonno confuso. Non sapevo dove mi trovassi, ma non sembrava importare ora come ora. Niente sembrava avere importanza, ed ogni singolo muscolo del mio corpo si rilassò per questo. Io ero al sicuro.

Ma c'era qualcosa che indugiava e si nascondeva nel retro della mia mente. C'era qualcosa. Era più un niente che un qualcosa, più un pensiero incompiuto che una preoccupazione. Ma c'era comunque qualcosa. Tipo come il nostro cuore, che batteva delicatamente senza essere notato; spesso non ci facevamo nemmeno caso, ma era comunque essenziale.

Quindi questo piccolo niente era proprio come il mio cuore. Era qui, e stava battendo, ed era importante. Ma la mia mente non gli prestò attenzione.

Ma quando provai a girarmi sul mio fianco, questo niente divenne immediatamente importante. Le catene. Questo era il pensiero incompiuto. Numerose catene erano attaccate ad ogni lato del letto, ed incrociate sul mio corpo in ogni modo possibile. Ogni singolo arto ed ogni parte mobile del mio corpo erano trattenuti. Ero tipo paralizzato.

Improvvisamente, la precedente nebulosità rimbalzò nella realtà con allarme e panico; così tanto fottuto panico, ed insieme ad esso, arrivò ciò che mancava solo fino a pochi minuti prima.

Le luci si accesero. Luminose ed accecanti. Ci fu un rumore di passi sul pavimento in cemento. Le catene non erano più astratte, erano tutte visibili, e i bordi erano così taglienti. I miei occhi si spalancarono di botto e guardai attraverso la stanza. La parte superiore del materasso era tirata in su, in modo tale da esserci solo una parte in cui guardare. E ciò che vidi fu tremendamente inquietante. Emily era qui. I suoi ricci biondi somigliavano più a delle cascate sulle sue spalle. Le sue labbra erano rosee, e la sua pelle era leggermente abbronzata. Era ancora più bella di quanto mi ricordassi. Stava indossando quello strano vestito che non sembrava così strano su di lei. Quello che aveva indossato al nostro primo vero appuntamento, per cercare di fare colpo su di me.

"Emily?!" Esclamai emozionato, dimenticandomi per un istante delle catene. Ma nessun suono fuoriuscì dalla mia gola. Provai ancora e ancora, ma lei non stava nemmeno guardando nella mia direzione. Ero muto quando iniziai ad urlare. Urlai il suo nome ripetutamente. Lei non se ne accorse.

Ma si accorse di qualche altra cosa. Qualcosa alla mia destra, qualcosa che le mie catene non mi consentivano di vedere. Qualunque cosa/chiunque fosse, sembrò spaventarla. I suoi occhi si spalancarono ed il suo corpo iniziò a tremare. "Emily, cosa c'è che non va?" Domandai, quasi come una supplica. Ancora una volta, venni ignorato.

Infine, vidi la cosa anonima e spaventosa. Era decisamente un umano, un uomo. La sua schiena era rivolta verso di me mentre si dirigeva verso la mia Emily. Indossava una specie di uniforme di polizia, altezza media con dei capelli castano chiaro. E con un coltello nelle sue mani.

Era James.

Si avvicinò ad Emily e lei non si mosse. Questa volta urlai a lui, urlai per lei, o forse per entrambi. Urlai ed urlai, ma non fuoriuscì alcun suono. E poi boom. Una scossa di elettricità attraversò il mio corpo. Un calore lancinante trovò la sua strada in ogni singolo nervo e cellula del mio corpo. Il dolore era insopportabile, e non finiva. Ma anche attraverso il dolore, riuscivo a vedere Emily. Il corpo di James era davanti al suo. Portò il coltello sulla sua gola ed io gridai e mi dimenai, ma niente uscì fuori e niente si liberò. Più mi muovevo, più dolore ricevevo. Mi sentivo come se il diavolo stesse affettando ogni singola parte di me con una falce bollente presa dall'inferno.

Ma quello che stava succedendo ad Emily era molto peggio. Il coltello, che teneva James, si avvicinò al collo di Emily. Lo trascinò sulla sua pelle, e del sangue fresco iniziò a colare. Ed ora, fu lei ad urlare. La sua voce risuonò con il mio nome mentre gridava in cerca di aiuto. Tuttavia, non riusciva ancora a vedermi. Non lo sapeva ancora che, piccola, sto facendo del mio meglio e vorrei poterti salvare e mi dispiace così fottutamente tanto. Ma le catene e il dolore non mi permettevano di muovermi. I miei muscoli facevano male per aver combattuto contro le catene e la mia gola sembrava essere stata strappata via a causa dei tentativi inutili di urlare. Provai a chiudere gli occhi ma non ci riuscii.

E dopo, proprio quando le sue urla svanirono, lasciando il posto ad un silenzio tombale, non era più Emily. Era Rose. E James non era più James ma era quella testa calva e mostruosamente grande di Norman. Ed io ero ancora Harry, e non potevo urlare ma solo provare dolore.

Ma il problema con Rose era diverso; lei non smetteva di urlare. Il coltello, che ora teneva Norman, fece fuoriuscire del sangue dai tagli poco profondi ma lunghi, mentre lei urlava e piangeva. Ma non moriva. E provai così fottutamente tanto a salvarla ma le catene non si muovevano di un millimetro. Provai a farmi sentire e ad essere notato, provai a fare qualsiasi cosa. Ma Rose non notò i miei sforzi, notò soltanto che io non fossi lì ad aiutarla.

Pianse ed urlò per ricevere un aiuto da parte mia. E diavolo, a questo punto, iniziai a piangere anch'io. Ero sotto uno sforzo ed una frustrazione inspiegabili.

Non appena capii di poter finalmente emettere un suono, la più piccola delle vibrazioni dalla mia gola, venni distratto da qualcosa. Perché Rose aveva smesso di gridare. I suoi occhi erano chiusi e il suo corpo insanguinato, una volta bello, giaceva a terra.

E Norman non era più Norman. Il suo corpo era più snello, e aveva dei capelli scuri. Quest'uomo iniziò a girarsi, l'uomo che aveva ucciso Emily e Rose con una sola mano. Ora mi stava guardando, e riuscivo a vedere il suo volto. I suoi occhi erano di un verde scuro. I capelli dell'uomo erano una massa di ricci castano scuro. Il completo dell'uomo non era più quello di prima, ma somigliava più ad una sorta di uniforme da prigione.

Poi, con dell'orrore che mi aveva prosciugato il colorito dalle guance, realizzai che quell'uomo fossi io.

E all'improvviso, riuscii finalmente a muovermi. Il mio corpo strappò via ciò che prima erano catene, ma che ora erano diventate delle semplici coperte. Urlai ripetutamente perché la mia voce sembrava finalmente funzionare. Aprii i miei occhi, anche se non mi ero nemmeno accorto fossero chiusi.

La stanza era ritornata scura.

Fanculo. Era soltanto un sogno.

Ma le mie guance erano ancora bagnate dalle lacrime, e realizzai di aver pianto addirittura nel sonno. E persino ora, non riuscivo a fermarmi. Mi guardai intorno la stanza buia, mentre rilasciavo altri singhiozzi. Il mio petto si sollevò ed abbassò violentemente, e il mio corpo tremò, mentre cercavo di ritornare alla realtà. Strinsi le lenzuola attorno a me, provando a liberarmi dalla frustrazione, provata poco prima. Non avevo mai sperimentato così tanto orrore.

Ma era soltanto un sogno. Un sogno, tutto qua. Emily morta, e Rose era viva e al sicuro. Questo pensiero riuscì a stabilizzare un po' il mio respiro. Rose. Viva. Al sicuro. Provai ad immaginarla nella mia mente, pensai al giorno in cui mi aveva detto di amarmi, e riuscii a respirare. Lei mi amava e si sentiva al sicuro con me. Non le avevo fatto del male e non gliel'avrei mai fatto. E non avevo fatto del male ad Emily. Lei era morta e io dovevo continuare a convincermi che ora si trovasse in un posto migliore. Perché c'era davvero un posto migliore, un paradiso, e se qualcuno doveva appartenere a quel posto, quel qualcuno era lei.

Asciugai via le mie patetiche lacrime e allentai la presa dalle lenzuola, sospirando di sollievo. "Cazzo," dissi, un po' troppo forte, per assicurarmi che la mia voce funzionasse. Bene. Risi un pochino per il sollievo e scossi la testa. Un sogno. Soltanto un altro incubo.

Mi lasciai cadere all'indietro sul materasso e mi sentii molto più rilassato. I miei muscoli persero la loro tensione ed il mio respiro ritornò alla normalità. Che sollievo.

Ma c'era ancora una strana sensazione, uno strano senso di colpa dentro di me. Mi sentivo male, quasi come se avessi commesso qualcosa di orribile. Mi sentivo profondamente giù come se essermi visto così, come un mostro, come il killer presente nell'incubo, non fosse del tutto parte di un sogno.

ROSE'S POV.

Decisi di non raccontare ad Harry il mio piccolo incontro con Norman. Non era successo nulla di che. Mi aveva soltanto detto alcune parole minacciose, niente di più. Ma con le guardie intorno 24 ore su 24, dubitavo avesse potuto davvero metterle in atto. Così, invece di alimentare più odio in Harry, mantenni, per una buona volta, la bocca chiusa. Per non parlare del fatto che sembrasse già turbato di suo mentre continuava fissava il suo piatto, con delle occhiaia disegnate perfettamente sotto ai suoi occhi.

Mi sedetti accanto a lui e la sua espressione cambiò, i suoi occhi mi guardarono e la sua schiena si raddrizzò dalla sua posizione curvata. "Ciao," mi salutò con un sorriso stanco.

"Ciao," risposi con uno dei miei soliti sorrisi.

Non appena presi posto sulla sedia, Harry posò la sua mano sulla mia guancia e premette le sue labbra sulle mie, in un soffice e persistente bacio. Durò solo un paio di secondi, ma come tutti i baci di Harry, fu meraviglioso. Le sue dita si spostarono leggermente dalla mia guancia al mio collo, poi sulla mia clavicola, poi sulla spalla e poi su e giù sul braccio come per assicurarsi che io fossi davvero lì con lui.

"Stai bene?" Gli chiesi, leggermente divertita. Lui, invece, non sembrava affatto divertito.

"Rose, sai che non ti farei mai del male, sì? Sai che ti amo e che ti terrò al sicuro in ogni caso, vero?"

Ci pensai su per un istante. Non perché non conoscessi la risposta ma la casualità della domanda mi prese alla sprovvista. "Sì, Harry, certo che lo so. Perché me lo chiedi?" Risposi, accarezzandogli la mano.

"Non lo so," sospirò, distogliendo lo sguardo.

"C'è qualcosa che non va?" Gli chiesi. Quando non rispose, iniziai a disegnare dei cerchi sul retro della sua mano con il mio pollice.

"No, no," mi rassicurò, i suoi occhi verdi ritornarono sul mio viso. "Ho soltanto avuto, uh. . .ho soltanto avuto qualche incubo."

Il mio viso si addolcì alle sue parole. Potevo solo immaginare le cose orribili che si nascondevano nei suoi sogni. Anche se entrambi ne avevamo passate tante, le esperienze di Harry erano senza dubbio peggiori delle mie.

Ero sul punto di chiedergli cosa tormentasse il suo sonno ma qualcosa mi fermò.

Dovetti dare una seconda occhiata per constatare se fosse vero o meno. Ma era vero. Jane si era avvicinata al nostro tavolo. La piccola, silenziosa ed asociale Jane si era avvicinata volontariamente a noi; di solito, dovevamo pregarla per ottenere qualche risposta.

La sua voce venne fuori bassa e debole come sempre, ma questa volta, vi era presente anche un accenno di fiducia. "Sono pronta per parlare."

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