Tobia Muna e la fine di Nam

Von FJBrown

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"Ci sono persone che hanno vissuto la loro vita credendo ci fosse una forza superiore a osservarle, che quest... Mehr

Capitolo 1 - Vegan
Capitolo 2 - Anime per un giorno
Capitolo 3 - La finestra galattica
Capitolo 4 - La Fuori Tempo
Capitolo 5 - Artenia
Capitolo 6 - La cura
Capitolo 8 - Buonanotte, Tudor!
Capitolo 9 - Reale e irreale si combinano
Capitolo 10 - Il bastone
Capitolo 11 - È tempo di svegliarsi
Capitolo 12 - Adesia Barneto
Capitolo 13 - È follia senza Nam

Capitolo 7 - Intervento psichico

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Von FJBrown

 "Dai, Max! Il sole sta per tramontare. Dobbiamo prendere il pallone, altrimenti la mamma ci sgriderà."

"Non lo so, Tudor. È proibito scavalcare le mura."

"Ma ci metteremo un attimo. Mamma non ce ne comprerà un altro."

"E va bene, T. Ma lo prendiamo e corriamo a casa. Non mi va più di giocare."

C'era un motivo se le mura della cittadella di Tylus erano basse e non sorvegliate dall'esterno, ma Tudor e Maximilian non lo conoscevano ancora. Avevano sentito parlare di quel posto svariate volte e sempre con timore, ma in quel momento ogni avvertimento si era dissolto dai loro ricordi. Lo volevano indietro, quel pallone. Era il loro unico svago pomeridiano, dopo la scuola, e non volevano fare arrabbiare la loro mamma, tornando senza. Pensavano già a quando le sarebbero saltati addosso, alla cena, poi al bagno caldo, alle coperte rimboccate e alle favole prima di sprofondare in un lungo sonno.

Sarebbe stato un gioco da ragazzi.

E così le loro sagome erano scomparse dalla città di Artenia, lasciandosi alle spalle il fresco sapore dell'innocenza. I loro volti erano tinti di un allegro rossore e la pelle velata dal sudore; ma il brivido dell'avventura era stato spento all'improvviso dalla paura. Un branco di lupi li aveva accerchiati richiamando l'attenzione delle truppe del sovrano Tylus. I due bambini erano stati portati nella sala del Trono, processati e spediti su Tazàn, il pianeta dei prigionieri, e costretti a lavori pesanti, quando non venivano presi in prestito da squallidi uomini che sperperavano il loro fiume di monete per appagare i loro desideri più oscuri.

Tudor e Maximilian erano a un tratto cresciuti; avevano imparato che la vita non è come la si legge nei libri per bambini. Tutte le loro certezze erano crollate in un istante e l'unica consapevolezza era amara. Da quella sera non ci sarebbe più stato nessun bagno caldo, nessuna favola, nessuna mamma.

"Guarda, T!" esclamò Max, riportando Tudor su Artenia. "Si sta estendendo!"

Tudor posò gli occhi su Tobia, e notò che l'evanescenza si era diffusa dall'addome fin sotto le ginocchia. Allarmato, poggiò una mano sulla fronte del ragazzo. La febbre si era abbassata, il corpo aveva una temperatura regolare; i vestiti puliti erano umidi di sudore e dovevano essere cambiati con indumenti freschi. La medicina aveva funzionato, tuttavia il ragazzo andava smaterializzandosi man mano che passava il tempo. Pensò che non c'era cura che potesse rimettere a posto le cose, che Tobia dovesse tornare subito sul suo pianeta, che portarlo su Artenia era stato uno sbaglio. No!

Maximilian poteva scoprire cosa tormentava Tobia. Il suo dono! Lo aveva portato da lui per un motivo.

"Non ci avrei mai creduto," disse Max spostandosi in avanti con il busto "se non lo avessi visto con i miei occhi." Rilassò la schiena sullo schienale della carrozzina e prese ad accarezzarsi il pizzetto con aria pensierosa. "Questa è davvero una proiezione del corpo originario. Gli unici a esserne capaci erano gli dèi dell'universo superiore Nam. Pensavo che fosse rimasto solo Kur, adesso, a possedere questa capacità. T, sai da dove arriva il ragazzo?"

"Da un pianeta chiamato Terra" rispose Tudor, accigliando lo sguardo. "Sarebbe meglio se ricominciassimo daccapo, Max. Ho la sensazione che siano molte le cose che io non so, e fra un po' non riuscirò più a seguirti."

Maximilian si passò una mano tremante sulla fronte, come se a un tratto si sentisse in difficoltà.

"È successo tutto così in fretta" disse poi con un sospiro, fissando il pavimento. "Cinque giorni, un tempo davvero breve per demolire il cuore di miliardi di persone. Forse dovrei cominciare dall'inizio, sì! Sarà meglio fare così."

Chiuse le palpebre e si strofinò il naso lentamente. Poi poggiò le mani sui braccioli della carrozzina e sembrò abbandonarsi ai suoi ricordi con aria inquieta.

"Era il periodo della nostra prigionia e avevo conosciuto un certo Triki del pianeta Nomade. Dapprincipio mi era sembrato solamente un giovane pazzo che aveva ereditato le ricchezze del padre, Wick, uccidendolo... e da uno così non daresti peso nemmeno a una parola di quello che dice. Ma c'era dell'altro... era un folle, sì, però lo era diventato scoprendo qualcosa di molto grande... qualcosa come la verità sull'universo. Comunque, prima della morte cerebrale, il potere del padre, Wick, si era trasferito in Triki, che a sua volta Wick aveva ereditato allo stesso modo, cioè uccidendo la persona che lo possedeva."

Maximilian azionò la sua carrozzina e si accostò al tavolo pieno di scartoffie, frugando tra i fogli disposti sopra. Ne prese uno e lo girò in direzione di Tudor. Raffigurava un pianeta azzurro con su scritto: 'Origine'.

"Come avrai già capito, Triki, e il padre prima di lui, possedeva il potere di entrare nella mente delle persone e manipolarle a suo piacimento. Io dovevo avere quel potere, Tudor, anche al costo di rimanere su questa carrozzina per il resto della vita."

Tudor sentì come una scossa attraversargli la schiena e per un momento pensò che stesse per cadere a terra, così fece forza sul suo bastone e si sedette ai piedi del letto con aria amareggiata. "Max, tu lo hai ucciso! Mi avevi detto che era stato lui a spezzarti le gambe, che nella colluttazione era morto cadendo dal trentasettesimo piano del grattacielo Globon, e che ti eri risvegliato la mattina dopo con il suo dono."

"Triki era un ragazzino malato" disse Max, stringendo i pugni. "Mi comprò solamente per confessarmi di aver ucciso il padre e trasmettermi l'orrore di quel momento. Dovevo fermarlo, Tudor, aveva idee folli in testa che nessuno, a quell'età, dovrebbe avere. Era un pazzo! Lo uccisi prima che lui potesse uccidere miliardi di persone."

"Capisco..." rispose Tudor, con una nota amara nella voce. "Ma cosa c'entra quel foglio con tutto questo?"

"Triki mi aveva parlato di un universo superiore chiamato Nam" rispose Maximilian. "Popolato da superuomini, come li chiamava lui. Furono loro a creare il nostro universo e iniziarono da un unico pianeta, il pianeta azzurro." Max indicò la sfera disegnata sul foglio di carta. "Uno dei superuomini fu mandato nel nostro universo per supervisionarne la crescita." Max poggiò il foglio sul tavolo con aria improvvisamente cupa. "Il suo nome è Kur. Si è presentato ad Artenia una settimana fa, ha detto di aver ucciso tutti gli dei superiori di Nam, di aver avvelenato il cordone di Enki, una specie di canale che collegava i due universi, superiore e sotterraneo, cioè il loro universo e il nostro, e di essere rimasto l'unico della sua specie."

"Cosa vuole questo Kur?" domandò Tudor, ed ebbe un brivido di freddo.

"Credo voglia ripristinare l'universo secondo le sue regole" rispose Max. "Sa come manipolare la mente umana. Con il pianeta Artis c'è riuscito. Sono bastate poche parole per far sì che scoppiasse il caos tra la gente. Hai visto, fuori, cosa è diventata Artenia dopo cinque giorni dalla sua visita... possibile che non ci sia nessuno in grado di ostacolarlo?"

"Il ragazzo!" esclamò subito Tudor, con stupore.

"Devo entrare nella sua mente" disse Max. "Ho come la sensazione che la Terra sia il pianeta azzurro, l'origine di tutto, e che lui sia l'unico in grado di fermare Kur."

"Dunque?" domandò Tudor, sollevandosi dal letto. "Cosa intendi fare?"

"Scoprire chi è e cosa c'è nella sua testa. Le parole che ha pronunciato prima nel suo delirio dovranno pur aver un senso. A questo punto, credo di essermi allenato tutta la vita per questo momento."

Tudor fece qualche passo vicino ai bordi del letto, avanti e indietro, poi afferrò il polso di Tobia con delicatezza. "È un ragazzo speciale. Non lo avrei accolto in casa, se non avessi pensato questo quando l'ho visto per la prima volta, mentre si girava intorno con aria disorientata rovinando i miei papaveri. Fa' in modo che non si accorga di nulla."

Maximilian si posizionò al fianco del fratello. "Sarò rapido, T, e non lascerò alcuna traccia del mio intervento psichico." Chiuse gli occhi e poggiò una mano sulla fronte di Tobia. All'improvviso il suo corpo sussultò sulla carrozzina, la mano balzò in alto con un bagliore fulmineo, e Maximilian si svegliò come di ritorno da un lungo sonno, ansimando.

"Quanto tempo sono stato via?" chiese, con gli occhi fuori dalle orbite.

"Una manciata di secondi!" esclamò Tudor, confuso. "Che è successo?"

"C'era una grande luce" disse piano Max, boccheggiando. "All'inizio erano molte, poi si sono uniformate in un'unica grande luce, e questa mi ha parlato. Erano le parole che Tobia sussurrava mentre delirava. Le capivo, dentro la sua testa."

"Cosa..." provò a dire Tudor. "Cosa hai sentito?"

Maximilian rimase in silenzio per qualche secondo, mandò giù la saliva come per darsi coraggio, poi riprese a parlare.

"La luce diceva: 'Che tutti gli dei superiori possano trovare in te l'eternità della vita, e che la nostra forza possa rivelare a te la strada. Tobia Muna, erede di Nam, successore del creato e Padre di una nuova dinastia suprema'."

I due fratelli si fissarono come se non riuscissero a credere alle loro orecchie.

"Tanto tempo fa," disse Max con il fiatone "quando inseguivamo quel pallone, eravamo soltanto due bambini ingenui. Guarda in cosa siamo coinvolti adesso."

Tudor sorrise allargando gli angoli della bocca, poi fece qualcosa che non riuscì a controllare. Schiuse le labbra e iniziò a ridere come non ricordava di avere mai fatto, e Max condivise insieme a lui quel momento di felicità. Quando il fragore delle risate sfumò lentamente in una gaia quiete, i due fratelli si asciugarono le lacrime che scendevano dai loro occhi.

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