Harry ti presento Sally

By Maiaiam

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COMPLETA «E poi, quando ti accorgi che vuoi passare il resto della vita con qualcuno, vuoi che il resto della... More

HARRY TI PRESENTO SALLY
1. Valigie
2. La mia camera è salva
3. Non devo
4. Videocamera
5. Come mi sono ridotto...
6. Taci e lasciami guidare
7. The sound of silence
8. Dentro di me
9. Non mi lasciare, Harry
10. Al primo posto ci sono i miei
11. Incredibilmente fastidiosa
12. Ricordo di margherite e pioggia
13. Mi devi una sigaretta
14. Harry 1, Sally 0
15. Ritenta, sarai più fortunato
16. Benvenuto
17. Il mio problema
18. Una sola notte
19. Numerose doti
20. Harry, è per te
21. Lasciarla andare
22. Insoddisfatto
23. Vi lascio soli
24. Porta socchiusa
25. Dimmi cosa vuoi
26. Nuda
27. La prova è anche per me
28. Pernacchia
29. Ninna nanna
30. Buonanotte
31. Ogni giorno
32. Il mio compleanno
33. Che giornata del cazzo
34. Dobbiamo parlare
35. Ma che...?!
36. Smile fosforescente
37. Ci risentiamo, Harry
38. Fino alla fine
39. Voglio solo tornare a casa
40. Sally, siamo a casa
41. Harry è qui
42. Proprio tu, Harry
43. Devi scegliere
44. Perdonami, Harry
45. Abbandonarmi
46. Mi nascondo qui, così non mi vedi
47. Posso spiegarti come sono andate le cose?
48. Minacce alle parti basse
49. Funghetto
50. Proprio accanto a lei
51. Via da me
52. Sarò con lei
53. Lungo viaggio...
54. Finalmente soli
55. Lunghissime ore
56. Siamo arrivati
57. Siete in ritardo!
58. Ci siamo baciati
59. Nanetta malefica
60. Che sta succedendo?
61. Io e te dobbiamo fare due chiacchiere
62. Buonanotte, amore mio
63. Tutto quello che vuoi
64. Riappacificazione
65. Chiudere la porta a chiave
66. Materializzato
67. Presa ferrea
68. Credergli totalmente
Epilogo - Parte 1
Epilogo - Parte 2
SEQUEL E RINGRAZIAMENTI
Sam
2.1 Puntuale come sempre
2.2 Cosa ci fai qui?
2.3 Mi prenderò cura di te
2.4 La mia piccola amazzone
2.5 Incinta?
2.6 Resterò finché mi vorrai
2.7 Sarò sempre qui quando tornerai
2.9 Telefonata
2.10 Insieme a me
2.11 Vedrò cosa riesco a fare
2.12 Sfida accettata
2.13 Di nuovo con me
2.14 Resistere
2.15 La verità
2.16 Funghetto
2.17 Buonanotte, amore mio
2.18 Bisogno
2.19 Nemmeno un po'
2.20 Mai andato
2.21 Le braccia di Harry
2.22 Ricominciare da capo
2.23 Stavolta ho vinto io
2.24 Ti chiamo stasera, promesso
2.25 La piccola Julie
2.26 Listen to Iron Maiden baby with me...
2.27 Mi avevi già convinta al bacio
2.28 Fidarti di me
2.29 Quante cose si possono fare
2.30 Ci ha cacciato di casa
2.31 Promessa
2.32 Ti proteggo io
2.33 Quello che mi ci voleva
2.34 La carrozza vi attende
2.35 Lo spero con tutto il cuore
2.36 Vaffanculo alla foresta amazzonica
2.37 Nella nostra vita
2.38 Questo messaggio si autodistruggerà tra cinque secondi
2.39 La tua piccola amazzone
2.40 Epilogo
Ringraziamenti
NUOVE LETTURE
TOP SECRET. A love story

2.8 Onesto

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By Maiaiam

Con Julie che mi resta accanto silenziosa, percorro il corridoio che porta dall'appartamento fino al portone principale della palazzina, diretti alla mia auto.

«Sei venuta in macchina?» le chiedo, pensando già alle disposizioni da mettere in atto per quando dovrò riportarla a casa.

«No... ho preso l'autobus per venire qui.»

«Non guidi?»

«Non ho mai preso la patente», ammette premendo le labbra tra loro.

La guardo stranito e sorpreso. «E perché?»

Alza solo per un attimo lo sguardo, i suoi piccoli occhi azzurri e intensi che fanno capolino sopra la montatura degli occhiali. «Non so... non sono molto pratica e sono troppo insicura. Preferisco prendere i mezzi pubblici, oppure mi accompagna Stefan.»

Apro la porta della palazzina e sto già per lasciare Julie indietro, ma devo ricordarmi di farla passare per prima così come il fottutissimo galateo richiede. Se non devo provarci con una ragazza, queste puttanate da gentiluomo fatico sempre a ricordarmele. «Capisco...», continuo in tono vago, anche se non capisco proprio come una persona possa pensare di studiare o lavorare senza una macchina disponibile per gli spostamenti. «Tuo fratello è un tipo simpatico.»

Sono sincero? Non mi importa un cazzo di fare conversazione, men che meno sul biondo ragazzo che si scopa il mio amico. Il mio cervello ora è solamente settato sulla consapevolezza di essere uscito per pranzare, mentre Sally è chiusa nell'appartamento; nelle condizioni in cui si trova, dopo l'attacco di panico di ieri notte, le lacrime e la sua confessione a proposito del bambino che ha perso, non ho alcuna voglia di lasciarla da sola.

«Hai capito, Sam?»

Riporto la mia attenzione su Julie e devo chiederle di ripetere la domanda che deve avermi fatto mentre i miei pensieri erano altrove. «Scusa, stavo pensando a una cosa... dicevi?»

Sembra parecchio delusa per la mia distrazione e il suo viso trasparente pare mostrare tutti i suoi pensieri; si schiarisce la voce e ripete. «Dicevo che Stefan mi parla sempre molto bene di te.»

Immagino che la sorpresa ora sia ben visibile sul mio volto. «Davvero?»

«Sì. Dice che sei un ragazzo simpatico, ironico e scherzoso... e che avresti bisogno di uscire più spesso», spiega ma, subito dopo, ecco che si mette una mano davanti alla bocca e il suo viso prende a colorarsi di un rosa intenso. «Oh, no... quest'ultima cosa non dovevo dirla.»

«Così, è questo che dicono di me?»

«Scusa... io... ti prego, non dirgli che te l'ho detto... Lewis dice soltanto che è preoccupato per te, che non esci più e...»

Prendo un respiro profondo e smetto di ascoltarla. «Lasciamo perdere.»

Salgo in macchina con un silenzio indispettito e aspetto che richiuda la sua portiera. «Dove vuoi andare?»

Lei sembra faticare non poco con la cintura di sicurezza, così sono costretto ad aiutarla. Quando mi avvicino per afferrare la cintura, ritrovando il suo viso estremamente ravvicinato, la vedo immobilizzarsi all'improvviso, un mezzo sospiro bloccato in fondo alla gola nemmeno stesse per tuffarsi in acqua in vista di una lunga apnea. Mi viene da sorridere ma, oltre a una mezza occhiata divertita, non commento ulteriormente.

«Allora? Hai qualche idea su dove andare a mangiare?» la incito, visto che non mi ha ancora risposto.

Lei si schiarisce la voce e prende un respiro profondo. Cazzo, se fa tutte queste scene solo perché mi sono avvicinato per caso, se le infilassi la lingua in bocca all'improvviso, cosa farebbe?! Perderebbe i sensi?

«Non lo so... dove vuoi tu andrà bene», le sue guance sono così rosse ora che sembrano voler emanare calore fino a me.

Risposta perfetta e soddisfacente. Devo scegliere un posto non troppo lontano, dove il pranzo possa essere rapido e indolore, di modo da riportarla a casa il prima possibile e ritornare da Sally. «Ok, ho in mente un posto», enuncio risoluto.

Giro la chiave e parto verso il centro dopo aver acceso la radio, lasciando passare un paio di canzoni senza nemmeno concentrarmi per capire che pezzi siano. Il viaggio è breve e silenzioso, forse anche merito del volume della musica un po' troppo alto che non ci permette di parlare, e mi ripeto che è meglio così.

Il diner dove vengo spesso a pranzare è piccolo e familiare e ha una zona all'esterno circondata da una bassa siepe che permette un minimo di privacy dalla strada trafficata. Il cibo è casalingo, per lo più sandwich, hot dog e carne alla griglia, ma preparano anche degli hamburger da urlo. Per un inetto nella cucina come me, un posto come questo è la base per la sopravvivenza.

Sorpassando le persone sedute ai tavoli che popolano il largo gazebo esterno al locale, andiamo a occupare uno piccolo tavolino circolare non molto lontano dall'uscita.

«Sam?» chiede Julie in seguito a un paio di minuti passati quasi tutti interamente in silenzio, con i miei pensieri che continuano a essere impegnati a vagare ben lontano da qui.

«Dimmi.»

Ci prova per qualche istante a guardarmi dritto negli occhi, ma alla fine cede e li abbassa sulle sue mani posate sul tavolino, tutte impegnate a torcere le dita tra di loro. «Mi dispiace di averti disturbato.»

Scrollo la testa e mi fingo indifferente alle sue parole. «Non lo hai fatto. Mi fa... mi fa piacere uscire un po'».

«A me non sembra.»

«Cosa vuoi dire?»

Alza le spalle e sembra non trovare le parole. Questo suo continuo comportamento mi fa innervosire, vederla rinchiudersi in se stessa, senza trovare il coraggio nemmeno di guardarmi in faccia. Ok, è timida, ma così mi sembra davvero un atteggiamento esagerato, come se avesse paura del mondo intero. Mi faccio allora più avanti e le metto due dita sotto il mento per farle alzare il viso e permettermi di ritrovare i suoi occhi azzurri. «Allora?»

«Il fatto è che... stai in silenzio tutto il tempo. Sembra che vorresti essere da qualsiasi altra parte nel mondo tranne che qui con me.»

Restituisco un'ultima occhiata ai suoi occhi azzurri prima di lasciarla libera. «Mi dispiace, sto passando un periodo no. Sono troppo silenzioso persino per i miei gusti.»

«Non abbiamo ancora ordinato. Se vuoi, possiamo andarcene», propone titubante; è chiaro che questa opzione è l'ultima che desidererebbe prendere in considerazione. «Non mi offendo se vuoi tornare a casa...»

Le guardo il viso con attenzione ora che qualche pennellata di sole arriva a illuminarla dalla copertura in legno che ci sovrasta. La osservo con calma senza nemmeno rendermene conto, a ricercare quei lineamenti che la prima volta in cui l'ho vista mi hanno fatto pensare a Sally. Ma non vedo affatto lei ora, forse per la prima volta mi sembra di vedere Julie; è una ragazza molto strana, chiusa... e nonostante siano caratteristiche che non mi abbiano mai attirato nell'altro sesso, su di lei per qualche strano motivo sembrano riuscire a farlo.

«No... no, va bene. Ti chiedo scusa se sono così; un tempo non lo ero affatto», ammetto in un lungo sospiro di accettazione.

Mi sorride e, con l'indice, rimette a posto gli occhiali, scivolati un po' sul profilo del naso. «E come eri?»

«Beh... diciamo l'opposto di adesso. Ero molto più espansivo e parlavo decisamente di più... forse troppo.»

«E come mai ora sei diventato così?»

Per fortuna il cameriere arriva a prendere le ordinazioni, così posso deviare il discorso su qualcos'altro. Ordino due hamburger per entrambi e riprendo a parlare. «Raccontami un po' di quello che studi.»

Da qualche parte, le mie tecniche di rimorchio sono ancora archiviate, così tiro fuori la carta del farla-parlare-perché-a-tutte-le-donne-piace-raccontare-di-sé di modo da renderla contenta, preparandomi già a passare i prossimi minuti ad annuire senza che me ne importi molto delle sue parole, così come ho sempre fatto con tutte le altre ragazze.

Eppure, la sua risposta mi spiazza.

«Evasivo.»

Alzo un sopracciglio. «Come hai detto?»

Incrocia le braccia sul tavolo e mi scruta con attenzione, come se fossi una specie animale in via di estinzione da studiare e catalogare. «Sei un tipo evasivo, è il primo aggettivo che ti posso dare. Ti ho fatto una domanda, e tu hai evitato di rispondere.»

Le restituisco lo stesso sguardo e, dopo un paio di secondi, trovo l'aggettivo adatto a lei. «Astuta.»

Lei sorride alla mia ribattuta. «L'evasivo e l'astuta.»

«Sembra il titolo di un film comico... Beh, vorrà dire che aggiungerò a evasivo anche schietto: non ho voglia di parlarne.»

Julie annuisce e prende la Coca cCola che il cameriere ci ha appena portato, insieme agli hamburger arrivati rapidamente come al solito. «Ok...»

Afferro il panino con entrambe le mani e lo addento con gusto; sto morendo di fame e la mezza porzione di cannelloni di ieri notte non mi ha di certo saziato. Julie, però, a parte sorseggiare la sua bibita, non sembra intenzionata a fare altro che fissare le mie mani.

«Sono belli», commenta dopo qualche istante, quando si rende conto che la sto guardando con insistenza di rimando e che, nella considerazione comune, non è educato fissare la gente mentre mangia.

«Cosa?»

«I tuoi tatuaggi... sono molto belli. Ne hai tanti?»

Annuisco e lascio il panino nel piatto per potermi pulire le dita. «Sì, parecchi.»

«Posso... vederli?» la sua voce è incerta.

Annuisco e Julie si fa un poco più vicina con la sedia. Lentamente, come se potessi scottarla da un momento all'altro, prende la mia mano sinistra e la guarda con attenzione, seguendo con gli occhi e con la punta delle dita tutto il tatuaggio articolato che prende l'intero dorso. Solo dopo un paio di secondi mi ritrovo a sorridere impercettibilmente nel sentire il suo tocco delicato, nel vedere la cura che mette nel sollevare appena la manica della giacca per sbirciare il disegno dell'occhio oltre il polso, e non trovo un motivo per questo.

Visto che non parla, visto che sono passati parecchi secondi e la mia mano è ancora sua ostaggio, decido di schiarirmi la voce e provare a dire qualcosa per ovviare al momento di temporaneo imbarazzo. «Allora? Ti piace?»

Alza di scatto la testa e mi lascia andare, come se non si fosse resa nemmeno conto del tempo passato. «Ehm... io... cioè...», prende un respiro profondo e si fa di nuovo indietro con la sedia, ritornando nella solita posizione rigida di prima. «Volevo dire, sì. Sì, mi piacciono molto. Da dove prendi i disegni per i tuoi tatuaggi?»

«Da nessuna parte, li faccio tutti io.»

Sgrana gli occhi per la sorpresa. «Tu sai fare i tatuaggi?»

«No, sono sempre andato da un tatuatore professionista, però i disegni li porto io.»

Sembra sempre più sorpresa, come se non avesse mai sentito di questo modo di fare. «Davvero?»

«Sì, non mi faccio tatuare a vita sulla mia pelle un disegno che non ho creato io stesso. Me ne pentirei nel giro di cinque minuti. Ti pare?»

«Sembra logico... E, quindi, in questo modo non te ne penti?»

Ridacchio e torno a staccare buona parte del panino «Beh, di alcuni ammetto di sì... ma in quel caso, me la posso prendere solo con me stesso.»

«Sono ben realizzato, davvero. Hai del talento... disegni da tanto?»

E mentre io continuo a mangiare, annoto il fatto che lei non abbia ancora toccato cibo. «Da tutta la vita, credo... ho sempre disegnato, scarabocchiato, fatto le caricature dei professori a scuola...»

«Devo ammettere che non sembri proprio il tipo dell'artista.»

«Ah no? E perché?»

«Beh, ieri eri vestito in giacca, camicia e cravatta; studi economia e... non so, non hai la faccia di uno che sa disegnare.»

«Come fai a sapere che sono laureato in Economia?»

Aggrotta le sopracciglia e sembra un po' delusa. «Me lo hai detto tu ieri, mentre eravamo con Stefan e Lewis. Ti ricordi?»

«Mi dispiace ma... no... e poi, la mia faccia? Che faccia dovrebbe avere uno che sa disegnare?»

«Non lo so... mi immagino il tipico nerd un po' timido e riservato, con gli occhiali dalla montatura spessa e che passa i pomeriggi a giocare a Dungeons & Dragons... un po' come i miei compagni delle scuole medie.»

Addento l'ultimo boccone di hamburger e mi pulisco le mani dalla senape che è colata dappertutto. «Tu non ci crederai, e forse questa è la prima volta che lo dico a qualcuno, ma... prima dei quindici anni io ero proprio così.»

Sgrana gli occhi e gli occhiali scivolano per l'ennesima volta fino alla punta del piccolo naso dalla struttura minuta e regolare. «Davvero?»

Annuisco e cedo alla voglia irrefrenabile di riportarglieli nuovamente in posizione io stesso. Resta perplessa dal mio gesto e cerca di reprimere un mezzo sorriso. «Un giorno, ti farò vedere una mia foto di quegli anni... ma ti vieto di dirlo a Stefan: se Lewis o qualcun altro venisse a scoprirlo, mi prenderebbe per il culo a vita.»

Alza le mani in aria e sorride e, devo essere sincero, sono contento di vederla più sciolta; in fondo, Julie sa parlare e tenere una conversazione: dovrebbe essere più espansiva ed evitare di morire di imbarazzo ogni volta in cui mi rivolge la parola. «Promesso... e perché hai detto prima dei quindici anni?»

«Perché a quindici anni ho fatto una scoperta che ha cambiato completamente la mia vita e il modo in cui occupavo le mie giornate», enuncio in tono serio e pomposo.

Ora che si è sciolta un po', posso permettermi di scherzare per saggiare le sue reazioni. «E sarebbe? Lo studio?»

Le sorrido con fare ammiccante e mi sporgo verso di lei, appoggiando i gomiti al tavolo e trovandomi a pochi centimetri dal suo viso: mi piace vederla arrossire improvvisamente. «No, piccola. Il sesso.»

Di tutto quello che potevo dirle, questa sembra l'ultima cosa che si aspettava. Socchiude appena la bocca e la lascia in posizione per parecchi secondi, il tutto mentre io resto a godermi la sua espressione a dir poco scioccata... e probabilmente eccitata, anche se di certo non lo ammetterebbe nemmeno a sé stessa.

«Oh», esala soltanto.

Scoppio a ridere della sua reazione e torno a sedermi contro lo schienale. «Che domande fai, Julie? Una ragazzo a quell'età a che cosa vuoi che pensi?»

«Beh... sì... ma... ecco... io...», ok, forse la mia battuta non è stato un bene, visto che ha iniziato a balbettare senza riuscire a formulare un discorso. Così la fermo e tento di cambiare argomento.

«Non hai fame? Non hai mangiato nulla.»

Cambiare argomento sembra riuscire a rilassarla. Passa la mano tra i capelli per riordinare un ciuffo sfuggito via e... «A dire il vero, io non lo posso mangiare.»

«Sei allergica?»

«No, sono vegetariana», ammette con lo sguardo dispiaciuto.

«E perché non lo hai detto subito?»

Alza le spalle e prova a dire qualcosa, ma alla fine dalle sue labbra non esce niente se non un timido sorriso. «Potevi dirlo, Julie. Andavamo a mangiare da qualche altra parte.»

«Lo so, ma mi dispiaceva dovertelo dire... capivo che non avevi voglia di uscire, Stefan ha fatto uno scherzo e se ti avessi detto anche che io non mangio carne...», ma la interrompo e chiamo il cameriere prima che possa finire. Ordino un insalata mista per lei.

Mi ringrazia in un mormorio sommesso, di nuovo con quel dannato sguardo abbassato.

Mi alzo in piedi e aggiusto i jeans sulle ginocchia. «Vado un attimo in bagno, torno subito.»

Mentre mi allontano incrocio un trio di ragazze che stanno per prendere posto a un tavolo non troppo distante dal mio. Mi guardano di sfuggita e un paio di loro allungano ancora lo sguardo con fare malizioso una volta che le ho superate.

Ormai, negli anni, ho imparato a distinguere le donne in tre categorie: le fredde, cioè quelle che non parlano quasi ma che, se ci provi con adeguato impegno e qualche sorriso ben piazzato, puoi ottenere qualcosa – categoria nella quale rientra a pieno titolo Julie -; le aperte, categoria che comprende le tre ragazze appena passate, che con un semplice sguardo ti fanno capire che sarebbero pure ben disposte a farsi sbattere dentro al primo bagno pubblico disponibile; e infine, l'ultimo gruppo, il più pericoloso e quello per il quale devo sempre prestare una notevole dose di attenzione: le passate, ovvero le ragazze con cui sono già andato a letto e che ho lasciato senza troppe spiegazioni.

E adesso, ogni volta che incrocio un gruppo di ragazze, sono sempre molto attento alla categoria di appartenenza, anche perché più volte mi sono beccato parecchie cinquine sul volto e posso assicurare che non sono mai piacevoli.

Quando torno dal bagno, trovo l'insalata davanti a Julie, che evidentemente mi ha aspettato per iniziare. Mi siedo e non perdo tempo ad appropriarmi del suo hamburger. «Di questo, se non ti dispiace, me ne occupo io.»

Annuisce con fare vago e si mette a mangiare in silenzio. «Che hai?»

Alza lo sguardo e finge di non capire. «Niente, perché?»

«Sei strana... prima ridevi, ora sei tornata come all'inizio, quando non dicevi nulla.»

«Non ho niente».

Eppure, mentre lo dice, ecco che passa rapidamente lo sguardo verso il tavolo delle tre ragazze che ho visto prima. Mi volto a guardarle e le trovo che stanno sbirciando nella nostra direzione mentre ridono di gusto.

«Le conosci?»

Julie sospira e infila in bocca una forchettata di insalata. «Sì, sono mie ex compagne del liceo.»

«E cosa le diverte così tanto?»

Alza le spalle e, di nuovo, tiene lo sguardo lontano dal mio. «Presumo sia io.»

«Ti prendono in giro?»

Insomma, lei ha vent'anni, non sono più adolescenti. Davvero quelle si comportano ancora in questo modo infantile?

«Non lo so... lo hanno sempre fatto, quindi la mia conclusione è più che plausibile.»

«E per quale motivo ti prenderebbero in giro?»

Lo sguardo che mi riserva trasmette incredulità. «Dai, Sam... secondo te per cosa?»

«Non lo so, dimmelo tu», ammetto sinceramente.

«Per come sono fatta io; per i miei occhiali, per come mi vesto... e per fortuna che non ho più l'apparecchio ai denti da qualche anno, altrimenti mi prenderebbero ancora in giro pure per quello.»

«E perché ti lasci prendere in giro?»

«Io non faccio niente, sono loro che continuano», ribatte.

«Ma se tu fai vedere che la cosa ti infastidisce, loro non smetteranno mai; è la regola di base.»

Sospira e sembra concentrarsi sulla foglia di insalata che fa roteare sulla punta della forchetta. «E tu cosa consiglieresti di fare?»

Non sono mai stato una vittima dei bulli, ma di certo prima del liceo non ero uno dei più popolari. Però, se c'è una cosa che non ho mai sopportato, sono le prevaricazioni nei confronti dei più deboli e vedere Julie così mortificata mi manda il sangue al cervello. Ringrazio il fatto che quelle tre siano donne, altrimenti sarei già andato da loro ad attaccar briga; non mi sono mai fatto problemi in proposito.

Faccio strisciare la sedia accanto alla sua e le metto un braccio sulle spalle di modo da essere ben visibile. «Cosa stai facendo?» sussurra a disagio dalla mia stretta improvvisa.

La sento esageratamente rigida, ma fingo di non accorgermene; mi avvicino fino a parlarle all'orecchio in un sussurro. «Innanzitutto, fingi di non vederle nemmeno e concentrati solo su di me.»

Solo ora che le sono così vicino mi rendo conto che ha un buonissimo profumo, delicato e dolce come un baccello di vaniglia. E io mi ritrovo a baciarle la piccola porzione di pelle sotto il lobo senza nemmeno accorgermene.

«Ci stanno guardando ancora?»

La sua risposta tarda molto ad arrivare, riesco a percepire il suo respiro accelerato e irregolare e la situazione che si è creata mi sta divertendo non poco. «S...sì.»

«E ridono ancora?» chiedo con le labbra ancora appoggiate sulla sua pelle, in una discesa lenta che prende sicurezza più percepisco la sua pelle rabbrividire al mio passaggio.

«No... ora si sono girate dall'altra parte.»

E solo ora mi stacco e torno al mio posto, a godermi il suo viso che sembra stia per prendere fuoco dall'imbarazzo.

«Perché hai fatto tutto questo?» balbetta dopo qualche secondo.

«Perché farti vedere con un gran bel pezzo di ragazzo ti ha appena fatto guadagnare cento punti, e tutti in una botta sola», e l'occhiolino che le riservo pare darle il colpo di grazia.

Si mette a ridere e torna a mangiare la sua insalata con una scrollata del capo. «A evasivo devo aggiungere anche presuntuoso?»

Alzo le spalle. «Tu cosa ne dici? Sono presuntuoso o soltanto onesto?»

I suoi occhi azzurri percorrono il mio viso per un lungo momento, poi quelle piccole iridi color del cielo tornano a nascondersi da me per occuparsi del pranzo. «Direi... onesto.»

**************

Spazio Dory:

Siamo solo all'inizio ma adoro loro due insieme! *.*

E adoro Sam, ma questo si sa già ehehe

A presto!

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