Rifiuto e seduzione

By Alexandra-writes

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Inghilterra, 1840. Allyson Stevens ha sedici anni e possiede un'intelligenza e cultura inusuali per ragazze d... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Leggete!
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Epilogo
Leggete! Nuova storia!

Capitolo 19

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By Alexandra-writes

La fiamma nei suoi occhi non cessò di brillare, talmente era viva e lucida la rabbia che vi era accasciata dentro.

Reggendo in mano una lettera della quale non conoscevo né il mittente e né il contenuto, egli avanzò con movimenti macabri verso la mia figura e quelle movenze quasi spietate provocarono in me una scintilla di timore che mi fece cadere sulle lenzuola dell'enorme letto alle mie spalle.

"Piccola furfante." sibilò tra i denti, mentre serrava arrogantemente la mascella.

Arretrai sul letto con il prezioso ausilio delle mani, fino a che non percepii il materiale duro della testiera di quest'ultimo premere sulle mie scapole. Bradley avanzò ulteriormente e quando trovai il suo volto dinanzi al mio, chinai il capo, fortemente avvilita ed imbarazza, tuttavia egli non badò al mio stato d'animo e afferrò il mio polso con violenza, tantoché la sua stretta bastò per farmi alzare dal letto e stringermi a sé.

Le nostre guance si sfiorarono e nonostante quel tocco provocasse in me una nube di sensazioni contrastanti, mi era impossibile fissare il fuoco ardente nei suoi occhi, pertanto mi limitai ad osservare le mie scarpe di broccato bianco, ma il signor Wilkinson afferrò il mio volto e lo diresse verso il suo.

Una mano stringeva avidamente il mio mento, quindi fui obbligata ad osservare quelle perle verdi che - notai- erano ormai tinte di un rosso sangue pronto a macchiare il mio cuore già colmo di confusione.

"Che significa questa?" Mi strattonò con ira e pose davanti ai miei occhi la carta che reggeva in mano, poi, improvvisamente, allentò la presa attorno al mio posto e si allontanò, con la mia incapacità di pronunciare una sola parola. " "Onorevole signor Wilkinson," osservò il contenuto della lettera, riportandone a voce lo scritto. "non riusciamo veramente a capire di cosa voi stiate parlando. Da molti giorni, oramai, non abbiamo avuto il piacere di conversare con nostra figlia, inoltre, credo voi ricordiate perfettamente come si è concluso spiacevolmente il nostro incontro"" Alzò lo sguardo verso i miei occhi e giurai di aver intravisto del fumo fuoriuscire dalle sue narici, tanta era la sua rabbia nell'aver scoperto la mia menzogna. "Avrei dovuto capirlo prima! Una fanciulla che si dirige dai suoi amati genitori non tarda in maniera così evidente."

Povera me! Quali pene ero costretta a patire!

Non avrei mai immaginato che la sua diffidenza nei miei confronti lo avesse spinto a trovare una conferma - inutile- alle mie parole bugiarde.

In quell'istante, dedussi che l'unica persona che poteva umilmente chiedere perdono, giacché in torto, ero io, ma i miei timori erano così intensi che non riuscivo a compiere altro movimento se non quello degli occhi, che si spostavano terrorizzati lungo il suo corpo in tensione.

Bradley portò le mani in vita, chinò il capo, espirò e chiuse gli occhi, come se tentasse di contenere la sua rabbia. "Chi è costui?"

Inclinai il capo, confusa. "Di cosa..." balbettai. "state parlando?"

Egli aprì nuovamente gli occhi, piccato e visibilmente offeso. "Avete pure il coraggio di negare?" urlò, tantoché constatai di non aver mai udito una voce così autoritaria. "Un altro uomo vi ha rapito il cuore, ora tutto si spiega, finalmente."

Oh, come poteva pensare che avessi un amante segreto? Evidentemente il mio comportamento ancora non giustificato lo aveva -giustamente- portato a formulare tali supposizioni, a mio avviso infondate.

Ah, se solo avesse compreso che l'unico uomo che avrei voluto amare sinceramente, una volta aver scovato la vera indole del suo cuore, era lui!

Pertanto scossi lievemente il capo, ma il suo sguardo offuscato dalla rabbia non osservò il mio movimento.

"Ovvio, certo." Iniziò a camminare convulsamente per la stanza, gesticolando. Le sue movenze sembravano acconsentire a domande non formulate. "Il vostro rifiuto nei miei confronti, la vostra arroganza, quel disprezzo verso la mia persona che nessuna donna aveva mai provato..." gridò. "o perlomeno esternato!" mi osservò e -oh!- come pianse il mio cuore nel vedere tanta sofferenza in simili occhi verdi!

"No, non è così." sussurrai, tuttavia la mia voce somigliò più ad un mormorio insicuro, di conseguenza egli sorrise amaramente alle mie parole - da lui reputate menzogne- e si avvicinò.

"Voglio sapere chi è quel bastardo." Quanta determinazione!

Il suo sguardo non ammetteva giustificazioni, ma come potevo non negare le sue supposizioni, se la mia anima era ancora così casta e pura?

"Non ho nessun amante!" Il mio tono di voce salì, poiché ero decisa a difendere giustamente la mia causa.

Egli si voltò velocemente verso la finestra, per poi tornare a posare lo sguardo furente su di me. Allungò un braccio e mi spinse - seppur prestando attenzione alle sue movenze- verso la parete alle mie spalle. La sua mano era così vicina al mio capo che fui costretta a riversare i miei timori, la mia paura e la mia angoscia su un qualunque oggetto alla mia portata, così allungai il braccio e afferrai il cuscino alla mia sinistra, stringendone il tessuto morbido tra le dita.

Bradley avvicinò il suo volto al mio e, in risposta, voltai il capo, poggiando la mia guancia sul materiale freddo del muro. "Credevo foste una giovane così graziosa, pura..." mormorò, visibilmente ferito.

I miei occhi si riempirono di lacrime nell'udire il tono della sua voce così affranto e deluso a causa di gesti immaginari che non avevo compiuto. Perchè, mio Dio, d'un tratto mi sentivo colpevole della sua sofferenza? E oh! per quale ragione essa mi era tanto a cuore?

"Una fanciulla da ammirare." continuò. "Una giovane donna che avrei preferito amasse solamente me, in quanto mia moglie." Poi prese tra le dita una lacrima che aveva solcato la mia guancia. "Oh, no, non piangete. Non sprecate il vostro tempo così inutilmente, mia cara."

A quelle parole mi abbandonai ad un singhiozzo tumultuoso e privo di speranze, tirando a me il cuscino stretto tra le mie dita, affinché esso potesse donarmi quel conforto per il quale imploravo umilmente l'Onnipotente.

"Piuttosto ditemi chi..."

Ma egli, con mio stupore, non terminò la frase.

Si voltò lentamente per osservare come stringessi avidamente il tessuto del cuscino tra le dita e, quando ebbi l'audacia di osservare i suoi occhi, notai come essi si spalancarono, vittimi di una sorpresa della quale, però, non conoscevo la natura. Dopodiché strinse le palpebre e inarcò le sopracciglia, assumendo un piglio perplesso e confuso; schiuse le labbra e fece scivolare la mano affianco al mio capo lungo la parete e fui finalmente libera dalla prigionia che la vicinanza del suo corpo mi aveva arrecato.

Improvvisamente, compresi tutto: il suo corpo si avvicinò con una lentezza nauseabonda verso il letto, osservandovi accasciato un piccolo e consunto oggetto, tantoché inclinò il capo per scrutare meglio quell'immagine offuscata.

La fotografia. La sua fotografia.

Trattenni fortemente il respiro e portai una mano alle labbra, come se obbligassi me stessa a mantenere il silenzio che si era creato tra noi. Notai come, dallo specchio della stanza, egli sbatté pacatamente e con amarezza le palpebre, allungando una mano per afferrare la fotografia che sostava immobile sotto il suo sguardo.

Egli la osservò, rigirandola tra le dita, arricciò le labbra e chiuse gli occhi, per poi riaprirli sfoderando, inoltre, un'espressione nostalgica e ferita.

Mio Dio! Poteva esservi più sofferenza celata di quella?

Le mie lacrime non arrestarono la loro corsa frenetica lungo le mie guance, come se fossero vittime di una sfida ininterrotta che avrebbe premiato la goccia che avrebbe graffiato con più impeto e violenza la mia pelle.

Il suo pollice accarezzò il materiale fragile della fotografia e notai come le sue dita si posarono freddamente sul volto giovane della madre, per poi far scorrere lo sguardo sull'espressione gioiosa che quel Bradley fanciullo aveva disegnata in volto.

Il signor Wilkinson si voltò girando sui tacchi e dedussi come egli tentasse di formulare una domanda riguardo a ciò che stringeva tra le dita ma, evidentemente, lo stupore e quel vortice di emozioni che avevano preso il sopravvento sulla sua anima impedirono la fuoriscita di suoni dalle sue labbra, così espirò, accantonando la tensione precedente per lasciar spazio alla confusione.

E ai ricordi.

Tentai di donarmi la forza necessaria per parlare, poiché non avrei mai potuto sollevare il suo spirito affranto se la mia anima era la prima a mostrarsi lacerata. "L'ho trovata nella vostra vecchia dimora londinese."

Egli non rispose e il suo sguardo tornò alla foto. "Io..." sembrò tentennare. Dove era nascosta la sua solita determinazione? "io non capisco."

Mi avvicinai. "Io non conosco nulla di voi." Il mio tono divenne più sicuro, poiché era così sfavillante l'importanza che attribuivo ad un tale argomento che mi era impossibile tergiversare.

"E quando voi avete creduto fossi in presenza di un amante immaginario," dissi. "stavo tentando disperatamente di raccogliere i frammenti del passato di mio marito per..." Alzai lo sguardo verso il cielo e scrollai le spalle. "non so, comprenderne i comportamenti, forse?"

Per un breve istante, scorsi nel suo sguardo una scia di sollievo, poi quest'ultimo tornò a tingersi di malinconia. "Ma..." iniziò ad urlare, confuso. "perchè questa foto?"

"Perchè è l'unico oggetto che possa riportarmi a comprendere cos'eravate prima di divenire un giovane che tenta di celare l'amore che segretamente prova per coloro che lo circondano!" urlai, sperando di sovrastare la sua confusione, dopodiché iniziai a singhiozzare perché- oh, mio Dio!- mi era così difficile reggere la veemenza di quello sguardo!

La sua capigliatura corvina fendette l'aria quando voltò velocemente il suo capo verso le pareti al nostro fianco. "Io non riesco a comprendere per quale ragione voi sembrate avvertire un vuoto che vi colma il cuore di tristezza!"

Oh, sagge parole! Eppure, il pensiero di sentirle pronunciare in maniera così esplicita, lacerò irrimediabilmente i tessuti del mio inconscio.

Annuii ed egli continuò. "Vi ho donato tutto." Indicò l'oro a noi circostante. "Siete la signora della dimora più invidiata d'Inghilterra. Potete disporre di tutto il lusso che desiderate, per non descrivere il potere mentale, fisico e psicologico che potete vantare di possedere su queste persone, sulla servitù," sospirò. "su di me." Poi iniziò ad urlare, alzando lo sguardo verso il cielo, come se tentasse di giustificare il mio comportamento. "Non vi ho costretta a donarvi a me, nonostante il mio desiderio di possedervi carnalmente sia così vivo da non riuscire a dormire la notte, poiché il mio sguardo ricade involontariamente ad ammirare la vostra figura casta e innocente che dorme su quel cuscino." Indicò l'ammasso di piume oramai adagiato sul pavimento, poi allargò le braccia, con un piglio interrogativo. "Perchè avete scovato nel mio passato o, se non vi siete riuscita, perchè avete tentato di conoscere la mia infanzia?" espirò, passandosi la lingua sul labbro inferiore. "Posso dirvi che essa non è stata così gioiosa come voi, probabilmente, immaginate."

La figura di un Bradley bambinò in lacrime comparve inaspettatamente tra i miei pensieri.

"Non vi basta tutto ciò? Potete accarezzare il materiale rigido dell'oro, sentirne la sensazione inebriante tra le dita." accarezzò il cornicione dello specchio dinanzi a lui e istintivamente continuai a piangere. "Cosa volete ancora? Cosa vi manca?"

Le mie lacrime divennero più calde quando dedussi, per la quattordicesima volta, oramai- poiché ne avevo tenuto furtivamente il conto - come non ero affatto compresa dal diciottenne che avrebbe dovuto accompagnare la mia felicità, la mia rabbia, la mia tristezza e il mio destino per il resto dei miei giorni.

Quindi, colma di una determinazione improvvisa miscelata ad un'ondata intensa di tristezza, mi avvicinai con grandi passi a lui, velocemente. Alzai lo sguardo verso i suoi occhi, i nostri volti estremamente vicini, eppure non arretrai, poiché solamente avvertendo la sua vicinanza che era solita disarmarmi avrei potuto esprimere la mia sincerità.

Posai, in lacrime, una mano sul suo petto. "Voglio questo." strinsi tra le dita il tessuto della sua camicia. "E' il vostro cuore che mi manca."

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Allyson si rivela ed esprime la sua sofferenza, finalmente!

Come reagirà Bradley alle sue parole?

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