Psychotic [h.s.] (Italian tra...

Por TheCousinsGang

3.4M 145K 164K

"L'amavo non per il suo modo di ballare con i miei angeli, ma per come il suono del suo nome poteva mettere a... Más

Psychotic (Italian translation)
SONG - LIST
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Epilogo
Ringraziamenti
AVVISO
THE COUSINS' GANG POV

Capitolo 32

63.5K 2.6K 1.3K
Por TheCousinsGang

HARRY'S POV.

Vista. Udito. Olfatto. Gusto. Tatto. I comuni ed accettati cinque sensi. Tutti e cinque vengono sperimentati ogni giorno della nostra vita. Ma io, avevo scoperto troppo presto, l'esistenza di un altro senso; il senso di sentire. Ma non era come il senso del tatto, ovvero quello che ci permetteva di percepire un tessuto o una superficie liscia. Non era quel tipo di sensazione, ma qualcosa che si trovava solo dentro di noi. I cinque sensi includono l'esperienza di molte cose, ma non quella del dolore, quella dell'amore o della paura. E questo sesto senso, il senso di sentire, era il peggiore tra tutti, poiché era l'unico presente nei miei incubi

Non ricordavo il senso del tatto una volta sveglio. Non ricordavo di aver visto qualcosa provocare paura. Non ricordavo nessun suono orribile, nessun gusto terribile, e nessun cattivo odore. Mi ricordavo solo di aver sentito qualcosa; non sempre ricordavo cosa, ma si trattava di qualcosa di orribile. Già, i miei incubi erano orribili. Forse era tutto dovuto al dolore che avevo provato quando ero stato frustato, quando la mia pelle era stata lacerata. Forse, era dovuto all'orrenda tortura di aver sentito ogni singolo nervo, muscolo, e ossa del mio corpo contorcersi a causa delle penetranti cariche elettriche. O forse, i miei incubi erano così terrificanti a causa dell'immenso dolore che provavo per aver perso tutte le persone che amavo.

Quello di stanotte era stato uno dei peggiori.

Il mio corpo schizzò improvvisamente ed un urlo fiorente lacerò la mia gola. L'unica cosa udibile era quell'urlo rauco di follia che stava riecheggiando attraverso i corridoi, nel bel mezzo della notte. Il mio petto si sollevò ed abbassò violentemente, e il mio corpo si inzuppò di sudore, insieme all'adrenalina che scorreva nelle mie vene. Per un momento, rimasi paralizzato per la paura, e i miei occhi si spalancarono per cercare qualche spiraglio di luce. Non riuscivo a vedere nulla e non avevo idea di dove mi trovassi. Ma dopo ricordai. Wickendale. Già, ecco dov'ero. Nella mia cella. Era solo un incubo. Gli orrori non erano reali. O forse lo erano, ma non erano presenti in questo momento. In questo momento, io stavo bene.

"Cazzo," ansimai.

Ed insieme ad un'onda- anzi no, insieme ad un fottuto tsunami- di sollievo, i sensi ritornarono. Riuscii a vedere i mattoni sui muri stretti ed anche le mie lenzuola bianche. Riuscii a vedere la mia uniforme sparsa sul pavimento, essendo rimasto solo con i boxer dal momento che l'edificio fosse super riscaldato. Sotto di me, riuscii a sentire le molle del materasso e le gocce di sudore sulla mia fronte. Riuscii a sentire il sapore della mia saliva ed il mio ansimare nell'aria. Riuscii a sentire la puzza di questo posto sporco. Ma non sentivo dolore; il senso di sentire era sparito.

Mi sentii per la prima volta felice di essere in questa cella.

Certo, sarebbe molto meglio se Rose fosse qui accanto a me, a calmare le mie vaghe paure e a riportarmi completamene alla realtà. Ma lei si trovava ad un intero corridoio di distanza. Mi chiesi cosa stesse facendo in questo preciso istante. Anche lei aveva gli incubi? Si svegliava desiderando che io fossi accanto a lei? O era abbastanza fortunata da riuscire a dormire?

Era impossibile saperlo, così mi appoggiai contro la parete fredda, le lenzuola strette nei mie pugni, mentre facevo del mio meglio per rimanere sveglio.

ROSE'S POV.

La parola spesso usata per descrivere il mio stato attuale era questa; incompetenza. Non solo eravamo inesperti riguardo l'amore, ma anche riguardo l'evasione.

Tra gli strati più intimi della realtà, l'amore era quello più necessario, quello che spiccava di più. Era la prima volta che venivo rinforzata da questo incantesimo, mentre ad Harry era già successo. Ma siccome questa volta si trovava in circostanze diverse, eravamo entrambi estranei al sentimento. E, nonostante ciò che dicevano tutti, amare, finora, era stato magnificamente semplice.

Questa cosa dell'amore avrebbe dovuto calmarmi, o almeno avrebbe dovuto infondermi felicità e serenità. Ma c'era un altro stato della realtà.

E questo strato era la certezza che la fuga fosse di vitale importanza. Dovevamo fuggire da questo inferno e dovevamo farlo il prima possibile. Ma, proprio come l'amore, non eravamo per niente esperti riguardo la fuga. Nessuno di noi due era mai fuggito prima da un istituto mentale. E la brezza felice del nostro amore aveva quasi camuffato l'arduo compito che dovevamo portare a termine. Se non altro, lo aveva reso più difficile. Tutto ciò che avevamo erano dei vaghi fantasmi di idee, pensieri su come uscire da qui, ma non erano dei veri e propri pensieri. Avevamo innanzitutto bisogno di una mappa, o anche di un semplice disegno del Wickendale, per cercare una possibile via d'uscita.

E questo era tutto. Questo, e parlare con gli altri pazienti, che erano qui in cerca di aiuto per la loro pazzia. Potevano fungere da distrazioni o magari potevano darci qualche idea, coprirci, aiutarci ad ottenere tutto ciò di cui avessimo potuto aver bisogno. Non ero così cinica quanto Harry su questo argomento, così avrei probabilmente dovuto parlare più io di lui. In più, conoscevo già la maggior parte di queste persone. Li piacevo, o almeno, piacevo alla maggior parte di loro, così sperai non fosse stato così difficile.

Ma uno dei nostri problemi principali era il fatto che noi non sentissimo l'urgenza di agire. Io vedevo lui, lui vedeva me e le nostre preoccupazioni evaporavano mentre ci sedevamo vicini in una di quelle sedie di plastica. Ridevamo e parlavamo, ma non dell'evasione. Ma ciò sapevo che tutto questo non sarebbe durato a lungo. Dovevamo andare via da qui prima che qualcosa avesse potuto rovinare il tutto. Certo, non c'erano minacce di morte o lobotomie in programma, ma le cose sarebbero potute facilmente cambiare.

Ed era meglio uscire da qui il prima possibile.

Ma fino ad allora, avrei sorriso alla vista di Harry mentre entrava nella stanza enorme, affollata da tavoli, sedie e corpi di malati mentali. I suoi occhi incontrarono i miei, e sorrise. Aspettai che si avvicinasse, lasciandomi un piccolo bacio sulla tempia prima di sedersi. "Ciao," ridacchiai.

"Hey," rispose, baciandomi rapidamente sulle labbra. E prima che io potessi ricambiare il bacio, premette le sue labbra sulla mia fronte, dopo sul naso, dopo sulla guancia, sfrecciando dei baci su tutto il mio viso. Ridacchiai ed Harry rise, mettendo il suo braccio sul retro della mia sedia. I suoi capelli erano, come al solito, avvolti nella sua fascia, le sue labbra rosso ciliegia erano carnose come sempre. Tuttavia, c'era qualcosa in lui, qualcosa che lo rendeva leggermente. . . spento. Forse erano le insolite occhiaie sotto i suoi occhi. "Come hai dormito?" Domandai.

"Bene," mi disse, anche se i suoi occhi schizzarono via dai miei e il suo sorriso svanì leggermente, come se non stesse dicendo la verità. "Tu?" Chiese. Non volevo fargli pressione, ed era normale, a volte, non dormire tranquillamente, così non gli feci altre domande, ma risposi semplicemente.

"Bene, credo. Anche se è un po' difficile addormentarsi. Vorrei che tu dormissi accanto a me."

"Fidati," rispose. "Anche io." Stava cacciando una sigaretta dalla sua tasca, e venni ancora una volta travolta dal fascino, per il modo in cui essa appariva tra le sue labbra. Appoggiò la sua testa sulla mia spalla, espirò nell'aria davanti a noi, e chiuse gli occhi. "Cazzo, odio questo posto." sospirò. Nonostante la casualità del suo gesto, aveva comunque scatenato delle farfalle nel mio stomaco. Malgrado la sua apparenza dura ed intimidatoria, in realtà, non era altro che un coccolone.

"Anche io," concordai. Oltre al fatto che avevo l'occasione di vedere Harry tutti i giorni, non potevo immaginare un posto peggiore di questo per stare insieme. Questo era un edificio misero e triste.

Dopo Harry fece la domanda che mi stava tormentando da un bel po'.

"Quindi cosa facciamo?"

"Non ne ho la più pallida idea," dissi senza speranze. "Potremmo iniziare a parlare con i pazienti, suppongo."

"Pensi davvero che questo sarà di aiuto?" Chiese non cinicamente, ma come se fosse soltanto curioso.

Feci spallucce. "Sicuramente è meglio di quello che stiamo facendo ora. Dobbiamo provare a farci degli alleati. Potrebbero coprirci o distrarre le guardie, non so. Vale la pena parlare con alcuni di loro."

Harry si raddrizzò, rimuovendo la sua testa dalla mia spalla calda e confortevole, e togliendo la sigaretta dalla sua bocca. "Immagino di sì," fece spallucce. "Ma parli solo tu," i suoi occhi analizzarono la stanza, osservando le sue opzioni.

"Lei," disse alla fine, indicando una fragile donna seduta da sola. "Jane."

"Cosa mi dici di lei?"

"Parliamo prima con lei. Le ho iniziato a parlare un paio di settimane fa, quando stavamo cuocendo quei biscotti e beh, non è poi così male. È davvero fottutamente strana e silenziosa, ma non così male."

"Okay," annuii. Perché no?

Ma, proprio mentre stavamo per alzarci, si aprirono le porte. Un'orribile donna, con un inconfondibile graffio sul viso, entrò, facendomi immediatamente ribollire di rabbia.

La Signora Hellman.

Ovviamente anche Harry la odiava a morte, ed anche io odiavo James più di qualsiasi altra cosa. Ma così come Harry e James, io e la Signora Hellman condividevamo una sorta di odio unico, un odio che si celava dentro di noi come un mostro che si scatenava nella sua gabbia. Sembrava che io ed Harry provassimo il nostro odio verso quelli che avevano causato più dolori ai nostri cari, piuttosto che a noi stessi. Quindi ovviamente, Harry guardò con rabbia la donna che stava camminando sul pavimento in cemento, ma anche il mio livello di rabbia iniziò ad aumentare. Ma non ero capace di nutrire tanto odio verso una persona, così non mi agitai e non chiusi i mie pugni per rimanere calma, come invece Harry avrebbe fatto a causa dell'uomo in piedi vicino la parete, ma feci del mio meglio per non strappare ogni ciocca dei suoi biondi capelli dalla sua stupida testa.

Era venuta per vedere suo figlio, questo era chiaro, poiché iniziò a dirigersi verso di lui. Ma questo, voleva anche dire che sarebbe passata accanto a me e ad Harry, cosa che nessuno di noi due voleva. "Harry, sta venendo verso di noi," sussurrai, per avvertirlo; il suo braccio era ancora poggiato sul retro della mia sedia.

"Lasciala venire," rispose, attirandomi più vicina a lui. Una provocazione. Il suo sguardo era fisso su di noi, su di me in particolare, mentre camminava, un piccolo sorriso condiscendente sulle sua bocca. La sua postura era praticamente perfetta e le sue mani erano collocate dietro la sua schiena, il mento leggermente inclinato verso l'alto per emanare l'aura di autorità.

Harry fece un tiro dalla sua sigaretta e dopo espirò lentamente, tenendo il suo sguardo su di lei mentre il fumo bianco spettrale si affievoliva nella sua direzione. I suoi occhi guizzarono sul suo braccio attorno a me, e sussurrò una specie di 'bah', come se una storia di amore in questo posto fosse una cosa buffa. E dopo distolse lo sguardo, il tutto mentre camminava verso il suo bendato, contuso, ma ancora riconoscibile figlio.

Ma prima che i suoi occhi si distolsero da noi, ci fu un'occhiata così veloce da farmi dubitare che io l'avessi persino vista. C'era stato qualcosa sotto la durezza dei suoi lineamenti, qualcosa sotto quegli occhi blu/verdi. L'unica parola che mi venne in mente per descrivere tutto ciò fu questa; sconfitta. Forse avevo visto male, ma forse, solo forse, avevo ragione.

Il suo piano di distruggerci con la sua terapia dell'elettroshock, o di fermarci dal causare 'casini' non aveva funzionato. Perché noi eravamo qui, con i ricordi e tutto il resto. E avevamo l'amore, cosa che probabilmente lei non aveva mai avuto. Aveva fatto tutto il possibile per separarci, ma aveva fallito; e forse questo le preoccupava.

"L'hai vista?" Domandò Harry, un pizzico di umorismo nella sua voce. "E' così incazzata."

Guardai gli occhi luccicanti di Harry, annuendo e ridendo. Nonostante le punizioni che ci erano state inflitte, non potei fare a meno di sentirmi invincibile in questo momento. Non sapevo cosa si stesse aspettando, ma sicuramente non di vederci insieme e felici dopo solo una settimana. Aveva finito le punizioni, e non stavamo causando nessun problema. Quindi, cosa avrebbe potuto fare, se non lasciarci in pace almeno per una volta?

"Va in giro dicendo che tu le abbia fatto quel graffio?" Domandò Harry.

"Già," annuii. "Anche se non è vero." Dopo, guardando la sua faccia falsamente compiaciuta dall'altra parte della stanza, aggiunsi. "Ma vorrei averlo fatto."

E dopo ridemmo entrambi, e sperai che lei ci stesse sentendo.

HARRY'S POV.

Per i primi cinque minuti, Jane rimase lì seduta senza dire una parola. Le uniche risposte che ricevemmo furono dei cambiamento nei suoi occhi, sorpresi e vigili. Rose aveva provato con un 'ciao,' e con un 'come stai?' e ancora 'il tuo nome è Jane, giusto?' Jane non aveva risposto a nessuna di queste domande. Ed io rimasi lì in silenzio come lei.

Ma dopo questi cinque minuti di domande insignificanti, Rose aveva esaurito le domande da fare. Voglio dire, ci aveva davvero provato, parlando il più dolcemente e delicatamente possibile, ma non ricevette nulla in cambio. Mi guardò disperata, anche se sapeva quanto me che io non fossi in grado di aiutarla. "Harry," sussurrò silenziosamente senza farsi sentire da Jane, incitandomi  a parlare.

"Jane?" Chiesi. Alzò lo sguardo su di me, dalla sua posizione curva, i suoi capelli crespi, ma non disse nulla. "Jane, ti ricordi di me? Abbiamo parlato due settimane fa, quando stavamo cuocendo i biscotti?"

Meditò le mie parole per un momento, ma dopo annuì lentamente, e questo era più di quando ci stessimo aspettando. Guardai Rose in cerca di aiuto ma lei stava guardando Jane. Cosa diavolo dovevo dire ora? "Ti ricordi il mio nome?"

Annuì di nuovo, più velocemente. Ero sul punto di dire qualche altra cosa, ma dopo con un piccolo sussurro, parlò. "Harry."

Rose mi guardò sorpresa e annuì incoraggiandomi ad andare avanti. "Esatto," sorrisi. "Quindi, uh. . .come sono venuti i tuoi biscotti?" Era una domanda fottutamente stupida, ma piuttosto semplice alla quale avrebbe potuto rispondere.

"Buoni," disse. Maledizione, questa ragazza era silenziosa. Dovetti sforzarmi solo per sentire un piccolo sussurro della sua voce.

"Che sapore avevano? Nessuno mi ha dato i miei, quindi non li ho nemmeno assaggiati." Questa era probabilmente la conversazione più stupida che io avessi mai avuto, e per qualche ragione, sentivo il bisogno di doverle parlare come se avesse sette anni. Ma continuai a pensare, solo per farla continuare a parlare, Rose avrebbe preso il mio posto tra qualche secondo, ma per ora avrei dovuto semplicemente continuare a parlarle.

"Buoni," ripeté. "Erano deliziosi."

"Che bello," annuii. Non avevo idea di che cazzo dire. Non c'era nient'altro di cui parlare. Comunque decisi di chiederle una cosa piuttosto rischiosa, alla quale probabilmente Jane non avrebbe risposto.

"Um. . . " Iniziai, raccogliendo le parole per formulare la domanda. "Ti ricordi di cosa abbiamo parlato, quel giorno?"

Il giorno in cui Rose mi aveva mandato delle frecciatine ed era così fottutamente sexy anche nella sua orribile uniforme, il giorno in cui avevo picchiato James ed ero stato punito in un modo così estremo da non voler neanche pensarci. Mi ricordavo di aver chiamato Jane col suo nome e lei mi aveva fissata con degli occhi spalancati. Mi aveva anche chiesto chi mi avesse detto il suo nome, con una strana paura nella sua voce. Non sapevo ancora il motivo, e la paura che acquisiva mentre parlava, mi rendeva curioso.

Jane sembrava confusa dalle mie parole, così continuai. "Sapevo il tuo nome solo perché lo avevo sentito dire in giro. Lo sapevo prima che me lo dicessi tu."

I suoi occhi si spalancarono ancora di più, ma continuò a guardarmi. "Mi hai chiesto come facevo a saperlo, e sembravi preoccupata."

"Sì," rispose, annuendo. "Avevo paura che te l'avesse detto lui. Perché è stato lui, non è così?"

"Chi?" Domandai. Non rispose e iniziò a guardare nervosamente la stanza. Il suo piccolo corpo divenne teso. "Jane, chi?"

Non ricevetti nessuna risposta e lei si ritrasse di nuovo impaurita. Dopo aver brutalmente scosso la sua testa, ritornò a guardare il suo grembo in silenzio. Non avrebbe risposto a nessun'altra domanda.

Guardai Rose in cerca di una sua reazione, in cerca di una sua guida, ma non aveva prestato attenzione alla conversazione. Era girata sulla sua sedia, mentre guardava la parte frontale della mensa. E immediatamente, realizzai perché non stesse parlando da un bel po' di tempo.

Avevo visto un sacco di malvagi entrare attraverso quelle porte, un sacco di uomini e donne cattivi. Ma inaspettatamente, un uomo era appena entrato, anche più malvagio della Signora Hellman e del suo esercito di scimmie addestrate in divise della polizia. No, quest'uomo aveva l'uniforme dei pazienti. Era enorme e robusto, con un inconfondibile serpente tatuato vicino il suo occhio sinistro. Lui era soltanto un lontano ricordo, una preoccupazione così in basso nella nostra lista.

Ero scioccato, davvero, di vederlo di fronte a noi in questo preciso momento. Poiché io lo avevo mandato in coma. Quella notte era saltata la corrente e lo avevo trovato a toccare il corpo magrolino e disperato di Rose, con le sue dita grassocce. Mi ricordavo la sensazione di aver colpito la sua testa contro la parete, ma apparentemente non lo avevo fatto abbastanza forte.

Ed ora lui era tornato, si era svegliato dal suo coma. Però questa volta, Rose non era un' impiegata che avrebbe potuto semplicemente andare a casa o chiedere aiuto in caso lui l'avesse attaccata. Questa volta, lei era una paziente. E così come passavamo tante ore insieme, c'erano delle ore in cui io non avrei potuto proteggerla.

Quindi ora Norman, l'enorme uomo calvo, che aveva cercato di violentare l'unica persona alla quale io tenessi, era tornato.

Aggiungetelo alla lista delle nostre preoccupazioni infinite del Wickendale.

Seguir leyendo

También te gustarán

1.4M 68.3K 70
Preston Richards è una sarcastica testa di cazzo a cui piace bloggare su Harry Styles. Ma non immaginerà mai che lui vedrà ogni cosa. La storia non è...
805K 26.6K 52
"Lo so, l'amore fa male" sospirò "l'amore fa schifo... É per questo che non mi innamoro" Rimasi spiazzata da questa sua frase. Ha ragione l'amore fa...
101K 4.7K 50
Where... Camilla Leclerc e Lando Norris scoprono cosa c'è oltre la linea sottile che divide il punzecchiarsi e l'amore. Non possono o meglio non vogl...
75.5K 2.9K 31
[STORIA SCRITTA MOLTO PRIMA DELL'USCITA DELLA 4 STAGIONE, È TUTTO FRUTTO DELLA MIA IMMAGINAZIONE QUINDI NON CI SONO SPOILER!] Lili e Cole non si ved...