All that you are is all that...

By annalisa_910

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Louis Tomlinson, 28 anni, dopo un matrimonio con un uomo che lo ha sempre trattato come se non valesse niente... More

We are sorrounded by all of these lies...
And people who talk too much...
You got that kind of look in your eyes as if no one knows anything but us...
I want you to know it's enough for me...
You look so beautiful in this light, your silhouette over me...
The way it brings out the blue in your eyes is the Tenerife sea...
All of the voices surrounding us here just fade up when you take a breath...
Just say the word and I will disappear into the Wilderness...
Should this be the last thing I see, I want you to know it's enough for me.

Should this be the last thing I see...

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By annalisa_910

Il mattino successivo, appena Louis si svegliò, storse il naso quando si accorse che per la seconda volta su tre in cui aveva dormito con Harry, lui non era al suo fianco.

Era sabato, non doveva andare in ufficio, dove diavolo era finito?

Il castano accarezzò per pochi secondi il lato vuoto del letto prima di sollevare le coperte per sedersi.

Appoggiò una guancia su un pugno imbronciando le labbra, e sbuffò quando lesse l'ora sulla sveglia.

Erano le dieci.

«Dov'è Harry?» mormorò stropicciandosi un occhio.

Controllò se gli avesse lasciato qualcosa sul comodino, ma niente.

Niente di niente.

Continuando a guardarsi intorno, prese il colletto della maglia tra due dita e lo allontanò dal proprio corpo per far passare dell'aria.

«Ho caldo» si lamentò sedendosi sul bordo del letto.

Fece dondolare un po' le gambe che per poco non toccavano terra, e si tirò le maniche del pigiama fino al gomito.

Queste, però, ricaddero non appena vennero lasciate.

Louis provò a piegarle su se stesse per farle rimanere su, ma scosse la testa rassegnato quando, alzandosi dal letto, le vide cadere un'altra volta.

«Non è possibile!» protestò riprovandoci per la terza volta.

Poi però, dopo aver finito di risistemarle sul lato sinistro e poco prima di concentrarsi sul lato destro, gli venne un'idea.

Un'idea che non avrebbe mai neanche considerato in un'altra situazione.

L'armadio di Harry.

Non ci doveva nemmeno pensare.

Harry gli aveva dato solo quel pigiama, e lui non poteva prendere altre cose sue senza avere il permesso.

«Scordatelo» rimproverò il suo subconscio, «non aprirò il suo armadio per mettermi una cosa sua!»

Era determinato ad ascoltare ciò che il suo lato razionale gli stava consigliando, ma quella manica che continuava a cadere non era per niente d'aiuto.

Sbuffò frustrato e, senza farci caso, lanciò un altro sguardo fugace all'armadio di Harry.

«Okay, magari non si arrabbierebbe così tanto se mi vedesse indossare qualcosa di suo...»

No che non si sarebbe arrabbiato, glielo aveva detto lui che gli avrebbe fatto piacere se Louis avesse indossato un suo indumento.

Continuò a giocare con le proprie dita per prendere una decisione, e controllò fuori alla porta per accertarsi di essere solo.

Che poi, pensandoci, non era neanche sicuro che Harry fosse in casa.

Sospirò, ed annuì ad occhi chiusi avvicinandosi al suo armadio.

Lo aprì in un colpo secco, e spalancò gli occhi quando vide la quantità di vestiti che vi erano all'interno.

C'erano solo camicie appese alle grucce, - metà di queste azzurre e bianche, - ed altre più appariscenti, colorate, con fantasie e disegni strani sia avanti che dietro.

Sotto a queste, su un lato vi erano piegate delle maglie più comode e un po' rovinate, mentre sull'altro lato vi erano delle felpe con il cappuccio altrettanto grandi.

«Mi perdo in queste cose!» sbuffò appoggiando il gomito su un'anta dell'armadio.

Aveva troppo caldo per quelle felpe, le maglie erano veramente troppo grandi per lui, ed era fuori questione che indossasse una di quelle camicie con le fantasie assurde.

Così, indugiò lo sguardo sulle camicie più semplici.

Quelle che Harry indossava per andare a lavorare.

Prese la manica di una celeste, e spostò la gruccia su cui era appesa per poterla guardare meglio.

Sarebbe stata esattamente identica alle altre, se solo in basso a destra non ci fossero state due lettere cucite in blu.

Delle iniziali.

Le sue iniziali.

H. S.

«Mi ammazza se la metto» scosse la testa categorico, rimettendola dove l'aveva trovata.

Continuando a frugare, afferrò la manica di un'altra camicia con due dita.

Era bianca, e quando la spostò per guardarla non trovò alcun dettaglio.

Era semplice, uguale a tutte le altre.

Sollevò la gruccia per poterla prendere senza sciuparla, e la sbottonò per poterla indossare.

Gli andava un po' grande sulle spalle, ma non da cadergli sulle braccia.

Poteva andare peggio.

Cominciò ad abbottonarla dal terzo bottone per lasciar intravedere qualche lettera del suo tatuaggio sul petto, e non l'abbottonò ai polsi.

Una volta pronto, si portò le mani nei capelli per aggiustarli un po' prima di coprire uno sbadiglio con un pugno, e si guardò dall'alto in basso per vedere un po' come stava.

La camicia gli stava benissimo.

L'unico problema erano i pantaloni.

Quei pantaloni del pigiama non c'entravano un bel niente.

Non si pose il problema che avrebbe potuto avere freddo se li avesse tolti, dato che nonostante si fosse cambiato aveva ancora caldo.

L'idea di toglierli gli passò per la testa più volte, ed il fatto che quella camicia fosse talmente lunga da coprirlo fin sotto al sedere non favoriva il suo lato razionale.

Così, sospirando e pensandoci su, scosse la testa e si rassegnò.

Si sedette a bordo del letto per togliersi i pantaloni, e li piegò per metterli sotto al cuscino esattamente come fece con la maglia del pigiama.

Approfittò dello specchio all'interno di un'anta dell'armadio per sistemare il colletto, e si accertò che la camicia lo coprisse abbastanza.

I suoi boxer neri si vedevano solo per il colore scuro in contrasto con il bianco.

Per il resto poteva dire di essere sufficientemente coperto.

Soddisfatto, chiuse l'armadio ed uscì rapidamente dalla camera per andare in cucina a fare colazione.

Dopo aver percorso il corridoio che separava le due stanze, si immobilizzò allo stipite della porta appena si rese conto di non essere da solo.

Harry non era uscito.

Era ancora a casa, ed in quel momento si trovava dietro al piano della cucina a sbattere delle uova in una scodella.

Il riccio si accorse della sua presenza solo quando, alzando la testa per controllare su un quaderno se stesse seguendo il procedimento giusto, lo sguardo gli cadde verso la porta.

Louis fu piacevolmente sorpreso di vedere il modo in cui Harry lo stava guardando.

Non era sorpreso, stupito o felice.

Era incantato.

Completamente incantato a guardarlo.

Guardava i suoi capelli scombinati, i suoi occhi blu ancora colmi di sonno, e le sue labbra imbronciate.

Poi, scese con lo sguardo.

E la vide.

La sua camicia.

Quella che Louis aveva addosso era proprio la sua camicia.

E sotto non aveva niente.

C'erano solo i boxer.

Non c'era alcun pantalone.

Deglutì senza fiato, e Louis, compiaciuto del fatto che lo stesse guardando senza ritegno e con quell'insistenza, dondolò sul posto ed agitò una mano per salutarlo.

«Buongiorno.»

Harry scosse la testa spaesato, e tentando invano di riprendere aria, rispose: «buongiorno a te.»

Louis rimase in silenzio a godere di quel suo sguardo ancora per un po', prima di appoggiarsi con la spalla alla porta ed incrociare le braccia al petto.

«È la tua» disse prendendo il colletto tra due dita.

«Lo so.»

Arcuò un sopracciglio premendo la lingua contro l'interno della guancia, «ti dispiace se l'ho presa?»

Harry scosse impercettibilmente la testa, ancora incantato da tutto ciò che aveva davanti.

«No...no, ti sta...benissimo

«Sì? Non mi va tanto grande!» gongolò il maggiore con fare innocente, camminando lentamente verso di lui.

Lo raggiunse in silenzio, senza mai smettere di guardarlo.

Senza mai smettere di notare come Harry lo stesse guardando.

Appoggiò i palmi sul ripiano della cucina quando lo affiancò, tenendo così le spalle sollevate e rendendo le proprie clavicole ancora più profonde di quanto già non fossero di natura.

«Che stai facendo?» gli chiese indicando la scodella che aveva tra le mani.

Si permise di interrompere il loro scambio di sguardi solo per spiare cosa vi fosse all'interno.

C'erano sicuramente delle uova, e poteva scommettere che il resto fossero panna, zucchero e cacao.

«Una torta.»

«Al cioccolato?» domandò entusiasta, non riuscendo a tenere a bada il bambino che era in lui.

«Sì, è al cioccolato. Sono andato a comprare gli ingredienti stamattina.»

Louis emise un verso di piacere e di stupore, e con un sorriso si avvicinò a lui ancora di più, fino a far combaciare le loro braccia.

«E come mai stai preparando una torta al cioccolato?»

Harry alzò un sopracciglio tornando in sé, e si abbassò leggermente intimandogli di spostarsi per aprire un cassetto e prendere lo sbattitore elettrico.

«Perché mi sembra di ricordare che tu abbia dei fratellini, e si sa che tutti i bambini amano le torte al cioccolato!»

«Io non sono un bambino ma amo...»

S'interruppe immediatamente quando capì quello che gli era appena stato detto.

«Aspetta...»

Harry sollevò un angolo della bocca e scosse la testa, portando poi la spina dello sbattitore nella presa situata nella parete accanto al piano cottura.

«Stai facendo una torta per i miei fratellini?!»

«In realtà la sto facendo per tutte le tue sorelle, ma non è quello il...»

«Vieni dalla mia famiglia domani?!» urlò Louis ancora più contento, stringendo così tanto la presa sul piano della cucina da mettere ancora più in risalto le vene sulle proprie mani.

«Tu che dici?» domandò retorico Harry mostrandogli lo sbattitore elettrico ancora spento.

«Dico che sei pazzo.»

Pazzo perché si era svegliato presto nonostante non dovesse andare a lavoro per andare al supermercato a comprare gli ingredienti per preparare una torta.

Pazzo perché stava addirittura preparando una torta per avere la simpatia assicurata dei suoi fratellini.

Pazzo perché aveva dovuto strafare, invece di dirgli semplicemente che lo avrebbe accompagnato dalla sua famiglia.

Harry era completamente pazzo, e a Louis tutto quello piaceva da matti.

Per questo motivo non gli lasciò neanche il tempo di difendersi che gli allacciò le braccia al collo, e lo baciò.

Harry lasciò subito lo sbattitore sul piano della cucina per avere entrambe le mani libere, e sgualcì tra le dita la sua stessa camicia per avvicinare il corpo di Louis al proprio il più possibile.

«Come ti è venuta quest'idea?!»

«Per arrivare al cuore delle persone bisogna passare per la gola, e vale anche per i bambini, no?»

«Soprattutto per i bambini!»

Harry rise contro le sue labbra annuendo, e si allontanò per riprendere lo sbattitore e mettere le fruste nella scodella.

«Vuoi darmi una mano?»

Seguì Louis con lo sguardo quando quest'ultimo percorse lateralmente il piano della cucina per sedersi sullo sgabello.

«Meglio di no. Rimango qui, così non rischio di sporcarti la camicia.»

«Se premi lo sbattitore contro il fondo non schizza, Louis.»

«Meglio se resto qui lo stesso.»

Harry sollevò un sopracciglio scettico, ma mordendosi l'interno della guancia, decise di non insistere.

Accese lo sbattitore per far sì che amalgamasse tutti gli ingredienti, e fece attenzione a pressare le fruste contro il fondo della scodella per non far schizzare niente.

Non riuscì ad aspettare di terminare il suo lavoro, però, che lo spense per tornare a parlare con Louis.

«Sicuro che non vuoi provare tu?»

Il più grande scosse la testa sorridendo.

«Fai tu.»

«Ma non vuoi venire perché non ti va?»

«No, perché è una cosa che vuoi fare tu.»

«Ma io non lo voglio fare da solo! Ci prendiamo i meriti entrambi! Su, vieni qui!» insistette piegando più volte il polso per invitarlo ad avvicinarsi.

Louis stese il braccio sul piano della cucina per appoggiarvi su la testa e, non davvero scocciato, sbuffò alzandosi dallo sgabello per affiancarlo.

«Cosa devo fare?» chiese piegandosi le maniche della camicia.

Harry allungò un braccio nella sua direzione per mettergli una mano sul fianco e tirarlo a sé, posizionandosi poi dietro di lui.

«Prendi lo sbattitore» gli spiegò all'orecchio.

Louis lo ascoltò e ne impugnò il manico con una mano.

Trattenne il fiato quando il palmo di Harry andò a posizionarsi sul suo dorso, accarezzandolo appena per far allentare la presa ed intrecciare le dita alle sue.

Il riccio piegò la scodella con la mano libera, ed aspettò che Louis capisse che in quella posizione non avrebbe dovuto muovere troppo il braccio per avvicinare le labbra al suo collo.

Vi sospirò su ad occhi chiusi, sorridendo nel rendersi conto di avergli fatto venire la pelle d'oca.

Louis sembrava un blocco di marmo tra le sue braccia.

Era fermo ed immobile, con la mano ancora intrecciata a quella di Harry, e premeva con tutte le sue forze contro il fondo della scodella.

Poi, lentamente, piegò la testa di lato.

Non appena Harry sentì la sua pelle tendersi contro le proprie labbra, ve le posò su lasciandogli dei baci dolci e delicati che avevano il solo scopo di sentirlo sciogliere tra le sue braccia.

E Louis lo fece.

Si sciolse pian piano chiudendo gli occhi, separando le labbra in un sospiro flebile, e lasciando cadere la testa all'indietro per posarla sulla sua spalla.

Non allentò mai la presa esercitata sullo sbattitore.

Il manico che aveva nella mano, però, veniva stretto con più forza quando Harry gli lasciava dei morsi sotto all'orecchio, così come veniva quasi lasciato quando il riccio ricominciava con quei suoi soffici baci dove le labbra parevano sfiorarlo appena.

«Harry...» pronunciò Louis con il respiro pesante, afferrando il suo braccio alla cieca per reggersi.

Gli tremavano le gambe.

Ogni bacio che Harry gli dava gli provocava un brivido alla base della schiena.

Si morse il labbro per l'ennesima volta tentando di regolarizzare il respiro, stringendo sempre di più lo sbattitore nella sua mano.

Poi, dopo un morso sul lobo dell'orecchio e prima di un altro bacio, lo sentì.

Lo sentì chiaramente contro il suo corpo.

Sentì Harry muoversi lentamente, prima dal basso verso l'alto, e successivamente con un movimento circolare.

E invece di eccitarsi, di andargli incontro e di godere di tutto quello che stava succedendo, si spaventò.

Si spaventò da morire.

Si irrigidì immediatamente sul posto, e prese a muoversi nervosamente nella speranza di farlo allontanare.

Non che non gli facesse piacere averlo così vicino, ma non si sentiva ancora pronto per arrivare fino in fondo.

Lo voleva, era sicuro di questo, ma non in quel momento.

Sapeva già cosa sarebbe successo se fosse rimasto fermo, e non voleva che accadesse così.

Aprì gli occhi allentando la presa sul suo braccio, e lo chiamò.

Harry non lo sentì per via dello sbattitore ancora acceso, ma la pelle che vibrò contro le sue labbra, segno che Louis avesse appena detto qualcosa, lo riportò alla realtà.

E solo in quel momento, allontanandosi leggermente dal suo collo, si accorse di quanto fosse teso.

Smise immediatamente di muovere i fianchi, ma mai di baciarlo.

Poi, vedendo che Louis non aveva più intenzione di rilassarsi, decise di passare al piano B.

Posò di nuovo le labbra schiuse sul suo collo, e senza lasciare alcun bacio, gonfiò le guance e soffiò.

«Harry!»

Sospirò più tranquillo e, ridendo, lo pressò ancora di più contro il ripiano della cucina per farlo di nuovo.

«Harry! Mi fai il solletico!»

Incapace di smettere di ridere, Louis piegò la testa verso la spalla per impedire alle labbra di Harry di tornare sul suo collo.

Si dimenò tra le sue braccia per farsi lasciare, ma il riccio era irremovibile.

Continuava a fargli delle pernacchie sul collo per distrarlo e per farlo ridere e, a corto di fiato, l'unica cosa che a Louis era rimasta da fare era quella di girarsi tra le sue braccia.

Così, anche per evitare che per uno scatto improvviso si macchiasse la camicia, spense lo sbattitore con il pollice per posarlo e per farsi lasciare la mano, e dopo aver immerso l'indice nella scodella, si girò verso di lui.

Passò il dito sporco di cioccolato su tutta la sua guancia, e rise ancora di più quando vide la reazione di Harry.

«Louis!»

«Che c'è?» lo stuzzicò ridendo, portando l'indice in bocca per leccare la cioccolata rimasta.

«Mi hai sporcato!»

«Oh, speravi che ti facessi uscire pulito da questa cucina?»

«Louis!»

E ancora, piegando la testa di lato per assumere un'espressione innocente, chiese: «che c'è?»

Harry non gli rispose.

Lo ripagò con la sua stessa moneta.

Più o meno.

Pulì una delle fruste che stava ancora gocciolando con due dita, e facendo attenzione a non sporcargli la camicia, gli picchiettò l'indice sul naso.

«Harry!»

E rise.

«Che c'è?»

«Mi hai sporcato!»

Ma Harry, invece di leccare la cioccolata che gli era rimasta sul pollice, la spalmò intorno alle labbra di Louis tracciandone i contorni.

«Lo so» rispose prima di lasciargli un bacio sul naso per pulirglielo, «solo che io non ti farò uscire sporco da questa cucina.»

Non vedendo Louis lamentarsi o reagire, approfittò per avvicinarsi a lui e posare le mani sul suo collo.

Gli baciò prima gli angoli della bocca, e dopo aver tracciato il suo labbro superiore con la lingua per leccar via tutto il cioccolato che lui stesso gli aveva spalmato, passò al labbro inferiore, succhiandolo.

Lo tirò con i denti, ed appena sentì un gemito di piacere provenire dalla bocca dell'altro, riprese a succhiarglielo per pulirlo per bene.

Quando Louis si accorse che avesse finito, si allontanò dalle sue labbra per potergli pulire anche lui la guancia.

Partì dallo zigomo, ed accarezzandogli il collo con i pollici e percorrendo quel tragitto alternando le labbra e la lingua, pian piano, arrivò alla sua bocca.

Una volta arrivato lì, lo baciò.

Lo baciò di nuovo con le spalle bloccate al muro, con le braccia a cingergli il collo, e con le mani di Harry ad accarezzargli i fianchi.

Solo che questa volta aveva indosso la sua camicia perché stavano insieme, e quel bacio non sapeva di patatine ma di cioccolato, perché stavano preparando una torta per far fare ad Harry una buona impressione sulla sua famiglia.

Non era passata neanche una settimana, eppure era cambiato tutto.

~·~

«Si vede che la domenica non hai la sveglia.»

Harry entrò in bagno stropicciandosi gli occhi verso le nove ed un quarto, e Louis, vedendolo così stanco nonostante avesse dormito quasi due ore in più del normale, non riuscì a trattenere un sorriso intenerito.

«Almeno la domenica concedimelo.»

Non insistette, ed alzò il viso per fare in modo che il rasoio non gli tirasse la pelle del collo.

«Tu che ci fai già sveglio?» domandò il riccio affiancandolo e prendendo lo spazzolino ed il dentifricio dal bicchiere accanto al lavandino.

«Mi faccio la barba! Sai com'è, mi riempiono di baci e non voglio irritar loro la pelle, quindi la faccio sempre prima di vederli.»

Harry sorrise e spremette il dentifricio sullo spazzolino per lavarsi i denti, ma poco prima di chiuderlo rimase con la mano ferma a mezz'aria quando lo sentì canticchiare.

Lo guardò con le labbra schiuse e gli occhi completamente incantati dall'immagine di Louis leggermente sollevato sulle punte ed appoggiato sul lavandino per essere più vicino allo specchio, che canticchiava.

Non riusciva neanche a muoversi.

«Che c'è?» chiese Louis divertito quando se ne accorse.

Continuò a guardare il suo riflesso nello specchio con un sorriso, ed Harry scosse la testa per chiudere il dentifricio e dire: «niente» a bassa voce.

«Se ti dà fastidio che io canti dimmelo senza problemi.»

«Non mi dà fastidio» scosse la testa mettendo lo spazzolino in bocca per non fargli sentire un' «anzi.»

Louis serrò gli occhi non del tutto convinto, ma decise di lasciar passare e fece spallucce, e dopo essersi lavato il viso per rimuovere della schiuma da barba, aprì lo sportello accanto allo specchio per vedere cosa ci fosse all'interno.

«La smetti di aprire tutti i miei mobili?» chiese Harry dopo essersi sciacquato la bocca.

«Senti chi parla» lo stuzzicò Louis colpendogli un fianco con il proprio, «e comunque no. Mi serve una cosa.»

«E non fai prima a dirmi cosa sia, così ti dico dove trovarla?»

«Nah, è più divertente se la trovo io.»

«Cosa ci può essere di divertente in un bagno?»

«Sarebbe divertente la tua reazione, non la cosa da trovare.»

«Addirittura?»

«Già.»

«E allora dimmelo, tanto che lo trovi tu o lo trovo io che cambia?»

«L'effetto sorpresa, è chiaro!»

«L'effetto sorpresa?»

«L'effetto sorpresa! Che tu stai rovinando!» lo accusò Louis puntandogli l'indice contro il petto.

Harry alzò un sopracciglio e scosse la testa afferrandogli il dito, «dimmi che ti serve» insistette tirandolo a sé, costringendolo ad avanzare di due piccoli passi.

Quando Louis si accorse che quella sua mossa aveva il solo fine di farlo cedere, decise di lasciarlo vincere.

O almeno, di illuderlo di aver vinto, perché Louis non perdeva mai.

Portò le mani sul suo collo avvicinandosi al suo viso ancora di più, e si fermò a pochi centimetri dalle sue labbra per spostarsi verso il suo orecchio.

«Voglio mettere il tuo dopobarba, perché mi fa impazzire» ammise con il tono basso, la voce roca ed un sorriso sulle labbra appena sentì il suono di anelli sbattere contro la ceramica, segno che Harry si fosse appena retto al lavandino con una mano, mentre con l'altra gli stringeva il fianco da sotto al pigiama.

Ecco, quella reazione fu anche meglio di quello che Louis si aspettava.

«Hai ragione, questo è meglio dell'effetto sorpresa!» esultò allontanandosi ed appoggiando il gomito contro l'anta dello sportello ancora aperto, «allora? Dov'è?»

Harry rimase in silenzio per almeno cinque secondi prima di riprendere familiarità col mondo, e gli intimò di spostarsi per poter prendere il proprio dopobarba da uno scaffale piuttosto alto.

«Prego» disse porgendoglielo, e «grazie» sorrise Louis prima di aprirlo e passarne un po' sulle guance e sul collo.

«Fatto. Vieni con me che ci andiamo a vestire» disse poi prendendo la mano di Harry per portarlo in camera da letto e prepararsi per uscire.

~·~

«Siamo arrivati!» affermò Louis spegnendo il motore dell'auto una volta parcheggiato fuori casa di sua sorella.

Harry gli strinse d'istinto la mano appoggiata sulla propria gamba quando si sentì chiamare dopo più di mezz'ora di viaggio, e spalancò gli occhi quando, affacciandosi dal finestrino, vide una villa con il giardino.

«Ma è enorme!» urlò sorridendo come non mai, gli occhi pieni di gioia, meraviglia ed impazienza.

«Dà l'impressione per il giardino che la circonda, ma dentro non è altrettanto grande» gli garantì Louis slacciandosi la cintura.

Tentò di lasciare la mano di Harry per uscire dalla macchina ed avviarsi alla porta, ma il riccio, al contrario, la strinse ancora più forte e l'avvicinò al proprio fianco senza smettere di guardare fuori dal finestrino.

Era nervoso.

Molto nervoso.

Louis pensava che a casa fosse riuscito a fargli capire che non solo non aveva motivo di preoccuparsi della sua famiglia perché erano tutti più piccoli, ma anche che non era necessario che lo vedesse come un impegno, bensì come una giornata passata insieme in un modo diverso, in un luogo diverso e con persone diverse.

Eppure a quanto pare non era così.

Provò a chiamarlo per attirare la sua attenzione, e si sporse verso di lui per risvegliarlo da qualsiasi cosa stesse pensando.

«Harry» lo richiamò accarezzandogli la mano con il pollice, «che succede?»

Il riccio sospirò e voltò il capo verso di lui per guardarlo.

«E se non gli piacessi?»

«Gli hai portato una torta al cioccolato fatta in casa, è praticamente impossibile che tu non gli piaccia!»

Avrebbe tanto voluto che Harry ridesse e che gli desse ragione, ma non fu così.

«Sono serio» disse invece, «sono comunque una persona nuova in casa, non mi conoscono, e non so come possano reagire nel vedere il loro fratello maggiore con un'altra persona dopo così tanto tempo...»

«Harry...» lo richiamò Louis portando una mano sulla sua guancia per infondergli sicurezza, «sei preoccupato perché potresti non piacergli tu, o quello che rappresenti?»

«La seconda» rispose senza pensarci neanche un istante, «la seconda, perché sono la persona che sta al tuo fianco dopo anni in cui lo è stato qualcun altro, e per di più sono l'avvocato che si occupa del tuo divorzio, quindi essendo piccoli potrebbero vedermi come quello che vi ha...»

Louis non gli lasciò neanche finire di formulare la frase, che si appoggiò sul freno a mano e si sporse verso le sue labbra per baciarlo e per fargli capire che non aveva motivo di pensare a quelle cose, di porsi certi dubbi e farsi tali paranoie.

«Vedi che al massimo ti ringraziano» gli assicurò riaprendo gli occhi, «ti ho già detto che non lo sopportano, se vedono qualcuno di diverso da lui al mio fianco sono più che contenti. E poi ti stai preoccupando di ragazzine, figurati se ti dicono qualcosa!»

«Proprio perché sono ragazzine mi preoccupo! Hanno l'età per giudicare! Scommetto che anche tua sorella che non mette mai il naso in queste cose commenterà la mia presenza e...»

«Ma di chi stai parlando?» chiese Louis inarcando un sopracciglio.

«Di tua sorella! Non so il nome, ma mi hai detto solo che solitamente si fa i fatti suoi, eppure sono sicuro che stavolta ti dirà come la pensa e...»

«Ma quando te l'ho detto?» domandò il più grande interrompendolo per la terza volta, facendo alzare gli occhi al cielo ad Harry.

«La prima volta che ci siamo visti.»

«E tu ti ricordi quello che ti ho detto la prima volta che ci siamo visti?»

«Direi...l'intero processo è basato su quello che tu mi hai detto quel giorno, non posso dimenticarlo!»

Louis si morse l'interno della guancia ed annuì quando lo ricordò.

«Okay, è vero, ma comunque non credo che dirà qualcosa. O almeno, non in negativo. E poi tu concentrati sui piccolini, vedrai che grazie alla torta al cioccolato ti ameranno!»

Dopo quelle parole, Harry fu finalmente più tranquillo.

Sospirò pensieroso, ed annuì più convinto prima di dargli un ultimo bacio e scendere dalla macchina.

Aprì il portabagagli per prendere la torta, ed aspettò che Louis chiudesse l'auto per seguirlo verso la porta di casa.

«Spero che tu sia pronto a sentire bambini urlare per tutto il pomeriggio, perché questa casa non è affatto silenziosa» lo avvisò il più grande appoggiando un gomito contro il muro dopo aver suonato il campanello.

«Non c'è problema» sorrise Harry, ormai pronto a qualsiasi cosa.

Fu una ragazza piuttosto minuta ad aprire la porta.

La prima cosa che Harry notò in lei, furono gli occhi.

Azzurri e chiari, anche più di quelli di Louis.

Tuttavia, gli occhi non erano l'unica cosa che somigliava a Louis, perché a quelli seguivano il naso alla francese e gli zigomi alti.

L'unica cosa che non gli ricordò affatto il suo compagno furono le labbra carnose in netto contrasto con quelle più sottili di Louis.

Il motivo, constatò Harry prestandovi attenzione, era che fossero rifatte.

«Oh, ce l'hai fatta ad arrivare! Tra poco mangiavamo senza di te!»

«Scommetto che non hai messo neanche il piatto a tavola» la canzonò il maggiore sollevando le braccia per cingerle i fianchi ed abbracciarla.

«Louis, ti prego, stai fermo! Lasciami!» urlò la ragazza piegando le gambe quando il fratello la sollevò da terra.

«Wow, devo dire che il modo in cui mi dimostri che ti sono mancato mi lascia sempre senza parole! Dove sono le pesti?» sbuffò Louis affacciandosi in casa.

Si ricordò di non essere solo soltanto quando sentì il gomito di Harry sfiorargli il braccio, e si gelò sul posto smettendo di cercare i suoi fratelli per concentrarsi su di lui.

«Comunque, Lottie, lui è Harry. Harry, la maggiore delle mie sorelle, Lottie.»

«Non ti porgo la mano solo perché vedo che sei impegnato» sorrise la ragazza dai capelli chiari, «cos'è?»

«È una sorpresa. Ora mi dici dove sono le pesti sì o no?» sbuffò Louis posando la mano sul polso di Harry per farlo entrare in casa.

«Sono in camera mia Lou, adesso arrivano» lo informò Lottie chiudendo la porta d'ingresso, «vuoi darlo a me?» domandò poi al riccio indicando il vassoio coperto nelle sue mani.

«Se mi dici dov'è la cucina faccio io.»

«Oh no, non preoccuparti, dai a me senza problemi!»

«Va bene...» si rassegnò Harry porgendoglielo, facendo appena in tempo prima che vedesse arrivare un'altra ragazza dalle scale.

«Lou, sei arrivato finalmente!» urlò questa andandogli incontro a braccia aperte, pronta ad avvolgerle intorno al collo di Louis per stringerlo forte, «non ce la facevo più! I bambini non vedono l'ora di vederti e le gemelle continuano a dire che...chi è lui?»

Okay, forse Louis avrebbe dovuto perlomeno anticipare che avrebbe portato con sé qualcuno di importante, invece di limitarsi a dire a Lottie di cucinare  per una persona in più in modo tale da evitare qualsiasi tipo di domanda.

Non che non fosse pronto a rispondere ad ognuna di queste, ma sapeva quanto le sue sorelle sapessero essere insistenti a telefono se un'informazione veniva minimamente approfondita.

«È Harry» rispose indicandolo, «Harry, lei è Felicité, la seconda delle mie sorelle.»

«Fizzy» lo corresse lei alzando gli occhi al cielo e porgendogli una mano che venne subito stretta, «è un piacere per me...»

'Harry'  stava per dire, prima che venisse interrotta da due voci provenienti dalle scale.

«Non mi dite che è arrivato Lou!»

«Sì che è arrivato! Vai a chiamare subito i gemelli!»

Harry non fece neanche in tempo a veder arrivare due ragazze, che queste risalirono e scesero pochi secondi dopo mano nella mano con due bambini.

«Achoo!» urlarono in coro i più piccoli.

Nessuna delle due sorelle riuscì a tenerli fermi, perché i due si dimenarono immediatamente per lasciar loro la mano e corsero verso Louis non appena lo videro inginocchiarsi ed aprire le braccia.

«Ci sei mancato tantissimo!» disse la piccola dai capelli rossi e ricci, attenta a distinguere bene la 's' dalla 'f'.

«Anche voi mi siete mancati, principessa.»

«Tu di più però!» urlò il biondo allontanandosi ed appoggiando una manina sul suo ginocchio, «lo sai che Lottie mi ha comprato il mio dinosauro preferito? Vero che oggi ci giochiamo insieme?» chiese arricciando le labbra alla doppia 'g'.

«No Ernie, Achoo deve giocare con me oggi! Dobbiamo fare nascondino, ho trovato un sacco di posti bellissimi!» ordinò la sorella mettendosi a braccia conserte, convincendolo a cedere utilizzando nuovi nascondigli.

«E va bene, però ci nascondiamo solo io e te!» accordò il piccolo alzando il dito indice, dando poi il cinque alla bambina.

Erano adorabili.

Harry non riuscì a non sorridere nel notare come i due non vedessero l'ora di giocare con il loro fratello maggiore.

Stava giusto per inginocchiarsi accanto a loro per presentarsi, ma si fermò quando vide lo sguardo delle sorelle di Louis che ancora non conosceva vicino alle scale.

«Achoo, ma lui non è David!»

Smise di guardarle solo quando sentì quella frase detta dal fratellino di Louis, e sospirò giocando con le proprie dita, ancora più nervoso di quanto non lo fosse in macchina.

Ecco cosa temeva.

Che i bambini si aspettassero David e non lui, perché d'altronde era con lui che erano cresciuti, non con Harry.

Si morse il labbro sperando che Louis si girasse e lo guardasse come per non farlo sentire di troppo, ma ciò non accadde, e fu la risposta di Doris a rassicurarlo più di qualsiasi altra cosa.

«Certo che non è David, Ernie. Non lo vedi che lui è molto molto più bello?» chiese facendo spallucce con fare ovvio, alzando una manina per indicarlo.

Finalmente, dopo quella frase, Louis girò lo sguardo e gli fece un occhiolino, accompagnandolo con un sorriso che sapeva tanto di un 'te l'avevo detto', e con un cenno del capo per invitarlo ad inginocchiarsi accanto a lui.

«Scommetto che è anche più simpatico di David» rise il fratellino quando Harry si abbassò, «come si chiama?»

«Mi chiamo Harry» si presentò il riccio porgendogli la mano, «e tu invece come ti chiami, campione?»

«Io mi chiamo Ernest, e lei è Doris!»

«Vero che giochi anche tu a nascondino con noi?» chiese la bambina lasciando Louis per appoggiarsi sul suo ginocchio.

Harry sorrise come non mai e tentò di non annuire con troppo vigore per non mostrare il suo entusiasmo per una cosa che ad occhi esterni sarebbe sembrata poco importante, «se volete che io giochi con voi, per me va benissimo!»

«Sì che lo vogliamo!» annuì Ernest battendo le mani.

«Magari dopo che abbiamo mangiato, che abbiamo fatto già abbastanza tardi» li interruppe Lottie portando i piatti a tavola.

«È pronto!» esultò Doris prendendo la mano del fratellino per correre al suo posto.

Harry aspettò che tutti andassero a sedersi, ed un attimo prima che Louis li raggiungesse, gli prese il braccio e si avvicinò al suo orecchio.

«Non mi hai detto come si chiamano le gemelle. E per la cronaca, mi hanno guardato malissimo.»

Il maggiore alzò gli occhi al cielo, consapevole del caratterino delle sue sorelle.

«Si chiamano Daisy e Phoebe, e non far caso a come ti guardano, fanno così con chiunque. Basta che tu stia simpatico a Lottie, tanto vedo che i gemellini li hai già convinti» scherzò orgoglioso.

Aspettò che Harry gli sorridesse di rimando per girarsi e andare verso il tavolo, ma non riuscì a fare nemmeno un passo che venne fermato un'altra volta.

«C'è un altro problema: non riesco a distinguerle. Rischio di chiamarle con il nome sbagliato!»

«Chiamale 'principessa' ed il problema è risolto, così non ti sbagli e le fai anche contente» lo aiutò spostandogli la mano dal braccio per poter andarsi a sedere.

«Achoo si mette vicino a me!» urlò Ernest colpendo la sedia al suo fianco appena vide Harry e Louis arrivare, attento a non cadere dai cuscini su cui Lottie lo aveva fatto sedere per arrivare al suo piatto.

«'Arry invece si mette vicino a me!» sorrise Doris giocando con la forchetta ed il cucchiaio, indicando i due posti che separavano lei ed il fratello gemello.

Louis non si lasciò scappare il sorriso di Harry dovuto alla palese simpatia della sorella nei suoi confronti, e sebbene si aspettava che la cosa potesse in qualche modo suscitare della gelosia in lui, al contrario, fu più che contento del rapporto che si stava instaurando.

«Lou, mi passi i piatti dei bambini?» chiese Lottie ancora in piedi con una pentola più piccola tra le mani per dare ai più piccoli la pasta fatta a parte.

Louis annuì e le diede subito il piatto di Ernest, ed al suo fianco Harry prese il piatto di Doris e glielo passò.

«Io però non la voglio questa pasta» sbuffò Ernest girando la posata nel piatto quando gli venne messo davanti.

Doris invece non fece storie, e prese subito la forchetta per cominciare a mangiare senza aspettare che Lottie riempisse il piatto di tutti i membri della famiglia.

«Ma come non la vuoi, Ernie?» chiese Fizzy incrociando le braccia sul tavolo, «Lottie l'ha preparata apposta per voi, scommetto che è buonissima!»

«Lo è!» l'aiutò Doris alzando la forchetta, «brava Lottie, è buonissimissima!» si complimentò portando il dito di una mano sulla guancia per farlo roteare.

La maggiore la ringraziò e le fece l'occhiolino, e tornò a guardare Ernest con uno sguardo di rimprovero.

«Lo so che è buona, però io volevo l'altra.»

«Ernie, ormai ho fatto questa. Quella che vuoi tu se vuoi la faccio domani, ma adesso mangia questa» lo implorò Lottie posando la pentola più grande su un tagliere quando finì di servire tutti.

«Ma questa non la voglio!»

«E allora che fai? Non mangi?»

«No. Non mangio» rispose il piccolo mettendosi con le braccia conserte.

«Lo sai che dopo ti verrà fame, vero?»

«Non fa niente.»

«Va bene, allora quando più tardi mi dirai di avere fame ti risponderò allo stesso modo!» sbottò Lottie andandosi a sedere, stanca di dover combattere con lui per dovergli dare da mangiare.

Sperava che almeno con gli ospiti il fratello non facesse storie esattamente come stava facendo Doris, ma a quanto pare non era così, e nonostante fosse ben consapevole che prendersela con un bambino di quasi cinque anni come se avesse la sua età non fosse il metodo giusto per farsi ascoltare, in momenti di rabbia non riusciva a fare altrimenti.

«Comunque non sai che ti perdi» fece spallucce Doris attenta a non sporcarsi col sugo mentre si avvicinava alla forchetta per prendere il suo boccone.

Harry si limitò a guardare quella scena in silenzio, ma quando vide che il piccolo era davvero determinato a non mangiare e che nessuna delle sue sorelle stesse insistendo per fargli cambiare idea, decise di tentare.

«Ricordami un attimo il suo nome per intero» chiese all'orecchio di Louis, evitando di usare il nomignolo per non immischiarsi più di quanto non stesse per fare.

«Ernest.»

«Ernest!» lo chiamò, ignorando gli occhi curiosi delle sorelle Tomlinson, «posso farti una domanda?»

Ernest appoggiò le braccia conserte sul tavolo per affacciarsi e vedere Harry nascosto dietro Louis, ed annuì.

«Ma tu vuoi diventare grande e forte come Achoo?» provò il riccio, lasciando da parte qualsiasi pensiero quella frase potesse lasciar formulare alle ragazze sedute intorno al tavolo.

Doveva convincere Ernest a mangiare, al resto ci avrebbe pensato più tardi.

Il bambino guardò Louis e si soffermò sui suoi bicipiti per qualche secondo, «sì» annuì sicuro.

«E allora devi mangiare, perché senza cibo non si cresce e non si diventa forti» gli spiegò Harry dolcemente.

Ernest si morse il labbro storcendo il naso.

Guardò la pasta nel suo piatto, poi guardò Louis, ed infine tornò a guardare Harry.

«Non ti sto dicendo che la devi mangiare per forza, è una tua scelta ovviamente...però se vuoi diventare come Achoo la devi mangiare» lo avvisò il riccio facendo spallucce e portando un boccone del suo pasto in bocca.

Sorrise soddisfatto quando Ernest si arrese ed impugnò la forchetta per prendere della pasta e portarla alla bocca, e se da una parte non fece molto caso agli sguardi stupiti e contenti delle sorelle - soprattutto di Lottie, - non si lasciò assolutamente sfuggire la carezza che Louis gli fece sul ginocchio sotto al tavolo per ringraziarlo.

~·~

«'Arry, guarda, ho finito di mangiare!»

Nonostante Ernest avesse cominciato a mangiare dopo la sorella, riuscì miracolosamente a finire il suo piatto prima di lei.

Prima di Doris, certo, ma non prima del resto della sua famiglia che, ormai, stava per finire il secondo.

«Ora sì che diventerai come Achoo!» si complimentò Harry intrecciando una gamba con quella di Louis sotto al tavolo.

Doris picchiettò un dito sulla spalla di Lottie per richiamare la sua attenzione, e «mi passi il fassoletto?» le chiese indicando i tovaglioli al centro del tavolo.

La ragazza rise quando la vide sporca di sugo sulle labbra, sulle guance, e addirittura sul naso.

Le prese un fazzoletto per aiutarla a pulirsi, e «ora sarò forte anch'io come Achoo!» esclamò entusiasta la bambina.

«Certo principessa» promise Harry accarezzandole la guancia con le nocche, «diventerete forti come Achoo tutti e due!»

«E però lo sai che Achoo dopo che ha finito di mangiare viene sempre a giocare con noi?» chiese Ernest affacciandosi oltre il fratello, allungando il braccio verso Harry ed agitando una manina per richiamare la sua attenzione.

«Ah, sì?» chiese il riccio intenerito spostando il suo sguardo su Louis, il quale portò una mano nei capelli biondi del bambino per scombinarglieli. «Però ora Achoo sta mangiando, quindi viene a giocare tra un po'.»

«Tu però hai finito di mangiare!» gli fece notare Doris indicando il suo piatto, «puoi venire a giocare con noi!»

Harry si guardò intorno imbarazzato da quella proposta, «io?»

«Sì 'Arry, tu! Hai finito di mangiare, e Achoo ha la bocca da leone, quindi finisce tra poco!» insistette Ernest congiungendo le mani, «ti prego!»

Dall'altro lato, Doris gli stava facendo il labbruccio per convincerlo.

Harry guardò solo loro due per non concentrarsi sugli sguardi delle sorelle di Louis, e quando sentì la mano di quest'ultimo accarezzargli la gamba, si girò verso di lui.

«Se non ti va puoi dire di no» lo rassicurò.

Harry scosse la testa, «mi va, Lou.»

Solo dopo aver sentito il suo tono di voce Louis capì perché stesse indugiando così tanto.

Aveva paura di esagerare e di immischiarsi troppo, perché sarebbe rimasto da solo con loro nonostante li conoscesse da poco tempo.

«Io vengo tra poco» gli promise incoraggiante, «devi solo decidere se per te è un problema giocare con i bambini...»

«No! No, non è un problema, vado volentieri!»

Voleva davvero giocare con loro.

Non li stava respingendo e non stava inventando scuse, ma voleva veramente passare del tempo con loro per farli divertire.

Louis cercò la sua mano alla cieca sulla sua gamba, e gliela accarezzò quando la trovò.

«Pesti, trattate bene 'Arry prima che arrivi Achoo!» si raccomandò poi guardando i fratelli.

Ernest e Doris urlarono di gioia, e scesero dalla sedia facendo attenzione a non scivolare dai cuscini, per poi prendere le mani di Harry e portarlo nel salone.

~·~

«'Arry, guarda che così ti vedo!» sbuffò Ernest a braccia conserte quando si accorse di quanto si fosse nascosto male Harry.

Non era colpa sua, okay?

È che Ernest e Doris avevano trovato dei nascondigli troppo piccoli, quindi era ovvio che Harry non riuscisse a non farsi vedere.

«Se vuoi posso nascondermi dietro alla tenda...»

«La tenda? Ma così Doris ti vede! Devi nasconderti in un posto dove non ti troverà mai! Tipo...dietro al divano!»

Louis non si sarebbe perso quella scena per niente al mondo.

Appena Lottie e Fizzy avevano cominciato a parlare di università, si era subito girato verso il salone per vedere Harry nascondersi nei posti più improponibili solo per giocare con i suoi fratellini.

Aveva riso sotto i baffi quando, per quanto il riccio ci provasse, non era riuscito a nascondersi dietro ai mobili preferiti di Ernest, ed aveva riso ancora di più quando quest'ultimo lo aveva sgridato e gli aveva proposto altri posti che non andavano bene lo stesso.

Non faceva altro che sorridere per tutto quello che stava accadendo, e pensò che aveva ragione quando diceva che per completare le giornate con la sua famiglia aveva bisogno che la persona al suo fianco si trovasse bene con le persone più importanti della sua vita, perché guardando Harry giocare con i suoi fratellini, Louis si sentì finalmente felice.

Felice per davvero.

Felice come quando hai tutto, non ti manca niente, e vorresti solo rivivere quel momento per sempre.

«Se lo guardi un altro po' lo consumi.»

Non era certo di chi lo avesse detto – Lottie probabilmente, considerando che era lei quella che stava nascondendo una risata dietro al tovagliolo mentre Fizzy sembrava al quanto spaesata – ma era servito per farlo girare e sedere correttamente sulla sedia.

«Come, scusa?» chiese confuso.

«Niente! Stavo solo...pensando ad una cosa» si giustificò la maggiore, non convincendo affatto Louis.

«È proprio simpatico il tuo amico Harry!»

Phoebe rise quando Daisy disse quella frase pochi secondi dopo, perché andiamo, possibile che non lo avesse capito?

Daisy la guardò indispettita.

«Cosa c'è da ridere?» le chiese, ma Phoebe scosse la testa e guardò Lottie e Fizzy con la speranza che almeno loro due avessero capito.

Lottie annuì subito.

Fizzy invece, dopo aver capito la frase ed i soggetti, cominciò a ridere anche lei.

«Oh andiamo, si può sapere cosa c'è da ridere? Se non vi sta simpatico basta dirlo!»

«Non è che non ci stia simpatico, è che hai detto amico!» disse Phoebe coprendosi la bocca per nascondere l'ennesima risata.

«Sì, amico. Perché, non è un amico di Lou?» chiese indicando Louis senza guardarlo, non vedendo così il suo evidente rossore sulle guance che Lottie non si lasciò affatto sfuggire.

«È evidente che Harry non sia solo un amico per Lou, Daisy» concluse Phoebe bevendo l'ultimo sorso d'acqua nel suo bicchiere.

Non disse altro, lasciando il tempo alla sua sorella gemella di arrivarci da sola.

Rise ancora di più, però, quando questa spalancò gli occhi e guardò Louis non appena ci arrivò.

«Harry è il tuo fidanzato?!»

«Urlalo un po' di più, che i vicini non ti hanno sentita!»

«Harry è davvero il tuo fidanzato!» confermò mettendosi a braccia conserte, «e perché non ce lo hai detto subito?»

«Sperando che non ce ne accorgessimo da sole, tra l'altro» aggiunse Phoebe offesa.

Tutte ignorarono il fatto che quella tecnica avesse funzionato solo con Daisy, troppo curiose di saperne di più.

Louis abbassò lo sguardo per via dell'imbarazzo.

Si sentiva troppi occhi addosso.

Occhi chiari, identici ai suoi e non indifferenti, perché le sue sorelle erano capaci di scrutarlo ed insistere per fargli confessare qualsiasi cosa senza dirgli neanche una parola.

A loro bastava lo sguardo.

Quello stesso sguardo che ora stavano reggendo in quattro, neanche si fossero messe d'accordo.

«La smettete di guardarmi così? Sì, io ed Harry stiamo insieme.»

«Sì, fin qui ci siamo arrivate, ma io voglio sapere perché non ce lo hai detto!»

«In realtà io voglio anche sapere dove vi siete conosciuti, com'è successo e che cosa ha fatto per farti perdere la testa così tanto, ma sì, mi basta quello che ha detto Phoebe per il momento» annuì Lottie impegnandosi per farsi i fatti suoi.

Non diceva mai il suo parere, ma non è che non voleva sapere come stavano le cose.

«Era preoccupato che voi lo consideraste in quanto mio fidanzato e non in quanto Harry, e così abbiamo preferito non dirvelo. Ciò non significa che io non volessi che voi lo sapeste. Non vi ritengo stupide o cieche, e mi rendo conto che siamo abbastanza...»

«Affiatati?» domandò Lottie.

«Appiccicosi?» chiese Fizzy.

«Smielati?» propose Phoebe.

«Stavo per dire espansivi, ma siete tre rompipalle e avete rovinato tutto!» le accusò il più grande.

Daisy, non avendo notato nulla, non commentò la cosa, ma spostò il cuscino dalla sedia di Ernest per sedersi accanto a lui.

«Perché era preoccupato di presentarsi come il tuo fidanzato?» chiese accarezzandogli il braccio per calmarlo.

Louis la guardò, e riconoscendo il suo sguardo curioso ma non indagatorio, decise di parlare.

«Era nervoso perché sa che sono stato per tanto tempo con David, e non sapeva come avreste reagito se mi aveste visto con qualcuno di diverso da lui dopo che siete cresciute con l'idea di noi due insieme. Voleva prima starvi simpatico e poi farvi sapere che sta con me, così da non farvi partire con i pregiudizi.»

«Come se a noi dispiacesse che David si sia tolto dai coglioni.»

Louis spalancò gli occhi quando Lottie ringhiò quelle parole in presenza delle gemelle, senza badare al linguaggio.

La sorella, notandolo, sollevò le spalle e scosse la testa per far capire che non aveva alcuna intenzione di rimangiarsi ciò che aveva appena detto.

«Lo sai che lo odio, Louis. Lo odiavo prima e lo odio anche adesso, e te l'ho sempre detto. Harry non ha motivo di aver paura che a noi dispiaccia che ci sia lui al suo posto.»

«A me sinceramente fa anche più piacere! Harry è molto più simpatico di David!»

«Anche il prof che mi ha bocciato all'ultimo esame è più simpatico di David, Phoebe» infierì Fizzy.

Se Louis da una parte poteva essere triste per la considerazione che le sue sorelle avevano di David, dall'altra ne era felice come non mai.

Non solo perché David tutto quell'odio lo meritava, ma perché sembrava proprio che Harry avesse fatto centro nel cuore delle sue sorelle.

«Ho esagerato?» chiese Felicité quando vide Louis silenzioso, ma quest'ultimo scosse la testa.

«No, no. Certo, paragonare il mio ex marito ad un prof che ha bocciato il tuo duro lavoro per mesi non è il massimo, ma non hai esagerato. Se ti stava così antipatico...»

«Ti faceva del male, Louis. E non è solo per il tradimento - che tra parentesi a me fa altamente schifo – ma proprio per tutto quello che ti faceva prima. Ti dava per scontato, non ti lasciava fare niente, non ti faceva uscire per divertirti se non con Liam e Niall...»

Louis si morse la lingua per non dirle il vero motivo per cui David gli lasciava fare solo quello, e sentì Daisy aggiungere «e poi non prendeva mai in braccio Ernest e Doris! Io non dico giocarci, ma almeno prenderli in braccio!»

«Intanto Harry ci sta giocando» fece spallucce Phoebe affacciandosi nel salone.

Quei quattro paia di occhi che prima osservavano Louis per saperne di più, quando lo videro voltare lo sguardo per cercare Harry, si addolcirono subito.

«Harry invece è proprio bravo» continuò Fizzy appoggiando il mento sul palmo della mano, «gioca con i bambini, ha fatto mangiare Ernest e fa ridere tantissimo Doris senza farle il solletico, e non è facile. E poi a te ci tiene, si vede.»

«E tu tieni a lui» annuì Lottie, «quindi  digli che non ha motivo di essere preoccupato, perché noi siamo solo felici che stiate insieme.»

Esattamente come gli aveva promesso Louis.

«E digli anche che è carino da parte mia» aggiunse alzandosi da tavola, facendo ridere le sorelle.

«Charlotte se speri che io glielo dica o se osi solo pensare che...»

«Achoo!» urlò Ernest interrompendolo e correndo verso di lui, «Doris vuole fare la lotta sulle spalle, vieni in squadra con me? Lei sta con 'Arry» lo pregò.

Louis alzò lo sguardo e trovò Harry proprio dietro di lui con Doris in braccio e un sorriso che pareva volesse invitarlo a dire di sì con il suo stesso entusiasmo.

«Andiamo a battere queste due schiappe!» urlò prendendo in braccio il fratellino e seguendo Harry e Doris, lasciando le sue sorelle divertite a sparecchiare da sole.

~·~

«Dove avete nascosto la palla questa volta?» chiese Louis guardandosi intorno, controllando dietro ad un albero e nell'orto poco distante.

Ernest si guardò intorno, e si grattò la nuca arricciando il naso per pensarci.

«Mi sa che l'ho lanciata da quella parte l'ultima volta che abbiamo giocato!» ipotizzò alzandosi sulle punte ed indicando un punto oltre la staccionata.

Louis sospirò, e portò una mano sulla fronte per non essere infastidito dal sole.

«Mi accompagni a cercarla?» chiese poi porgendogli la mano che Ernest afferrò subito per condurlo nel posto che ricordava.

Doris intanto si era seduta su un muretto, e osservava divertita Harry che non faceva altro che guardarsi intorno.

«Hai visto che casa grande?» chiese dondolando le gambe, «è il mio castello!»

«È molto bello» annuì Harry avvicinandosi a lei, ancorando le mani accanto ai suoi fianchi.

«E così avete anche un campetto da calcio?» domandò.

Doris piegò la testa verso destra e sinistra ritmicamente, come se fosse un pendolo, ed alzò una manina per mostrare prima il palmo e poi il dorso.

«Più o meno» spiegò arricciando il naso, «abbiamo una porta, però è grande! Di solito Achoo fa il portiere e io ed Ernest dobbiamo fare goal, oggi se vuoi ci aiuti!» propose contenta.

Harry annuì e le sorrise incantato, e Doris, non appena vide la fossetta che gli spuntò sulla guancia, alzò subito una mano per mettervi l'indice all'interno.

«Scusa» rise ritirando il dito, «lo volevo fare da prima. Mi piacciono tanto!»

«Non ti devi scusare» le sorrise ancora Harry prendendole il polso per riportare la sua mano sulla guancia, «non mi dà fastidio.»

Doris dondolò le gambe ancora più imbarazzata, e mise di nuovo il dito nella sua fossetta prima di accarezzargli la guancia.

«Ti devo dire un segreto» bisbigliò, approfittando del fatto che Harry avesse gli occhi chiusi per portare una mano nei suoi ricci e giocarci.

«Dimmi.»

Picchiettò un dito contro la sua tempia per fargli aprire gli occhi, e piegò il polso per fargli segno di avvicinarsi.

«Vedi da quella parte?» chiese indicando la parte opposta a quella in cui erano andati Louis ed Ernest.

Harry annuì.

«C'è una piscina. Ora è chiusa, però quando finisce la scuola Lottie la apre. Se torni con Achoo in estate te la faccio vedere!» gli promise.

Harry continuò a guardare il punto indicato per qualche secondo, e spostò lo sguardo sulla bambina solo quando questa ricominciò ad accarezzargli la guancia.

Sperava con tutto il suo cuore di poter tornare in quella casa con Louis quell'estate.

Sperava di farlo sempre in realtà, come se tutto quello potesse diventare anche un po' suo.

Ma non ne era certo, non poteva promettere una cosa simile ad una bambina di quattro anni appena conosciuta.

Tuttavia, non poteva neanche dirle che non si sarebbero mai più visti, perché chi era lui per stabilirlo?

Nessuno.

Nessuno perché non era sicuro di niente, e soprattutto perché per lei non era ancora nessuno.

Per questo motivo decise di passare questa promessa a qualcuno che contava veramente tanto per lei.

Qualcuno di cui lei poteva fidarsi ciecamente.

«Devi chiederlo ad Achoo, Doris» disse spostando tutto nelle sue mani.

«Deve chiedermi cosa?» domandò Louis alle sue spalle con la palla in una mano.

«L'abbiamo trovata!» esultò Ernest, ma arricciò le labbra quando vide Harry e la sorella seri.

«Achoo, vero che quest'estate viene anche 'Arry a fare il bagno nella nostra piscina?» chiese Doris piegando la testa.

Harry lo guardò in attesa che le dicesse che lo desiderava, che avrebbe tanto voluto che tornassero tutti insieme in estate a fare il bagno in quella piscina, così, Louis, quando si accorse ancora dei suoi occhi pieni di dubbi, lo superò per avvicinarsi alla sorella e prenderla in braccio.

«Se vengo io viene anche Harry, piccola» le promise prima di darle un bacio sulla guancia.

E Harry pensò che quello fosse meglio di qualsiasi speranza, forse anche di qualsiasi supposizione o promessa.

Per questo, con un sorriso più sereno, seguì Louis ed i gemelli verso la porta per giocare a calcio.

~·~

Mancava un goal.

Harry lo sapeva bene, Ernest non faceva altro che ripeterglielo.

Avevano giocato piuttosto bene loro tre contro Louis in porta, e dopo più di due ore a rincorrersi, a lanciare la palla e ad urlare ad ogni goal che il più grande non era riuscito a parare, i gemelli erano distrutti.

Tuttavia, non avevano alcuna intenzione di mollare.

Non ora che avevano addirittura un compagno di squadra grande quasi quanto il loro fratellone.

Comunque, mancava un solo goal quando Doris passò la palla ad Harry.

«'Arry, ascoltami!» urlò Ernest quando lo superò, appoggiando le manine sulle ginocchia per riprendere fiato.

Harry si trovava a pochi passi dalla porta, e non smetteva di guardare Louis per decidere da che parte lanciare la palla.

Destra o sinistra.

Alta o bassa.

«'Arry!»

«Ti sto ascoltando, Ernie!»

«E allora guardami!» urlò il bambino puntando due dita contro i propri occhi.

Harry sospirò e si liberò la fronte sudata dai ricci, e rise quando vide Ernest in difficoltà anche a rimanere in piedi.

«Manca un goal!»

«Me lo hai già detto!»

«E però devi farlo!» protestò alzando una mano ed unendo i polpastrelli del pollice e dell'indice così da formare un cerchio per sembrare più autoritario, esattamente come faceva il suo papà.

Doris rise di quel suo gesto, ed Harry fece il possibile per trattenersi e per non farlo arrabbiare.

«Lo faccio Ernie, tranquillo.»

«Mi raccomando!» ripeté il bambino spalancando gli occhi azzurri.

Dalla porta, Louis non riuscì a non ridere di tutta la convinzione del suo fratellino.

«E dai Styles, lo vuoi fare questo tiro o no?»

«Achoo, non lo decoccetrare!» lo accusò Ernest puntandogli un dito contro.

Louis alzò le mani mostrando i palmi, e portò uno di questi due davanti alla bocca come per promettere che non avrebbe detto altro.

Quando il fratellino annuì soddisfatto, tornò a guardare Harry per assicurarsi che fosse pronto.

"Mi raccomando" mimò ancora con le labbra.

Il riccio annuì ed alzò il pollice nella sua direzione, e chiuse gli occhi prendendo un grosso respiro per prepararsi a tirare la palla.

Era solo un tiro.

Solo un goal.

Con Louis in porta che si era rivelato tutto tranne che scarso, ma era solo un tiro.

Ce la poteva fare.

Riaprì gli occhi, e prese la rincorsa per lanciare la palla in alto a destra.

Non prese un palo per un soffio.

Louis non la parò per miracolo.

Goal.

Era goal.

Avevano vinto.

«Non ci credo...» sentì dire a Doris alle sue spalle.

«Abbiamo vinto!» urlò Ernest correndo in braccio a lui, «lo sapevo che avremmo vinto, sei stato bravissimo 'Arry!»

«Ha vinto contro Achoo, Ernie! Nessuno ci era mai riuscito! È stato più che bravissimo!»

Ernest si affacciò per vedere il sorriso di sua sorella, ed alzò le braccia al cielo quando realizzò che quello che aveva detto fosse vero.

Harry aveva battuto Louis.

Nessuno aveva mai battuto Louis.

«'Arry, sai che significa che hai battuto Achoo?» chiese allacciando le braccia intorno al suo collo e giocando con i suoi ricci un po' più lunghi.

Harry scosse la testa.

«Che significa?»

«Che sei il più forte del mondo!» gridò Doris saltellando, «'Arry è il più forte del mondo!»

«E ci hai anche fatto vincere!» esultò Ernest prima di dargli un bacio sulla guancia.

Harry non poteva neanche credere che tutto quello fosse vero.

I fratelli di Louis lo ritenevano il più forte del mondo intero, anche più del loro fratellone.

E avrebbe dovuto sentirsi di troppo, avrebbe dovuto farsi da parte perché non avrebbe mai sostituito il ruolo del loro fratello perfetto, e se non fosse stato così felice probabilmente lo avrebbe fatto.

In quel caso, però, ciò che fece Harry fu avvicinare le labbra all'orecchio di Ernest per dirgli una cosa.

«Oddio, sì!» urlò il bambino battendo le mani, «sì, sì, ti prego!»

Harry si morse il labbro per trattenere una risata, e prese la mano di Doris per avvicinarsi a Louis.

«Achoo, 'Arry mi ha detto di darti una cosa importante...»

«Davvero?» domandò Louis curioso, «che cosa?»

Si aspettava che Ernest gli facesse una carezza o, meglio ancora, che gli desse un bacio sulla guancia.

Quello che fece, invece, fu un pernacchio.

Un pernacchio in piena faccia.

«Abbiamo vinto!» esultò ancora, «'Arry è più forte di te!»

Louis chiuse gli occhi appena vide anche Harry fargli un pernacchio, e quando li riaprì, ghignò nel vedere entrambi sporti verso di lui con la lingua di fuori.

«Harry è cosa?» chiese con aria di superiorità.

«È più forte di te!»

«Ah sì? Vuoi vedere come vi appendo tutti e due a testa in giù su un ramo dell'albero?» li minacciò afferrando il polso di Harry e prendendo Ernest in braccio.

Il bambino rise a crepapelle non appena Louis si mise le sue gambe su una spalla, e tentò al meglio di sistemare la maglietta per non scoprire la pancia quando suo fratello gli fece il solletico.

«Achoo, lasciami!»

«Non ci penso proprio, mi devi chiedere scusa!»

«Ma non è colpa mia se 'Arry è più forte di te!»

«Ernest, non migliori la tua situazione così!»

«Achoo!» urlò il piccolo quando Louis cominciò a fargli le pernacchie sulla pancia, «basta!»

«E tu chiedimi scusa!»

«No! 'Arry, aiutami!» lo pregò allungando le braccia verso di lui.

Harry si avvicinò subito in suo aiuto, ed afferrò i polsi di Louis tirandolo a sé.

Tentò di liberare Ernest dalla sua presa, e gli mise le mani sui fianchi per poterlo prendere in braccio.

Louis non mollò la presa, e così, invece di tirarlo, Harry lo lasciò per prendere le mani di Louis e farlo demordere.

Quest'ultimo aveva ormai smesso di fare il solletico al fratellino, troppo concentrato a non allentare la presa sul suo corpo per non farlo cadere e per non perdere.

Lo strinse più forte a sé, e serrò la mascella tentando di ignorare il fatto che Harry gli fosse così vicino, che seppur per una sfida gli stava tenendo le mani, e che dal tirargli le dita era passato all'accarezzargliele perché conosceva i suoi punti deboli e sapeva quanto gli piacesse.

«Harry...»

«Lascialo.»

«Non ci penso proprio!»

«Louis...» ripeté Harry con calma continuando ad accarezzargli le dita e ad avvicinarsi al suo viso sempre di più, «ho detto lascialo.»

Non lo poteva lasciare.

Avrebbe vinto di nuovo Harry, e una volta si poteva anche fare, ma due no.

Due era da vergognarsi veramente.

«Harry...»

«Bimbi! Chi vuole fare merenda?»

Lottie.

Louis lasciò la presa su Ernest solo in quel momento, accertandosi che fosse al sicuro tra le braccia di Harry.

«Io voglio fare merenda!» urlò Doris alzando un braccio, «ho una fame da lupi!»

«Io ho anche sete!» aggiunse Ernest massaggiandosi il pancino, «'Arry, mi fai scendere?» chiese poi guardando il riccio ed indicando il prato.

Harry gli diede un bacio sulla guancia ed annuì, e si inginocchiò per fargli mettere i piedi per terra e guardarlo correre verso Lottie insieme a sua sorella.

«Ma voi non venite?» chiese Doris piegando la testa prima di entrare in casa.

«Arriviamo subito!» annuì Louis avviandosi, ma appena la bambina varcò la porta per entrare, Harry gli afferrò un braccio e gli fece appoggiare la schiena contro una parete esterna della casa.

«Allora, chi è il più forte?» gli chiese avvicinandosi al suo viso e facendogli la linguaccia.

«Sei più piccolo di Ernest» rise il maggiore mettendosi a braccia conserte.

«Ah, perché se ti racconti la storiella che sono più piccolo accetti meglio la sconfitta?»

«No» negò Louis scuotendo la testa, un sorriso falso sul viso ed il suo classico sguardo di superiorità, «perché non ti sei neanche accorto che ti ho fatto vincere.»

Harry spalancò gli occhi, «stai scherzando?»

«Io non scherzo su queste cose, Harry. Ernest ci teneva troppo a vincere, se non ce l'avessi fatta ti avrebbe odiato! E invece guardalo adesso, ti ama!»

Lo amava.

Louis si era giocato la credibilità del suo fratellino solo per fare in modo che amasse Harry.

Era come se avesse rinunciato alla sua immagine del fratello perfetto per lui, ed Harry ne era felice.

Davvero, lo era tantissimo.

Ma non era giusto.

«Ora però penseranno che io sia più forte di te...»

Louis fece spallucce, portò le braccia intorno al suo collo, ed avvicinò il viso al suo fino a trovarsi fronte contro fronte.

«Vorrà dire che quando diremo loro che stiamo insieme, penseranno che ho un fidanzato tanto tanto forte.»

Harry gli cinse i fianchi e lo strinse a sé il più possibile, strofinando il naso contro il suo e sorridendo ad occhi chiusi contro le sue labbra.

«Grazie.»

Louis deglutì quel "grazie a te" che aveva sulla punta della lingua, ma solo per quella volta.

Sollevò ancora le spalle, e si alzò leggermente sulle punte per raggiungere le sue labbra e baciarlo.


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